Quanti di noi hanno sentito parlare di “Unione delle competenze” in relazione ai sistemi di istruzione e formazione?
Leggiamo testualmente
L’Unione europea ha bisogno di persone qualificate per affrontare le nuove sfide e rimanere competitiva. Tuttavia, con l’evoluzione dei requisiti professionali, molti lavoratori faticano a tenere il passo e le imprese hanno difficoltà a trovare i talenti di cui hanno bisogno. Queste carenze di competenze e di manodopera stanno ostacolando la competitività europea. Per questo motivo la Commissione europea ha deciso di lanciare l’Unione delle competenze, un piano volto a migliorare l’istruzione, la formazione e un apprendimento permanente di qualità.
L’iniziativa persegue i seguenti obiettivi:
- migliorare il livello delle competenze di base e avanzate
- consentire alle persone di aggiornare regolarmente le proprie competenze e acquisirne di nuove
- facilitare le assunzioni da parte delle imprese in tutta l’UE
- attrarre, sviluppare e trattenere i migliori talenti in Europa.
https://commission.europa.eu/topics/eu-competitiveness/union-skills_it
È di vitale importanza per la Ue ricostruire dei sistemi formativi e scolastici in funzione dei processi di ristrutturazione capitalistica operanti nel vecchio continente ma le sensibili differenze esistenti tra i paesi membri, ad esempio nei processi di innovazione tecnologica, sono causa di quelle molteplici velocità della locomotiva europea che favoriranno solo i paesi più forti.
Ci sono casi nei quali la formazione è stata smantellata, dal pubblico è passata a soggetti privati o associazioni, enti e strutture alle quali è stato chiesto in sostanza di sostituirsi al pubblico e a costi inferiori. Ma in questi casi gli atti di indirizzo e di controllo sono stati o assenti o decisamente deboli anche per ragioni di equilibri politici oltre per i tetti di spesa che hanno ridotto le facoltà occupazionali e la spesa complessiva.
Non è casuale che di formazione si torni a parlare oggi in tempi di rilancio dell’economia e della struttura industrial- militare comunitaria e di attuazione del percorso formativo indispensabile alla realizzazione dei nuovi obiettivi comunitari determinati dal Libro Bianco della Difesa Europea e dal Riarmo.
Ci sono poi altre questioni da prendere in seria considerazione, ad esempio la necessità di costruire in ogni paese una sorta di egemonia ideologica e culturale attorno a un sistema di valori e di pratiche funzionale agli obiettivi del capitale nazionale e comunitario o per la mera sopravvivenza del ceto politico al potere. La università italiana ha visto applicare dei numeri chiusi in numerose facoltà anche contro gli stessi interessi del capitale che invocava la formazione di determinate professionalità. Il numero chiuso ha poi ripercussioni negative sulla mobilità sociale e sulla eguaglianza sociale perché di solito le facoltà con accesso limitato sono quelle da cui usciranno i laureati del domani con salari decisamente più elevati (essendoci meno laureati saranno ambiti e ben retribuiti)
Alcuni corsi di laurea nel futuro immediato saranno indubbiamente sacrificati a favore di altri, in alcuni casi potrà anche essere rivisto il numero chiuso (gli ordini professionali se ne facciano una ragione), in altri invece no, di fatto l’università del futuro non sarà quella di oggi e molti spazi di libera discussione e di libera ricerca saranno decisamente contratti.
Al contempo non dimentichiamo la importanza di quel percorso omologante alla normalità della guerra senza cui sarà assai difficile affrontare le sfide dei prossimi anni, per questo scopo il revisionismo storico, la presenza di militari nelle scuole, la presenza attiva di Fondazioni e imprese di armi nelle università non saranno episodi sporadici. I percorsi di ristrutturazione economica, come ogni disegno strategico, necessitano di una campagna ideologica e culturale di legittimazione dei percorsi attuati, di costruire in partenza una nuova classe dirigente, far vincere l’idea che determinati processi non siano arrestabili e vanno solo favoriti senza mai sollevare dubbi e perplessità di sorta,
Prendiamo ad esempio il mondo dell’istruzione: ogni eventuale percorso formativo si concretizzerà nella cancellazione di innumerevoli tematiche come quelle del riarmo, della guerra, dell’autoritarismo che diventano argomenti pericolosi e contrari ai disegni strategici del capitale, da rimuovere dall’agenda formativa come accaduto in questi giorni con la cancellazione di un corso destinato ai docenti delle scuole italiane di ogni ordine e grado proprio per iniziativa del Ministero della istruzione e del merito. Si dice che sull’attualità non si possono costruire dei percorsi formativi, eppure lo si fa ogni giorno in cui si parla di intelligenza artificiale, di droni o a aerei senza pilota. Allora perché escludere sul nascere dei percorsi critici ? Per un motivo semplice: la critica e la libertà di coscienza o di ricerca sono di ostacolo ai disegni del capitale.
Non facciamo confusione tra gli atti di indirizzo del capitale e della Ue con interventi Ministeriali che possono essere improntati a un disegno meramente repressivo per impedire la discussione su argomenti scomodi come Riarmo e genocidio. E, alla occorrenza, saranno addotte motivazioni tecnico giuridiche per non avvalorare la presenza di un disegno repressivo da parte dell’Esecutivo, ergo non solo verranno ridicolizzati e minimizzati fatti e circostanze ma si farà passare l’idea che ogni forma di opposizione è tanto pretestuosa quanto illegittima. Resta tuttavia degno della massima attenzione un fatto: le scuole di ogni ordine e grado, l’università rappresentano oggi ambiti nei quali i processi di opposizione e resistenza sono decisamente forti e diffusi, se vogliono rafforzare la cooperazione tra imprese di armi e ricerca, se vogliono normalizzare le scuole secondarie per affermare prepotentemente le linee guida di Valditara, formazione e discussione andranno ricondotti a percorsi e contenuti non ostili ai disegni Governativi. E quindi? Prendiamo sul serio le direttive e le circolari, le linee guida, impariamo a leggerle nei minimi dettagli, riflettiamo sulle ripercussioni pratiche delle stesse nella nostra vita e nel mondo della scuola, facciamolo in fretta prima di essere sommersi da uno tsunami repressivo e autoritario
Federico Giusti, delegato CUB