Quest’anno si sono moltiplicate le iniziative contro la celebrazione istituzionale del 4 novembre che negli ultimi decenni è tornata a prendere connotazioni militariste.
4 novembre 1918 I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza. Sono le parole conclusive del bollettino di guerra n. 12681 con cui Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito, annunciava la fine delle ostilità tra italia e potenze centrali, ovvero il giorno dell’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti.
Il diffusissimo comunicato n. 1268 riportava in calce un sintetico e quanto mai lapidario “Firmato Diaz” che generò nei meno letterati l’equivoco che quel verbo fosse il nome proprio del generale. E così in quegli anni furono migliaia i neonati battezzati “Firmato”. 2 Questo equivoco fa sorridere, come una specie di innocua prova della retorica della guerra che dal bollettino straborda fino alla firma, ma ha anche il risvolto amaro della considerazione dell’ignoranza che caratterizzò il coinvolgimento popolare alla guerra. Comunque possiamo ben credere che, nelle motivazioni di quei padri e di quelle madri, la felicità per la vittoria fosse indissolubilmente legata alla gioia per la fine del macello.
Invece non fa sorridere per nulla l’ultimo episodio della guerra quando, pochi minuti prima dell’inizio della sospensione delle ostilità, un ufficiale in estasi di gloria ordinò a uno squadrone di cavalleria una carica “Per la Patria”. E così gli ultimi inutilissimi caduti italiani furono due sottufficiali di 18 anni, “ragazzi del ’99”.3 Quest’episodio indigna nella sua gratuità travestita da eroismo e rivela il senso della gerachia militare e dell’obbedienza obbligata. Un comando che ha origini di classe, che considera l’esistenza degli sfruttati un fattore dipendente da indirizzare e metter all’opera o alla morte. E infatti la grande guerra fu un massacro di massa di contadini e operai costretti al sacrificio da ufficiali che rafforzavano il magnetismo degli incitamenti con i plotoni di esecuzione pronti nelle retrovie quando la rivoltella che portavano al fianco non fosse bastata. Si tratta di pura violenza di classe, mascherata dalla minaccia artificiale del nemico.
La violenza del comando sui “propri” soldati è un’altro degli aspetti accuratamente taciuti da militaristi e bellicisti. Nel 1917 si rivelò senza veli dopo la sconfitta di Caporetto, quando gran parte dell’esercito regio si trovò a non avere alternativa che la fuga cercando di precedere l’avanzata austriaca, che peraltro fu rallentata dal bisogno delle truppe affamate di fare bottino.4. Sul lato degli italiani in rotta- fu il trionfo della decimazione, del passare per le armi gli sbandati e, al meglio, dei “tribunali militari” come anticamera dei plotoni di esecuzione.5Si trattò di una spietatezza organizzata per terrorizzare l’esercito e costringerlo a tornare alla disciplina. Heminway la descrive vividamente in Addio alle armi, dimostrando come al di là dei numeri (incompleti e sottostimati) l’esperienza di quella ferocia spietata entrò nelle coscienze dei soldati.
E ora, il 4 novembre 1918, a quasi esattamente un anno di distanza da Caporetto, il disordine ricade come disprezzo e disonore sul nemico vinto: le parole di Diaz sono davvero rivelatrici di come in guerra il male dell’avversario divenga il proprio bene e viceversa; eppure ricordano di come nelle guerre esista anche la paura per il nemico interno: il dissenso, l’opposizione alla guerra, il pacifismo, il disordine, il sottrarsi, la fuga, la diserzione, l’ammutinamento. Ed esempi di ammutinamenti di massa ce n’erano stati, sul fronte occidentale, dall’aprile al giugno dello stesso anno anche a causa del diffondersi delle notizie della rivoluzione russa.
Dunque il 4 novembre 1918 deve far dimenticare il maledetto 27 ottobre 1917 ma non ci riesce del tutto, in qualche modo lo riflette. D’altronde questa “vittoria” non riuscì per nulla a raggiungere risultati definitivi nemmeno dal punto di vista di un riordino tra le potenze europee: da lì a 21 anni gli eserciti “in disordine e senza speranza” ridiscendevano le valli o –meglio- dilagavano nella pianura polacca.
In Italia, le contraddizioni della Vittoria si traducevano nel combattentismo e nel fascismo, facevano dilagare suprematismo, razzismo, colonialismo, antisemitismo… insomma il carattere del dominio di classe che vuol farsi “oggettivo” che ha in sè quella vocazione liquidatoria, definitiva ed eterna che prende l’aggettivo di “finale” nella declinazione nazista.
E su questo carattere “finale”, dopo la bomba atomica la guerra lo ha assunto in modo proprio: il limite della guerra “finale” è sempre più stirato dalla rincorsa all’equilibrio della deterrenza e –contemporaneamente- esso è oggi diventato fragile limite e condizione della perpetuazione delle guerre, presupposto di una interminabile guerra mondiale a tappe. Una rottura degli equilibri che ha visto un punto di svolta, ancora una volta, nella “vittoria” contro “l’impero del male”. E di nuovo, a costruire disumani miti, si sono individuati i “vincitori”: i Reagan, i Woytila, i Blair… una tipologia di esseri umani che anticipa felicemente i Trump, i Putin, i Netanyhau e che ci ricorda i Mussolini, i Franco, gli Hitler.
Ma torniamo al 4 novembre che in quanto giornata celebrativa ha visto in questo secolo numerosi cambiamenti di fortuna, toccando il punto più basso negli anni settanta quando l’antimilitarismo e il rifiuto della guerra si affermavano esplicitamente come acquisizioni di massa e il 4 novembre vedeva attirare su di sè proteste e manifestazioni con il loro codazzo di repressione e di denunce. 6 7
Strumento di propaganda nazionalista e poi ridotto a una festa privata da celebrarsi dentro le caserme, da qualche decennio si ripresenta in abiti rinnovati. 8
Quest’anno il sito del Ministero della Difesa riassume sobriamente il significato della ricorrenza con queste poche frasi:” Il 4 novembre l’Italia celebra la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, ricorrenza che ricorda l’entrata in vigore dell’Armistizio di Villa Giusti (4 novembre 1918), con cui ebbe termine la Prima Guerra Mondiale sul fronte italo-austro-ungarico.
Dopo la disfatta di Caporetto nell’ottobre 1917, e il ripiegamento sul Piave, la Nazione ritrovò la forza di reagire, unita nel segno della resistenza e del sacrificio. Le battaglie del Grappa e del Piave, fino alla vittoria di Vittorio Veneto, segnarono la conclusione del conflitto e il completamento dell’unificazione nazionale con il ritorno di Trento e Trieste all’Italia.”
Questo testo è un trionfo di reticenza, di obliterazione, di uso strumentale del linguaggio: “forza… resistenza-sacrificio, vittoria … il completamento dell’unificazione nazionale”. E’ un buon esempio della trasformazione della storia in educazione civica a uso e consumo di un popolo che si presuppone idiotizzato, felice di perdere il controllo sulla propria piena cittadinanza. Si potrebbe immaginare un testo ben diverso, che onora la memoria dei caduti, anche civili, e che chiede perdono per essersi fatto strumento di nazionalismo e imperialismo. Un testo in cui l’Esercito si schiera dalla parte della Costituzione contro ogni guerra di conquista, che rilancia l’idea di una Europa al servizio della pace, che rifiuta ogni collaborazione con lo Stato di Israele…
Alla inconsistenza di chi a tutt’oggi non riesce a farsi carico del passato e del suo superamento si contrappone un tessuto di lotte e emancipazione che si sta rafforzando: questo 4 novembre si presenta di nuovo come un’occasione di costruzione di potenza critica a partire dalle iniziative che -all’interno del movimento contro il riarmo, la guerra e il genocidio- si sono sviluppate nelle scuole per contrastare le sciagurate sceltedel Ministero dell’Istruzione e del Merito che ha aperto le aule all’Esercito e a logiche di reclutamento anche ideale.
Giancarlo Scotoni
- «Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12;
Bollettino di guerra n. 1268 La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l’irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L’Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell’inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.»[↩]
- https://it.wikipedia.org/wiki/Bollettino_della_Vittoria [↩]
- https://www.tapum.it/news/147-mi-chiamo-firmato-l-origine-di-un-nome.html [↩]
- Fritz Weber Tappe Della Disfatta[↩]
- https://www.pacedifesa.org/2021/11/04/e-giusto-ricordare-i-comandanti-che-hanno-ordinato-le-esecuzioni-sommarie-e-le-decimazioni-durante-la-grande-guerra/ [↩]
- https://www.novecehttps://www.novecento.org/memorie-contese-origine-ed-evoluzione-di-quattro-date-del-calendario-civile-italiano/memorie-contese-4-novembre-8320/nto.org/memorie-contese-origine-ed-evoluzione-di-quattro-date-del-calendario-civile-italiano/memorie-contese-4-novembre-8320/[↩]
- Tra le proteste, ci sembra particolarmente interessante per ampiezza, durata e articolazione quella organizzata dal movimento degli studenti di Trento che intrecciò temi sociali a quelli antimilitaristi e pacifisti.Nel ’68 cadevano I cinquant’anni della ricorrenza che nella città del Concilio corrisponde all’arrivo delle truppe italiane, per cui si stava decidendo un finanziamento statale da destinare alla costruzione di un auditorium. Nelle settimane precedenti, a partire dalla facoltà di Sociologia occupata, venne elaborata la proposta alternativa di impiegare i fondi per il risanamento di un quartiere fatiscente e gruppi di studenti distribuirono volantini di sensibilizzazione e di mobilitazione. Le proteste culminarono con l’interruzione del corteo del presidente Saragat in visita alla città e con uno strascico di denunce poi amnistiate. Negli anni successivi il progetto venne modificato in un intervento di riqualificazione del vecchio ospedale di santa Chiara per trasformarlo in un centro culturale. [↩]
- https://it.wikipedia.org/wiki/Giornata_dell%27Unit%C3%A0_nazionale_e_delle_Forze_armate[↩]