intersezioni femministe

“Libere di amare”. Invito alla lettura

di Nicoletta
Pirotta

Nel libro “Libere di amare. Donne lesbiche, bisessuali, fluide a Cuba” (ES, 2024) sono raccolte venti storie di vita di donne cubane lesbiche, bisessuali, fluide, diverse per provenienze, formazioni, età, mestieri e religioni che hanno lottato per esprimere il proprio modo di vivere e amare.
Sono racconti toccanti che esprimono, al contempo, coraggio e vitalità.

Il coraggio di donne che discriminazione, abusi, violenza non sono riusciti a piegare e che sono in grado, proprio per questo, di non assoggettarsi al potere patriarcale restando fedeli a se stesse.

Come sosteneva bell hooks, spesso si riesce a delineare in termini concreti la complessità delle forme di sfruttamento partendo dall’analisi di esempi attinti dalla quotidianità e dalla banalità della vita di ogni giorno più che da esercizi teorici.
In questo senso i racconti offrono uno spaccato formidabile della società cubana.

Il metodo dell’intervista, in questo caso, ha funzionato egregiamente per una ragione importante: le domande poste sono nate dalla relazione fra chi intervistava e chi era intervistata, non da uno schema prestabilito e valido per tutte. A riprova di quanto siano importanti le relazioni interpersonali.

Le donne intervistate sono differenti per età, provenienze regionali, background, ciò che è invece una costante per molte di loro è la violenza subita. Una violenza che è stata subita all’interno delle famiglie (cosa questa che ha ritardato o comunque condizionato la possibilità di rendere pubblici i propri orientamenti sessuali) ma altresì nella scuola e luoghi di lavoro.
Eppure queste donne non si sono mai volute sentire ai margini, hanno voluto e saputo affrontare stigmi, rifiuti, rotture, perdite lottando per la vita che volevano vivere senza doversi piegare ad un destino già scritto. E lo hanno fatto cercando di partecipare attivamente e su fronti differenti alla costruzione della vita sociale, culturale e spirituale cubana. Per esercitare con determinazione ciò che si potrebbe definire ”cittadinanza sessuale”.
Del resto, come dice una delle donne intervistata, “la più grande di tutte le violenze è il silenzio”.

Le testimonianze raccolte dalle interviste ci offrono un importante spaccato sociale e ci parlano della complessità dei processi in atto e dei cambiamenti che stanno trasformando la società cubana.

Le interviste, infatti, sono state raccolte nei primi mesi del 2018, in un periodo storico che può essere considerato fondamentale nella storia delle lotte per i diritti civili a Cuba.

Giova ricordare, brevemente, quanto sia stata lunga e complessa la lotta per i diritti civili, pur all’interno di una società nata da una rivoluzione che agli occhi del mondo costituiva e costituisce un’alternativa concreta al modello economico e sociale capitalista.
Ci sono voluti quarant’anni perché il “líder maximo” di questa rivoluzione, Fidel Castro, ammettesse pubblicamente di essersi sbagliato nell’esplicitare, come fece in un’intervista rilasciata a Giangiacomo Feltrinelli nel 1965, la sua paura di “mandare un figlio a scuola e vederselo tornare frocio”.
Esistono testimonianze, una su tutte quella dello scrittore gay cubano Reinaldo Arenas, su quanto le persone LGBTQ+ fossero, negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, perseguitate e su quanto i ragazzi considerati “effeminati” venissero sottoposti forzatamente a campi di lavoro rieducativi o costretti a sottoporsi a terapie di conversione.

L’aria comincia a cambiare dal 1975, quando la Corte Suprema si esprime a favore di un gruppo di artisti gay licenziati ingiustamente. Si crea quindi una Commissione che porta alla depenalizzazione del reato di sodomia, nel 1979.
Sempre in quell’anno vengono legalizzati i rapporti omosessuali consenzienti e non mercificati.
Nel 1981 si va ancora oltre dichiarando che l’omosessualità è una variante naturale della sessualità umana e che il bigottismo omofobo è un atteggiamento inaccettabile.

Nel 1986 la Commissione Nazionale per d’educazione sessuale rinforza tale dichiarazione, mentre nel 1988 il governo abroga la legge risalente agli anni ’30 che perseguiva la “pubblica ostentazione dell’omosessualità”. Contemporaneamente in un’intervista alla televisione galiziana Fidel Castro stigmatizza i rigidi atteggiamenti che avevano fino ad allora prevalso nei confronti dell’omosessualità e nella sua autobiografia “My life”  critica la cultura machista esortando all’accettazione pubblica dell’omosessualità. In una intervista concessa nel 2010 ad un giornale messicano dichiara che la persecuzione contro gli omosessuali durante gli anni ’60, mentre lui era al potere, è stata una grave ingiustizia, ritenendo che la considerazione negativa nei confronti dei gay riflettesse atteggiamenti pre-rivoluzionari.
In una società che ha dimostrato di saper cambiare, il 25 settembre 2022 , grazie ad un referendum, sono stati legalizzati il matrimonio, le adozioni e la gestazione per altri per le coppie dello stesso sesso.
Contemporaneamente “Campagne d’informazione ed educazione anche sulle tematiche LGBT “ sono attualmente attuate dal “Centro nazionale di educazione sessuale” diretto da Mariela Castro. Quest’ultima è stata la fautrice di quella che è stata descritta come una “nuova rivoluzione”, manifestando alla testa del corteo che celebrava all’Avana la prima Giornata contro l’omofobia e la transfobia.
L’omofobia è quindi riconosciuta come un problema di razzismo sociale e il programma di formazione e educazione include tutte le scuole di ogni ordine e gradi, programmi televisivi e soap opera con persone transgender, gay e lesbiche.

Le lotte e l’attivismo individuale e collettivo, resi evidente anche dalle interviste, hanno dunque saputo promuovere trasformazioni notevoli.
Senza dubbio non si sono del tutto cancellati atteggiamenti e mentalità omofobe, specie in provincia, ma le lotte, l’attivismo sociale, i provvedimenti legislativi, le scelte politiche hanno favorito il cambiamento e portato a risultati concreti, non ultima l’elezione della prima donna transgender a un incarico pubblico: l’infermiera Adela Hernández, dopo aver subito le persecuzioni omofobiche degli anni ’80, nel 2012 è stata eletta dai suoi concittadini come rappresentante nelle Assemblee Popolari.
Un’altra notizia positiva è relativa al 2017 quando il tribunale di Boyeros, distretto dell’Avana, ha disposto di affidare la custodia di tre bambini alla nonna lesbica e alla sua compagna, invece che al padre biologico. Una sentenza che costituisce un precedente importantissimo e potrebbe aiutare gli attivisti cubani a ottenere nuovi riconoscimenti e nuove conquiste legislative in una congiuntura storica che, nel continente, sembra essere particolarmente favorevole.

Le interviste raccolte nel libro consentono di toccare con mano questi cambiamenti e queste trasformazioni e confermano quanto sia importante promuovere coscienze critiche, lotte, attivismi capaci di cambiare “l’ordine delle cose esistenti”. In qualsiasi contesto sia necessario farlo.

Le autrici del libro sono:
Teresa de Jesús Fernández González (L’Avana, 1960), filologa. Coordinatrice nazionale della rete di donne lesbiche e bisessuali e componente dell’Unione degli Scrittori e degli Artisti di Cuba UNEAC. Dal 2012 dirige la casa editrice CENESEX.
Sara Más Farías (L’Avana, 1965). Giornalista, redattrice. Corrispondente da L’Avana del Latin American and Caribbean Women’s News Service (SEMlac) e fondatrice della Rete internazionale di giornaliste con una prospettiva di genere. È membro della Cattedra Mirta Aguirre di Genere e Comunicazione presso l’Istituto Internazionale di Giornalismo José Martí. È coautrice e curatrice dei libri En primera persona (2010), Emprendedoras (2014) e Sobrevivientes (2017).
Lirians Gordillo Piña (L’Avana, 1985). Giornalista. Vice direttore editoriale della Casa editrice della Federazione delle donne cubane (FMC). Collaboratrice del Servizio di informazione femminile dell’America Latina e dei Caraibi (SEMlac).

L’edizione italiana è stata curata da Paola Guazzo, Mary Nicotra e Roberta Padovano.

Credo sia importante ricordare, altresì, due altri aspetti che arricchiscono ulteriormente il testo.
La prefazione al libro è stata scritta da “Asamblea Sorora”  una realtà che, a Torino,  porta avanti occasioni di incontro, confronto e resistenza per alimentare reti di mutuo aiuto tra persone dell’America Latina e per  coltivare e diffondere un approccio transfemminista e antirazzista . Nella prefazione Asamblea scrive che “A Cuba, come in molte altre parti del mondo, la lotta non è ancora finita, ci sono ancora molte cose da fare e diritti da conquistare” per sottolineare quanto sia importante continuare impegno e lotta.

Mentre la  postfazione è curata da Gennaro Carotenuto storico, professore e ricercatore in Storia Contemporanea presso l’Università della Campania. E’ un profondo conoscitore della politica internazionale in particolare per quanto riguarda  i fascismi e le dittature di destra e la storia contemporanea dell’America latina. Come scrivono le curatrici italiane  la post-fazione di  Carotenuto “aiuta a contestualizzare il presente all’interno di una  prospettiva storica, lontana dalle semplificazioni manichee e banalizzanti, restituendo il processo alla sua complessità”.

Un libro prezioso, la cui lettura è consigliata.

Nicoletta Pirotta

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