Il partito della sinistra tedesca (Die Linke), nato dalla fusione dei post-comunisti della PDS, sorta all’est dalla crisi della Repubblica Democratica Tedesca, con i socialdemocratici dissidenti dell’ovest, ha attraversato un lungo periodo di crisi che sembrava metterne in discussione la stessa sopravvivenza. Nelle elezioni federali del 2021, aveva ottenuto il 4,87% mancando la soglia di sbarramento del 5% ma riuscendo a rientrare nel Bundestag grazie ai 3 mandati diretti ottenuti nelle tradizionali roccaforti di Lipsia e Berlino. Ancora peggio sono andate le elezioni europee del giugno scorso con un misero 2,74%, il peggior risultato della sua storia.
Ad un calo di consensi e ad una crisi di identità in corso da tempo si è aggiunta la scissione del movimento di Sahra Wagenknecht, rimasta in bilico per molto tempo tra il permanente conflitto interno e l’avventura solitaria. I primi dati elettorali nelle elezioni europee e in alcuni appuntamenti in Lander dell’ex Germania orientale sembravano favorire decisamente la nuova formazione politica, BSW, che si definisce come “conservatrice di sinistra”. La parte conservatrice consiste in una visione tradizionale dei rapporti socio-culturali mentre la parte di sinistra è affidata alla visione economica. Il tutto unito dalla convinzione di poter rilanciare un modello di sviluppo tedesco basato su un misto di ordoliberismo alla Erhard e di ostpolitik alla Brandt.
L’offerta politica di Sahra Wagenknecht ha suscitato molte discussioni anche in Italia, tra improvvisi innamoramenti e sommarie liquidazioni. Quella che sembrava una risposta di successo alle difficoltà della sinistra radicale in Europa si trova ora in una situazione estremamente difficile dato che gli ultimi sondaggi danno questo partito attorno o addirittura al di sotto della soglia di sbarramento. Una sconfitta azzopperebbe probabilmente in modo definitivo un progetto che sembrava destinato a maggiori fortune. Diverso se il partito riuscisse comunque ad entrare nel Bundestag e si trovasse immediatamente catapultato in ruoli di governo, dato che la composizione del Parlamento prevista dai sondaggi rende impraticabile una grande coalizione tra CDU e SPD per carenza di numeri. A quel punto si aprirebbe una concorrenza tra i Verdi, che si sono decisamente avvicinati su molti temi ai conservatori grazie all’acceso militarismo e all’annacquamento progressivo delle tematiche ecologiste, e la BSW che ha già realizzato in tal senso accordi di governo all’est della Germania.
Solo l’analisi post-elettorale permetterà di capire compiutamente se il progetto di Sahra Wagenknecht è già fallito. Il recupero di voti popolari finiti all’estrema destra inseguendo la posizione anti-migranti e “anti-woke” sembra avere intaccato solo marginalmente il consenso ascendente dell’AfD. Invece la decisione di votare insieme all’AfD e alla CDU una mozione parlamentare che proponeva una restrizione delle politiche verso gli immigrati e il rifiuto di partecipare alle imponenti manifestazioni popolari antifasciste possono avere allontanato la BSW da una parte significativa dell’opinione pubblica di sinistra. Probabilmente non ha nemmeno funzionato l’idea di costruire il consenso del partito concentrando tutto sulla popolarità e il carisma della stessa Wagenknecht. Il congresso preelettorale non è stato impostato come un dibattito coinvolgente una base organizzata (che resta ristretta a qualche centinaio di persone anche per le scelte compiute dalla stessa leader) ma come una esaltazione della sua presenza scenica.
I limiti dell’operazione della Wagenknecht consentono di mettere in rilievo le scelte diverse e per certi versi opposte compiute dalla Linke. Si è parlato in vari resoconti giornalistici del forte incremento di iscritti che ha registrato questo partito dopo la formazione della BSW, tendenza che si è accelerata nelle ultime settimane. La Linke è passata da 50.000 a 80.000 iscritti con una forte prevalenza di giovani. Questo incremento è anche frutto di un preciso piano organizzativo che ha puntato a ricostruire una presenza organizzata nei quartieri e nelle zone popolari della Germania.
Si è molto valorizzato il “porta-a-porta” attribuendogli un doppio valore: portare il messaggio del partito a persone che spesso si considerano abbandonate dalla politica e dall’altra raccogliere il sentimento popolare per esprimerlo in termini politici. Oltre 500.000 le abitazioni contattate in questi mesi con l’obbiettive di rendere questa presenza nel territorio permanente anche al di là degli appuntamenti elettorali, garantendo almeno 100.000 contatti diretti ogni anno.
La presenza di una rete militante attiva sul territorio si è accompagnata anche alla costruzione di relazioni più intense tra gli eletti e gli elettori, finalizzate a rispondere alle esigenze materiali quotidiane, riprendendo in parte il modello utilizzato in alcune città austriache dalla KPOe. La Linke si propone come il partito che “si prende cura” delle esigenze quotidiane delle classi popolari.
La presenza fisica sul territorio è necessaria, come ha spiegato Jan Van Aken, uno dei due co-leader della Linke, per contrapporre una narrazione classista (in un’intervista a Jacobin.de parla esplicitamente di “coscienza di classe”) a quella della destra (non solo estrema) che individua nei migranti il capro espiatorio dei problemi sociali che devono affrontare molti cittadini tedeschi.
Il partito della sinistra tedesca ha posto l’attenzione soprattutto sul problema degli affitti che in Germania, dove le case di proprietà sono meno diffuse che in Italia, colpisce duramente la condizione di vita delle classi popolari e sull’aumento del costo della vita, una delle conseguenze della guerra in Ucraina. Vengono messe in evidenza alcune rivendicazioni sociali come la tassazione delle grandi ricchezze (Van Aken fa campagna elettorale con la maglietta “Tax the rich”) e blocco degli affitti.
Dal punto di vista della comunicazione, la ripresa di una dimensione relativamente di massa e di un contatto diretto con gli elettori non si presenta in alternativa alla dimensione digitale. La candidata a cancelliera Heidi Reichinnek, che nella geografia interna del partito era allineata con la corrente della Wagenknecht ma non ha partecipato alla scissione, è diventata una “popstar” (questa è la definizione del quotidiano vicino alla sinistra ND, ex “Neues Deutschland”) grazie ai suoi video virali su TikTok.
Grande successo mediatico ha avuto anche l’operazione “capelli d’argento” che si basa sulla presenza di tre anziani leader come Dietmar Barsch, Bodo Ramelow (ex primo ministro della Turingia) e Gregor Gysy, il più carismatico (e quello con meno capelli) dei tre. Le loro uscite sono state accolte da una grande partecipazione soprattutto di giovani. I teatri e i club che li hanno ospitati sono stati riempiti dal pubblico molto prima dell’inizio della manifestazione elettorale e a volte in centinaia sono rimasti fuori dalla sala.
Un altro elemento di forza del partito è certamente la sua piena adesione alle manifestazioni antifasciste che hanno attraversato tutte le città tedesche. Queste non hanno inciso probabilmente nel consenso diretto dell’AfD che non ne sembra toccata nei sondaggi preelettorali ma hanno portato ad una mobilitazione popolare che ha costruito una contronarrazione a quella xenofoba dell’estrema destra che la CDU (e purtroppo anche la BSW) hanno fatto proprie. La connessione tra temi popolari sul piano sociale e coerente sensibilità antifascista è andata a favore della Linke soprattutto tra l’elettorato giovanile.
I sondaggi, e vedremo se il voto li rispecchierà, danno una forte crescita di consensi tra i giovani che risultano fortemente preoccupati per il loro futuro, in una Germania che ha registrato una crisi del suo modello di crescita economica. Crisi alla quale le classi dirigenti non sembrano in grado di proporre una via d’uscita se non in termini di austerità, radicalizzazione del neoliberismo e militarizzazione della politica estera.
Non mancano temi e problemi sui quali la Linke deve risolvere contraddizioni e affrontare difficoltà non semplici. Sull’Ucraina è stata criticata per una eccessiva debolezza nella sua presa di posizione contro la guerra, alla quale risponde cercando di tenere insieme la propria identità pacifista storica (che i Verdi hanno completamente abbandonato) con una analoga rivendicazione di adesione ai principi dell’internazionalismo. Mentre è favorevole a sostenere gli ucraini contro l’invasione russa propone la ricerca di soluzioni politiche piuttosto che militari (sanzioni anziché invio di armamenti). Su una possibile partecipazione al governo, la Linke lascia la porta aperta, anche se l’ipotesi al momento sembra puramente ipotetica dato che la CDU rifiuta qualsiasi collaborazione anche a livello locale, mentre la accetta con il movimento di Sahra Wagenknecht, e la SPD collabora localmente ma non ha rimosso il divieto a livello nazionale, fondato su uno storico anticomunismo combinato al fatto che nella Linke sono confluiti fuoriusciti da quel partito, il che non rende agevole le relazioni.
La ripresa della Linke, se sarà confermata dal voto di domenica, potrà offrire utili suggerimenti anche per altre forze della sinistra alternativa in Europa, oltre a rafforzarne la presenza in una fase che promette di essere particolarmente turbolenta e non solo per la Germania.
Franco Ferrari