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“Vorrei abortire il mio governo”

di Nicoletta
Pirotta

Le donne polacche di nuovo in lotta per impedire ulteriori restrizioni alla legge sull’aborto

Da una settimana in Polonia sono in atto forti proteste contro una sentenza del Tribunale costituzionale del paese che rende illegale, modificando una legge del 1993 già molto restrittiva, l’interruzione di gravidanza (IVG) in caso di malformazione del feto. La sentenza del Tribunale costituzionale polacco risponde alla richiesta di un centinaio di parlamentari che hanno sostenuto che abortire a causa di malformazioni fetali si sarebbe configurato come una negazione dei princìpi della Costituzione che protegge la vita di ogni persona.

Se la sentenza andasse in vigore in Polonia saranno legali solo le IVG in caso di stupro, incesto o di grave minaccia alla vita o alla salute della donna. Questi casi costituiscono soltanto il 2,4 per cento dei circa 1.100 aborti praticati negli ospedali polacchi nel 2019. Secondo alcuni quotidiani già sin da ora molte strutture sanitarie, a sentenza non ancora applicata, hanno cominciato a cancellare procedure di interruzione di gravidanza già programmate.

La Polonia cattolica è uno dei pochi paesi in Europa in cui l’aborto non è disponibile su richiesta della donna. La legge che norma l’IVG è una delle più restrittiva d’Europa. In Polonia, infatti, l’aborto legale è possibile in tre casi: quando la gravidanza è il risultato di uno stupro, quando minaccia la salute della donna o quando il feto è malato. Tuttavia, anche in questi casi non vi è mai la certezza che la procedura abortiva venga eseguita perché i medici, qualora la procedura venga considerata per qualche motivo illegale illegale, rischiano una condanna fino a tre anni di carcere.

Benchè la legge sia così restrittiva gli aborti in Polonia non sono diminuiti. A fronte di un numero di procedure legali di circa un migliaio, la “Federazione per le donne” e la Pianificazione familiare insieme a molte organizzazione femministe stimano che, annualmente, le donne polacche che si sottopongono ad aborti clandestini (anche andando all’estero, specie in Germania ed anche in Ucraina, Slovacchia, Repubblica Ceca) siano circa 150.000!

Del resto non è facile abortire in Polonia non solo per le restrizioni imposti dalla legge, ma anche per lo stigma sociale che colpisce le donne che abortiscono. Per esempio quando si parla di aborto nel dibattito pubblico, i termini che spesso vengono usati per definirlo sono particolarmente odiosi: “omicidio di bambini mai nati”, “genocidio”, “trionfo di Satana” e via di questo passo.

Il governo già nel 2016 ed anche lo scorso aprile aveva tentato di introdurre restrizioni pesanti al diritto all’aborto, sempre con il sostegno di diversi gruppi religiosi cattolici e dei vescovi, ma in entrambi i casi aveva dovuto rinunciato a causa delle forti proteste. Ricordo che, nel 2016, per esigere che la proposta venisse respinta oltre 6 milioni di donne aderirono allo “sciopero femminista in nero”: chi rimanendo a casa dal lavoro, chi chiudendo i propri esercizi commerciali, chi unendosi simbolicamente alla protesta indossando qualcosa di nero .

C’è da dire che nonostante il governo di destra e le fortissime influenze delle gerarchie ecclesiastiche in Polonia, pure se il 69% della popolazione è contraria all’aborto, secondo una ricerca IPSOS il 37% sarebbe favorevole ad una liberazione della legge, il 43% è a favore del suo mantenimento e solo il 13% ne vorrebbe una restrizione.

Dopo la sentenza di giovedì scorso migliaia di persone sono tornate a scendere in piazza in molte città della Polonia per manifestare il proprio dissenso alle ulteriori restrizioni alla legge del 1993.

Le manifestazioni, organizzate dai tenaci movimenti femministi polacchi, sono molto partecipate: sono state bloccate molte strade in oltre 50 città, ci sono stati scontri con la polizia e in alcuni casi con gruppi di estrema destra che organizzavano contro-manifestazioni. Secondo le organizzatrici le città coinvolte sono state più di 150. Si può dire quindi che questa protesta è una delle più grandi degli ultimi anni.

Uno degli slogan più efficaci, «Vorrei abortire il mio governo», è divenuto virale.

Le proteste vanno avanti da giorni benché il governo abbia imposto, minacciando di far intervenire l’esercito, il divieto agli assembramenti di più di cinque persone per limitare il contagio da coronavirus, che in Polonia, come in gran parte d’Europa, si sta aggravando rapidamente.

Le donne polacche disobbediscono al divieto non perché siano irresponsabili o velleitarie ma perché si rendono conto che di fronte ad un attacco così esplicito al loro diritto all’autodeterminazione ed alla libertà di poter decidere sul proprio corpo la risposta deve essere forte e decisa. Pur dentro una pandemia, pur rischiando sulla propria pelle!

Solidarietà e vicinanza alle donne polacche in lotta. Senza se e senza ma.

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1 Commento. Nuovo commento

  • Enza Talciani
    28/10/2020 17:25

    Sembra impossibile che a poche centinaia di chilometri dall’Italia, un Paese così chiuso e regressivo non lascia l’autodeterminazione alle donne. Quante lotte e fatiche ancora per ottenere “diritti”. Forza Donne Polacche vi siamo vicine!

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