Tommaso Chiti – In un’atmosfera davvero rovente a Kyev, con il termometro che tocca inconsueti 33 gradi e la previsione di un fine settimana di giugno surriscaldato dal raduno mondiale neonazista ‘Fortress Europe‘ e – per il giorno seguente – dalla marcia per i diritti LGBTQ+, con manifestanti provenienti anche da oltre confine per entrambe le iniziative; la fondazione Rosa Luxemburg di Berlino ha convocato presso la sua sede ucraina una riunione europea su antifascismo ed antirazzismo.
L’appuntamento organizzato dal Centro per il Dialogo e la Cooperazione Internazionale ha raccolto l’adesione di esperti ed attivisti provenienti da Grecia, Spagna, Italia, Germania, Russia, Serbia, Ucraina, con l’intento di confrontarsi sulle diverse realtà militanti nei vari paesi e più in generale sulla necessità di organizzare una rete transnazionale, per far fronte alle crescenti derive neofasciste e di stampo razzista.
In più occasioni, come la ‘marcia dell’indipendenza‘ a Varsavia nel 2018 oppure nel 2016 con il festival ‘Boreal’ a Veronese del Garda infatti la galassia nera ha radunato frange come Alba Dorata, Blood&Honour, Forza Nuova, Pravi Sektor, VOX, i neonazisti della ‘Resistenza Nordica’, la croata Generacija Obnove, Escudo Identitario portoghese, Bastion Sociale e altri, evidentemente sempre più coordinati a livello europeo negli ultimi anni.
Il paradosso di una sorta di unità europea degli ultranazionalisti impone perciò un confronto sulle contromisure per arginare simili derive, mediante lo scambio di esperienze e pratiche, per il rilancio di strategie integrate nella promozione di valori antifascisti ed internazionalisti.
Per questo il programma dell’incontro si è articolato, a partire da alcuni focus tematici sulle frange dell’estrema destra più minacciose o maggiormente colluse con il potere istituzionale, come quelle di Svoboda, C14 e Settore Destro proprio in Ucraina, dove larga parte dei militanti è stata cooptata, in seguito al golpe della ‘Maidan’, passando da gruppi paramilitari – tuttora attivi – direttamente fra le fila dell’esercito, come dimostra l’epopea del nuovo reggimento ‘Azov’.
Questa fazione è tornata di recente alla ribalta delle cronache italiane con il maxi-sequestro dell’arsenale militare in un magazzino in provincia di Pavia e poi nell’abitazione di Massa Carrara, di proprietà di un ex-doganiere neofascista, iscritto a Forza Nuova.
Se da un lato preoccupano molto le infiltrazioni nell’apparato di sicurezza, in chiave prettamente ultranazionalista e revisionista, dall’altra è la proliferazione di simili ideologie in altrettante sigle a destare sconcerto, specialmente per l’attenzione rivolta da parte di queste formazioni alle giovanissime generazioni, con l’organizzazione di appositi campi di addestramento e reclutamento.
Peraltro, la formazione ‘Azov’, oltre ad aver visitato varie volte Roma dal 2017, ha addirittura modellato la propria ‘Casa del Cosacco’ sul modello dell’immobile occupato abusivamente da Casapound Italia.
Dalla panoramica delle diverse realtà nazionali sulle derive neofasciste nei rispettivi paesi di provenienza emerge quanto i diversi contesti socio-politici e giuridici nazionali abbiano riflessi importanti sulle realtà antifasciste, sulle priorità e sulle pratiche dei movimenti antirazzisti, oltre che sul loro rapporto con partiti di sinistra e sul livello di repressione degli apparati statali verso forme di auto-organizzazione.
In generale è possibile tracciare una gamma di approcci che vanno dal carattere maggiormente simile ad una controcultura in paesi particolarmente autoritari (Ucraina, Russia) o fortemente nazionalisti-revisionisti (Serbia); rispetto invece ad esperienze aperte a componenti popolari e radicate in rivendicazioni sociali, sindacali o politiche, come ad esempio su: emergenza abitativa, spazi sociali, beni comuni, lotta a povertà e diseguaglianze, ecc. in paesi come Spagna, Grecia, Italia e Germania.
Ad accomunare questi approcci più ‘mediterranei’ o ‘continentali’ non è solo la memoria storica delle passate responsabilità dittatoriali, ma anche le relazioni fra organizzazioni militanti e fazioni politiche o sindacati; non più preminenti come nella seconda metà del ventesimo secolo nel coordinamento delle lotte, ma senz’altro attivi e funzionanti, rispetto a paesi dell’Europa centro-orientale, dove le opposizioni stesse sono così perseguitate o censurate, da non fornire alcun contributo alle rivendicazioni dei movimenti antifascisti ucraino o russo.
Differenze sostanziali derivano quindi dall’assetto istituzionale e legale, particolarmente repressivo anche in Italia – sia per gli ultimi dispositivi di sicurezza e ordine pubblico, sia per i numerosi abusi in divisa più o meno denunciati – rispetto invece ad altri casi, come Germania o Grecia, dove spesso gli agenti sono dotati di codici identificativi e gli enti statali si sono mostrati meno refrattari al perseguimento di crimini di stampo neofascista; sebbene ovunque stia crescendo il numero di simpatizzanti e nostalgici di certe dittature fra le file delle forze dell’ordine.
Alcuni aspetti peculiari derivano invece dal caso spagnolo, come deriva reazionaria di un percorso iniziato con il movimento sociale ‘Indignados’e NiUnaMenos, proseguito con l’esperienza politica di Podemos, diventati pretesto di rigurgiti conservatori, con l’ascesa dell’estrema destra ‘VOX’.
Altrettanto preoccupante, in termini di eversione criminale, è poi il caso tedesco, con sempre più azioni di stampo terroristico e stragista di matrice neonazista, fra le quali la recente uccisione dell’ex-governatore della CDU in Baviera, Luebcke, oltre al caso di collusione di esponenti deviati dei servizi segreti con estremisti affiliati all’NDP.
Dalla condivisione delle diverse esperienze è emersa particolare sintonia fra le realtà antifasciste europee, non solo in opposizione persistente alla rimonta di organizzazioni nazifasciste o contro politiche repressive e nazionaliste, mediante cortei e contromanifestazioni di vario tipo; ma soprattutto nella definizione di alcune istanze prioritarie, che un po’ ovunque si ritrovano nell’azione antirazzista, nell’intento di tutela dei diritti umani, delle minoranze e dei diritti civili, nella promozione di visioni femministe ed ecologiste.
Le stesse pratiche di socialità vedono una forte comunanza, ad esempio nell’impegno con pubblicazioni online come forme di controcultura, oppure mediante attività di monitoraggio con osservatori documentati; e poi soprattutto sport popolari. L’informazione e il rischio di manipolazioni delle notizie in chiave discriminatoria è una delle questioni più diffuse a livello europeo, con i media che spesso sovraespongono azioni eclatanti di gruppi neofascisti, salvo poi minimizzare eventuali crimini o atti violenti, attribuiti piuttosto a ‘pazzi’ o ‘esaltati’, invece che ad estremisti ideologizzati.
Dalla condivisione delle varie esperienze e dall’esigenza sempre maggiore di intensificare sforzi comuni e contatti nella lotta alle derive liberticide dell’estrema destra, è emersa infine la proposta di un secondo appuntamento in forma allargata anche ad esponenti di paesi assenti in questa prima fase, quasi come un vero raduno, da tenersi nella primavera-estate del prossimo anno probabilmente in Grecia.
Al centro del programma della manifestazione sono state individuate tematiche afferenti soprattutto alla controinformazione rispetto alle forme di revisionismo, alla centralità di spazi e conflitti sociali; alla questione femminista, a quelle di immigrazione e solidarietà internazionale; da articolare attraverso forum, così come con workshop, esposizioni, campagne transnazionali condivise e altro ancora.
Sebbene politicamente sia tuttora limitato il successo elettorale di frange dichiaratamente nazi-fasciste; queste godono comunque delle simpatie di governi e maggioranze politiche sempre più conservatrici ed autoritarie, oltre che di altri apparati statali.
La graduale instaurazione di “democrazie illiberali” e sempre più leaderistiche, portate dalla crisi economica e poi sociale, ha determinato in molti paesi europei contestazioni del neoliberismo anche da destra, come dimostra la ripresa di politiche protezionistiche su scala globale, associando provvedimenti di chiusura delle frontiere a quelli isolazionisti rispetto a scambi e flussi migratori.
In quest’ottica avviene lo sdoganamento di ideologie o simboli legati alle dittature nazi-fasciste, come riferimenti identitari di masse sempre più precarie ed insicure.
Le stesse forze liberiste provano del resto ad agitare lo spauracchio di simili derive liberticide, per cercare di massimizzare i consensi verso forme di democrazia sempre meno rappresentative e sempre più marchettizzate, finendo così per perpetrare politiche classiste ed inique, che alimentano esattamente certi fenomeni di concorrenza al ribasso, precarietà, intolleranza e discriminazione.
Ancora più minacciose sono le frange organizzate dell’eversione neofascista, che possono essere sfruttate all’occorrenza per nuove ‘strategie della tensione’, nel tentativo cioè di sedare eventuali proteste su larga scala di movimenti sociali e di lavoratrici e lavoratori – come dimostra del resto il giro di vite sull’accoglienza e sulle libertà di manifestazione (es. blocchi stradali) contenuto nel ‘decreto sicurezza’ del ministro Salvini.
A fronte di una situazione simile da più parti durante il confronto è stato evidenziato come il movimento antifascista ed antirazzista, oltre a recuperare la dimensione internazionalista e la solidarietà fra diverse realtà debba porsi come reale forza antisistema di fronte a crescenti diseguaglianze ed ingiustizie sociali, se si vuol davvero fronteggiare le derive dell’estrema destra nazi-fascista a livello europeo.