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Una Politica Agricola Comune (PAC), solidale, giusta, sostenibile.

di Ivan
Nardone

di Ivan Nardone – Dal 1958 ovvero dalla sua nascita, la Politica Agricola Comune (PAC), pur tra mille contraddizioni, ha avuto il merito di limitare il drammatico spopolamento delle campagne con milioni di persone che emigravano per miseria verso i nuovi eldorado del modernismo fatto di industrializzazione pesante e di attività cittadine legate al commercio e ai servizi.  La PAC ha consentito a milioni di agricoltori di mantenere un presidio nelle aree marginali e rurali, di investire nel futuro, avere redditi dignitosi, stabili, ma soprattutto ha permesso ai cittadini europei di poter contare su un approvvigionamento stabile di derrate alimentari tracciate, libere da OGM, sicure, salutari, a prezzi accessibili e prodotte nel corso degli anni sempre più nel rispetto dell’ambiente, del benessere animale nonché della flora e della fauna selvatica.

Nonostante la continua e ripetuta opinione di un mondo agricolo in “declino”nell’ Unione Europea circa 30 milioni di addetti lavorano ad oggi nelle aziende agricole e 44 milioni di persone sono impiegate a vario titolo all’interno della complessa filiera agroalimentare. Di fatto nell’ UE un posto di lavoro su sei dipende dalla produzione agricola. Gli agricoltori inoltre sono appassionati e preziosi custodidi oltre tre quarti della superficie dell’UE, garantiscono un argine al dissesto idrogeologico in aree particolarmente fragili, tutelano la biodiversità, offrono un paesaggio attrattivo e variegato delle zone rurali sempre più apprezzate da turisti e visitatori.

La Pac resta quindi una politica fondamentale per l’UE sul piano economico, ambientale, sociale e sono assolutamente da respingere i pesanti e ingiustificati tagli al bilancio previsti per la prossima programmazione.

Proprio a partire dalla sua vitale importanza, la nuova Pac necessita però di radicali cambiamenti in grado di superare storture, pastoie burocratiche e ingiustizie consolidate nel corso degli anni a partire dalla ridistribuzione delle risorse che vede ancora oggi il 20% delle aziende accaparrarsi l’80% dei contributi.

Le proposte legislative presentate dalla Commissione, restano inaccettabili dal punto di vista dei tagli di bilancio, ma presentano timidi elementi di novità che meritano attenzione e approfondimenti mentre restano incomprensibili le posizioni che ripropongono improbabili percorsi di rinazionalizzazione delle politiche agricole   o l’atteggiamento di diversi  Governi che si ostinano a sostenere una Pac il più possibile simile all’attuale, nonostante gli evidenti limiti mostrati nel corso degli anni.

I pagamenti storici assegnati su criteri assai discutibili 20 anni fa e indecentemente difesi da più parti, continuano a premiare la rendita fondiaria improduttiva, penalizzano i giovani, l’occupazione, l’innovazione e restano uno strumento assolutamente iniquo nella distribuzione delle risorse.

Sono sicuramente maturi i tempi per una radicale modifica dell’assegnazione dei fondi comunitari a partire dal superamento dei pagamenti diretti aziendali calcolati su base storica.

L’Ue ha bisogno di una nuova Pac, forte, autorevole, solidale, giusta, sostenibile. Una Pac in grado di avere una legittimazione politica e sociale non solo tra gli addetti ai lavori ma dall’intera popolazione europea.

Al posto dello status di agricoltore/proprietario/rentier, vanno valorizzate le buone pratiche, l’innovazione continua, la buona agricoltura come contributo straordinario nella lotta ai cambiamenti climatici, al risparmio idrico ed energetico, la valorizzazione del paesaggio agrario, il benessere animale, la capacità di aggregare l’offerta e un maggior potere contrattuale per gli agricoltori nella catena del valore. Di particolare interesse, poi, le timide e ancora confuse aperture da parte della Commissione alla valorizzazione del lavoro sia salariato che familiare come requisito per l’assegnazione delle risorse, un provvedimento importante, da seguire con attenzione e da sempre sostenuto dai sindacati europei dell’agroalimentare.

Infine occorre superare qualsiasi approccio e sistema burocratico, realizzando attraverso i “piani strategici nazionali”scelte mirate al miglioramento del reddito degli agricoltori, della sostenibilità ambientale e la tutela del territorio.