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Una nuova città costruita sulla sabbia potrà salvare il regime autoritario egiziano?

di Alessandro
Scassellati

Il progetto per la nuova città a Ras al-Hekma fa parte di un pacchetto da 60miliardi di dollari messo a punto da EAU, FMI, UE, Banca Mondiale e altri soggetti per aiutare l’economia egiziana a resistere all’impatto del conflitto a Gaza e cercare di salvarla dalla crisi. Gli osservatori e gli attivisti delle organizzazioni umanitarie avvertono che il denaro rafforzerà un regime corrotto e oppressivo.

È uno dei pochi luoghi non cementificati rimasti sulla costa mediterranea dell’Egitto. Ci sono spiagge di sabbia bianca, alcuni uliveti e ficheti, e una vecchia casa per le vacanze costruita dal deposto re Farouk negli anni ’40. Entro 30 anni, la tranquilla penisola egiziana di Ras al-Hekma, a 350 km a nordovest del Cairo, ospiterà una nuova grande città che, nelle intenzioni di progettisti, finanziatori e governo egiziano, dovrebbe diventare una nuova “destinazione turistica di lusso globale”. Secondo il governo egiziano, la città di 170 chilometri quadrati includerà un porto turistico, un aeroporto, quartieri residenziali e villaggi turistici capaci di ospitare 8 milioni di turisti all’anno, nonché scuole, una università, una zona industriale e un quartiere finanziario e commerciale centrale. Si prevede che sarà una città verdesostenibile”, alimentata da fonti di energia rinnovabili, ma il primo ministro egiziano ha dichiarato che farà affidamento principalmente sulla nuova centrale nucleare da 30miliardi di dollari in costruzione nella vicina Dabaa. Ha anche sottolineato come la linea ferroviaria ad alta velocità Ain Sokhna–Matruh da 4,5miliardi di dollari sia in fase di costruzione per portare le persone sulla costa, con Ras al-Hekma come una delle fermate.

Il 23 febbraio, il fondo sovrano di Abu Dhabi ADQ, guidato da Sheikh Tahnoon Bin Zayed, fratello del sovrano degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed Ben Zayed Al Nahyane, ha annunciato l’intenzione di sviluppare Ras al-Hekma (il progetto era “sul mercato” da oltre 5 anni) come parte di un accordo del valore di 35miliardi di dollari in investimenti e riduzione del debito. Si tratta del più grande accordo di investimenti esteri diretti nella storia egiziana, con ADQ che paga in anticipo al governo l’equivalente del 7% del PIL totale degli Emirati Arabi Uniti, un anno prima che inizino i lavori di costruzione. Il primo ministro egiziano Mostafa Madbouly ha affermato che il progetto dovrebbe attirareun minimo di 150miliardi di dollari” durante le diverse fasi di attuazione1.

Il governo ha affermato che gli attuali abitanti dell’area verranno trasferiti in altre aree e riceveranno un risarcimento finanziario (anche se loro temono gli sgomberi forzati). Finora, nulla suggerisce che, entro 30 anni, la tranquilla penisola egiziana di Ras al-Hekma ospiterà una nuova grande città. Per l’Economist, l’accordo assomiglia più ad un salvataggio dell’economia egiziana e di un paese che l’ISPI definisce “un gigante dai piedi di argilla”, piuttosto che ad un vero piano di investimento2. I profitti del progetto arriveranno dalla vendita di case al mare, dall’affitto di camere d’albergo e dalla vendita o locazione di terreni. Tutti questi sono complessi da calcolare, ma, cosa ancora più importante, possono andare bene e generare un profitto, oppure possono fallire e determinare una perdita.

Il Piano Ras el-Hekma come mostrato sul sito web dei progetti del governo egiziano

L’accordo è stato il primo di una serie di proposte di prestiti, sovvenzioni e investimenti fatti all’Egitto nell’ultimo mese. Tra gli Emirati Arabi Uniti, il FMI, l’UE e la Banca Mondiale, l’Egitto ha ricevuto impegni per 57miliardi di dollari da erogare in tre anni. Nonostante i recenti timori che la crescente crisi del debito egiziano e l’aumento dell’inflazione (intorno al 36%), con più della metà della popolazione al di sotto o vicino alla soglia di povertà3, minaccino la stabilità della sua economia, i mercati obbligazionari egiziani si sono ripresi dopo gli annunci, e gli economisti affermano che il paese ha una reale opportunità per affrontare i problemi economici sistemici.

Ma i gruppi per i diritti civili hanno criticato gli accordi, con Human Rights Watch che avverte che il denaro, in particolare quello promesso dall’Unione Europea4, “premia l’autoritarismo5. Organizzazioni non governative come Freedom House, Human Rights Watch e Amnesty International descrivono l’Egitto come un paese con un regime autoritario, dove la libertà di espressione e di riunione è legalmente riconosciuta, ma nella pratica fortemente limitata. I tribunali, i media e il settore privato sono asserviti allo Stato e la discriminazione contro le minoranze, come le persone LGBTQ+, i cristiani copti, gli sciiti e le persone di colore, è diffusa. La direttrice esecutiva di Democracy for the Arab World Now, Sarah Leah Whitson, ha esortato “il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale a non fornire finanziamenti a governi come l’Egitto che non sono amministratori responsabili del loro Paese e della loro economia, e di fatto sono i principali beneficiari della corruzione e della cattiva gestione dell’economia”.

Gli accordi arrivano in un contesto di crescente preoccupazione per l’Egitto, in particolare tra i governi occidentali e del Golfo dopo lo scoppio della guerra a Gaza. I combattimenti dal 7 ottobre hanno focalizzato l’attenzione sul paese, che è stato a lungo definito “troppo grande per fallire”, ma che è considerato meno una priorità a Washington (soprattutto dopo lo scandalo per la corruzione del potente senatore democratico Bob Menendez tesa a favorire il governo egiziano) e altrove negli ultimi anni. I partner del Golfo ed europei considerano l’Egitto sotto il presidente al-Sisi (al terzo mandato) come “un pilastro della sicurezza” in una regione instabile (nonostante le ottime relazioni del regime con Russia e Cina e il suo ruolo nella destabilizzazione della Libia attraverso il generale Haftar), temono che l’impatto economico della guerra a Gaza (particolarmente forte su turismo e trasporti marittimi attraverso Mar Rosso e canale di Suez) possa mettere il paese, che ha 114 milioni di abitanti ed era già alle prese con una grave crisi economica, in una situazione pericolosa in un momento estremamente delicato dal punto di vista geopolitico. Per l’Egitto, la necessità è particolarmente urgente: il paese è nel mezzo di una crisi devastante causata da una “tempesta perfetta” di alta inflazione, pesante debito, persistente deficit commerciale, aumento dei tassi di interesse, carenza di valuta estera e investimenti esteri irrisori, al di fuori del settore del petrolio e del gas (con l’ENI tra i maggiori investitori e partner nel cercare di assecondare l’ambizione dell’Egitto di diventare un hub regionale del gas e un importante esportatore di gas naturale liquefatto). Anche le rimesse sono scese del 30% a 22 miliardi di dollari nel 2022-23, poiché i lavoratori all’estero hanno ridotto i trasferimenti a causa del tasso di cambio ufficiale sopravvalutato. Le difficoltà sono state notevolmente aggravate dalla guerra della Russia contro l’Ucraina, che ha sconvolto i mercati globali del grano e spinto i prezzi dei prodotti alimentari a livelli record, e dagli attacchi Houthi al Canale di Suez, che hanno parzialmente privato (per ora dimezzato) l’Egitto di 10miliardi di dollari di entrate doganali annuali.

Il Cairo ha ricevuto miliardi in depositi e investimenti dagli alleati del Golfo, tra cui Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, dopo lo shock provocato dall’invasione russa dell’Ucraina, e ha ottenuto nuove espressioni di solidarietà dopo lo scoppio della crisi di Gaza. Ma gli Stati arabi del Golfo hanno inasprito le condizioni per l’iniezione di nuovo denaro, ricercando sempre più investimenti che forniscano un rendimento. Per questo, l’Egitto ha via via svenduto beni turistici, agricoli e portuali agli Emirati Arabi Uniti e all’Arabia Saudita.

L’accordo sul progetto di Ras el-Hekma è anche diventato un punto di svolta importante. La portata dell’accordo con ADQ ha rassicurato il governo e la Banca Centrale egiziana a sufficienza da far fluttuare la sterlina egiziana il 6 marzo. Il futuro della valuta, ancorata al dollaro USA, è stato una questione di disaccordo di lunga data tra l’Egitto e il FMI. Alcune ore dopo la svalutazione della sterlina egiziana di quasi il 40% sul dollaro USA, con l’impegno di mantenere un cambio flessibile (senza interventi di sostegno da parte della Banca Centrale), il Fondo ha firmato un prestito di 8miliardi di dollari (il quarto prestito dal 2016; complessivamente quasi 21,5miliardi di dollari).

L’UE ha seguito l’esempio due settimane dopo con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, alla guida di una delegazione di leader di cinque paesi europei al Cairo (Austria, Grecia, Cipro, Belgio e Italia). Hanno presentato un pacchetto di prestiti, sovvenzioni e investimenti da 7,4miliardi di euro, che include una sovvenzione di 200milioni di euro per contrastare la migrazione irregolare, un tema considerato cruciale in un’era di ondata populista e in vista delle elezioni del Parlamento europeo dei primi di giugno6. Alcuni giorni dopo, la Banca Mondiale ha presentato un pacchetto da 6miliardi di dollari. Il totale promesso all’Egitto ammonta a quasi 60miliardi di dollari. Una montagna di denaro (quasi pari al PIL di un piccolo paese e agli aiuti all’Ucraina bloccati da mesi dal Congresso degli Stati Uniti).

In un comunicato stampa il giorno in cui è stato annunciato l’accordo, il FMI afferma che le riforme politiche negoziate con l’Egitto, che includono un passaggio verso un sistema di cambio flessibile, un inasprimento delle politiche monetarie e il sostegno al settore privato, “aiuteranno a preservare stabilità macroeconomica, ripristinare la fiducia e consentire all’Egitto di gestire le sfide associate ai recenti shock esterni”.

Negli ultimi dieci anni, il governo di Abdel Fattah al-Sisi ha dimostrato di essere molto capace nello sperperare denaro e di non agire in modo responsabile. Da quando è salito al potere nel 2014, al-Sisi ha dato priorità alla realizzazione di progetti multimiliardari, tra cui l’estensione del Canale di Suez e la realizzazione di 38 cosiddette “città intelligenti da completare entro il 2050 per fare fronte all’aumento della popolazione. Tra queste figura il suo progetto di punta, la Nuova Capitale Amministrativa (NAC), una città chiamata Wedian o Al-Masa, a est del Cairo, che ospita i grattacieli più alti dell’Africa7, una piramide di cristallo, un vasto palazzo a forma di disco ispirato ai simboli dell’antico dio del sole egiziano e un edificio del Ministero della Difesa sette volte più grande del Pentagono. Si stima che la sola NAC costerà circa 58miliardi di dollari, anche se i numeri esatti sono avvolti nel segreto. Anche le importazioni di armi dell’Egitto sono aumentate negli ultimi dieci anni, rendendolo il terzo importatore a livello globale, secondo lo Stockholm International Peace Research Institute. Secondo il SIPRI, tra il 2013 e il 2022, l’Egitto ha acquistato armi da Canada, Cina, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Finlandia, Francia, Germania, Giordania, Italia (terzo paese venditore), Paesi Bassi, Russia, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica.

In risposta alle crescenti pressioni sul bilancio, il governo aveva annunciato a gennaio che avrebbe ridotto la spesa per i grandi progetti e seguito una disciplina fiscale al fine di ridurre l’inflazione e il deficit commerciale, dando l’impressione di essersi reso conto che ciò che ha fatto negli ultimi 10 anni è insostenibile e occorresse cambiare indirizzo. Il FMI ha anche fatto della riduzione della spesa per le infrastrutture un requisito fondamentale del prestito, insieme a riforme strutturali per incoraggiare la crescita del settore privato, in parte rimuovendo esenzioni e privilegi per le potenti imprese statali/militari del paese.

Ma dopo l’annuncio dell’accordo per Ras al-Hekma, il presidente dell’Autorità del Canale di Suez, Osama Rabie, ha annunciato all’inizio di questo mese l’intenzione di costruire un prolungamento di 50 miglia del secondo canale, leggermente più lungo dell’estensione completata nel 2015, con un costo stimato di 8 miliardi di dollari che dovrebbero essere coperti dalla stessa Autorità8.

Tra i progetti di costruzione statale di al-Sisi ci sono dozzine di nuove prigioni. Sessanta centri di detenzione sono stati costruiti negli ultimi 11 anni secondo la Rete Araba per l’Informazione sui Diritti Umani con sede al Cairo, una delle ultime organizzazioni per i diritti civili in Egitto, che a sua volta ha chiuso i battenti nel 2022 sotto la pressione del governo. Tra le decine di migliaia di prigionieri politici incarcerati sotto al-Sisi figura lo scrittore britannico-egiziano Alaa Abd al-Fattah che, dopo aver trascorso un lungo periodo in custodia cautelare, è stato condannato a cinque anni nel 2021 per aver diffuso “notizie false che minano la sicurezza nazionale” dopo aver condiviso un retweet sulla tortura. “Non c’è alcuno spazio per il dissenso”, afferma Claudio Francavilla, attivista senior di Human Rights Watch che cura i rapporti con l’UE. “I militari controllano il governo, non ci sono media liberi e la società civile è quasi spazzata via. La crisi economica in Egitto è molto, molto profondamente intrecciata con la crisi dei diritti umani. L’Egitto ha praticamente una leadership militare autoritaria che strangola ogni aspetto della vita del paese, compresa l’economia, e attraverso la sua repressione si è sbarazzato di tutto ciò che assomiglia a controlli ed equilibri sul potere”. Estendendo miliardi di credito all’Egitto, dice Francavilla, l’UE e altri soggetti “stanno rafforzando l’oppressione in questo paese. Se non si affrontano questi problemi, si sta semplicemente prendendo tempo, ma la prossima crisi è proprio dietro l’angolo“.

L’accordo sul progetto di Ras al-Hekma è stato programmato per portare un po’ di sollievo a breve termine all’attuale crisi economica dell’Egitto, che è il risultato di un’eccessiva spesa statale che ha portato ad una crisi valutaria. E questo è esattamente ciò che offrirà. Il settore immobiliare è notoriamente un settore instabile e allo stesso tempo che non funziona come investimento strategico. Rispetto alla produzione industriale, nel lungo termine, il settore immobiliare non contribuirà allo squilibrio valutario dell’Egitto, né sostituendo le importazioni né stimolando le esportazioni. Buona parte degli investimenti che verranno effettuati a Ras al-Hekma proverranno dall’Egitto in valuta locale. Una parte significativa delle vendite, siano esse di terreni, ville o pernottamenti in hotel, sarà effettuata anche agli egiziani benestanti. Anche se la natura costiera della riqualificazione presenta un vantaggio rispetto ai progetti in altre aree, le proiezioni di tali vendite potrebbero essere troppo ambiziose.

Le autorità del Cairo hanno salutato l’accordo come un “modello per futuri partenariati di investimento che possono portare entrate sostanziali” e un punto di svolta per l’economia egiziana9. Ma, alla fine, quanti progetti tipo Ras al-Hekmas deve vendere l’Egitto per mantenere a galla la sua economia nel lungo termine?

Alessandro Scassellati

  1. L’area avrà bisogno di nuovi impianti di trattamento dell’acqua potabile e delle acque reflue, che costerebbero decine di milioni di dollari. Non solo, l’acqua potabile dovrà essere pompata dal Nilo a oltre 300 chilometri di distanza oppure si dovrà costruire un costoso impianto di desalinizzazione dell’acqua di mare.[]
  2. Beffardamente, l’Economist nota che: “Nei tempi antichi, i faraoni sapevano che la loro sopravvivenza poteva dipendere dalle piene annuali del Nilo. Senza l’alluvione del ricco limo nero, i raccolti non potevano essere seminati e le persone affamate tendevano a rivoltarsi contro i loro leader. I tempi sono cambiati, ma il moderno faraone egiziano guarda ancora altrove per sostenere il suo dominio: non a sud, alle sorgenti del Nilo, ma a est, verso le monarchie ricche di petrolio del Golfo”. L’accordo in sé è complicato. Vedrebbe il governo di Abu Dhabi, attraverso il suo fondo sovrano ADQ, pagare al principale costruttore urbano statale egiziano, la New Urban Communities Authority (NUCA), 24miliardi di dollari in circa due mesi per i “diritti di sviluppo” del territorio. NUCA fornirà il terreno e manterrà una quota del 35% nel progetto. Inoltre, un deposito di 11miliardi di dollari degli Emirati Arabi Uniti presso la Banca Centrale d’Egitto è stato rilasciato per investimenti in progetti primari. Ciò ha significato che 11miliardi di dollari sono stati cancellati dai libri del debito estero dell’Egitto, il che è stato un sollievo per il suo governo, dato che il debito estero era al livello record di 165miliardi di dollari. Il debito estero è quadruplicato nel corso dei quasi 10 anni di presidenza di Abdel Fattah al-Sisi. Il servizio del debito assorbe attualmente la maggior parte della spesa annuale dello Stato. Secondo un rapporto della Banca Centrale, l’Egitto dovrà pagare 34,8 miliardi di dollari per il servizio del debito estero solo nel 2024.[]
  3. I funzionari affermano di aver aumentato la spesa per i programmi sociali per i poveri, compreso un programma di distribuzione di denaro che copre circa cinque milioni di famiglie, anche se i critici sostengono che il welfare è insufficiente a proteggere gli standard di vita. Nell’ottobre 2023, in un discorso elettorale, al-Sisi ha affermato: “Egiziani, non rifuggite dal progresso! Non osate dire: ‘È meglio mangiare’. Per Dio, se il prezzo del progresso e della prosperità è che non mangiamo né beviamo come fanno gli altri, allora non mangeremo né berremo”. L’Egitto è un paese che non è in grado di esercitare la propria sovranità alimentare e deve importare grandi quantità di cibo, soprattutto cereali, dall’estero. Per questo è stato particolarmente colpito dalle interruzioni dei rifornimenti provenienti dall’Ucraina.[]
  4. La visita al Cairo il 17 marzo della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, insieme ai primi ministri di Italia, Grecia e Belgio, ha avuto come obiettivo il miglioramento delle relazioni UE-Egitto per trasformarle in un “partenariato globale e strategico”, aprendo la strada a un pacchetto di aiuti, sovvenzioni, prestiti e investimenti dell’UE nel paese stimati tra i quattro e gli otto miliardi di euro. La chiave di questo partenariato sarà il sostegno dell’UE al controllo dei migranti che partono dalle frontiere dell’Egitto per raggiungere l’UE. Il progetto è lo stesso degli accordi dell’UE con Tunisia (da 700milioni di euro) e Mauritania (da 210milioni di euro): iniettare denaro fresco per contribuire a stabilizzare un’economia traballante e esternalizzare le frontiere europee, fermando i migranti e ignorando gli abusi e le violenze. Anche se l’economia egiziana dovesse ritrovare una base stabile e i cittadini egiziani avessero meno motivi per lasciare il proprio paese d’origine, come spera Bruxelles con il piano multimiliardario, rimarrebbe comunque una questione irrisolta sul destino dei 500mila sudanesi e di altre nazionalità provenienti dal Corno d’Africa che hanno cercato rifugio in Egitto o sono in transito nel suo territorio. Negli ultimi anni, l’UE ha assistito a un drammatico aumento delle domande di asilo da parte di cittadini egiziani: da 6.616 nel 2021 a 26.512 nel 2023, secondo l’agenzia per l’asilo del blocco (EUAA). L’EUAA stima che solo tra il 6 e il 7% di queste richieste siano andate a buon fine. La maggior parte di queste richieste sono state registrate in Italia (69%), seguita dalla Grecia al secondo posto (9%). Ciò spiega perché i primi ministri Giorgia Meloni (che ha salutato l’accordo UE-Egitto come un’opportunità per dare ai “residenti dell’Africa” la possibilità di “non emigrare” in Europa) e Kyriakos Mitsotakis si sono uniti al viaggio di von der Leyen. Gli egiziani che cercano di raggiungere l’Europa, però, non partono dalle coste egiziane, poiché i confini marittimi sono attentamente sorvegliati. Invece, la maggior parte si reca in Libia e poi tenta di attraversare il Mar Mediterraneo. Una minoranza sceglie di volare in Turchia e provare ad entrare nel blocco attraverso la Bulgaria o la Grecia.[]
  5. Da quando i militari hanno preso il potere con un colpo di Stato nel 2013, commettendo il massacro di Rabaa in cui morirono almeno 817 persone o probabilmente più di 1.000, e il generale Abdel Fattah al-Sisi è diventato presidente dell’Egitto nel 2014, i governi hanno usato il pugno di ferro. Sono stati responsabili del massacro dei manifestanti e dell’incarcerazione e tortura di migliaia di presunti critici e oppositori (compresa la tortura e l’assassinio del cittadino italiano Giulio Regeni) spesso trattenendoli in prolungata detenzione preventiva o condannandoli in processi gravemente iniqui. I media indipendenti e la società civile sono stati soffocati e la magistratura è diventato un braccio obbediente della repressione governativa. L’esercito al potere ha ampliato i propri poteri sulla vita civile, suscitando accuse di clientelismo e corruzione.[]
  6. L’accordo da 7,4miliardi di euro con l’UE ha una forte dimensione economica: 5miliardi di euro in prestiti agevolati per sostenere le riforme delle politiche macroeconomiche dell’Egitto e 1,8miliardi di euro in investimenti aggiuntivi nell’ambito della politica di vicinato del blocco, per promuovere l’energia rinnovabile e la connettività digitale. Per quanto riguarda la gestione della migrazione, l’accordo stanzia 200milioni di euro per reprimere il traffico e la tratta di esseri umani come parte di un pacchetto più ampio di 600milioni di euro in sovvenzioni a fondo perduto.[]
  7. La NUCA ha preso in prestito quasi 3miliardi di dollari dalla Cina per costruire grattacieli nella Nuova Capitale Amministrativa. Anche gli Emirati hanno investito molto in questo progetto. La nuova capitale dovrebbe essere una città per sette milioni di persone. I progetti vengono dall’architetto americano Philip Enquist che lavora per lo studio di architettura di Chicago SOM, leader mondiale nella costruzione di edifici commerciali da quasi un secolo, mentre le imprese edili sono cinesi.[]
  8. La promessa fatta da al-Sisi quando è entrato in carica è stata: sacrifici a breve termine per la stabilità a lungo termine. È stato un accordo che molti hanno accettato. Il raddoppiamento parziale del Canale di Suez, completato nel 2015 per un costo di 8 miliardi di dollari, è stata la prima delle sue nuove iniziative e quella che ha acceso l’immaginazione delle persone per ciò che era possibile fare, anche se gli analisti ritengono che il suo impatto economico effettivo sia stato minimo.[]
  9. L’accordo ha innescato speculazioni su ulteriori potenziali accordi, anche per l’area di Ras Gamila vicino alla località di Sharm el-Sheikh, nel sud del Sinai, dove potrebbero essere interessati ad investire i sauditi. L’Arabia Saudita ha dichiarato nel 2018 che l’Egitto aveva impegnato una vasta area nel Sinai meridionale per integrare, attraverso lo Stretto di Tiran, una megalopoli e una zona commerciale chiamata NEOM che i sauditi stanno costruendo. Ras Gamila si trova direttamente di fronte allo Stretto di Tiran e a due isole che l’Egitto ha accettato di cedere all’Arabia Saudita nel 2017. Si trova vicino al luogo in cui approderebbe un ponte sul Mar Rosso, un’idea annunciata dal re saudita Salman durante una visita al Cairo nel 2016.[]
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