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Riflessioni sulla crisi del gigante bancario Credit Suisse

di Alessandro
Scassellati

Perdite, pratiche criminali, capitalismo finanziario e l’estinzione della vita umana: il caso Credit Suisse. Sono due anni che il gigante bancario svizzero Credit Suisse perde soldi e passa da uno scandalo all’altro. Scandali che hanno messo in luce che ospita la ricchezza nascosta di clienti coinvolti in torture, traffico di droga, riciclaggio di denaro, corruzione e altri gravi reati. I piani di ristrutturazione si susseguono così come le scuse e gli impegni della banca ad applicare procedure e controlli più severi sulla propria clientela. Le vicende e le rivelazioni emerse negli ultimi due anni hanno fatto emergere inquietanti interrogativi sul funzionamento di una banca che da decenni dà lavoro a banchieri che commettono e aiutano i propri clienti a commettere crimini e che nasconde nei sui conti segreti il denaro di persone e organizzazioni che compiono saccheggi, frodi, evasione fiscale e altri crimini. Una questione che, più in generale, ci interroga sul come funziona un sistema economico – il capitalismo – che sta rapidamente portando la specie umana verso l’estinzione.

 Un gigante bancario/finanziario in crisi

Il 9 febbraio il Credit Suisse Group AG, uno dei player del sistema bancario e finanziario globale, ha annunciato una perdita netta di 7,3 miliardi di franchi svizzeri (7,9 miliardi di dollari) per il 2022, poiché i clienti hanno ritirato i loro contanti a un ritmo vertiginoso e la banca ha registrato un calo significativo del reddito dalle sue divisioni di gestione patrimoniale e gestione degli investimenti (quest’ultima ha registrato una perdita di 3,8 miliardi di franchi svizzeri nel 2022, all’incirca lo stesso importo che ha pagato al proprio personale). Il valore delle azioni della banca sono crollate di quasi il 15% in poche ore. Per spiegare le perdite la banca ha citatol’impatto negativo” di un “ambiente macro e geopolitico impegnativo con incertezza del mercato e avversione al rischio del cliente”.

Il Credit Suisse è una banca d’investimento globale e una società di servizi finanziari fondata nel 1856 per finanziare lo sviluppo del sistema ferroviario svizzero1. Con sede a Zurigo, è la seconda banca svizzera dopo la UBS, mantiene uffici in tutti i principali centri finanziari del mondo ed è una delle nove banche globali “Bulge Bracket” che forniscono servizi di investment banking, private banking, gestione patrimoniale e servizi condivisi. È nota per la stretta riservatezza banca-cliente e segreto bancario. Il Financial Stability Board la considera una banca di importanza sistemica globale. Il Credit Suisse è inoltre primary dealer e controparte Forex della FED.

Per cercare di contrastare la crisi la banca ha annunciato che nessuno dei suoi dirigenti, compreso il nuovo amministratore delegato, Ulrich Körner (ex capo della divisione di gestione patrimoniale, subentrato a Thomas Gottstein a luglio), riceverà bonus. Nel frattempo, il fondo bonus totale del 2022 per i banchieri del Credit Suisse è stato ridotto del 50%, con i senior manager che hanno subito un taglio maggiore ai loro pagamenti annuali rispetto ai loro colleghi junior2.

È il secondo anno consecutivo in rosso della banca, con perdite che sono aumentate a dismisura rispetto a una perdita netta di 1,7 miliardi di franchi svizzeri nel 2021. La banca aveva avvertito che i profitti non si sarebbero ripresi nel 2022 e che il costo di ampi sforzi di ristrutturazione comporterà probabilmente una “sostanziale perdita ante imposte nel 2023” (gli analisti hanno previsto che non ci saranno utili prima del 2025).

Ad ottobre la banca aveva confermato che i suoi piani di ristrutturazione – che porranno maggiore attenzione sulla divisione di gestione patrimoniale della banca per i clienti ricchi e super-ricchi del mondo (questa meno turbolenta attività continuerà ad essere quella principale della banca con l’assunzione di almeno 500 gestori di relazioni per trovare e servire questi clienti facoltosi, soprattutto nei paesi emergenti) e sulla riduzione delle sue operazioni di investment banking, basate principalmente negli Stati Uniti, che offrono servizi di trading, raccolta di capitali e consulenza in materia di affari alle imprese – comporteranno una riduzione dei costi del 15% con l’eliminazione di 9.000 posti di lavoro dei 52.000 totali in tre anni (2.700 sono stati già licenziati) e la fusione della sua divisione di banca di investimento con il marchio CS First Boston. In Svizzera andranno perduti circa 2.000 posti di lavoro, riducendo l’organico nel mercato interno della banca a circa 14.000. È stata anche creata una “Capital Release Unit” per vendere tutti gli asset ritenuti dalla banca troppo rischiosi e di scarsa importanza strategica (a cominciare da una partecipazione di 334 milioni di euro nella società fintech spagnola Allfunds).

Inoltre, la banca si era impegnata a raccogliere $ 4,3 miliardi di capitale fresco entro dicembre 2022. 1,5 miliardi sono arrivati dalla Saudi National Bank che ha acquisito il 10% del capitale della banca, altri sottoscrittori sono stati circa 20 banche guidate da Deutsche Bank AG, Morgan Stanley, RBC Capital Markets e Societe Generale SA. Questi soldi serviranno per finanziare la ritirata dalla negoziazione a Wall Street e tentare di riprendersi da una crisi quasi esistenziale.

Ovviamente, in Borsa le azioni erano crollate del 19% in poche ore, anche a seguito dello scatenarsi di una frenesia sui social media, portando alcuni importanti clienti a ritirare depositi e investimenti dalla banca per miliardi di dollari. Tra gennaio e il 30 settembre 2022, i deflussi netti di attività sono stati di quasi $ 13 miliardi, rispetto agli afflussi netti di circa $ 30 miliardi nello stesso periodo del 2021. Poi, nel quarto trimestre del 2022, la banca ha visto una forte accelerazione dei prelievi, con deflussi sbalorditivi di oltre 110 miliardi di franchi svizzeri ($ 120 miliardi), spingendo gli importi totali degli asset in gestione a 1.294 trilioni di franchi, un calo di quasi il 20%, nonostante che Körner e il presidente Axel Lehmann avessero affermato che la situazione si era stabilizzata. Il patrimonio gestito dall’attività di gestione patrimoniale della banca è diminuito del 27%, passando da 743 miliardi di franchi alla fine del 2021 a 540 miliardi di franchi nel 2022.

Commentando i risultati dell’intero anno, Körner ha dichiarato: “Il 2022 è stato un anno cruciale per Credit Suisse. Abbiamo annunciato il nostro piano strategico per creare una banca più semplice e focalizzata, costruita attorno alle esigenze dei clienti e da ottobre stiamo procedendo a ritmo sostenuto. Abbiamo un piano chiaro per creare un nuovo Credit Suisse e intendiamo continuare a realizzare la nostra trasformazione strategica triennale rimodellando il nostro portafoglio, riallocando il capitale, dimensionando correttamente la nostra base di costi e costruendo sulle nostre principali affiliate“.

Una crisi frutto di malagestione e di una lunga serie di scandali

Le perdite del 2022 e le misure di ristrutturazione annunciate sono frutto di un periodo di scandali, ingenti perdite, turnover dei dirigenti (nel gennaio 2022 ha perso il suo presidente, António Horta-Osório, in carica solo dal 2021, dopo che questi aveva infranto due volte i regolamenti sulla quarantena Covid-19) e calo della fiducia del mercato (con la riduzione del rating della banca da parte di Moody e Fitch). Credit Suisse sta cercando di imboccare la strada di un rilancio che fa eco a quelli precedenti seguiti dall’altra grande banca svizzera UBS Group AG e dalla tedesca Deutsche Bank AG. Anche loro negli ultimi anni hanno subito ingenti perdite e ridimensionato l’investment banking.

Le perdite finanziarie sono soprattutto legate ad una serie di grandi scandali che hanno investito il Credit Suisse negli ultimi anni: i crolli dell’istituto finanziario Greensill Capital (che ha comportato il congelamento di miliardi di fondi di supply chain finance e perdite per 5 miliardi di sterline per i contribuenti britannici3) e dell’hedge fund statunitense Archegos Capital Management (controllato dal miliardario Bill Hwang) nel marzo 2021, quest’ultimo costato più di 5 miliardi di dollari alla banca. Quell’anno, la banca ha anche ammesso di aver frodato gli investitori nell’ambito dello scandalo dei prestiti “tuna bond” in Mozambico, che ha spinto il paese in una grave crisi finanziaria, con conseguente multa di oltre 350 milioni di euro4. Operazioni disastrose che si sono trasformate anche in scandali reputazionali che hanno fatto lievitare le sue spese legali.

Ma nel 2022 il Credit Suisse è stato anche al centro dell’indagine sui suoi segreti – i cosiddetti Suisse Secrets – fatti trapelare da un informatore anonimo ad un pool di testate giornalistiche europee (comprendenti Süddeutsche Zeitung, The Guardian, Le Monde e altri 45 organi di stampa con oltre 160 giornalisti, ma nessuno di loro era in Svizzera), in cui è stato dimostrato che la banca ha servito clienti coinvolti in torture, traffico di droga, riciclaggio di denaro, corruzione e altri gravi crimini per decenni. Rivelazioni molto simili a quelle acquisite con i Panama, Pandora e Paradise Papers, HSBC leaks, Luxembourg leaks e altri che hanno portato alla luce le pratiche oscure e gli imbrogli finanziari praticati dai super ricchi con la connivenza di banche e di un terziario composto da avvocati e commercialisti domiciliati nei paradisi fiscali5.

Nel giugno 2022, i pubblici ministeri svizzeri hanno ritenuto la banca colpevole (la prima grande banca svizzera ad essere condannata per accuse penali nel suo paese d’origine) di aver contribuito a riciclare denaro (almeno 146 milioni di dollari) del traffico di cocaina per conto della mafia bulgara tra il 2004 e il 2008. La banca ha negato l’illecito e ha detto che presenterà ricorso contro la sentenza.

Questo è successo mesi dopo che il Credit Suisse ha perso una lunga battaglia giudiziaria con l’ex primo ministro georgiano Bidzina Ivanishvili (che ha un patrimonio personale stimato in 4,8 miliardi di dollari), che ha sostenuto di essere stato vittima di una frode commessa da un banchiere del Credit Suisse, Pascale Lescaudron, condannato a 5 anni. Il banchiere, licenziato dal Credit Suisse, è stato incarcerato nel 2018 dopo aver ammesso di aver falsificato le firme dei clienti per deviare denaro e fare scommesse azionarie a loro insaputa, e si è suicidato nel 2020. Uno scandalo che ha causato alla banca perdite per oltre 150 milioni di dollari.

La reputazione della banca è molto controversa. Dagli anni ’40 fino ad oggi, oltre ai clienti abituali, il Credit Suisse ha offerto a criminali, politici corrotti e controversi capi dei servizi segreti un rifugio sicuro per i loro beni, nonostante tutte le dichiarazioni pubbliche di una strategia del “denaro bianco“, protetta dalla legge bancaria svizzera che ha reso un reato criminale l’infrazione del segreto bancario6.

Uno dei casi più noti nella storia del Credit Suisse ha coinvolto il corrotto dittatore filippino Ferdinand Marcos e sua moglie Imelda. Si stima che la coppia abbia sottratto fino a 10 miliardi di dollari dalle Filippine durante i tre mandati di Ferdinando come presidente, terminati nel 1986. In seguito è emerso che il Credit Suisse aveva aperto conti per la coppia con i nomi falsi “William Saunders” e “Jane Ryan“, contribuendo a proteggere i loro fondi dal controllo. Nel 1995, un tribunale di Zurigo ha ordinato alle banche, tra cui il Credit Suisse, di restituire alle Filippine 500 milioni di dollari di fondi rubati.

Nel 1999, le autorità giapponesi hanno multato il Credit Suisse e revocato la sua licenza per uno “shredding party“, durante il quale i banchieri hanno distrutto le prove relative a un’indagine per stabilire se stesse aiutando le aziende a nascondere le loro perdite.

Ferdinand Marcos potrebbe essere stato il cliente più famoso del Credit Suisse, ma poi ci sono stati i parenti del brutale dittatore nigeriano Sani Abacha, che si ritiene abbia rubato fino a 5 miliardi di dollari al suo popolo in soli sei anni (1993-1998). Credit Suisse ha fornito servizi ai figli di Abacha, aprendo conti svizzeri in cui hanno depositato 214 milioni di dollari7.

Nel 2004, un banchiere del Credit Suisse è stato arrestato per aver presumibilmente aiutato a riciclare almeno 5 miliardi di yen legati alla più grande banda della yakuza giapponese. Il banchiere è stato assolto sulla base del fatto che non era a conoscenza della fonte dei fondi.

Poi ci sono stati anche i figli di Hosni Mubarak, Alaa e Gamal, che hanno costruito imperi economici in Egitto durante gli anni di dittatura del padre. Il rapporto dei fratelli con la banca (come di altri membri del gruppo di potere di Mubarak) è durato decenni, con il primo conto congiunto aperto dai fratelli nel 1993. Nel 2010, l’anno prima della rivolta popolare che ha estromesso il padre, un conto appartenente ad Alaa deteneva 232 milioni di franchi svizzeri (circa 150 milioni di euro). Dopo le rivolte della primavera araba le loro fortune sono cambiate e nel 2015 i fratelli e il padre sono stati condannati a tre anni di carcere da un tribunale egiziano per appropriazione indebita e corruzione. Dicono che il caso fosse politicamente motivato, ma dopo un appello fallito Alaa e Gamal hanno pagato circa 17,6 milioni di dollari al governo egiziano in un accordo transattivo che non ha ammesso alcuna colpevolezza.

Nel 2011, proprio durante le rivolte popolari della primavera araba, il re della Giordania, Abdullah II, e sua moglie Rania hanno aperto nuovi conti presso il Credit Suisse, con uno di questi che è arrivato ad avere oltre 180 milioni di euro. La Giordania è un paese sostenuto ogni anno da miliardi di dollari in aiuti esteri, con un’economia perennemente in difficoltà, livelli persistenti di povertà, disoccupazione elevata, tagli al welfare e misure di austerità che continuano a suscitare risentimento in tutto il paese. Una particolare lamentela è stata la giustapposizione tra l’apparente ricchezza del re e la costante povertà subita dalla maggior parte dei cittadini. Mentre il FMI accettava di salvare la Giordania, a condizione che la sua popolazione stringesse la cinghia, il re stava spostando enormi somme sui suoi conti svizzeri8.

Nel 2019, il Credit Suisse è stato coinvolto in uno scandalo di spionaggio aziendale e alla fine ha ammesso di aver assunto investigatori privati per spiare due dirigenti uscenti. Ha innescato un’indagine che è culminata con il licenziamento del suo amministratore delegato, Tidjane Thiam, nel 2020. Successivamente si è scoperto che un gruppo di dirigenti aveva ordinato la sorveglianza in altri cinque casi tra il 2016 e il 2019.

Dal 2001 il Credit Suisse è stato multato almeno 52 volte dalle autorità statunitensi e ha pagato multe per un totale di 10,7 miliardi di dollari. Dal 2010, è stato anche multato in almeno sei occasioni dalla Financial Conduct Authority (FCA) del Regno Unito e ha pagato multe per un totale di oltre 300 milioni di sterline. Le multe e gli accordi transattivi per reati di evasione fiscale, riciclaggio di denaro, violazione deliberata delle sanzioni statunitensi e frodi perpetrate contro i propri clienti sono diventati solo un altro costo per fare affari e vengono trasferite ai clienti9.

I Suisse Secrets

I Suisse Secrets hanno fornito dettagli dei conti collegati a 30.000 clienti di Credit Suisse in tutto il mondo (in 120 paesi, in maggioranza del Sud del mondo, come Venezuela, Thailandia, Egitto, ma anche Ucraina) beneficiari di oltre 100 miliardi di franchi svizzeri (80 miliardi di euro). Una fuga di notizie che ha indicato i diffusi fallimenti della due diligence (controllo diligente) da parte del Credit Suisse, nonostante i ripetuti impegni presi nel corso di decenni per eliminare clienti dubbi e fondi illeciti10.

Il Credit Suisse ha ripetutamente aperto o mantenuto conti bancari per una serie di clienti ad alto rischio in tutto il mondo, tra i quali un trafficante di esseri umani nelle Filippine (Stefan Sederholm), un ex presidente della Borsa di Hong Kong – Ronald Li Fook-shiu, noto come il “padrino del mercato azionario” – incarcerato per corruzione, un miliardario che ha ordinato l’omicidio della sua fidanzata pop star libanese e dirigenti che hanno saccheggiato la compagnia petrolifera statale del Venezuela (PDVSA)11, nonché politici corrotti dall’Egitto all’Ucraina. Un conto di proprietà del Vaticano è stato utilizzato per spendere 350 milioni di euro in un presunto investimento fraudolento in proprietà londinesi che è al centro di un processo penale in corso contro diversi imputati, tra cui il cardinale Giovanni Angelo Becciu. Poi, ci sono i miliardi di sterline legati all’oligarca russo Alisher Usmanov, alla sua famiglia e al suo impero d’affari12. Usmanov è soggetto a sanzioni dell’UE.

Il Credit Suisse ha affermato che le rigide leggi svizzere sul segreto bancario gli hanno impedito di commentare le affermazioni relative ai singoli clienti. “Il Credit Suisse respinge fermamente le accuse e le deduzioni sulle presunte pratiche commerciali della banca“, ha sostenuto la banca in una nota, affermando che le questioni scoperte dai giornalisti si basano su “informazioni selettive estrapolate dal contesto, che si traducono in interpretazioni tendenziose dell’attività condotta dalla banca.” Inoltre, ha affermato che “in qualità di istituto finanziario leader a livello mondiale, il Credit Suisse è profondamente consapevole della propria responsabilità nei confronti dei clienti e del sistema finanziario nel suo complesso, al fine di garantire il rispetto dei più elevati standard di condotta. Queste accuse dei media sembrano essere uno sforzo concertato per screditare la banca e il mercato finanziario svizzero, che ha subito cambiamenti significativi negli ultimi anni”.

Il segreto bancario svizzero facilita il saccheggio delle finanze pubbliche e del pianeta

In realtà, le rivelazioni giornalistiche di progetti come il Suisse Secrets hanno gettato una rara luce su uno dei più grandi operatori e centri finanziari del mondo, che si è abituato a operare nell’ombra. Le leggi svizzere sul segreto bancario sono immorali. Il pretesto di proteggere la privacy finanziaria è solo una foglia di fico che copre il vergognoso ruolo delle banche svizzere come collaboratrici di evasori fiscali, governanti corrotti e criminali.

In particolare, le leggi svizzere sul segreto bancario contribuiscono a facilitare il saccheggio dei paesi in via di sviluppo. Il Tax Justice Network stima che i paesi di tutto il mondo perdano collettivamente 21 miliardi di dollari (circa 20 miliardi di euro) ogni anno in entrate fiscali a causa della Svizzera. Molti di questi paesi sono tra le nazioni più povere che non hanno aderito allo scambio di dati del cosiddetto “standard comune di rendicontazione” (CRS) per la condivisione dei dati fiscali. Più di 90 paesi, la maggior parte dei quali sono in via di sviluppo, rimangono all’oscuro quando i loro contribuenti ricchi nascondono i loro soldi in conti svizzeri.

Politici e funzionari statali sono tra i clienti più rischiosi per le banche a causa del loro accesso ai fondi pubblici, in particolare nei paesi emergenti e poveri con minori tutele legali contro la corruzione. Le banche che consentono ai cleptocrati di riciclare il loro denaro sono complici di un crimine di portata particolarmente vasta. Le conseguenze per le popolazioni già impoverite possono essere devastanti, poiché le casse statali vengono svuotate, le regole di base vengono erose e la fiducia nella democrazia precipita.

I dati trapelati dai Credit Secrets sono pieni di politici e loro alleati che sono stati collegati alla corruzione prima, durante o dopo che hanno aperto i loro conti al Credit Suisse. Soggetti che hanno esercitato grande potere in paesi come Siria, Pakistan, Iraq, Giordania, Algeria, Yemen, Madagascar, Venezuela e Ucraina (ad esempio, l’ex primo ministro Pavlo Lazarenko tra il 1997 e il 199813, dove hanno accumulato grandi fortune personali.

Negli ultimi decenni il modello di sviluppo internazionale ha continuato ad essere costruito all’interno di un quadro di tipo profondamente neocoloniale che va contro l’etica di sviluppo dichiarata che dovrebbe essere «dal basso verso l’alto» e radicata localmente. Il potere rimane concentrato nel nord globale insieme al processo decisionale, all’allocazione delle risorse e alla produzione di conoscenza. Come spiega Laleh Khalili in un articolo nella «London Review of Books»14, l’economia coloniale estrattiva non è mai finita. Continua, ad esempio, attraverso multinazionali e commercianti di materie prime che lavorano con borghesie compradore, cleptocrati e oligarchi locali, appropriandosi delle risorse dei paesi poveri senza pagare quello che realmente valgono, con l’aiuto di strumenti intelligenti come «prezzi di trasferimento» intra-aziendali (in cui diverse parti di un’impresa si vendono reciprocamente input in modo che la sede fiscale possa segnalare una perdita), inversioni abilitate dallo Stato (dove un’azienda riduce le sue tasse cambiando di nazionalità) e la tassazione «sandwich» (dove le aziende possono spostare le royalty offshore attraverso paesi che non hanno ritenute alla fonte). Persiste attraverso l’uso di «paradisi fiscali offshore», società di comodo, trust e altri veicoli e di regimi di segretezza – abilitati da governi (a cominciare da quelli euro-americani), banchieri, avvocati, global corporations della consulenza strategica (consulting firms), commercialisti e agenti immobiliari – da parte di élites corrotte, che drenano la ricchezza della loro nazione (compresi i proventi di traffico di droga e di esseri umani, traffico di armi, corruzione e frode) e la riciclano in «fondi onshore», la cui vera proprietà è nascosta da società anonime di comodo offshore.

Il saccheggio, la frode (si pensi, ad esempio, alla frode di Volkswagen e altri produttori di auto sui limiti dei gas di scarico dei motori diesel, il cosiddetto dieselgate) e la distruzione da parte del capitalismo predatorio infuriano ancora oggi in tutto il mondo, bruciando persone, foreste e altri sistemi ecologici. Sebbene il denaro che accende il fuoco distruttore possa essere nascosto anche attraverso ciniche azioni di greenwashing, si può vederlo incenerire ogni territorio che dispone ancora di ricchezze naturali non sfruttate: l’Amazzonia, il Cerrado, la Pampa, il Pantanal, il Gran Chaco, l’Africa centrale, le aree forestali indiane e sudest asiatiche, la Papua occidentale15. È un processo metastatico, per cui quando il capitale esaurisce la terra da bruciare, rivolge la sua attenzione al fondo dell’oceano e inizia a speculare sullo spostamento nello spazio16.

I saccheggi e i disastri ecologici locali iniziati dopo il 1492 con le ondate coloniali ed imperialiste ora proseguono con landgrabbing e watergrabbing anche da parte di nuove potenze economiche e finanziarie (come Cina, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar) e si stanno fondendo in un disastro globale. Tutti noi siamo reclutati sia come consumatori sia come consumati, distruggendo i nostri sistemi di supporto vitale per conto di oligarchi che tengono i loro soldi e la loro moralità altrove, nei conti bancari e nelle società anonime parcheggiate nei «paradisi fiscali».

Quando vediamo accadere le stesse cose in luoghi a migliaia di chilometri di distanza, dovremmo smettere di trattarli come fenomeni isolati e riconoscere l’esistenza di uno schema. Tutti i discorsi sul capitalismo «addomesticato», sul capitalismo «riformato», sul capitalismo «coscienzioso» e «responsabile», e sul capitalismo «verde» dipendono da un’idea sbagliata di cosa sia il capitalismo17. Il vero volto del capitalismo è ciò che vediamo nelle rivelazioni delle inchieste giornalistiche sui conti bancari offshore nei paradisi fiscali – i Secret Suisse , come i Panama, Paradise e Pandora Papers – e nella distruzione ecologica del pianeta. La forza trainante del capitalismo è sempre la stessa: massimizzare il surplus, il ritorno dell’investimento, il profitto. Un obiettivo perseguito in modo incessante, indipendentemente dalle conseguenze umane o ambientali. E neanche la morte della vita umana sul pianeta pare essere una motivazione sufficiente per riuscire ad imporre il suo radicale cambiamento.

Alessandro Scassellati

  1. Nel XIX e XX secolo il Credit Suisse ha emesso prestiti che hanno contribuito a creare la rete elettrica svizzera e il sistema ferroviario svizzero ed europeo. Nel 1900, iniziò a passare al retail banking in risposta all’elevazione della classe media e alla concorrenza delle altre banche svizzere UBS e Julius Bär. Credit Suisse ha collaborato con First Boston nel 1978 prima di acquistare una quota di controllo della banca nel 1988 (First Boston era stata fondata nel 1932 come braccio di investimento della First National Bank di Boston). Dal 1990 al 2000, la società ha acquistato istituzioni come Winterthur Group, Swiss Volksbank, Swiss American Securities Inc. (SASI) e Bank Leu. I maggiori azionisti istituzionali di Credit Suisse includono la Qatar Investment Authority (6,87%) e BlackRock (circa il 5%), i fondi comuni statunitensi Harris Associates (circa il 3%, controllato dalla banca francese Natixis) e Dodge & Cox, la Saudi National Bank (con una quota del 10%) la banca centrale di Norvegia e il gruppo Olayan dell’Arabia Saudita.[]
  2. Tuttavia, secondo quanto riferito, i dirigenti e circa 500 senior manager potranno condividere il pagamento di 350 milioni di franchi svizzeri se il programma di ristrutturazione della banca si dimostrerà un successo.[]
  3. Il Credit Suisse è stato costretto a sospendere 10 miliardi di dollari di fondi degli investitori dopo il crollo di Greensill Capital, i cui prestiti sono stati impacchettati e venduti ai clienti del Credit Suisse. Lo scandalo Greensill, che derivava da prestiti rischiosi concessi a società di proprietà del magnate dei metalli Sanjeev Gupta, è precipitato dopo che è emerso che l’ex primo ministro britannico David Cameron ha esercitato pressioni su ministri e funzionari governativi per suo conto.[]
  4. Il Credit Suisse è stato multato di quasi 350 milioni di sterline dalle autorità di regolamentazione globali, si è dichiarato colpevole di frode telematica e ha accettato di condonare centinaia di milioni di dollari di debito dovuto dal Mozambico nel tentativo di tracciare una linea sotto lo scandalo del prestito di lunga data “tuna bonds“. La banca svizzera era stata accusata di “gravi” carenze nei suoi controlli sulla criminalità finanziaria dalla Financial Conduct Authority (FCA) del Regno Unito, e ha stipulato un accordo di rinvio dell’azione penale con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che ha messo la banca sotto stretto monitoraggio per tre anni dopo aver “frodato investitori statunitensi e internazionali”. Il denaro – 2 miliardi di dollari presi in prestito in segreto dal governo tra il 2012 e il 2016 – era per la pesca del tonno, la sicurezza marittima, le armi per combattere i ribelli della Renamo e la corruzione di politici mozambicani e banchieri del Credit Suisse, garantito da forniture di gas inesistenti.[]
  5. Un fenomeno, quello dei paradisi fiscali, che è strettamente legato a quello della «secessione privata dalla società» – fenomeno di segregazione sociale (con le «comunità recintate», le isole private, i super-yacht e tanti privilegi esclusivi dei super-ricchi) – che il filosofo politico Michael J. Sandel (Quello che i soldi non possono comprare. I limiti morali del mercato, Feltrinelli, Milano, 2013; Democracy’s discontent. America in search of a public philosophy, Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, MA 1998) definisce «sky-boxification of society», utilizzando la metafora delle cabine di lusso per i vip negli stadi di baseball, mentre i poveri stanno sotto il sole o la pioggia – da parte delle imprese globali e dei ricchi che le controllano, che ha ridotto le basi fiscali degli Stati in tutto il mondo e limitato la loro capacità di ridistribuire i benefici economici derivanti dall’integrazione commerciale e di intervenire direttamente nell’economia per sostenere la domanda aggregata. Su questo tema si veda anche il nostro articolo: Far pagare le tasse alle global corporations e ai ricchi, «Transform! Italia», 9 giugno 2021, https://transform-italia.it/far-pagare-le-tasse-alle-global-corporations-e-ai-ricchi/.[]
  6. La Svizzera ha una lunga storia di segreto bancario e riservatezza riguardo ai clienti e ai loro movimenti di capitali che risale agli inizi del 1700. Anche la sua reputazione di paradiso fiscale è cresciuta poiché le famiglie benestanti si affrettarono a cercare un posto dove nascondere le loro fortune quando vennero introdotte le tasse di successione in paesi come la Francia nel 1901. Il segreto bancario svizzero è stato codificato nel 1934 con l’approvazione della legge federale sulle banche e le casse di risparmio. Questa legge è stata la risposta svizzera ad una campagna del 1932 contro l’evasione fiscale in Francia guidata dal governo di Édouard Herriot (a Parigi venne sequestrata una lista con centinaia di presunti ricchi evasori fiscali francesi, inclusi generali, ex ministri e vescovi cattolici). Gli istituti di credito svizzeri avevano distribuito opuscoli, pubblicità sui giornali locali e impiegato banchieri in tutta la Francia per raccogliere nuovi affari. La legge venne poi utilizzata per proteggere i beni delle persone perseguitate dalle autorità naziste (una disposizione aggiuntiva, l’articolo 47(b), fu redatta prima della sua ratifica per proteggere i beni ebraici dal partito nazista), ma anche di molti gerarchi nazisti e fascisti. Dal secondo dopoguerra la legge sul segreto bancario è stata utilizzata anche da persone, organizzazioni e istituzioni che hanno cercato e cercano di evadere illegalmente le tasse, nascondere beni, riciclare denaro sporco o in generale commettere reati finanziari. Grazie a questa legge e al sistema favorevole di tassazione dei movimenti finanziari, la Svizzera è diventata uno dei più grandi centri finanziari offshore e paradisi fiscali del mondo dalla metà del XX secolo. L’attività bancaria in Svizzera ha storicamente svolto e continua a svolgere un ruolo dominante nell’economia e nella società svizzera. Le istituzioni finanziarie svizzere gestiscono circa 7,9 trilioni di CHF (6,5 trilioni di euro) di asset, quasi la metà dei quali appartiene a clienti stranieri (ovvero il 25% di tutte le attività transfrontaliere globali). Secondo l’OCSE, l’industria bancaria rappresenta il 10% del PIL svizzero e una percentuale simile dei posti di lavoro svizzeri. E mentre la Svizzera ospita circa 243 banche, Credit Suisse e il suo più grande rivale UBS costituiscono insieme circa la metà delle attività bancarie del paese. Nonostante le pressioni internazionali per ridurre in modo significativo le leggi sul segreto bancario nel paese, le forze sociali e politiche svizzere hanno ridotto al minimo (come nel caso dell’accordo FATCA con gli USA e di altri accordi limitati con scopi fiscali) e annullato gran parte dei tentativi di riforma. Quando il Partito Socialista tenne un referendum a metà degli anni ’80 che avrebbe sostituito le leggi sulla segretezza e costretto le banche a cooperare con le autorità straniere che indagavano sugli evasori fiscali, il governo si oppose alla proposta. È stato criticato come un’invasione della privacy dei cittadini e una minaccia per il sistema bancario e l’economia del paese, ed è stato decisamente bocciato. Sebbene la divulgazione di attività criminali da parte di banche, che non godono di una buona reputazione nemmeno in Svizzera, sia generalmente ben vista dal pubblico svizzero, la divulgazione di informazioni sui clienti è stata considerata un reato fin dai primi anni del 1900. Il 3 dicembre 2008 l’Assemblea federale ha aumentato la pena detentiva per violazione del segreto bancario da un massimo di sei mesi a cinque anni, con multe fino a 215 mila euro. Attualmente, la Svizzera è al secondo posto dietro agli Stati Uniti e alla pari con Singapore nell’indice di segretezza finanziaria. I dipendenti che lavorano in Svizzera e all’estero presso le banche svizzere hanno da tempo aderito a un codice non scritto simile a quello osservato da medici o preti. Dal 1934, le leggi sul segreto bancario sono state violate solo da quattro persone: Christoph Meili (1997), Bradley Birkenfeld (2007), Rudolf Elmer (2011) e Hervé Falciani (2014). Nel 2007, Bradley Birkenfeld, banchiere dell’UBS, si rivolse volontariamente alle autorità statunitensi con informazioni su come la banca stesse aiutando migliaia di ricchi americani a evadere le tasse con conti segreti. Un’indagine ad ampio raggio del Senato degli Stati Uniti ha successivamente scoperto le tattiche aggressive utilizzate da UBS e Credit Suisse, quest’ultimo inviava banchieri a eventi di fascia alta per reclutare clienti. Le rivelazioni hanno fatto infuriare gli Stati Uniti, che hanno spinto la Svizzera a rivelare unilateralmente quali dei suoi contribuenti avevano conti svizzeri segreti dal 2014. Nello stesso anno, la Svizzera ha firmato con riluttanza la convenzione internazionale sullo scambio automatico di informazioni bancarie.[]
  7. Per questa vicenda il Credit Suisse è stato espulso da un indice di investimento sostenibile. “Comprendiamo che l’indice non era molto contento del nostro coinvolgimento con Abacha – non eravamo contenti noi stessi“, ha detto un portavoce nel 1999. “Ma abbiamo affrontato questi problemi e per diversi anni abbiamo adottato misure interne per assicurarci che nulla di simile accadrà in futuro.” La banca ha ricevuto anche una reprimenda da parte della Commissione bancaria federale svizzera.[]
  8. Il re Abdullah non è tenuto a pagare le tasse in Giordania, dove il re è esente per legge. I suoi avvocati hanno affermato che gran parte dei fondi nella banca svizzera derivavano dall’eredità di suo padre, re Hussein, e che in Giordania non esistono leggi sulle tasse di successione. Le rivelazioni emerse dai documenti dei Pandora Papers hanno rivelato che il re ha acquisito un portafoglio di proprietà di lusso da $ 100 milioni che si estende da Malibu in California a Belgravia nel centro di Londra. Negli ultimi anni, in Giordania le proteste per il deterioramento delle condizioni di vita e la disoccupazione della popolazione hanno portato a un continuo caos politico, con una serie di primi ministri rimossi dall’incarico e governi rimasti deboli e dipendenti dal sostegno estero. Persino alcune tribù giordane, che hanno offerto un sostegno fondamentale ad Abdullah e da cui proviene la maggior parte delle figure dell’establishment del paese, hanno mostrato la loro frustrazione per uno Stato che non è in grado di sostenere sé stesso. Nel marzo 2021, la presa del re sul paese è stata brevemente minacciata quando il suo fratellastro, il principe Hamzah, che aveva spodestato come erede 17 anni prima, è stato arrestato e due aiutanti condannati per sedizione dopo che le apparenti prime fasi di un complotto contro il trono sono state scoperte. I sostenitori di Hamzah hanno descritto gli eventi come un “ammutinamento” che ha avuto il sostegno popolare. Tuttavia, l’intelligence giordana e alcuni alti funzionari hanno sostenuto che fosse invece derivato dal tentativo da parte dei funzionari di Trump e del principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, di insediare un monarca che avrebbe appoggiato il tentativo fallito di stabilire la pace tra Israele e i palestinesi, etichettato come l'”affare del secolo“.[]
  9. Ciò include i 2,6 miliardi di dollari che la banca svizzera ha accettato di pagare nel 2014 alle autorità statunitensi dopo essersi dichiarata colpevole di aver cospirato per aiutare l’evasione fiscale; i 536 milioni di dollari che era stata multata dagli Stati Uniti nel 2009 per aver aggirato deliberatamente le sanzioni statunitensi contro paesi tra cui Iran e Sudan tra il 1995 e il 2007, e altri pagamenti a Germania (150 milioni di euro nel 2011) e Italia (109,5 milioni di euro nel 2016) per risolvere le indagini di evasione fiscale dei suoi clienti tedeschi (1.100) ed italiani. Nel 2012, le autorità statunitensi hanno anche accusato quattro ex banchieri del Credit Suisse di aver sovrastimato in modo fraudolento il prezzo di 3 miliardi di dollari di obbligazioni subprime durante la crisi del credito del 2007 (durante la crisi finanziaria del 2008 la banca registrò una perdita record di 8,2 miliardi di franchi). Nel 2016, la SEC americana ha multato il Credit Suisse per 16,5 milioni di dollari dopo aver identificato “carenze significative” nel programma antiriciclaggio della banca. Per analoga accusa l’autorità di regolamentazione finanziaria di Singapore ha inflitto al Credit Suisse una multa di 700.000 dollari nel 2017 in relazione alle transazioni legate a 1MDB, il fondo di investimento malese al centro di uno scandalo di corruzione da 4,5 miliardi di dollari. Sempre nel 2017 le autorità hanno fatto irruzione in case e uffici nei Paesi Bassi e in Francia e hanno avviato indagini sui dipendenti del Credit Suisse in Regno Unito, Germania e Australia, in relazione a una sospetta evasione fiscale che coinvolgeva 55.000 conti. Nel 2018, la banca ha accettato di pagare 47 milioni di dollari alle autorità statunitensi per un “piano di corruzione” in cui ha cercato di ottenere affari ad Hong Kong offrendo lavoro a familiari e amici di funzionari cinesi tra il 2007 e il 2013.[]
  10. Come ogni altra banca del mondo, il Credit Suisse afferma di disporre di rigorosi meccanismi di controllo per svolgere un’ampia due diligence sui propri clienti per “assicurare il rispetto dei più elevati standard di condotta“. Nel gergo bancario, tali controlli sono chiamati controlli know-your-client o KYC. Le banche dovrebbero avere e seguire procedure interne per “conoscere” i loro clienti, con un controllo intensificato (con utilizzo di fonti esterne come articoli e database) su quelli segnalati come persona politicamente esposta proveniente da un paese ad alto rischio o persona coinvolta in un’attività ad alto rischio come il gioco d’azzardo, il commercio di armi, i servizi finanziari o l’estrazione mineraria. Probabilmente i tanti scandali emersi sono frutto del fatto che all’interno del Credit Suisse è profondamente radicata una cultura del guardare dall’altra parte quando si tratta di clienti problematici.[]
  11. Nel 2018, l’autorità di regolamentazione svizzera ha ordinato al Credit Suisse di migliorare i suoi controlli antiriciclaggio dopo aver individuato carenze nei suoi rapporti con la compagnia petrolifera statale venezuelana PDVSA, la società petrolifera brasiliana Petrobras e la FIFA.[]
  12. Usmanov ha fatto fortuna producendo sacchetti di plastica, che erano una merce rara nell’ex Unione Sovietica, e in seguito ha gestito il ramo delle partecipazioni di investimento della compagnia di gas statale russa Gazprom dal 2000 al 2014. Ha costruito partecipazioni in una serie di società di metalli, miniere, telecomunicazioni e media attraverso la holding USM, che possiede il secondo più grande operatore di telefonia mobile della Russia, MegaFon, nonché una partecipazione del 49% in Metalloinvest, la società di metalli e miniere fondata da Usmanov nel 1999.[]
  13. Transparency International ha stimato che Lazarenko abbia saccheggiato 200 milioni di dollari dal governo ucraino, presumibilmente minacciando di danneggiare le imprese a meno che non gli pagassero il 50% dei loro profitti. Si è dichiarato colpevole di riciclaggio di denaro in Svizzera nel 2000, e successivamente è stato incriminato negli Stati Uniti per corruzione e condannato a nove anni di carcere nel 2006 in relazione a tangenti ricevute da un uomo d’affari ucraino.[]
  14. L. Khalili, How to Get Rich, «London Review of Books», 23 September 2021, https://www.lrb.co.uk/the-paper/v43/n18/laleh-khalili/how-to-get-rich. Si veda anche L. Khalili, In clover – What does McKinsey do?, «London Review of Books», 15 December 2022, https://www.lrb.co.uk/the-paper/v44/n24/laleh-khalili/in-clover.[]
  15. Si vedano J. Bellamy Foster, Capitalism in the Anthropocene, Monthly Review Press, New York, 2022. J. Bellamy Foster e B. Clark, Socialism and ecological survival: an introduction, «Monthly Review», 1 July 2022, https://monthlyreview.org/2022/07/01/socialism-and-ecological-survival-an-introduction/. A. Garzòn Espinosa, The Limits to Growth: Ecosocialism or Barbarism, Monthly Review, 1 July 2022, https://monthlyreview.org/2022/07/01/the-limits-to-growth-ecosocialism-or-barbarism/. A. Downie, Leading grain traders ‘sourcing soy beans from Brazilian farm linked to abuse’, «The Guardian», 19 August 2022, https://www.theguardian.com/world/2022/aug/19/leading-grain-traders-sourcing-soy-beans-from-brazilian-farm-linked-to-abuse.[]
  16. Si vedano il nostro articolo: L’economia politica globale del salmone, «Transform! Italia», 17 febbraio 2021, https://transform-italia.it/leconomia-politica-globale-del-salmone/; J. Watts, Race to the bottom: the disastrous, blindfolded rush to mine the deep sea, «The Guardian», 27 September 2022, https://www.theguardian.com/environment/2021/sep/27/race-to-the-bottom-the-disastrous-blindfolded-rush-to-mine-the-deep-sea; G. Standing, Blue commons. Rescuing the economy of the sea, Pelican Books, London 2022; How private corporations stole the sea from the Commons, «Janata QWeeklly», 7 August 2022, https://janataweekly.org/how-private-corporations-stole-the-sea-from-the-commons/; M. Hannah, Space: the final frontier – or the Last Battlespace?, «The Nation», 9 August 2022, https://www.thenation.com/article/society/international-space-station-militarization/; V. Tangermann, Jeff Bezos: in the future, we’ll live in “giant space colonies”, «Futurism.com», 25 February 2019, https://futurism.com/the-byte/jeff-bezos-future-giant-space-colonies. Jeff Bezos, Elon Musk e Richard Branson sono i nuovi imprenditori spaziali che, oltre ad investire in razzi e satelliti, propongono la realizzazione di colonie su Luna e Marte.[]
  17. N. J. Robinson e A. Burrell, Debunking the myths of green capitalism, «Current Affairs», 8 September 2022, https://www.currentaffairs.org/2022/09/debunking-the-myths-of-green-capitalism.[]
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