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Trasformazione digitale, stato, mercato e conflitto sociale

di Roberto
Rosso

“Abbiamo deciso di creare un cloud unico per la PA con giurisdizione italiana e con l’accesso alle migliori tecnologie internazionali, perché sappiamo tutti che le migliori tecnologie non sono italiane”. Spiega di aver preso contatti con diverse aziende italiane e internazionali: “Entro fine giugno cominceremo la valutazione e nel 2022 la struttura sarà operativa”. L’annuncio è importante, perché oggi sono oltre 11 mila i data center utilizzati dalla Pubblica Amministrazione, e non tutti molto sicuri. Così si esprime il ministro Colao all’incontro di ItalianTech. Da molti mesi stiamo seguendo la produzione delle istituzioni dell’unione Europea con cui negli ultimi anni stanno cercando di regolare ed assieme promuovere lo sviluppo delle tecnologie digitali dal Cloud all’Intelligenza Artificiale.

La dichiarazione di Colao descrive lo stato dell’arte della gestione dei dati da parte della Pubblica Amministrazione e l’intenzione alle società che controllano l’infrastruttura a livello globale Google, Amazon, Microsoft, non esiste un corrispettivo neppure in Europa. I principi istituzionali che regolano l’Unione, il primato ideologico e pratico attributo al mercato, i limiti imposti all’intervento pubblico hanno impedito di usare la massa critica delle amministrazioni e dei servizi pubblici per costruire una infrastruttura digitale capace di competere con le corporation del Big Tech, d’altra parte negli anni in cui le tecnologie digitali sono diventate l’elemento trainante e pervasivo dello sviluppo economico della trasformazione sociale, l’Unione Europea ha lavorato a smantellare ciò che nel dopoguerra era stato costruito in termini di Stato Sociale.

Non esiste una infrastruttura digitale pubblica europea1 come non esiste una dimensione trasformazione digitale dello stato e della società che non sia aderente ai principi del libero mercato e della concorrenza e quindi subordinato ai rapporti di forza a livello globale.

Nelle proposte normative e negli studi prodotti dalle istituzioni europea in realtà non manca una riflessione sulle conseguenze dell’innovazione digitale, il cui sviluppo conosce una accelerazione straordinaria, il superamento di una soglia che apre orizzonti in gran parte sconosciuti con le tecnologie dell’Intelligenza Artificiale applicate in campo, ad ogni filiera produttiva, nella ricognizione, modellazione, controllo e riproduzione di ogni relazione sociale, ambientale e biologica; una riflessione che porta all’individuazione di alcune tendenze che si proiettano in orizzonti sociali in gran parte imprevedibili.

Il modello sociale, economico ed istituzionale dell’Unione in realtà impedisce realizzare un modello alternativo a quello che le compagnie del BIG TECH – vere e proprie potenze globali tecnologiche, produttive e finanziarie – stanno imponendo. Nel digitale l’Europa è un vaso di coccio tra i vasi di ferro degli Usa e della Cina. Il paradosso è che la pratica ferrea dell’ideologia che ha guidato il percorso dell’Unione ha impedito la costruzione di un percorso originale ed autonomo anche sul piano dell’innovazione tecnologica in termini di modello sociale complessivo. Del resto la vicenda della produzione dei vaccini ne è una ulteriore testimonianza, nonostante l’importanza dei sistemi sanitari nazionali dei principali paesi europei e la dimensione della ricerca e della produzione in quell’arco di di produzioni e tecnologie che hanno a che fare con la vita in tutte le sue manifestazioni dall’agro-alimentare alla farmaceutica; mentre nell’agri-chimica la Bayer Tedesca ha acquisito la Monsanto, la tedesca BioNTech – che ha sviluppato la tecnologia fondata sull’uso del RNA messaggero (m-RNA) – si è dovuta alleare con la Pfizer americana per completare il percorso che ha portato alla produzione del vaccino contro il Sars-Cov-2.

Nella pletora di documenti prodotti, unite alle audizioni degli esperti che continuano su iniziative della commissioni del Parlamento Europeo (AIDA, ITRE, EMPL in particolare), due sono di particolare interesse: Digital automation and the future of work2, Data subjects, digital surveillance, AI and the future of work. In quanto studi costituiscono una rassegna più che esauriente di tutti gli studi prodotti sull’argomento che trattano e solo per questo vale la pena consultarli.

Il primo mettendo a confronto le previsioni sulla influenza dell’automazione (termine che include l’Intelligenza Artificiale) in termini quantitativi e qualitativi afferma che non vi sono evidenze che portino a conclusioni certe3.

Ciò che è indiscutibile è che nulla sarà come prima, come è ora da cui la raccomandazione di costruire alleanze tra tutte le parti in causa, appello che nel panorama appena descritto è tra il patetico ed il surreale. L’orizzonte di questo studio è quello evocato dalla Commissione Europea nel 2019 del ‘Digital Social Contract’ vale a dire il contratto sociale che sta alla base delle società europee deve avere al suo centro le trasformazioni e gli sviluppi futuri indotti dal digitale. Pensare che un tale contratto possa essere realizzato entro la morsa dei trattati fondativi dell’Unione e dell’ideologia che li sostiene fa pensare più che ad un contratto ad un aggiustamento autoritario; la realtà che questo e l’altro studio illuminano è fatta di trasformazioni radicali già in atto, l’enunciazione della necessità di un nuovo contratto sociale si basa sulla constatazione che l’architettura dei rapporti sociali sta mutando. Un nuovo contratto sociale può essere solo il frutto di un profondo e duraturo conflitto sociale nel quale siano protagonisti soggetti che la trasformazione produce. In assenza di una dialettica conflittuale siamo in presenza del proseguimento di quella ‘rivoluzione dall’alto’ che stiamo già conoscendo, con i caratteri che ci sono ben noti, determinati da concentrazione di potere e ricchezza e crescita delle diseguaglianze a livello globale ed all’interno di ogni formazione sociale, che alimentano e si alimentano della rottura degli equilibri ecologici e climatici. In assenza di un profondo, diffuso e duraturo conflitto sociale si può solo consolidare un regime autoritario nella sostanza più o meno ammorbidito dalle procedure della democrazia formale e da una logica paternalistica e caritatevole dei poteri dominanti.

Dai rapporto si evince che è difficile prevedere con certezza le proporzioni dei mutamenti sui profili lavorativi e professionali, sull’equilibrio tra posti di lavoro eliminati e creazione di nuovi. In realtà stiamo già assistendo alla automazione di funzioni lavorative ad alto contenuto cognitivo e la diffusione di lavori a bassa qualifica, le cui mansioni sono difficili da automatizzare e comunque non conveniente. Se è possibile fare previsioni a livello di singola struttura o processo produttivo meno semplice è farlo a livello di sistema e di filiera complessa, dove le trasformazioni sono appunto di sistema, basta pensare alla logistica, cosa ha rappresentato l’introduzione dei container ed oggi il sistema dell’e-commerce. In ogni caso non è possibile enucleare le trasformazioni dalla semplice introduzione delle tecnologie digitali e ciò per il motivo che facilmente intuibile che linee di sviluppo e strategie applicative sono il frutto di strategie complessive di governo dell’economia e della società; come sapevamo da lungo tempo. non esiste la tecnologia come oggetto e strumento neutro, gli effetti della digitalizzazione a partire dagli anni ’90 sono inestricabilmente legati all’affermarsi delle politiche neo-liberiste, con la riduzione del potere dei lavoratori, la destrutturazione della composizione sociale di cui la tecnologia e strumento finalizzato allo scopo, la conseguente riduzione della quota dei salari sulla ricchezza prodotta.

Il primo rapporto fa delle raccomandazioni ben precise

“In light of the present and future impact of digital automation on the labour market and workplace, the report has set out a number of policy options. These fall into five categories: 1) skills and training provision, including industry and sectoral skills alliances that focus on facilitating transitions for workers in ‘at risk’ jobs and reskilling for workers in transformed jobs; digital upskilling for working in AI-enhanced environments; and new protections for workers in hard to automate jobs; 2) digital work-life balance – the establishment of a European-level ‘right to disconnect’ and a reduction of the EU Working-Time Directive to 38-hours per week and removal of the opt-out clause; 3) greater worker representation and more democratic workplace governance; 4) a new directive for the regulation of technology at work; 5) a mission-oriented industrial policy that seeks to promote direct EU involvement in the design and diffusion of digital technologies to ensure decent work objectives are achieved.”

Interessante anche l’attenzione per il lavoro di cura che indubbiamente è tra quelli meno automatizzabili.

The proposal here would be that ‘human terrain’ occupations – notably care work – be revalued. The emphasis on care work as valuable and essential should be part of a broader social dialogue about the value of work and would be an important part of the Digital Social Contract recommended in this report.

Di una cosa possiamo essere sicuri, la costante destrutturazione della composizione sociale esistente e l’aumento dei meccanismi di controllo, sorveglianza a livello sociale e lavorativo, Si tratta delle tecniche di People Anlytics4 per governare quello che viene definito il ‘People problem’; insomma ora non possiamo dire con Patty Smith ‘People have the power’5 o meglio:

The power to dream, to rule
To wrestle the world from fools
It’s decreed the people rule
It’s decreed the people rule
We have the power
People have the power
We have the power…

Dovremo lottare.

  1. https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/news/towards-more-secure-and-trusted-cloud-europe: Cloud uptake in Europe still needs stimulation. In 2018, only 1 in 4 businesses and 1 in 5 SMEs are using cloud computing in Europe. European businesses and public administrations are not benefitting from the competitive advantage that cloud can provide, for instance in terms of significant IT cost savings and almost unlimited and scalable computing power and data storage. Cloud infrastructures and services are indispensable to the provision of innovative services such as artificial intelligence, blockchain and big data analytics.[]
  2. https://epthinktank.eu/2021/02/10/work-in-the-era-of-ai-time-for-a-digital-social-contract/.[]
  3. One of the biggest challenges for states and employers responding to structural change in the labour market and changes in occupations is the uncertainty and lack of empirical evidence about the effects of new technologies on work and employment. Given this uncertainty and lack of evidence, the report recommends drawing on the perspectives and experiences of stakeholders – including industry representatives, trade unions and education and training providers – to form new alliances that can contribute to a shared knowledge of the nature and likely implications of technological change for work and employment.[]
  4. People analytics in human resources is defined as the use of digital tools based on big data sets or other data accumulation and aggregation, to predict, measure, report and analyse employee and potential employee performance; design workplaces; manage workforce talent; and to carry out a wide range of workplace operations. (…) One IBM (2018) report claims that half of Chief Human Resources Officers anticipate and recognize the potential for technology in human resources surrounding operations and the acquisition and development of talent. A Deloitte report shows that 71 per cent of international companies consider people analytics a high priority for their organisations (Collins et al. 2017), because it should permit organisations to conduct ‘real-time analytics at the point of need in the business process … [and] allows for a deeper understanding of issues and actionable insights for the business’ and deal with what has been called the ‘people problem’ (ibid.) []
  5. https://www.youtube.com/watch?v=pPR-HyGj2d0.[]
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