Non si riesce a prendere alla leggera il riarmo tedesco nel quadro della “Svolta Epocale” annunciata da Scholtz. Su questo sito sono già stati pubblicati numerosi articoli in merito al lato tedesco degli sconvolgimenti degli assetti europei dopo la precipitazione che l’invasione russa ha impresso alla questione ucraina 1 e l’attenzione alla Germania viene confermata da un recente intervento di Franco Ferrari sulle contraddizioni che si sviluppano anche nella Linke 2.
La “Svolta Epocale” si presenta come il desiderio di aprire una nuova stagione di presenza della RTF sullo scenario mondiale non solo sul terreno economico e finanziario ma anche su quello politico e militare: a fronte di un impegno incondizionato anti-russo la Germania rivendica una maggior libertà di azione nel campo della politica estera sia verso i Paesi dell’Africa e dell’America latina che verso la potenza Cinese. Consiste dunque in un momento di affrancamento dal ruolo di potenza economica autonoma e di base militare per la Nato e per gli Stati Uniti che gli era stato riservato dopo la sconfitta del 1945. Le preoccupazioni per il riarmo riguardano dunque una pretesa di politica di potenza che ha caratteristiche nazionali come se -almeno in parte- si partisse dalla constatazione che l’Unione Europa attualmente mal si presta a esprimere le necessità del paese che più lsviluppò con la Ostpolitik a una relazione di collaborazione verso l’Europa orientale.
Nella decisione tedesca di allinearsi nel fronte comune europeo e contemporaneamente di dotarsi di strumenti di politica estera e militare più autonomi, anche se concettualmente si rifà a una visione multipolare delle forme di relazione negli assetti globali testimonia di una riduzione degli spazi di crescita e competizione: a fronte della chiusura del vasto mercato russo vengono sostituiti i Balcani e sviluppi in Africa, America latina, Cina. Sviluppi ipotetici che vedranno la competizione farsi più difficile a fronte di stati come la Turchia, che si sono già affrancati da posizioni di subalternità e che poco volentieri lasceranno spazi a partnenariati generosi e illuminati…
Inoltre questa politica per svilupparsi abbisogna di una serie di condizioni: le azioni di altri soggetti, in primo luogo gli Stati Uniti, ma anche i partner europei e in primo luogo la Francia potrebbero ostacolare o non essere favorevoli con questa prospettiva e, in patria, la CDU potrebbe tornare al governo tra tre anni e mezzo e potrebbe scegliere strategie diverse, diversi linee di interlocuzione in Europa.
La mancata integrazione in Europa della Bielorussia e della Russia che è culminata con l’aggressione all’Ucraina riattualizza antichi fantasmi e rivitalizza nazionalismi ancor più preoccupanti: sono ideologie artificiose ma concretissime, basate all’esterno e all’interno su politiche aggressivamente reazionarie. Le scelte della Germania, potenza economica e in prospettiva militare, ci si presentano come un possibile agente di aggravamento dei nodi che ci ha consegnato un processo di unificazione europea monco di democrazia, politicamente debole e strategicamente cieco.
Inoltre, il quadro in cui viene presentata la svolta epocale riserva al riscaldamento globale uno spazio subordinato e nazionale, ovvero localistico, che serve solo a lasciare uno spazio illusorio ai Grunen tedeschi i quali accontentandosi di una politica verde compromissoria oltrechè solo tedesca dimostrano una cecità identica a quelle degli altri partiti in merito alle dimensioni del disastro ormai in corso.
Questa è l’eredità delle politiche di austerità, delle conseguenze della governance neo-liberista, di un sistema che è stato feroce nel suo mettere assieme la santificazione dei propri bond con la tragica miseria di uno sviluppo che è privo di respiro e invece riproduce ingiustizia, non vede la catastrofe ambientale, partecipa alla costruzione delle condizioni per lo scoppio di guerre.
Ripensiamo agli inizi del secolo scorso, quando la Germania era il paese su cui si appuntavano gli sguardi e le speranze dei rivoluzionari di tutto il mondo: la stessa rivoluzione in Russia nasceva in attesa che il proletariato industriale tedesco, prendeno il potere, potesse diventare l’indispensabile motore della trasformazione. Poi gli esiti politici, sociali e civili della Grande Guerra si riversarono su quelle speranza, le distrussero con la bestialità del regime nazional-socialista, portarono all’Europa e al mondo inconcepibili tragedie.
Sono ferite ancora aperte? Esiste una relazione tra la svolta epocale e le condizioni che diedero luogo alle tragedie passate?
Rileggendo il discorso Germany and the Germans che Thomas Mann tenne a Washington a poche settimane dalla resa della Germania nazista lo scrittore di Lubecca non si limita a ribadire le roventi parole di accusa al regime hitleriano che durante la guerra, mese dopo mese aveva indirizzato agli “ascoltatori tedeschi”.
Mann, che era stato favorevole alla prima guerra mondiale, 3 elaborando posizioni conservatrici e antidemocratiche, Nel gennaio del 1933 si era poi schierato pubblicamente contro il nazismo e aveva dovuto scegliere l’esilio, approdando infine negli USA e ricevendone la cittadinanza nel 1944.
Rivolgendosi all’auditorio che strabordava dalla sala usava queste parole “il male inesprimibile che questo popolo sciagurato ha fatto al mondo” e dunque non separava le responsabilità attribuendole al solo regime nazista.
In effetti, brevemente ma con grande forza, il premio Nobel ripercorre e trasforma alcuni dei temi delle sue riflessioni sul germanesimo cioè le considerazioni intrise di romanticismo bellicista degli anni dieci del secolo, 4 per sposare una visione della democrazia, della politica e della nazione che ne coglie sia la provenienza borghese che il portato universalistico. E stupisce come questa impostazione realistica e storica sembri tanto più profonda a fronte delle vuote frasi di propaganda su libertà e democrazia che vengono usate oggi. Su questa base, espone un tratteggio della storia tedesca, individuandone alcune caratteristiche che sono assieme carenze e estremizzazioni.
A partire da Lutero (che attacca per la posizione nella guerra dei contadini ma senza nominare Thomas Muntzer e preferendo identificarsi con lo scultore perseguitato Tilman Riemenschneider) passando per la Rivoluzione Francese e poi per l’ottocento delle borghesie nazionali, Mann affresca mirabilmente un percorso in cui “il dualismo luterano tra libertà spirituale e politica” e la sottomissione di Lutero all’autorità costituita (ma l’autorità dei principi e signorotti tedeschi, non più dell’impero romano universalistico) ha impedito a quel popolo di sviluppare la “componente politica”. Così l’innato cosmopolitismo dei tedeschi secondo Mann ha virato la pretesa di un’egemonia europea, traducendosi ne «il più minaccioso e presuntuoso nazionalismo e imperialismo». Una aggressività che –aggiungiamo noi- ha portato alla tutela in politica estera e in campo militare che dal secondo dopoguerra è arrivata fino a ieri.
E il tema del cosmopolitismo è anche quello di partenza del discorso di Mann dal momento che, in apertura, diceva “Così come le cose stanno oggi, il mio germanesimo è qui, nell’ospitale cosmopoli nell’universo nazionale e razziale che ha nome America, al suo posto migliore.”
Così come le cose stanno oggi: una contestualizzazione che esprime oltre che al senso della storia la speranza che la sconfitta potesse tradursi in un cosmopolitismo tedesco più saldo e affratellato con gli altri popoli. Si tratta in sostanza di un gran bel discorso: la testimonianza di un impegno intellettuale e civile perseguito in prima persona, dentro la ferocia della guerra e contro la sua patria.
Il concetto di cosmopolitismo non era stato –comunque- solo quello di alcuni intellettuali, di alcuni Stati, di alcune epoche, e non ci sono solo i grandi eventi collettivi a dimostrarlo. Per noi non ci devono essere solo la guerra di Spagna e la Resistenza europea e poi via via per giungere al grande ciclo di lotte del dopoguerra e poi per incontrare il movimento dei movimenti. C’è la storia non raccontata di una umanità che si riconosce reciprocamente e che continua a rivendicare una umanità di cui il cosmopolitismo è parte.
A fronte di questa dimensione che è l’unica speranza, la “svolta epocale” della Germania manca, si rivela fuori posto; è opaca e risulta piccola –oltreché sbagliata e pericolosa- se messa a confronto con la portata della crisi del modello di sviluppo e degli equilibri per la sopravvivenza che sono già compromessi e che preparano prove inaudite.
Ma i governi non sembrano davvero interlocutori credibili e in Germania -come ovunque- le proteste e lotte perdurano e si dimostrano l’unica risposta alla tragedia in cui siamo già immersi. La svolta globale speriamo di riuscire a intravvederla a Lützerath dove, ruotando il senso del motto kennedyano, riusciamo a sentirci “tutti tedeschi” e anche oltre.
Giancarlo Scotoni
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2022-12-28 – La guerra in Ucraina ha aumentato il peso dei paesi dell’Est nell’Unione Europea
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2022-10-05 – Il sabotaggio del gasdotto Nord Stream: sabotare la Germania e dare la colpa alla Russia
2022-09-21 – E’ tempo di “Zeitenwende” per la Germania?
2022-09-07 – Il tradimento dell’Occidente di Gorbaciov come preludio alla guerra in Ucraina
2022-08-31 – La guerra di Putin e il futuro del modello economico tedesco – Seconda parte
2022-08-24 – La guerra di Putin e il futuro del modello economico tedesco – Prima parte[↩] - Voci di stampa sul nuovo partito di Sahra Wagenknecht[↩]
- https://romatrepress.uniroma3.it/wp-content/uploads/2020/01/%E2%80%9CPensieri-di-guerra%E2%80%9D-Thomas-Mann-e-la-mobilitazione-intellettuale.pdf[↩]
- si vedano le Considerazioni di un impolitico, anche in sintesi sulla rete.[↩]