La buona notizia è che il capitalismo non controlla e non riesce a dominare del tutto le nostre esistenze. Quella cattiva è che sottovaluta e nasconde le attività che producono ricchezza sociale e riproducono la vita
Tesi 1. Il capitalismo mette il profitto prima della vita. Va invertito quest’ordine
L’attuale crisi pandemica, e la risposta delle classi dirigenti, offrono un’immagine chiara dell’idea che sta al cuore della teoria della riproduzione sociale: ossia che le attività che riproducono la vita stessa vengono messe in secondo piano rispetto alle attività che producono profitto. L’abilità del capitalismo di produrre il proprio stesso sangue – ossia il profitto – dipende dalla riproduzione quotidiana della forza lavoro. Ossia dipende da quelle attività vitali che il capitalismo non controlla e che non riesce del tutto a dominare. Al contempo, la logica dell’accumulazione richiede che salari e tasse che sostengono la produzione e il mantenimento delle attività vitali vengano tenuti il più bassi possibile. Questa è la contraddizione principale del capitalismo: degrada e sottovaluta esattamente ciò e chi produce ricchezza sociale reale – infermiere e altre operatrici sanitarie, braccianti, lavoratori e lavoratrici nelle fabbriche che producono generi alimentari, impiegate e impiegati dei supermercati e lavoratori e lavoratrici che fanno le consegne a domicilio, operatori e operatrici ecologici, insegnanti, badanti. Molti di questi sono i lavoratori e lavoratrici femminilizzati e razzializati che il capitalismo umilia e stigmatizza con bassi salari e spesso con condizioni di lavoro pericolose. La società inoltre non può sopravvivere con compagnie farmaceutiche che sfruttano per profitto il nostro diritto alla vita. È evidente che la «mano invisibile» del mercato non costruirà o gestirà un’infrastruttura della salute a livello planetario che è proprio quella di cui la nostra società ha bisogno al momento.
La crisi attuale sta obbligando il capitale a focalizzarsi sulla vita e sulle attività vitali come la sanità, la cura sociale, la produzione e distribuzione di viveri. Chiediamo che questa concentrazione resti anche quando la pandemia sarà passata in modo che la salute, l’educazione e altre attività vitali siano demercificate e rese accessibili a tutte e tutti.
Tesi 2. I lavoratori e le lavoratrici della riproduzione sociale sono essenziali. Vanno riconosciuti come tali
Quelle imprese che in assenza di lavoratori e lavoratrici hanno visto i propri profitti e quote in borsa crollare, si ritrovano ora in debito nei confronti delle organizzazioni, comunità, famiglie e lavoratrici e lavoratori della cura. Ma vista la necessità del capitalismo di dare priorità al profitto piuttosto che alla cura, tali organizzazioni, comunità e famiglie non sono attrezzate per affrontare questa sfida. Non si tratta solo del fatto che la crescita esponenziale dei contagi da Covid-19 ha inondato il servizio sanitario, i trasporti e i lavoratori e le lavoratrici dei supermercati, varie comunità di volontari e altri. Anni e anni di smantellamento di servizi essenziali in nome dell’austerità han fatto sì che i lavoratori e le lavoratrici della riproduzione sociale abbiano meno risorse.
Per compensare decenni di negligenza in una crisi, molti stati capitalisti e grandi aziende stanno cambiando le proprie priorità, ma solo in modo parziale e temporaneo. Stanno inviando aiuti monetari alle famiglie, estendendo sussidi di disoccupazione ai precari, chiedendo all’industria automobilistica di passare dalla produzione di macchine a quella di maschere e respiratori. In Spagna, lo stato ha temporaneamente espropriato gli ospedali privati; negli Usa le compagnie assicurative includono un pagamento forfettario per i test del Coronavirus. Tra le altre cose, ciò mostra quanto le risorse per rispondere ai bisogni delle persone siano prontamente disponibili quando c’è la volontà politica.
Chiediamo che i lavoratori e le lavoratrici dei settori della riproduzione sociale – infermiere, personale delle pulizie negli ospedali, insegnanti, operatori ecologici, impiegati dei supermercati e braccianti – siano riconosciuti per i servizi essenziali che offrono e che i loro salari e il loro riconoscimento sociale sia migliorato nettamente riconoscendo la loro necessità nel riprodurre e mantenere la società nel suo complesso.
Tesi 3. Sostegno a chi lavora, non alle banche
Le classi dirigenti stanno destinando molte più risorse alle imprese che a chiunque altro, nella speranza di evitare il collasso dei profitti. Vorremmo ricordare che questi profitti sono stati fatti grazie alla manodopera messa a disposizione grazie al lavoro di riproduzione sociale. Dirigenti di catene di ristoranti e alberghi, compagnie aeree e hi-tech e altri stanno licenziando milioni di lavoratori e lavoratrici mentre conservano i propri stipendi super-gonfiati. Ciò perché il sistema capitalistico prevede che la contraddizione tra vita e lavoro salariato venga risolta sempre in modo che sia il capitale a essere preservato e non la vita. Chiediamo che tutte le risorse finanziarie e i pacchetti di stimoli economici siano investiti in attività vitali, e non per mantenere le imprese.
Tesi 4. Teniamo aperte le frontiere, chiudiamo le prigioni
Questa pandemia sta colpendo immigrati e immigrate e detenuti e detenute in maniera molto dura: chi è bloccato nelle prigioni o nei centri di detenzione in condizioni igieniche indecenti e senza accesso alla salute, chi è senza documenti e si ammala in silenzio per paura di cercare aiuto e venire deportato, chi lavora in attività essenziali (lavoro di cura e salute, agricoltura ecc.) ed è più a rischio di venire contagiato perché non ha altra scelta che andare a lavoro (e senza protezioni adeguate), chi è in transito tra paesi nel tentativo di raggiungere la propria famiglia e chi non può lasciare il proprio paese a causa di divieti e sanzioni. Pandemia o meno, Donald Trump manterrà le sanzioni contro l’Iran (dove i tassi di contagio e il numero di morti sono altissimi). E né Trump né l’Unione europea faranno pressione su Israele per eliminare le sanzioni che sottraggono risorse mediche essenziali ai due milioni di palestinesi imprigionati a Gaza. Questa risposta differenziata alla pandemia si basa su, e al contempo rinforza, l’oppressione coloniale e razzista che è parte integrante del capitalismo.
Chiediamo che il diritto alla salute abbia precedenza su ogni regolamentazione dell’immigrazione, che siano rilasciati i detenuti in carcere per la maggior parte delle tipologie di reato e che vengano trovate alternative per coloro che sono malati, che i centri di detenzione e le altre istituzioni carcerarie volte solo a punire invece che a salvaguardare la vita vengano chiuse.
Tesi 5. La solidarietà sociale è la nostra arma: usiamola contro il capitale
La pandemia ha fatto scoprire al mondo che i lavoratori e le lavoratrici riescono a sopravvivere alle crisi grazie a una vasta e variegata gamma di strategie. Per la maggior parte di loro, questo vuol dire fare affidamento su amici e famiglia. Alcuni e alcune, tuttavia, stanno mettendo in campo iniziative di mutuo soccorso. Per le persone senza fissa dimora e per coloro che la società capitalista considera semplicemente un peso, il supporto è arrivato da iniziative eroiche gestite da volontari e volontarie della riproduzione sociale, che sfidano coprifuoco e quarantene per garantire agli altri niente di meno che il diritto alla vita. Nel Regno Unito, nei quartieri stanno nascendo gruppi whatsapp per restare in contatto con le persone più vulnerabili e aiutarle a procacciarsi cibo e medicine. Le scuole stanno inviando buoni spesa alle famiglie povere con bambini aventi diritto a pasti gratuiti. Banche del cibo e organizzazioni di beneficenza stanno vedendo aumentare il numero di volontari. La pratica comunitaria della riproduzione sociale sta emergendo come necessità impellente. Ma abbiamo anche imparato una lezione dal passato: non permetteremo ai governi capitalisti di usare la riproduzione sociale comunitaria come scusa per abdicare alle proprie responsabilità. Come femministe socialiste, abbiamo bisogno di fare pressioni e lavorare insieme per chiedere rifornimenti pubblici di tutto ciò che è necessario alla vita umana per prosperare. Vuol dire costruire solidarietà attraverso comunità diverse che sono colpite in maniera diseguale e hanno a disposizione risorse differenti. Vuol dire supportare le categorie più marginalizzate e chiedere a coloro che hanno accesso a risorse sociali di qualsiasi tipo – sindacati, Ong, organizzazioni varie – di condividerle e supportare chi non le ha. Vuol dire chiedere che lo Stato riconosca il lavoro riproduttivo come pietra angolare dell’esistenza sociale.
Chiediamo che i governi imparino dalle persone e replichino in termini politici quello che le persone comuni stanno facendo per aiutarsi e supportarsi l’un l’altro.
Tesi 6. Solidarietà femminista contro la violenza domestica
Le misure di lockdown adottate dalla gran parte dei paesi per prevenire la diffusione del Covid-19 sono state una tragedia annunciata per milioni di persone che vivono all’interno di relazioni abusive. Le segnalazioni di violenza domestica contro donne e persone Lgbtq si sono moltiplicate durante la pandemia, con le vittime costrette in casa con partner o membri della famiglia violenti. Le campagne restiamo-a-casa sono particolarmente preoccupanti per le vittime di violenza domestica, in un contesto dove anni di neoliberismo rampante hanno tagliato i fondi agli sportelli e ai servizi anti-violenza. Anche se ci rendiamo conto che la quarantena è necessaria per ridurre il tasso di diffusione del Covid-19 e salvare vite, chiediamo che i governi invertano immediatamente le politiche di definanziamento dei servizi anti-violenza, e procurino le risorse necessarie alle agenzie per operare e pubblicizzare i loro servizi di assistenza.
Tesi 7. Lavoratori e lavoratrici della riproduzione hanno potere sociale: utilizziamolo per riorganizzare la società
Questa pandemia può e deve essere un momento in cui la sinistra propone un programma concreto su come mettere la vita prima del profitto, per aiutarci a superare il capitalismo. Questa pandemia ha già dimostrato quanto il capitalismo abbia bisogno dei lavoratori e delle lavoratrici della riproduzione sociale – salariati o meno, negli ospedali e nelle infrastrutture, nel lavoro domestico, nelle comunità. Teniamolo bene a mente, e ricordiamoci del potere sociale che questi lavoratori e queste lavoratrici detengono. Questo è un momento in cui, come lavoratori e lavoratrici della riproduzione sociale, possiamo prendere coscienza del potere che abbiamo – nel nostro contesto nazionale, rispetto ai confini che ci dividono, e in tutto il mondo. Se ci fermiamo noi, il mondo si ferma. Questa intuizione può diventare la base per politiche che rispettino il nostro lavoro, e anche per un’azione politica che costruisca l’infrastruttura necessaria a rinnovare un programma anticapitalista, guidato non dal profitto ma dalla salvaguardia della vita.
Il Marxist Feminist Collective è composto da Tithi Bhattacharya, Svenja Bromberg, Angela Dimitrakaki, Sara Farris e Sue Ferguson. Il testo è stato pubblicato su Spectre Journal. La traduzione è di Gaia Benzi e Sara Farris per Jacobin Italia.