A guardare e sentire immagini e chiacchiere di questa campagna elettorale si fa veramente fatica a capire su cosa e perché si voti.
Europeisti contro sovranisti. Pro Ucraina contro pro Putin. Contro le destre. Per liberare Salis. Per fermare la guerra. Diciamo che queste sono le issues più riconoscibili. Poi annegate in una serie di aggettivi da baci perugina e di “vota Antonio”.
Lo strano, ma non troppo, mucchione tra europeisti e sovranisti spinge per il sempreverde tema, da Spinelli ridotto in Bignami. Il problema è che la realtà dice che il governo reale dell’Europa reale è fatto da un mucchione intergovernativo e interideologico e che resterà anche dopo il voto. Quello che è da definire è la spartizione dei ruoli e fin dove arriva il mucchione. Di certo l’elemento ordinatore, il buttadentro, o buttafuori, è stare con l’Ucraina e contro la Russia, insomma per la continuazione della guerra. Ora, intendiamoci, non è che questo punto sia poi così chiaro e stabile. Si è visto con l’uscita di Stoltenberg per l’uso contro il territorio russo delle armi NATO. Arruolati, subito, i Grunen tedeschi o almeno loro esponenti di spicco. In Italia sulla cosa si assiste agli slalom linguistici di Schlein e Meloni e a molti silenzi. Sta di fatto che l’escalation è tra le opzioni in campo. Basta sentire anche l’alta autorità di politica estera, Borrell, un altro socialista che fa duetto col socialista Stoltenberg. Per continuare a guardare alle figure istituzionali della UE il Presidente del Consiglio europeo, Michel, sta tra i bellicisti che considerano il mucchione formato da chi ci sta su questo. Anche delle destre radicali. Certo, si dice tra gli establishment, che si arriva a Meloni ma non a Le Pen e Afd. Comunque Meloni da Vox è andata. Con Orban, che è di Visegrad ma contro la guerra con la Russia ma con Israele e contro i Palestinesi, parla. Diciamo che la posizione di Orban sta abbastanza in linea, o almeno non fa a pugni, con quella di Trump che è la grande questione che fa sì che la finestra dell’escalation sia entro novembre e le elezioni americane. Quindi la situazione è pericolosissima, la possibilità che esploda molto forte, e questo dovrebbe essere compreso ed orientare il voto. Da questi giri di fatti si dovrebbe capire che le motivazioni più gettonate per il voto, tutte quelle che ho detto meno due, siano un po’ cavalli ruffiani, offerte fatte con la volpe sotto l’ascella per stare a detti popolari. Per altro, se non salta tutto per aria prima, a scadenza visto che se vince Trump è possibile che il mucchione resti ma che la regola d’ingaggio sia magari l’essere contro la Cina. Restano le “culture politiche” che si sono andate definendo. Un occidentalismo che va dalla versione di ecobellicismo dei Verdi europei al nazionalreazionarismo che obbedisce al capitalismo finanziario, delle destre. Passando per le varie gradazioni socialiste, popolari, liberali e nazionali. Da questo punto di vista sono molto interessanti i programmi europei, che pochi hanno letto e qualcuno non vuole si conoscano e si discutano per coda di paglia che copre i giochini nazionali. E i comportamenti dei governi nazionali. A partire da quello tedesco dove Popolari e Grunen appaiono i più determinati a giocare in proprio la doppia carta di leadership della Germania e nei loro partiti europei. Appunto il mucchione. Giochi aperti dunque dietro la candidatura di Von Der Leyen e che vanno dalla Germania all’Irlanda passando per l’Italia, che potrebbe avere in pista anche più di un nome e con Meloni a dare le carte.
Peccato che di questa dimensione non si discuta. Se non in connessione con le ultime due cose che ricordavo emergere, Salis e il no alla guerra, ma in particolare quest’ultima. Come noto avrei tanto voluto che intorno al no alla guerra si convergesse tutti e si articolassero altri ragionamenti e obiettivi assolutamente compatibili. Il no alla guerra è assolutamente indispensabile al rilancio di un antifascismo che deve cogliere che questa UE è già fuori dalla costituzione materiale antifascista nata dalle Resistenze. Fu la guerra a generare il nazifascismo. È la guerra che oggi ci ripropone una radicale crisi democratica e lo sdoganamento delle destre anche estreme che scelgono di farla. Come ad inizio ‘900 questo è il discrimine fondamentale e non si può essere la”sinistra dell’Occidente”. Occorre essere, come Lenin, per la Pace e la Rivoluzione, rovesciare il tavolo, guardare con gli occhi di quei proletari che presero coscienza scrivendo sugli stendardi rossi “Guerra alla guerra”. Anche con il voto. Per la Pace, la Terra, la Dignità.
di Roberto Musacchio
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Articoli troppo lunghi sconsigliano la lettura, è sufficiente e utile l’ ultima parte conclusiva di questo scritto