di Loredana Fraleone – In questa situazione d’emergenza non solo sanitaria, ma ormai anche economica, permane, da parte degli schieramenti presenti in Parlamento, un atteggiamento di subalternità nei confronti delle imprese e principalmente di quelle più grandi.
Quelle che hanno usufruito di lauto sostegno economico diretto o indiretto, da parte dei governi di ogni segno, con sgravi fiscali, una ricerca pubblica sempre più finalizzata all’innovazione per i soli profitti e quant’altro.
Nei provvedimenti del governo non si vedono significative inversioni di tendenza rispetto agli investimenti nei settori pubblici, che pure nel secondo dopoguerra funzionarono da volano per tutte le attività produttive.
In particolare per quel che riguarda il sistema d’istruzione, per l’Università e la ricerca non sono previsti i fondi necessari per il loro rilancio e per la Scuola non si coglie neanche l’occasione del contrasto al contagio per destinare investimenti adeguati alla riduzione del numero degli alunni per classe. Una riduzione invocata ormai anche in ambienti che non hanno direttamente a che fare con la didattica, che per essere buona richiede cura ed attenzione molto difficili verso classi numerose.
Si pone per lo più quest’esigenza in relazione alla necessità di garantire ambienti salubri ai nostri bambini e ragazzi, in considerazione della protezione dal virus che imperversa oggi e alla previsione di molti esperti, che ne paventano la persistenza e la diffusione anche di nuovi in futuro. Sarebbe perciò necessario e possibile “fare di necessità virtù”, come si suol dire, e mettere mano sia alla costruzione di ambienti salubri sia alla promozione di una didattica più efficace.
Servono per tanto ingenti investimenti però, di cui non si vede traccia, né si sentono propositi in questo senso da parte del governo. Si parla genericamente, a partire dalla ripresa delle scuole per il primo settembre, di turnazioni, di mix di didattica a distanza e in presenza, ma non si affrontano i problemi in termini strutturali, con l’assunzione di personale docente e ATA nel numero necessario per la riduzione degli alunni per classe. Non si vara un piano di edilizia scolastica (che tra l’altro sarebbe molto gradito anche alle aziende del settore edile), capace di soddisfare non solo le annose esigenze di circa la metà delle scuole esistenti, che non hanno nemmeno avuto un collaudo statico (47%) o la certificazione di agibilità e abitabilità (53,8%), ma anche la creazione di spazi adeguati ad una Scuola realmente inclusiva.
C’è un sentire diffuso che auspica un cambiamento profondo di tutto ciò che un male ha svelato di una società malata. Alcuni non vogliono sentir parlare di un ritorno alla normalità come di un ritorno al passato, ma questo mette in discussione il modello di società che prometteva felicità per tutti e che invece provoca sempre più disastri per tutti. Il corona-virus ha realizzato un salto di specie, noi dovremmo realizzare un salto di società
Responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE