di Roberto Morea
L’entrata in scena della nuova commissione presieduta da Ursula Van Der Leyen, a dieci anni dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona, ha portato le istituzioni Europee ad aprire una fase di verifica del progetto europeo.
Una risoluzione del Parlamento, sottoscritto da tutti i gruppi politici meno quello di Le Pen e Salvini e quello di Jarosław Kaczyński e Meloni, prevede una “conferenza sul futuro dell’Europa” per verificare miglioramenti e ridefinire il funzionamento delle istituzioni europee.
Questa conferenza si terrà tra due anni e sarà istruita, secondo la risoluzione, con un processo partecipativo di ascolto di organizzazioni sociali, di società civile oltre che di portatori di interessi economici.
Certo è difficile non vedere il tentativo di mascherare di una legittimità democratica con un percorso aperto e trasparente, ciò che al chiuso di piccole stanze con accesso esclusivo ad invito viene, prodotto in termini di scelte economiche e di gestione finanziaria.
La spinta centripeta che Francia e Germania hanno lanciato con l’incontro di Aquisgrana è evidente e la volontà di modifiche dei trattati a cui si aspira non promette niente di buono.
Tuttavia l’apertura di questa discussione sul futuro dell’Europa non può vederci come inerti spettatori. Abbiamo l’opportunità e l’occasione di poter giocare un ruolo, come società civile, per quanto piccolo e al momento marginale, che metta in discussione la tendenza Macroniana e Merkelliana di costruire una Unione Europea a loro immagine e somiglianza.
Faccio i loro nomi ma è evidente che non sono solo gli interessi nazionali, che pure ci sono, a definire questo cambio di passo.
La definizione dei cerchi concentrici con cui si vanno a man mano descrivendo i ruoli e gli assetti degli interessi, riguarda non solo le élite a livello europeo ma che coinvolge, “per amore o per forza”, anche le élite a dimensione nazionale, in una sorta di “internazionale del profitto”.
Credo che anche solo aprire tra di noi un dibattito su quali modifiche ai trattati sarebbero utili e necessarie per invertire e cancellare il tratto anti popolare e “anti operaio” che questi hanno, potrebbe essere adatto per entrare nel merito di questioni concrete e definire strategie per unire le critiche e trovare la definizione di un progetto comune.
Intanto il “business as usual” è attraversato da agitazioni e tensioni, come la manifestazione dei magistrati di tutta Europa a Varsavia contro il sovvertimento della separazione e l’indipendenza degli organi dello Stato che in Polonia è stravolto dalla legge che mette il potere giudiziario sotto il controllo del governo, alterando lo stato di diritto che la stessa UE riconosce come indispensabile per far parte della comunità europea.
Una comunità che appare afona e senza iniziativa di fronte allo scenario di guerra che alle porte del mediterraneo vede il protagonismo di Erdogan e Putin. Il fallimento delle politiche militari fin ora prodotte sulla Libia e in generale sul Medio Oriente, dovrebbero offrire un ripensamento e un nuovo ruolo all’Europa, che per decenni ha rappresentato una forma di contropotere al tentativo di egemonia militare statunitense e che ora si ritaglia un ruolo di “semplice” operatore di mercato.
La possibilità di approfittare di questo percorso per ridefinire il futuro della Unione Europea e gli spazi di interlocuzione interni e o esterni da questo aperti sono spazi da riempire. Per questo è nostra intenzione aprire un confronto con chi condivide queste riflessioni per definire un nostro punto di vista e una nostra iniziativa.
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2020 sulla conferenza sul futuro dell’Europa https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2020-0010_IT.html
Dichiarazione di Manon Aubry (la France Insoumise):
Depuis plus d’un mois, les français manifestent contre la casse de leurs retraites. Hier, 1200 médecins ont remis leurs démissions pour dénoncer l’état de délabrement général des hôpitaux français.
Partout en Europe, les citoyens se mobilisent contre les conséquences de l’austérité, inscrite au cœur des traités de l’Union européenne. Partout, il refusent cet avenir individualiste où les systèmes de solidarité sont brisés un à un.
La conférence sur l’avenir de l’Europe aurait dû répondre à cette formidable envie de changement. Malheureusement, c’est une procédure rabougrie qui nous est finalement proposée, tant sur les objectifs que sur la méthode.
Sur les objectifs, l’Union ne peut se contenter d’un ravalement de façade cosmétique. C’est tout l’édifice qui menace de s’effondrer et c’est donc toute son architecture qu’il faut repenser. C’est à dire, et il faut oser nommer les choses, changer ses traités ! Pourquoi ne pas renommer le processus en “Conférence de révision des traités” et utiliser la procédure prévue à l’article 48 du TFUE?
Le chantier est immense et on ne pourra passer à côté si l’on veut mettre en oeuvre un véritable Green New Deal social et écologique : sortir de la logique du libre-échange , privilégier un pacte de progrès solidaire et durable plutôt que de croissance et de compétitivité, faire l’harmonisation sociale par le haut plutôt que le dumping généralisé.
Sur la méthode, rien ne serait plus désastreux qu’une nouvelle usine à gaz faussement démocratique. Le Parlement doit être le chef de file, pas la Commission qui n’a aucune légitimité populaire. Qui peut penser que deux réunions de trois assemblées par Etat membre, sans quorum et sans pouvoir d’impulsion, sont suffisantes pour garantir la participation des citoyens? Qui peut penser qu’on peut regagner la confiance des peuples dans les institutions européennes sans entériner les résultats des consultations par référendum?
N’apprenons-nous pas de nos échecs? Pourquoi répéter l’erreur de la Convention sur l’avenir de l’Europe en 2002 qui a débouché sur l’adoption malheureuse du traité de Lisbonne contre les volontés des peuples européens exprimées par référendum?
Depuis des années, la peur du peuple et le mépris de la volonté des citoyens ébranlent l’édifice européen. Il faut répondre à la défiance grandissante envers les institutions européennes en assumant de remettre en cause les règles du jeu. Derrière son titre grandiloquent, la “conférence sur l’avenir de l’Europe” risque à ce stade d’accoucher d’une souris. Ce n’est pas ce que nous voulons, au nom de notre groupe de la Gauche Unitaire Européenne.
Les citoyens européens méritent mieux : une réforme profonde et radicale, au service des peuples et de la planète, s’appuyant sur un véritable processus participatif. Ne gâchons pas une nouvelle fois l’occasion de redonner du sens à l’idéal initial du projet européen.
2 Commenti. Nuovo commento
Trovo interessante la riflessione di Manon. Ho paura che i tempi sono molto lunghi se ho capito bene che si farà tra due anni….non ho capito se nel frattempo verranno indette delle discussioni o se tutto comincerà tra 2 anni.
Nè si capisce bene se verrà dato veramente spazio ai cittadini,ed associazioni.
Come transform!italia siamo interessati a promuovere un porocesso di partecipazione della società civile che è previsto dalle istituzioni europee, ma in modalità che ci sembra necessario criticare e superare. Sul sito vi terremo aggiornati. Se hai delle proposte, scrivici e comunque rimaniamo in contatto.