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Riflessioni amare sul disastro umanitario e politico di Haiti

di Alessandro
Scassellati

Da mesi i media avvertono che gang armate stanno per prendere il controllo di Haiti, il paese più povero delle Americhe dove più della metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Il paese resta nel caos dopo che il primo ministro non eletto Ariel Henry si è dimesso, poiché la violenza e la carestia minacciano la popolazione. Vige lo stato di emergenza, gli aeroporti internazionali sono chiusi, le scuole sono chiuse, gli ospedali sono stati saccheggiati o sono stati chiusi e comunque mancano di personale, medicine e sangue per le trasfusioni. Interi quartieri sono stati trasformati in campi di battaglia e la popolazione è in fuga dalle proprie case (almeno 400mila gli sfollati, la maggioranza dei quali sono bambini). Gli osservatori e analisti ritengono che una sorta di intervento internazionale sia ora assolutamente necessario, ma anche che gli haitiani possano arrivare a un accordo politico per un governo provvisorio e una tabella di marcia che possa ripristinare la sicurezza e procedere verso elezioni democratiche reali. Senza un partner politico haitiano affidabile che abbia un consenso popolare, qualsiasi intervento internazionale è destinato ad un clamoroso fallimento. Le narrazioni che gli Stati Uniti e altre potenze usano per giustificare l’intervento militare internazionale ignorano un fatto cruciale: ad Haiti raramente, se non mai, è stato permesso di gestire direttamente i propri affari.

Antefatto: genocidio, schiavismo e piantagioni di zucchero

Nel 1492 Cristoforo Colombo, convinto di aver raggiunto delle isole al largo della costa orientale dell’Asia, “scoprì” l’America ed entrò in contatto con i popoli Arawak in un’isola delle Bahamas, poi a Cuba e Hispaniola (Haiti/Santo Domingo) ed era interessato all’oro e ad avere degli schiavi da riportare in Spagna. L’incontro produsse un primo genocidio. Nel giro di due anni, la metà dei 250 mila Arawak di Haiti erano morti e nel 1650 nessuno dei loro discendenti era ancora vivo. Anche gli abitanti di Cuba vennero sterminati nel giro di pochi anni1.
Nel corso dei tre secoli successivi, i colonizzatori europei dell’isola di Hispaniola (spagnoli e poi dagli inizi del 1600 anche francesi) si appropriarono delle terre e importarono centinaia di migliaia di schiavi dall’Africa occidentale e centrale per coltivare e raccogliere zucchero, caffè e legname: tutte esportazioni a lungo molto redditizie.
Così, oltre che nel sud di quelli che sono poi diventati gli Stati Uniti2, gli schiavi africani e i loro discendenti sono diventati la popolazione maggioritaria lungo la costa atlantica del Nordest del Brasile (il cuore coloniale del paese), nelle isole e nei litorali dei Caraibi, e lungo le coste di Colombia, Venezuela, Guyane, Belize, Ecuador e Perù. In questi territori sono presenti anche i discendenti di schiavi africani affrancati, naufragati o fuggiti e di indigeni indios che incrociandosi hanno dato origine agli zambos, articolati in diversi piccoli gruppi etnici generalmente marginalizzati e discriminati come i Garifuna (in Belize, Honduras e Guatemala), i Cafuzo (in Brasile, che hanno creato le comunità quilombos) e i Lobo (in Messico, circa più di 2,5 milioni).
Attraverso lo sviluppo dell’agricoltura delle piantagioni per la produzione di colture commerciali, i legami profondi e spesso brutali di sfruttamento ed estrazione dell’Europa con l’Africa, i Caraibi e le Americhe hanno guidato la nascita di una prima economia capitalista veramente globale. Lo zucchero (e i prodotti connessi: rum, melassa, sciroppo, marzapane) coltivato dagli schiavi africani nelle colonie americane e caraibiche, come Hispaniola, e trasformato ad Anversa, Amsterdam, Bristol, Liverpool, Nantes, Bordeaux, Londra e altre città europee e nordamericane, ha accelerato l’unione dei processi che chiamiamo «prima rivoluzione industriale», ossia del capitalismo propriamente considerato. Ha rivoluzionato le diete delle popolazioni europee, trasformando lo zucchero da una merce straniera rara di lusso (usata come medicina, spezia per il condimento e sostanza decorativa) in un ingrediente essenziale della dieta energetica moderna dell’intera popolazione, rendendo così possibile una produttività della classe lavoratrice proletaria molto più elevata. E così facendo, lo zucchero prodotto dagli schiavi di origine africana nelle piantagioni tropicali coloniali ha contribuito a rivoluzionare la società europea e addirittura, insieme al tè, a definire il «carattere nazionale» di un popolo come quello inglese3.
La schiavitù era attiva nelle colonie francesi dall’inizio del XVI secolo e non venne abolita dal governo francese fino alla Convenzione rivoluzionaria del 1794. La Compagnia francese delle Indie occidentali sviluppò piantagioni di zucchero e tabacco nelle colonie francesi e ottenne il monopolio della tratta degli schiavi dal Senegal, che dal 1658 apparteneva alla Compagnia di Capo Verde e del Senegal. La tratta degli schiavi continuò dal 1658 al 1709, operata dalla Compagnie du Sénégal, che commerciava schiavi con i regni Hausa, il Mali e i Mori in Mauritania. Nel 1778, i francesi trafficavano ogni anno circa 13 mila africani come schiavi verso le Indie occidentali francesi.
Tra il 24 e il 26 maggio 2022 il «New York Times» ha pubblicato una serie meticolosamente documentata intitolata «Il riscatto», che descrive l’impatto devastante su Haiti della cosiddetta «tassa sull’indipendenza» imposta dalla Francia sotto la minaccia di un intervento militare nel 1825 alla prima repubblica nera del mondo. Haiti era diventata indipendente dalla Francia il 1 gennaio 1804 dopo anni di rivolte (costate oltre 100 mila morti) iniziate il 23 agosto 1791 (giorno che l’Unesco ha scelto per la Giornata Mondiale della Memoria della tratta degli schiavi e della sua abolizione), sotto la guida di Toussaint L’Ouverture e Jean-Jacques Dessalines, entrambi precedentemente ridotti in schiavitù. Haiti divenne un faro di abolizione della schiavitù, auto-indipendenza, determinazione e uguaglianza razziale. Come riporta il «Times», nonostante la schiavitù fosse stata abolita nel 1794 dal governo rivoluzionario francese (per poi essere reintrodotta da Napoleone nelle piantagioni d’oltremare tra il 1802 e il 1815), i discendenti di persone ridotte in schiavitù di Haiti furono costretti a pagare un risarcimento ai discendenti dei proprietari di schiavi. Nel 1825, il re Carlo X di Francia inviò una flotta di 14 navi da guerra comandata dal barone di Machau, armata con 500 cannoni, e con un ultimatum per i governanti della rivoluzionaria Repubblica: dateci 150 milioni di franchi o apriamo il fuoco. La Francia costringeva gli schiavi e i loro discendenti a pagare i loro ex padroni per essersi liberati dalla schiavitù. I soldi (ridotti a 90 milioni di franchi) vennero dati in prestito da banche francesi con alti tassi di interesse. Nel corso dei successivi 122 anni (fino al 1947), circa l’80% delle entrate di Haiti fu destinato a ripagare questo debito. Con il primo pagamento alla Francia, Haiti dovette chiudere il suo nascente sistema scolastico pubblico. Con il moltiplicarsi dei miliardi di dollari pagati alla Francia (il Crédit Industriel et Commercial) e poi dal 1915 a banche statunitensi come la National City Bank (attuale Citigroup), l’economia di Haiti si è disintegrata4.
La rassegna del «Times» è arrivata quasi 20 anni dopo che l’amministrazione dell’allora presidente Jean-Bertrand Aristide chiese formalmente alla Francia 21,7 miliardi di dollari come restituzione dei fondi estorti ad Haiti. Aristide era un prete salesiano di sinistra che insegnava la “teologia della liberazione” e che con il sostegno di massa tra la classe lavoratrice e i poveri di Haiti, suscitò grandi speranze di cambiamento. Per due volte, nel 1990 e nel 2001, ondate di sostegno pubblico portarono Aristide alla presidenza. E due volte, nel 1991 e nel 2004, fu estromesso da sanguinosi colpi di stato. L’iniziativa di Aristide fu un fattore chiave per la cooperazione e il sostegno della Francia al colpo di Stato orchestrato dagli Stati Uniti che rovesciò il suo governo democraticamente eletto. I media mainstream dell’epoca, tra cui il «New York Times» e il «Washington Post», trattarono la richiesta come «donchisciottesca» e una trovata pubblicitaria, mentre i loro reporter scrivevano un articolo dopo l’altro demonizzando l’amministrazione democraticamente eletta di Aristide, contribuendo così a creare le giustificazioni ideologiche per il colpo di Stato del 20045.

Un drammatico presente: crisi politica e bande armate

Il 4 marzo scorso, la maggior parte dei detenuti nelle due principali carceri di Haiti – più di quattromila uomini – sono stati liberati in attacchi guidati da un capobanda haitiano, Jimmy Chérizier (47 anni), noto come Barbecue (apparentemente, per aver bruciato delle persone vive), un ex agente di polizia6, che guida la federazione delle bande G9 Rivoluzione, Famiglia e Alleati (la principale coalizione rivale è la G-Pep, associata ai partiti di opposizione e guidata da Gabriel Jean-Pierre, noto anche come Ti Gabriel, con un forte radicamento nel quartiere povero di Cite Soleil di Port-au-Prince). Si autodipinge come un rivoluzionario che lotta contro l’oscura corruzione del governo e degli oligarchi d’affari, citando Ernesto “Che” Guevara, Fidel Castro, Thomas Sankara e Malcolm X7. I combattenti di Barbecue, insieme ad altri di bande alleate, armati di armi automatiche (contrabbandate dagli Stati Uniti), dal 29 febbraio hanno attaccato anche i due aeroporti di Port-au-Prince e hanno sparato contro aerei, polizia e guardie di sicurezza. Hanno anche preso il controllo del più grande terminal di carburante (a Varreux) di Haiti, che fornisce il 70% dei consumi del paese. In una serie di conferenze stampa improvvisate, Barbecue aveva giurato che avrebbe portato il paese alla guerra civile se il primo ministro, Ariel Henry, non si fosse dimesso.
Ariel Henry, un neurochirurgo e politico di centrodestra di 74 anni, però, non era nel paese. Era volato a Nairobi pochi giorni prima per stringere la mano al presidente keniano, William Ruto, per un accordo sostenuto dagli Stati Uniti per inviare un migliaio di poliziotti keniani ad Haiti, come parte di una missione multinazionale approvata dalle Nazioni Unite, che Henry aveva inizialmente richiesto nell’ottobre 2022, per contribuire a ripristinare l’ordine. Il Kenya si era candidato per la missione nel luglio del 2023. Nonostante la stretta di mano, la missione è rimasta bloccata o sospesa8. Evidentemente ora gli Stati Uniti (insieme a Canada e Francia) non vogliono essere percepiti come una potenza neocoloniale che interviene unilateralmente, come hanno fatto tante amministrazioni precedenti. Ma, chiaramente, la politica del non intervento finora non ha funzionato.

Il dibattito su intervento o non intervento internazionale

Dan Foote, un diplomatico di carriera, era stato nominato inviato speciale del presidente Biden ad Haiti dopo l’assassinio del presidente Moïse nel luglio 2021, ma si è dimesso due mesi dopo per la sua opposizione al sostegno dell’amministrazione Biden a Henry e per ciò che ha definito “disumano” e “controproducente” nella politica di immigrazione degli Stati Uniti nei confronti degli haitiani che, se si scopriva che erano entrati illegalmente nel paese, venivano incarcerati e rimpatriati ad Haiti, nonostante i pericoli che correvano lì9. Solo alla fine del 2022, l’amministrazione Biden ha allentato le sue politiche di immigrazione per offrire nuove tutele agli haitiani che attualmente risiedono negli Stati Uniti. La polizia di frontiera statunitense afferma di aver intercettato 76.100 haitiani nel 202310. Foote ritiene che: “La costante ingerenza della comunità internazionale negli ultimi 220 anni ha reso Haiti uno stato fallito perché le persone non hanno voce in capitolo nella loro vita, non hanno voce in capitolo nel loro futuro, perché gli internazionali l’hanno reso uno Stato fantoccio”. Secondo Foote: “Dobbiamo dare agli haitiani tempo e spazio per risolvere il problema. Lasciamo che gli haitiani abbiano la possibilità di gestire i propri affari ad Haiti da soli per una volta. La comunità internazionale ha incasinato tutto in modo irriconoscibile innumerevoli volte. Vi garantisco che gli haitiani fanno meno casini degli americani”. Per Foote, qualsiasi tentativo di imporre un nuovo governo ad Haiti dall’esterno verrà respinto in modo violento.
Il presupposto di fondo che è stato utilizzato più volte nella storia di Haiti è che gli haitiani non possono (ossia, non sono in grado di) gestire i propri affari. Il governo è corrotto o inefficace o entrambe le cose. Gli haitiani sarebbero intrappolati in una “rete di influenze culturali resistenti al progresso”, come David Brooks aveva affermato sul New York Times subito dopo il gigantesco terremoto del paese del 2010. Lasciata sola, Haiti precipiterebbe nel caos e nella crisi umanitaria: malattie, violenza, morte. È allora che i cosiddetti amici internazionali di Haiti – principalmente gli Stati Uniti, insieme a Canada e Francia – sono costretti a venire in soccorso con le loro armi e le loro forze militari d’élite.
Questa è la direzione in cui si sta andando oggi. La comunità internazionale ha deliberato lo spiegamento di una “forza multinazionale di azione rapida” ad Haiti, seguita nel medio termine da un’altra missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti hanno già inviato personale, veicoli blindati e “attrezzature” non rivelate per aiutare la polizia di Haiti a combattere un conglomerato di bande che hanno preso il controllo del paese. La storia di Haiti insegna che molti civili innocenti rimarranno coinvolti nel fuoco incrociato.
La visione della popolazione haitiana è generalmente diversa: l’intervento straniero provoca disastri. Questa idea può essere controintuitiva e profondamente scomoda per gli statunitensi, ma ha il grande pregio di essere basata sui fatti. Haiti, dopo tutto, è nata nel 1804 dalla determinazione delle persone schiavizzate a liberarsi dal giogo genocida della sottomissione francese. Da allora ha subito numerose invasioni e intrusioni, inclusa un’occupazione da parte degli Stati Uniti dal 1915 al 1934. L’occupazione statunitense è stata giustificata come se fosse stata finalizzata al bene stesso di Haiti. Le sue eredità hanno incluso l’arricchimento delle élite americane e la creazione delle basi per l’ascesa della dittatura di Duvalier.
In generale, l’intervento esterno svuota lo Stato, riduce le possibilità di democrazia di Haiti e legalizza l’impunità ufficiale – tutto ciò getta le basi per ulteriori disastri. E gli effetti del disastro si aggravano nel corso dei decenni. “Haiti è nera e non abbiamo ancora perdonato ad Haiti il fatto di essere nera”, dichiarò l’attivista afroamericano Frederick Douglass più di un secolo fa. Purtroppo, questo sembra essere più vero che mai.

Le dimensioni della crisi

Non c’è dubbio che Haiti stia attraversando una crisi terribile. Il conglomerato di bande armate ha bloccato quasi tutto il paese. Lunedì 11 marzo, dopo un dramma durato una settimana – durante il quale Henry è scomparso brevemente, prima di riapparire a Puerto Rico (non era riuscito a rientrare ad Haiti perché le gang avevano chiuso porti e aeroporti internazionali), dove rimane – Henry ha annunciato che si sarebbe dimesso dalla carica di primo ministro, dopo che fosse stato istituito un consiglio presidenziale transitorio (attualmente, Haiti non ha un presidente né un Parlamento, e non celebra elezioni presidenziali dal 2016). Barbecue aveva precedentemente minacciato una “guerra civile” che avrebbe portato al “genocidio” se Henry fosse tornato ad Haiti, e c’erano state segnalazioni secondo cui l’amministrazione Biden e diversi governi regionali avevano fatto pressioni su Henry affinché si dimettesse e aiutasse a trovare un leader di transizione accettabile. Il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, era volato in Giamaica per discutere con i leader dei 7 paesi della Comunità dei Caraibi (CARICOM) su come stabilizzare la situazione, promettendo che Washington avrebbe aumentato gli aiuti per la sicurezza di Haiti (oltre a Blinken, hanno partecipato anche diplomatici di Canada, Francia, Messico e Brasile).
Henry ha dato le sue dimissioni martedì 12, dopo che il gruppo Caricom “allargato” (senza che ci fossero degli haitiani presenti) riunito in Giamaica ha cercato di tirare fuori il coniglio dal cilindro, per così dire, concordando un percorso per la formazione di un nuovo governo di transizione attraverso la nomina di un consiglio presidenziale di sette membri scelti (senza definire i criteri di scelta o cooptazione) tra politici e soggetti della società civile haitiana che a sua volta sceglierà un nuovo primo ministro ad interim11. Ma non è chiaro se il popolo haitiano accetterà di buon grado l’ennesima espropriazione del suo diritto di autodeterminazione democratica e accetterà pacificamente la decisione del consiglio transitorio di designare il nuovo premier ad interim che dovrebbe guidare il paese fuori dalla crisi che ha comportato un collasso totale del sistema democratico. Diverse fazioni chiave si sono rifiutate di partecipare al consiglio presidenziale transitorio, mentre Barbecue – l’apparente architetto degli attuali disordini – ha rifiutato qualsiasi soluzione sostenuta dalla comunità internazionale:12Sarà il popolo haitiano a prendere in mano il destino. Il popolo haitiano sceglierà chi lo governerà”, ha detto ai giornalisti. Intanto, negli ultimi giorni, le bande hanno attaccato e saccheggiato le zone ricche della capitale (Laboule, Thomassin e Petionville), causando almeno una dozzina di morti e costringendo i residenti a fuggire da quartieri precedentemente pacifici. Un chiaro ammonimento alle élite del paese.
Negli ultimi anni, Barbecue e i leader delle bande rivali hanno avuto più armi della polizia13 – che, in alcuni casi, è stata cooptata – e hanno preso il controllo della maggior parte di Port-au-Prince e di diversi distretti periferici. Si sono impegnati in frequenti battaglie campali e hanno commesso numerosi massacri e centinaia di rapimenti; nel 2023, quasi cinquemila persone, molte delle quali civili, sono state uccise nella violenza delle bande, il doppio del numero registrato nel 2022. Nelle ultime settimane, le bande hanno bruciato molte stazioni di polizia della capitale e si sono trasferite nel porto attraverso il quale gran parte del cibo del paese viene importato.
La fame colpisce quasi la metà della popolazione di Haiti dal 2020 e oltre un milione di haitiani sono solo a un passo dalla carestia, secondo i responsabili del programma alimentare mondiale. Il paese dipende per oltre il 50% dalle importazioni per la copertura dei bisogni di cibo(Il settore agricolo haitiano è stato in gran parte smantellato a partire dagli anni ’90, quando l’amministrazione Clinton impose ad Haiti di tagliare i dazi sulle importazioni agricole dagli USA. I produttori agricoli haitiani non sono riusciti a reggere la concorrenza della produzione statunitense e si è verificato un imponente esodo dalle campagne verso Port-au-Prince e le altre città. Dopo il terremoto del 2010, Clinton ha pubblicamente chiesto scusa per aver imposto le politiche free-trade. La diffusa deforestazione ha reso il paese particolarmente soggetto a inondazioni e smottamenti, e l’isola è anche soggetta a cicloni, uragani, tempeste tropicali e terremoti. Tra il 2015 e il 2017, la siccità ha portato a perdite di raccolto del 70% e nel 2016 l’uragano Matthew ha decimato le abitazioni, il bestiame e le infrastrutture del paese. Negli ultimi mesi, la violenza si è gradualmente estesa alla regione del Bas-Artibonite, a nord della capitale, fonte di alimenti di base come il riso, e circa 22mila persone sono sfollate a causa di omicidi, saccheggi, rapimenti e diffusa violenza sessuale. Armate di fucili semiautomatici e pistole, le bande hanno bruciato case, attaccato sistemi di irrigazione, rubato raccolti e bestiame e chiesto “tasse” agli agricoltori per poter accedere ai campi.)). Si prevede che i dati finali per il 2023 mostreranno che l’economia si è contratta per cinque anni consecutivi (dell’1,7% nel 2019, del 3,3% nel 2020, dell’1,8% nel 2021, dell’1,7% nel 2022 e di un probabile 2,5% nel 2023). L’acqua, l’elettricità14 e la raccolta rifiuti scarseggiano e i civili vengono colpiti quotidianamente da proiettili vaganti. Circa 400mila persone sono sfollate dalle loro case. I residenti di Port-au-Prince sono ormai dei nomadi forzati che si spostano costantemente tra i quartieri, cercando rifugio presso parenti o estranei o risiedendo in rifugi temporanei15. Domenica, è atterrato a Miami un volo charter del governo USA proveniente dalla città settentrionale di Cap-Haïtien che ha trasportato più di 30 cittadini statunitensi in fuga dalle violenze dopo che l’ambasciata americana a Port-au-Prince all’inizio di questo mese ha esortato i cittadini statunitensi a partire “il più presto possibile“. La scorsa settimana l’esercito americano ha inviato ulteriori forze per rafforzare la sicurezza presso l’ambasciata americana, che si trova in un quartiere in gran parte controllato dalle bande armate.
Henry era stato nominato primo ministro dal presidente Jovenel Moïse (un esportatore di banane diventato il leader politico del Partito Haitiano della Testa Calva (Parti Haïtien Tèt Kale – PHTK) di orientamento liberal-conservatore, appoggiato dagli USA), poco prima che questo fosse assassinato il 7 luglio 2021, in una cospirazione notturna ancora in parte oscura che ha coinvolto mercenari colombiani e funzionari della sicurezza haitiani corrotti, molti dei quali sono stati arrestati e hanno confessato il loro coinvolgimento16. Successivamente, Henry era stato nominato presidente de facto dal cosiddetto “Core group”, un insieme di ambasciatori stranieri guidato da quello statunitense(il gruppo è composto da Germania, Brasile, Canada, Spagna, Stati Uniti, Francia, Unione Europea, OSA e la stessa missione delle Nazioni Unite ad Haiti), che di fatto gestiscono il paese da dietro le quinte. Il suo governo era considerato ampiamente corrotto e illegittimo sia perché non legittimato dagli organi costituzionali sia perché ripetutamente non è riuscito a tenere le elezioni promesse. Non ha mai avuto alcun tipo di autorità costituzionale e anzi è implicato nell’assassinio di Moïse secondo un’inchiesta del New York Times.
Barbecue ha avuto un rapporto amichevole con Moïse e ha usato la sua banda per frenare le proteste anti-Moïse provenienti dai quartieri poveri associati al partito di sinistra (Fanmi Lavalas) dell’ex presidente Jean-Bertrand Aristide17. Nella povera Haiti, le bande e i quartieri poveri che controllano sono tradizionalmente alleati con i politici che stringono accordi lucrosi con i leader delle bande in cambio del loro sostegno elettorale18. Per decenni, le bande haitiane sono state strettamente associate a politici, partiti politici, uomini d’affari o altre cosiddette “élite” del paese. I Duvalier fondarono e utilizzarono un gruppo paramilitare, i temutissimi Tontons Macoutes, per eliminare l’opposizione al loro governo. La brigata ha ucciso e torturato migliaia di persone. Durante il mandato di Moïse, Barbecue iniziò a prendere il controllo di porzioni sempre più grandi delle periferie povere della capitale e, quando Moïse fu ucciso, partecipò a un corteo funebre in suo onore, e presto iniziò ad aumentare le tensioni con Henry. Negli ultimi anni, le bande sono riuscite ad accumulare molto più denaro indipendentemente da politici e uomini d’affari, attraverso le estorsioni, i rapimenti a scopo di riscatto, il traffico di droga e il contrabbando di armi leggere.

Gli effetti catastrofici dello “Aid State”

Gli attori haitiani di base e i loro sostenitori in tutto il mondo stanno dicendo no ai mercenari sia interni che esterni che usurpano la democrazia partecipativa haitiana. Mentre gli squadroni della morte paramilitari affiliati al PHTK imperversano a Port-au-Prince, cercando di massacrare e sfollare quante più famiglie possibile, un prezioso contributo alla comprensione delle origini geopolitiche di queste “bande” viene dal libro di Jake Johnston, Aid State: Elite Panic, Disaster Capitalism and the Battle to Control Haiti. Una cosa è chiara: gli attuali gruppi paramilitari, descritti dalla stampa mainstream come “bande”, devono essere analizzati nel continuum storico dei gruppi armati sponsorizzati dagli Stati Uniti e affiliati allo Stato haitiano, incaricati di sottomettere i perennemente “irrequieti nativi”. L’arma preferita dei capi delle bande armate – Izo, Kempès, Barbecue e altri – è l’incendio delle comunità che cercano di sottomettere. Johnston indica l’amministrazione del presidente Michel Martelly (2011-2016), fortemente voluta e sostenuta dagli Stati Uniti nonostante godesse di pochissimo sostegno popolare19, un cantante pop populista di destra di nome Michel “Sweet Micky” Martelly. Martelly ha fatto appello ai più potenti attori internazionali ad Haiti, tra cui Bill Clinton, per il suo entusiasta sostegno ai programmi di investimento straniero, inclusa una spinta per rinvigorire il settore del confezionamento di indumenti di Haiti, in cui gli haitiani sono utilizzati come manodopera a basso costo per confezionare vestiti (il settore abbigliamento vale 1,15 miliardi di dollari, rappresentando l’85% di tutte le esportazioni nel 2021). Martelly si è dimesso dall’incarico dopo aver rinviato due volte le elezioni presidenziali e aver governato per decreto per più di un anno20.
L’amministrazione Martelly ha rappresentato la prima pratica del PHTK nell’utilizzare mercenari armati per far eseguire i propri ordini. Questo assalto alla democrazia haitiana, personificata dalle popolazioni politicamente attive di Belè, Lasalin, Solino, Delma anba e degli altri ghetti di Port-au-Prince, ha rimodellato la capitale di Haiti. Poi, all’inizio del 2021 si è assistito a un movimento di massa che cercava di rovesciare la seconda espressione della dittatura PHTK, guidata da Jovenel Moïse21, oggi uomini armati e mascherati controllano circa il 90% di Port-au-Prince.
Una massiccia ondata di proteste anti-corruzione e contro l’aumento dei prezzi del carburante, la rimozione dei sussidi governativi e il peggioramento della crisi economica scoppiò a livello nazionale contro il governo Moïse, per poi essere repressa violentemente dalla polizia e dalle bande alleate. Un’ondata di rapimenti, massacri e violenza politica ha attanagliato il paese dal 2019 al 2021. Non si è tenuta una sola elezione a nessun livello, consentendo al Parlamento di sciogliersi e a Moïse di nominare lui stesso i sindaci e governare per decreto. Con l’avvicinarsi della fine del mandato costituzionale, all’inizio del 2021, Moïse aveva annunciato la sua intenzione di restare in carica per un altro anno, pianificando al contempo un referendum costituzionale che gli avrebbe permesso di succedere a sé stesso. Aveva dovuto affrontare proteste che ne chiedevano le dimissioni per accuse di corruzione e affermavano che il suo mandato di cinque anni era scaduto. Ma, nonostante tutto, Moïse ha goduto del forte sostegno dell’amministrazione Trump, sebbene Trump stesso includesse Haiti tra quelli che lui definiva “i paesi latrina” (“shithole countries”).
Dopo l’assassinio di Moïse, la gestione politica è passata ad Henry, mentre un disastroso terremoto di magnitudo 7,2 ha devastato le zone rurali del sud del paese il 14 agosto del 2021: almeno 2.207 morti e più di 12mila feriti. Più di 130mila case sono state danneggiate o distrutte (sono state colpite le città di Les Cayes, Jérémie, e i villaggi e le città della penisola di Tiburon).

Gli effetti negativi delle ingerenze politico-militari statunitensi e internazionali

Con il passare del tempo, un ampio spettro della società civile haitiana aveva chiesto le dimissioni di Henry e si era scagliato contro la sua richiesta di intervento internazionale (anche Barbecue si è impegnato a combattere contro qualsiasi forza straniera ad Haiti). A partire dal 2020, si è formato un fronte di associazioni della società civile che cerca di stimolare la scena politica e ritagliarsi uno spazio nella ricerca di una soluzione nazionale. Così, nel marzo 2021, è nata la Commissione per la ricerca di una soluzione haitiana alla crisi (CRSC) che ha prodotto mesi dopo l’accordo del 30 agosto, noto come accordo del Montana . Questo raggruppamento è senza dubbio una voce forte della società e ha preparato proposte per il tavolo delle trattative. 

Gli oppositori sostengono che l’abissale record dei precedenti interventi esclude qualsiasi ulteriore tentativo di imporre l’ordine ad Haiti con la forza – e alcuni denunciano l’intervento come una azione neo-coloniale tanto immorale quanto antiquata. Le operazioni precedenti hanno incluso un’invasione da parte dei marines statunitensi del 28 luglio 1915 (durante l’amministrazione di Woodrow Wilson), portata avanti in nome del ripristino della stabilità politica dopo l’assassinio dell’allora presidente filo-statunitense Vilbrun Guillaume Sam (che aveva però fatto uccidere 173 membri delle ricche famiglie dell’èlite “mulatta”) e seguita da due decenni di occupazione militare, con decine di migliaia di haitiani uccisi dalla repressione statunitense22. Poi, nel 1957, all’apice della Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno orchestrato l’elezione a presidente di François Duvalier, conosciuto come “Papa Doc”, che in breve tempo divenne un dittatore sanguinario. I leader statunitensi cavillarono davanti alla brutalità di Duvalier, ma lo considerarono una risorsa importante contro il comunismo, in particolare contro la Cuba di Fidel Castro. E così gli aiuti finanziari sono continuati ad arrivare per quasi tre decenni (almeno 900milioni di dollari) e il figlio Jean-Claude, detto “Baby Doc”, venne cacciato solo dopo una rivolta e una forte pressione internazionale nel 1986.
Gli Stati Uniti hanno anche inviato truppe per intervenire direttamente ad Haiti nel 1994. Il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton inviò un contingente di circa 20mila soldati per riportare al potere il presidente Jean-Bertrand Aristide dopo che era stato rovesciato dai militari del paese nel 1991. Questo dispiegamento ebbe luogo parallelamente a una missione delle Nazioni Unite che si svolse dal 1993 al 2000, anche con il sostegno degli Stati Uniti.
Il 29 febbraio 2004, Aristide fu rovesciato ancora una volta, ma questa volta gli Stati Uniti lo incoraggiarono a dimettersi, facendolo fuggire dal paese e inviando truppe sull’isola insieme a nazioni come Francia e Cile23. Le truppe americane furono presto sostituite da una missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite (MINUSTAH), guidata da una forza militare brasiliana. L’occupazione militare delle Nazioni Unite è stata responsabile della repressione armata della sinistra haitiana, commettendo numerose atrocità24. La Missione ONU è durata 13 anni e si è conclusa nel 2017. È stata segnata da scandali come l’epidemia di colera che ha causato la morte di quasi 10mila persone (infettando quasi un altro milione), probabilmente riconducibile al fatto che Minustah ha incautamente scaricato rifiuti infetti dal colera del contingente nepalese nell’affluente di un fiume principale25, e diffuse accuse di abusi sessuali26 e altre atrocità nei confronti della popolazione civile.
Durante gli anni della Missione ONU, Haiti è stata colpita da un tremendo terremoto nel 2010 che ha ucciso più di 230mila persone (oltre 300mila rimasero ferite) e devastato la capitale, Port-au-Prince27.
L’evento catastrofico ha spinto circa 10mila organizzazioni non governative internazionali ad incanalare enormi aiuti esteri ad Haiti per contribuire a sostenere la ricostruzione e i servizi sociali. Oggi, lo Stato haitiano esiste a malapena e le sue funzioni, dalla polizia alla sanità, dall’istruzione ai servizi sociali, sono state esternalizzate a quello che Johnston chiama “Aid State”: ONG, organismi delle Nazioni Unite, banche di sviluppo, società private. Le istituzioni statali haitiane sono state scavalcate dalla comunità dei donatori internazionali. Con così tanti servizi forniti dalle ONG o dal settore privato, gli haitiani comuni e poveri sono stati a lungo esclusi come parti interessate nel proprio sistema politico – un vuoto nel quale si sono introdotte le bande armate. I donatori stranieri (soprattutto statunitensi) finanziano anche l’apparato elettorale, forniscono formazione al consiglio elettorale e al personale elettorale. Scrivono le regole del gioco, la legge elettorale e gli statuti e programmi dei partiti. E poi, è sempre un’entità straniera che definisce se il risultato elettorale è legittimo o meno.
Allo stesso tempo, il Paese dipende fortemente dalle entrate esterne: tra il 2010 e il 2020, le Nazioni Unite hanno stanziato più di 13 miliardi di dollari in aiuti internazionali per Haiti, la maggior parte dei quali ha finanziato missioni di soccorso in caso di calamità e programmi di sviluppo. Nel frattempo, le rimesse haitiane sono aumentate costantemente negli ultimi due decenni, raggiungendo un totale di 4,5 miliardi di dollari nel 2022, ovvero il 22% del PIL di Haiti. Comunque, Haiti rimane fortemente indebitata. Mentre i finanziatori internazionali hanno cancellato il debito di Haiti in seguito al grave terremoto del 2010, da allora il suo debito pubblico totale è aumentato e alla fine del 2021 ammontava a 5 miliardi di dollari, ovvero quasi il 30% del PIL.
È stato dopo il devastante terremoto del 2010, che questo “stato parallelo” è diventato la principale fonte di energia di Haiti. In risposta al terremoto del 2010, i donatori, tra cui la Fondazione Clinton, Citibank e migliaia di ONG, hanno sperperato 10 miliardi di dollari, di cui 1 miliardo proveniente dagli Stati Uniti, costituendo la “più grande mobilitazione internazionale mai vista per rispondere ad un disastro naturale”. Una percentuale di quel denaro è stata usata per corrompere i politici locali, ma la gran parte dei fondi è stata rubata da aziende occidentali che hanno creato documenti fraudolenti, hanno vinto gli appalti e si sono preoccupate soprattutto di alimentare i propri profitti aziendali, non i bisogni del popolo haitiano.
Gli aiuti internazionali furono affidati ad un consiglio posto sotto la direzione di Bill Clinton che aveva promesso che Haiti avrebbe “ricostruito meglio”. In realtà, la risposta al terremoto del 2010 è stata caratterizzata da tanti discorsi su grandi soldi e grandi azioni, con pochissimi risultati nella vita degli haitiani comuni. Il tipico sopravvissuto al terremoto ha ricevuto un telone per ripararsi, cure mediche immediate per una ferita profonda o un osso rotto, e forse un kit igienico e cibo e acqua per pochi giorni. Solo una minima parte dei miliardi spesi è stata messa nelle mani della maggioranza povera di Haiti; forse l’eredità più duratura dell’intervento è stata la devastante epidemia di colera causata dalle forze di pace dell’ONU nove mesi dopo il terremoto. Il 90% dei fondi fu speso in appalti conferiti alle ditte dei paesi donatori28. L’unica idea perseguita divenne quella di sviluppare l’industria turistica ad Haiti (come nella Repubblica Dominicana), costruendo hotel di lusso (ora chiusi), senza peraltro realizzare le infrastrutture pubbliche necessarie (servizi idrici e fognari, strade, etc.) e senza investire nella sicurezza. Rispetto al record di 1,3 milioni di turisti nel 2018, che hanno fruttato 620 milioni di dollari, Haiti ha accolto solo 148mila viaggiatori nel 2021, generando circa 80 milioni di dollari di profitti. Nello stesso anno, la vicina Repubblica Dominicana ha accolto cinque milioni di turisti.

Epilogo provvisorio

Barbecue sostiene di combattere una guerra contro le “élite”, persone come Ariel Henry, un haitiano di classe agiata “mulatto”, ossia dalla pelle più chiara (la maggioranza degli haitiani sono di pelle nera scura, come Barbecue). Forse Henry intendeva tagliare il legame tra lo Stato e le bande armate, ricorrendo alla missione dei poliziotti keniani con la copertura dell’ONU. Ma Barbecue ha utilizzato la decisione impopolare di Henry di porre fine ai sussidi per il carburante nel settembre 202229, che hanno causato un aumento dei prezzi, come pretesto per agire. Barbecue, che controlla l’accesso a uno dei principali porti di rifornimento, ha risposto alla misura bloccando il porto per quasi due mesi e saccheggiando i container commerciali e degli aiuti internazionali.
Barbecue e i suoi alleati leader delle bande si propongono come gli agenti del cambiamento che combattono contro un sistema, uno Stato, che ha tenuto gli haitiani nella miseria. Ma, accanto a Barbecue, altri attori sono emersi, tra cui Guy Philippe, un ex capo della polizia che fu uno dei leader del colpo di stato che rovesciò il presidente Aristide nel 2004, e che successivamente scontò sette anni di carcere negli Stati Uniti con l’accusa di riciclaggio di denaro legato al traffico di droga. È tornato ad Haiti lo scorso novembre e vuole essere il nuovo presidente del paese. Poi c’è Johnson André, un potente leader della banda G-Pep, noto come Izo, che ha circa 25 anni, e rappa sui suoi presunti crimini nei video che pubblica sui social media.
Nel frattempo, secondo gli operatori umanitari, il sistema sanitario di Haiti è quasi collassato a causa della feroce insurrezione delle bande, lasciando le vittime della violenza con poche speranze di cure mediche. Nelle ultime due settimane gli ospedali sono stati dati alle fiamme, i medici uccisi e le forniture mediche più basilari si sono esaurite. Attualmente, rimane operativo solo un ospedale pubblico nella capitale di Haiti, e si prevede che anche quello chiuderà presto i battenti. Gli operatori sanitari restano a casa per evitare di essere coinvolti nel fuoco incrociato degli scontri di strada o assassinati da adolescenti con fucili d’assalto per aver fornito cure mediche alla polizia o ai membri di bande rivali. La crisi sta causando anche la morte tra le donne incinte e gli anziani, che muoiono perché non riescono a trovare ospedali salvavita o medicinali terapeutici che sono considerati di base nella maggior parte del mondo.

Alessandro Scassellati

  1. Cfr. D. E. Stannard, Olocausto americano. La conquista del nuovo mondo, Bollati Boringhieri, Torino 2001. Quello che Colombo ha fatto agli Arawak dei Caraibi, venne fatto da Fernando Cortés (1485-1547) agli Aztechi in Messico (Cortés, con la sua banda di 800 uomini, si alleò con i Tlaxcalani e altri popoli indigeni per abbattere l’impero azteco), Francisco Pizarro (1475-1541) e Diego De Almagro (1475-1538) agli Inca del Perù, e i coloni inglesi della Virginia e del Massachusetts agli indiani Powhatan e Pequot (la prima guerra deliberatamente genocida combattuta dagli inglesi in Nordamerica). Si stima che al momento dell’arrivo di Colombo nel «nuovo mondo» ci fossero dai 50 ai 75 milioni di «indiani» – ossia un numero di abitanti simile se non superiore a quello dell’Europa – con 5-15 milioni nel Nordamerica. Si stima che nel 1500, quando i portoghesi arrivarono in Brasile, nella regione vivessero 11 milioni di indigeni (a metà del XX secolo erano scesi a 70mila), divisi in circa 2mila gruppi tribali. Si stima anche che la colonizzazione europea delle Americhe abbia causato la morte – per malattie introdotte, come il vaiolo e il morbillo, nonché la guerra e il collasso sociale – di circa 56 milioni di persone entro il 1600.[]
  2. Gli spagnoli in Florida e i francesi (provenienti da Haiti) a New Orleans (dal 1795, per la coltivazione della canna da zucchero) praticarono abitualmente lo schiavismo, non meno di Thomas Jefferson a Monticello, dove era proprietario di 130 schiavi fino alla sua morte, o di James Madison – il massimo fautore del federalismo americano e del Bill of rights che ha contribuito a garantire le libertà individuali degli americani – a Montpelier in Virginia, dove 300 schiavi (un terzo dei quali erano bambini) vivevano e lavoravano nella piantagione di tabacco gestita dalla sua famiglia per oltre un secolo, o di George Washington nelle sue enormi proprietà in Virginia e dei piantatori di cotone in tutti i territori a sud-ovest della Virginia. Questi 3 eminenti personaggi, come altri 9 dei primi 18 presidenti degli Stati Uniti, erano proprietari di schiavi, di cui 8 durante le loro presidenze. Per i primi 30 anni del processo legislativo americano, dal 1789 al 1819, più della metà degli uomini eletti al Congresso in ogni sessione erano schiavisti. Il Washington Post ha compilato il primo database dei detentori di schiavi membri del Congresso, esaminando migliaia di pagine di censimenti e documenti storici (Who owned slaves in Congress? A list of 1,800 enslavers in Senate, House history), per cui risulta che più di 1.800 persone che hanno servito nel Congresso degli Stati Uniti nei secoli XVIII, XIX e persino XX in rappresentanza di 39 Stati, sono stati proprietari di esseri umani ad un certo punto della loro vita.[]
  3. Nel XVI secolo una libbra di zucchero in Gran Bretagna costava l’equivalente di due giornate di salario per un lavoratore. Nel XVII secolo il prezzo dello zucchero diminuì della metà. Nell’arco di 150 anni il consumo di zucchero in Gran Bretagna è aumentato del 2.500%. Alla fine del 1790 quello che era stato un lusso di cui godeva solo l’aristocrazia faceva parte della dieta delle famiglie povere in Gran Bretagna. L’economicità dello zucchero nel XVIII secolo è stata resa possibile dal lavoro degli schiavi. Cfr. S. W. Mintz, Sweetness and power. The place of sugar in modern history, Penguin Books, New York, NY 1986.[]
  4. Nel 1914, l’80% del bilancio pubblico era destinato a ripagare il debito. Anno dopo anno, il denaro che avrebbe potuto essere speso in scuole o ospedali, industria o agricoltura, in uno dei paesi più poveri del mondo è stato invece rubato per riempire il tesoro di una delle nazioni più ricche del mondo. Secondo la ricostruzione del «Times», il reddito degli haitiani sarebbe oggi cinque volte superiore a quello attuale, in linea con il relativo benessere degli abitanti di Santo Domingo, se la Francia non avesse caricato sulla prima repubblica degli ex schiavi il peso finanziario del loro «riscatto», pari a 560 milioni di dollari attuali, con una “mancata crescita” quantificabile tra i 21 e i 115 miliardi di dollari, circa otto volte il PIL del paese. Un «riscatto» pagato fino al 1947, poi 10 anni dopo gli Stati Uniti orchestratono l’ascesa al potere di François Duvalier (“Papa Doc”).[]
  5. Aristide fu cacciato in esilio in Africa da un commando di “gendarmi” americani e con il sostegno di Francia e Canada.[]
  6. Nato negli anni ’70, durante il regno brutale e corrotto di “Baby Doc” Duvalier, Chérizier ha affermato di essere uno di otto fratelli e di aver perso il padre all’età di cinque anni. I bambini sono cresciuti a Delmas, una delle comunità fatiscenti di Port-au-Prince che ora gestisce, da una madre che vendeva pollo fritto per le strade. Secondo il racconto di Chérizier, è stata l’occupazione di sua madre a guadagnargli il soprannome di Barbecue, anche se molti sostengono che la vera ragione fosse l’abitudine di incenerire le sue vittime. Prima di affermarsi come il capo di una delle gang più influenti di Haiti, Chérizier era un membro della polizia nazionale del paese. Ha lavorato per l’Unité départementale de maintien d’ordre, una squadra speciale antisommossa i cui membri sono stati accusati di aver ucciso dei manifestanti. È stato espulso dalle forze dell’ordine nel 2018 per il presunto coinvolgimento in una serie di crimini, tra cui due terribili massacri avvenuti quell’anno in una scuola e in una baraccopoli chiamata La Saline, in cui furono uccise 71 persone, sette donne violentate e 400 case date alle fiamme. È stato sanzionato sia dagli Stati Uniti che dalle Nazioni Unite per i suoi presunti crimini. Come molti capi delle bande armate haitiane, Chérizier è anche un uomo con legami politici di alto livello. Si dice che fosse vicino all’ex presidente Jovenel Moïse, il cui assassinio nel 2021 ha aperto la strada all’attuale caos.[]
  7. Solo i 18 ex soldati colombiani accusati dell’omicidio del presidente Moïse nel luglio 2021 sono stati tra i pochi detenuti che non sono fuggiti quando le porte delle prigioni sono state aperte, apparentemente timorosi di essere trovati per strada dagli uomini di Barbecue.[]
  8. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU aveva approvato la missione il 2 ottobre 2023. L’amministrazione Biden aveva inizialmente promesso di stanziare 200 milioni di dollari in finanziamenti, ma il Congresso ha rilasciato solo una piccola parte di tale importo. I finanziamenti sono stati bloccati dai Repubblicani che mettono in dubbio i costi. Le stime dicono che il prezzo potrebbe salire fino a 500-600 milioni di dollari. Ci sono anche ostacoli legali in sospeso nei tribunali kenioti. A gennaio, l’Alta corte del Kenya ha stabilito che il dispiegamento era incostituzionale, in parte perché l’accordo originale mancava di accordi reciproci tra i due paesi. Funzionari statunitensi hanno affermato che la visita di Henry ha contribuito a risolvere le questioni costituzionali che bloccavano il dispiegamento del Kenya e che le forze di sicurezza erano pronte ad arrivare in breve tempo. Non è chiaro se verrebbero trasportate ad Haiti con mezzi militari statunitensi, e non è nemmeno chiaro quando l’aeroporto sarà dichiarato sufficientemente sicuro per l’atterraggio. Ma a complicare ulteriormente il quadro, i funzionari kenioti hanno detto che il dispiegamento sarebbe stato sospeso fino all’annuncio di un nuovo governo ad Haiti. Molti esperti sono scettici sul fatto che una forza relativamente piccola guidata dal Kenya, i cui poliziotti parlano inglese e non creolo haitiano o francese, possa contribuire a ridurre lo spargimento di sangue. Temono anche che le forze keniane possano commettere abusi ad Haiti, date le accuse contro di loro di aver ucciso e torturato civili keniani. Altri 2mila poliziotti sono stati offerti dal Benin e anche i governi di Chad, Bangladesh, Barbados e Bahamas si sono offerti di fornire forze di polizia. È stato a seguito della decisione del Consiglio di Sicurezza che due delle principali coalizioni di bande haitiane hanno siglato un patto di non aggressione (“Vivere Insieme”) nel tentativo di rovesciare il governo di Henry e rafforzare la loro posizione. Non è chiaro come le bande haitiane – che ora controllano il 90% della capitale Port-au-Prince – possano essere convinte a farsi disarmare. Anche con un diverso tipo di governo, la realtà è che si dovrà trattare con le bande armate, ma facendo quali concessioni? Amnistia e incorporazione nelle forze militari governative? O si pensa di imporre ad Haiti il “modello Bukele” contro bande e organizzazioni criminali applicato in Salvador (incarcerazioni di massa) che ha eroso i diritti umani e il sistema democratico in quel paese?[]
  9. È bene ricordare che negli anni ’80, il Dipartimento della Salute degli Stati Uniti equiparava gli haitiani ai portatori del virus dell’AIDS, in una campagna di disinformazione che era un attacco razzista all’autostima collettiva haitiana. Oggi, il governatore repubblicano Ron DeSantis suggerisce che la Florida potrebbe sponsorizzare una nuova ondata di voli migranti “verso Martha’s Vineyard”, utilizzando il controverso programma finanziato dallo Stato per trasportare gli haitiani che entrano negli Stati Uniti in altri Stati e città governati dai democratici. DeSantis, insieme ai senatori del GOP della Florida, ha esercitato pressioni sull’amministrazione Biden affinché attuasse politiche di immigrazione più severe nel contesto degli sconvolgimenti politici ad Haiti. Finora, la Florida non ha visto un grande afflusso di migranti da Haiti. In reazione alla violenza ad Haiti, comunque, la scorsa settimana l’amministrazione DeSantis ha schierato dozzine di poliziotti e soldati, insieme a elicotteri, droni e imbarcazioni, nel sud della Florida per aiutare a perlustrare le Keys alla ricerca di imbarcazioni in arrivo dal paese.[]
  10. La più grande diaspora haitiana si trova negli Stati Uniti, dove i dati del censimento statunitense hanno mostrato che più di 1,1 milioni di persone si sono identificate come haitiane nel 2022. La Florida conta la più grande comunità haitiana del paese, seguita da New York City. Altre grandi comunità haitiane esistono nella Repubblica Dominicana (500mila), in Cile e Brasile, oltre ad altri paesi dell’America centrale e meridionale, nonché in Canada, che ospita quasi 180mila persone di origine haitiana.[]
  11. Il blocco regionale della Comunità dei Caraibi è stato direttamente investito della supervisione del percorso. Il presidente della Guyana e attuale presidente della Caricom, Irfaan Ali, ha detto che un consiglio presidenziale con sette membri votanti nominerà il successore ad interim di Henry. I rappresentanti del consiglio proverrebbero dal settore privato e dalla società civile e includerebbero un leader religioso, ha detto Ali. “L’annuncio di questo consiglio, crediamo, aiuterà a spianare la strada a elezioni libere ed eque e allo spiegamento della missione multinazionale di sostegno alla sicurezza“, ha detto ai giornalisti il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Vedant Patel. Ci sono voci che tra coloro che avrebbero diritto di voto nel nuovo consiglio figura il partito Pitit Desalin, guidato dall’ex senatore e candidato presidenziale Moïse Jean-Charles, ora alleato di Guy Philippe, ex leader ribelle che ha guidato con successo il colpo di stato del 2004 contro Aristide ed è stato recentemente rilasciato da una prigione americana dopo essersi dichiarato colpevole di riciclaggio di denaro e aver passato 7 anni nelle prigioni statunitensi.[]
  12. Una delle bande più potenti di Haiti, Villaggio Unito de Dieu, ha pubblicato un video terrificante ma prodotto con abilità, attualmente in circolazione online. Mostra una milizia ben armata, vestita con equipaggiamento da combattimento nero, pronta ad affrontare lo Stato haitiano e qualsiasi forza internazionale che potrebbe essere schierata qui.[]
  13. La polizia haitiana è una forza di soli 8-9mila uomini in un paese di circa 11milioni e mezzo di abitanti, una delle proporzioni pro capite più basse dell’emisfero occidentale. Erano 15mila circa nel 2020 e lo scorso anno circa 1.600 poliziotti si sono dimessi. Gli osservatori sostengono che senza una qualche forza di stabilizzazione internazionale, con la polizia haitiana e i soldati del ricostituito esercito ora dispiegati a guardia dei perimetri degli aeroporti e che combattono quotidianamente scontri a fuoco lì e altrove, cresce il pericolo che le bande possano prendere il controllo del paese. Il presidente Aristide aveva sciolto l’esercito nel 1995. È stato ristabilito nel 2017, ma si stima che abbia solo circa 500 soldati in servizio attivo. Mentre le forze di polizia nazionali haitiane, mal equipaggiate, si deteriorano ulteriormente a causa della perdita di personale e della corruzione, alcuni cittadini haitiani hanno preso la situazione nelle loro mani. Il 24 aprile 2023, un gruppo ha sopraffatto la polizia e ha bruciato vivi i 14 sospetti membri della banda in loro custodia. Gli omicidi hanno segnato l’inizio di una campagna di giustizia vigilante contro sospetti membri di bande da parte di gruppi di autodifesa noti come movimento “Bwa Kale”. Nei primi tre mesi di attività, i vigilantes di Bwa Kale hanno ucciso almeno 264 sospetti membri delle bande. Sebbene il movimento abbia ricevuto un ampio sostegno da parte degli haitiani frustrati, alcuni analisti temono che i vigilantes possano arrivare a rappresentare una minaccia per i civili tanto quanto le bande. Ciononostante, il movimento ha evidenziato l’impotenza delle istituzioni statali di Haiti.[]
  14. Lunedì la compagnia elettrica di Haiti ha annunciato che quattro sottostazioni nella capitale e altrove “sono state distrutte e rese completamente disfunzionali”. Di conseguenza, alcune zone di Port-au-Prince sono senza elettricità, tra cui la baraccopoli di Cité Soleil, la comunità di Croix-des-Bouquets e un ospedale. La società ha affermato che sono stati sequestrati anche documenti importanti, cavi, inverter, batterie e altri materiali.[]
  15. La via di fuga verso la Repubblica Dominicana è preclusa dai controlli e dalla militarizzazione delle frontiere e da un muro lungo quasi la metà dei 392 chilometri di confine, i cui lavori sono iniziati più di due anni fa. L’obiettivo del muro è quello di fermare gli attraversamenti dei migranti, così come la droga, le armi e il contrabbando, provenienti da Haiti colpita dalla crisi. Per gran parte della sua lunghezza, il confine è segnato dal fiume Massacre, così chiamato perché segna una sanguinosa battaglia tra colonizzatori spagnoli e francesi nel 1700 – ma il nome evoca anche il massacro degli haitiani e dei dominicani neri avvenuto nel 1937 sotto la dittatura militare di Rafael Trujillo. Nei confronti dei migranti haitiani senza un regolare permesso di soggiorno, la Repubblica ha adottato una indiscriminata politica di espulsione. Negli ultimi anni, la Repubblica Dominicana ha espulso decine di migliaia di haitiani e di persone di discendenza haitiana, e il presidente Luis Abinader ha rifiutato categoricamente l’idea di consentire l’ingresso di eventuali profughi nel suo paese. Ora, al confine con la Repubblica Dominicana, ci sono enormi code di commercianti che possono entrare nel paese vicino per un giorno per acquistare forniture urgenti, anche se devono trasportarle fisicamente ad Haiti. Sebbene i due paesi che compongono l’isola di Hispaniola siano geograficamente vicini, le loro differenze sono nette. La Repubblica Dominicana, con una popolazione di 10,8 milioni di abitanti, è una destinazione turistica in forte espansione con visitatori tutto l’anno nei suoi resort e campi da golf. Haiti, con una popolazione di 11,4 milioni di abitanti, è il paese più povero dell’emisfero occidentale, devastato dalla criminalità e impantanato nella crisi politica ed economica. Secondo una stima del 2018, nella Repubblica Dominicana vivono circa 500mila haitiani. Molti di loro lavorano nei settori dell’edilizia, dell’agricoltura e del turismo con salari molto bassi.[]
  16. Jovenel Moïse era stato eletto nel novembre del 2016 con ampi brogli elettorali (solo circa il 20% degli aventi diritto avevano votato) ed è stato ucciso a colpi di arma da fuoco quando uomini armati hanno fatto irruzione nella sua camera da letto a Port-au-Prince la notte del 7 luglio 2021, un raid che ha anche lasciato ferita sua moglie. A fine febbraio, un giudice haitiano incaricato delle indagini sull’assassinio di Moïse, ha accusato 50 persone (di cui 18 ex soldati colombiani), tra cui la vedova Martine Moïse e l’ex primo ministro Claude Joseph (che ora guida un partito di opposizione). La moglie del presidente avrebbe cospirato con Joseph per far uccidere Moïse e sostituirlo lei stessa. Un altro processo sull’omicidio di Moïse è in corso a Miami, dove sei degli 11 imputati si sono dichiarati colpevoli di un complotto per inviare mercenari colombiani per rapire Moïse, un piano che all’ultimo momento è stato trasformato in un complotto per assassinarlo. Secondo le accuse americane, i cospiratori avrebbero cercato di sostituire Moïse con un pastore haitiano-americano, Christian Emmanuel Sanon. Un ufficiale dell’esercito colombiano in congedo, Germán Alejandro Rivera García (45 anni), è stato condannato all’ergastolo a fine ottobre 2023. La sua condanna è arrivata dopo che l’uomo d’affari haitiano-cileno Rodolphe Jaar era stato condannato all’ergastolo a giugno. Secondo le accuse del tribunale di Miami, Rivera, Jaar e altri, tra cui circa 20 cittadini colombiani e diversi cittadini con doppia cittadinanza haitiano-americana, hanno partecipato al complotto.[]
  17. Anche il presidente di sinistra Jean-Bertrand Aristide, ex parroco, eletto nelle prime elezioni libere ed eque nel 1990 con il 67% dei voti (e poi rieletto nel 2001 con il 92% dei voti) e campione della lotta alla povertà, ha impiegato bande armate conosciute come “chimères” – fantasmi – e ha seguito il modello della violenza politica delle bande quando il conflitto politico divampa.[]
  18. Si ritiene che ad Haiti operino circa 200 bande armate, circa la metà delle quali sono presenti a Port-au-Prince. La concorrenza ha portato le bande a coalizzarsi in sette grandi coalizioni, il che ha portato a un’escalation di crimini violenti e rapimenti dal 2021. Senza considerare gli oltre 4mila detenuti fatti fuggire, si stima che i membri delle bande di Port-au-Prince siano tra i 6 e i 12mila.[]
  19. Alla fine del 2010, si è svolto il primo turno delle elezioni presidenziali. Quando i primi risultati hanno mostrato che il candidato del Partito dell’Unità del presidente uscente René Préval era destinato al ballottaggio, l’ambasciata americana ha immediatamente messo in dubbio i risultati. Nel gennaio 2011, Hillary Clinton, nel suo ruolo di Segretario di Stato di Obama, volò a Port-au-Prince per chiedere che il candidato di Préval fosse eliminato dalla corsa e sostituito dal terzo classificato. Il presidente Preval venne minacciato di esilio forzato dal capo della missione delle Nazioni Unite ad Haiti se non avesse accettato i risultati contestati delle elezioni al primo turno.[]
  20. Gli anni di Martelly finirono per essere tra i più corrotti ad Haiti degli ultimi decenni. Un ente anti-corruzione haitiano ha riferito nel 2017 che gran parte dei 2 miliardi di dollari di prestiti petroliferi PetroCaribe del Venezuela – denaro destinato ad essere speso in infrastrutture, sanità pubblica e altri bisogni – erano stati sottratti durante la presidenza di Martelly. A quel punto Martelly aveva lasciato l’incarico, cedendo il potere al suo successore scelto con cura, un uomo d’affari in gran parte sconosciuto del nord rurale di Haiti chiamato Jovenel Moïse. I revisori hanno successivamente scoperto che Moïse aveva ricevuto milioni di dollari dal denaro PetroCaribe sotto Martelly, incluso il doppio pagamento per un progetto di riparazione stradale che non fu mai completato.[]
  21. Moïse ha rifiutato di dimettersi dopo la fine del suo mandato, governando per decreto dal 2017 al 2021. Sotto la sua guida, Haiti non ha tenuto elezioni per quattro anni. Le Nazioni Unite hanno condannato le violazioni dei diritti umani, delle libertà fondamentali e gli attacchi alla stampa. Inoltre, i funzionari statunitensi hanno accusato molti membri dell’amministrazione Moïse di collaborare con le bande armate per reprimere l’opposizione politica e le proteste antigovernative, contribuendo così alla violenza.[]
  22. L’occupazione statunitense ha un antefatto. Nel dicembre 1914, la USS Machias gettò l’ancora a Port-au-Prince, Haiti. Otto marines americani sbarcarono, si recarono alla Banque National de la République d’Haïti (BNRH), prelevarono oro per un valore di 500mila dollari appartenente al governo haitiano (15 milioni di dollari di oggi), lo imballarono in casse di legno per portarlo sulla nave e da lì a New York, dove fu depositato nei caveau della banca d’investimento Hallgarten & Co. La BNRH era la banca centrale di Haiti. Era anche una società privata straniera. Fondata originariamente nel 1880 attraverso una concessione a una banca francese, aveva attirato l’interesse di investitori statunitensi. Nel 1920, la BNRH era interamente di proprietà della American National City Bank. Formalmente era la banca centrale di Haiti, ma il governo haitiano veniva addebitato per ogni transazione e gli strabilianti profitti venivano trasferiti a Parigi o New York. I disordini politici ad Haiti negli anni ‘10 portarono Wall Street a chiedere al governo USA azioni per proteggere i propri investimenti. Washington obbedì, inviando i marines. Un anno dopo, i marines tornarono in forze, rimanendovi per i successivi 19 anni, in un’occupazione spesso brutale. “Ho contribuito a rendere Haiti… un posto decente in cui i ragazzi della National City Bank potessero raccogliere entrate“, scrisse nel 1935 il generale Smedley Butler, leader delle forze americane ad Haiti. Durante la loro permanenza ad Haiti, le forze statunitensi hanno anche supervisionato diffuse violazioni dei diritti umani e l’attuazione di una “corvée”, un sistema di lavoro forzato temporaneo a volte paragonato alla schiavitù. Hanno imposto la segregazione razziale e la censura della stampa. Il presidente Franklin D. Roosevelt ritirò le truppe statunitensi nel 1934 come parte della sua “politica di buon vicinato”.[]
  23. Aristide fu costretto ad imbarcarsi su un aereo senza contrassegni della Marina degli Stati Uniti. I marines presero il controllo dell’aeroporto internazionale di Port-au-Prince e mandarono Aristide, contro la sua volontà, nella Repubblica Centrafricana. Alla fine gli fu concesso l’esilio in Sud Africa, per poi tornare ad Haiti nel 2011.[]
  24. Il generale brasiliano Augusto Heleno, comandante della Missione, avrebbe dovuto essere stato messo sotto accusa per i suoi crimini ad Haiti. Fu il principale responsabile della carneficina avvenuta durante l’intervento militare nel paese e del clamoroso fallimento dell’ONU. Heleno ha supervisionato la fase più sanguinosa della repressione (con l’operazione “Pugno di Ferro”), reprimendo brutalmente partiti di sinistra e movimenti sociali nell’isola caraibica che controllavano i quartieri di Cité Soleil e Belair, alla periferia della capitale occupata. Per eliminare l’opposizione, il 5 luglio 2005 Heleno ordinò l’esecuzione del leader della comunità filo-Aristide, Emmanuel “Dread” Wilme. Nell’operazione furono giustiziate anche dozzine di donne e bambini. Oltre a ciò, sono state presentate più di duemila accuse di stupro contro i soldati brasiliani.[]
  25. Sebbene le Nazioni Unite si siano scusate, non hanno mai riparato i danni subiti, nonostante le numerose azioni legali collettive. Queste sono state respinte negli Stati Uniti sulla base dell’immunità delle Nazioni Unite. Le Nazioni Unite hanno lanciato un fondo fiduciario da 400 milioni di dollari per aiutare le vittime del colera e migliorare le infrastrutture igienico-sanitarie, come una sorta di riparazione volontaria, ma hanno raccolto solo una frazione dei fondi. Il 2 ottobre 2022, due casi di colera sono stati confermati ad Haiti dopo oltre tre anni senza casi segnalati. Nel gennaio 2023 la malattia si era diffusa a più di 20mila persone. Nell’aprile 2023, le Nazioni Unite e i suoi partner hanno annunciato un piano di risposta umanitaria da 720 milioni di dollari, che mira a raggiungere più di tre milioni di haitiani che necessitano di assistenza umanitaria.[]
  26. Quando la Minustah alla fine si è sciolta, nel 2017, ha lasciato dietro di sé centinaia di “pitit Minustah” – bambini generati da soldati che non si sono assunti alcuna responsabilità per loro.[]
  27. Haiti si trova sulla faglia tra la placca nordamericana e quella caraibica, come si trova sul percorso degli uragani atlantici (e la topografia del paese lo rende soggetto a inondazioni, cicloni, siccità e smottamenti). L’enorme numero di morti si è avuto per due fattori: la vicinanza dell’epicentro alla capitale densamente popolata Port-au-Prince e la mancanza di preparazione del paese caraibico in termini di sicurezza degli edifici, infrastrutture e pianificazione di emergenza. Detenuti evasi dalla prigione principale della città, che era crollata durante il terremoto, hanno realizzato saccheggi e alimentato il caos generale. Polizia e vigilantes hanno compiuto ritorsioni ed esecuzioni extragiudiziali (che il governo ha negato). I corpi dei potenziali sospetti sono apparsi in giro per la città.[]
  28. La principale scusa addotta dai donatori per la loro riluttanza a mettere i soldi nelle mani degli haitiani – a differenza di quelle dei militari, degli appaltatori o dei gruppi umanitari dei loro paesi – è stata la corruzione. Sebbene nessuno presentasse prove di una corruzione significativa nel governo dell’allora presidente René Préval, l’immagine della repubblica nera come luogo di corruzione endemica persisteva nella mente di molti stranieri. Molti, compresi quelli dell’amministrazione Obama, hanno incolpato Préval – spesso un uomo ostinato e con un costante scetticismo nei confronti degli interventi stranieri – per la lentezza della ripresa e della ricostruzione. Poi, con l’elezione alla presidenza del liberalconservatore Martelly, la musica è cambiata.[]
  29. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, i sussidi rappresentavano almeno un terzo delle entrate interne di Haiti. La fine dei sussidi da parte di Henry, e altre riforme, erano finalizzate a ripristinare la fiducia del Fondo in Haiti e quindi ad ottenere un pacchetto finanziario di aiuti.[]
Haiti
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