Il governo israeliano, guidato dagli Stati liberal/conservatori, dagli Usa, alla Germania, al furbesco ed ipocrita governo Meloni, fa finta di scrollarsi di dosso il macigno delle documentate ed articolate accuse di genocidio contenute nel ricorso del Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia.
Il ricorso, invece, ha una rilevanza storica. E’ destinato ad operare intensamente dentro i nuovi equilibri globali che si vanno configurando. Avrà radicali ripercussioni sui movimenti e sulle associazioni internazionaliste. Avrà, soprattutto, conseguenze pervasive nel rapporto tra fronte atlantista e Sud globale. Influenzerà decisamente gli equilibri ed i rapporti tra gli stessi paesi europei.
Al gruppo filo genocidio senza se e senza ma, guidato dalla Germania, si contrappongono, anche negli ultimi giorni, i sofferti dubbi della Spagna, l’appoggio al ricorso sudafricano del Belgio e numerose altre posizioni interessanti. Influenzeranno certamente i futuri equilibri geopolitici.
Il ricorso del governo sudafricano è importante anche perché chiede di imporre misure immediate, prima della definitiva sentenza sul genocidio, affinché Israele fermi la guerra a Gaza. Esso è imperniato su un punto centrale: “l’uccisione di massa dei palestinesi a Gaza costituisce un modello di comportamento calcolato da parte di Israele che indica un intento genocida”.
Abbiamo incontrato, qualche giorno fa, l’ambasciatrice sudafricana a Roma, in un incontro politicamente ed emotivamente forte in cui si sono intrecciate le bandiere sudafricane e palestinesi, sotto un significativo, storico, striscione raffigurante l’abbraccio tra Mandela ed Arafat, con la frase di Mandela che il Sudafrica sarebbe stato veramente libero solo con la nascita dello Stato di Palestina.
Il ricorso del Sudafrica è importante anche perché al verdetto della Corte non si può sfuggire, in base agli ordinamenti internazionali. Le sue decisioni sono vincolanti. Anche se la sentenza sulla sussistenza o meno del genocidio arriverà, probabilmente, tra anni, il ricorso sudafricano può causare, in poche settimane, un ordine di interruzione immediata degli atti di genocidio, con la cessazione delle azioni militari contro il popolo di Gaza. Il governo israeliano, non a caso, sta reagendo con violento nervosismo, consapevole che è in discussione, dinanzi all’opinione pubblica mondiale, la propria dignità; spesso , oggi, fondata su impunità ed immunità.
Le ambasciate israeliane, con una direttiva governativa, sono state mobilitate affinché i “paesi amici ed alleati dicano espressamente e pubblicamente che il vostro paese rigetta le accuse oltraggiose assurde ed infondate”. Chi ci critica è antisemita; ma, spesso, gli antisemiti sono i paesi che, oggi, difendono il governo israeliano.
Dobbiamo saper rompere questo ossimoro storico: noi che siamo realmente antifascisti ed antinazisti e amiamo uno Stato in cui convivano ebrei e palestinesi non ci faremo imbavagliare da Meloni e da Salvini. Piuttosto: cosa farà il governo italiano? Continuerà ad essere complice del genocidio a Gaza o riprenderà il filo del discorso euromediterraneo che i governi italiani, dal secondo dopoguerra in poi, hanno sempre privilegiato? Spesso per affari mercantili. Ma preservando sempre la possibilità di un colloquio tra paesi diversi. La linea Meloni/Molinari (direttore di “Repubblica”) è un disastro bellicista.
Del resto, sul piano giuridico internazionale, che non dovrebbe essere vilipeso da un pericoloso e presunto realismo geopolitico, la situazione è chiara. E’ la Convenzione ONU del 9 dicembre 1948 che regola la configurazione del crimine di genocidio. Essa indica atti che vengono commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un “gruppo nazionale , etnico, razziale o religioso”. Il genocidio non può essere giustificato invocando il diritto di difesa che l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite riconosce ad ogni Stato che sia vittima di una aggressione armata . Occorrono, infatti, per quella fattispecie, “proporzione e prospettiva”.
In definitiva, il ricorso del Sudafrica ha lanciato un allarme globale ma ha anche rimesso in moto una dinamica diplomatica, un percorso che metta al centro dignità e vita dei popoli.
Giovanni Russo Spena