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Ricacciamo il suprematismo nelle fogne: l’invito prezioso di una ricerca militante

di Giancarlo
Scotoni

Alessandro Scassellati Sforzolini mi ha chiesto di recensire il suo recente libro “Suprematismo bianco. Alle radici di economia, cultura e ideologia della società occidentale” uscito per i tipi di DeriveApprodi nella collana comunità concrete.1

Lo ringrazio per l’implicita considerazione che la sua gentile richiesta rivela e tenterò di esporre delle considerazioni personalissime, sebbene in questo periodo, per ragioni che vanno oltre la mia volontà, io non sia in grado di dedicarvi l’attenzione e la elaborazione che richiederebbe un’opera vasta che fa dei nessi tra epoche, fenomeni e teorie molto diverse una delle sue ragioni di interesse.

Si tratta infatti di un libro vasto che non vuole rinunciare alla complessità dei fenomeni ma nemmeno del percorso che ne ha determinato la nascita: mesi e anni di lavoro condotto dall’autore accanto a numerosi altri impegni intellettuali e professionali di ricercatore sociale e di attivista.

Dunque, il lavoro particolare che è alla base del volume è stato in gran parte condotto all’interno delle attività di studio, riflessione e dibattito politico che ruota attorno alla redazione del sito transform-italia.it di cui Alessandro è membro impegnato e attivissimo. Non si è trattato perciò di una linea di ricerca astratta e distaccata ma di un momento di risposta ai numerosi e contraddittori problemi che si impongono all’uomo giusto impegnato assieme a altri nel rintracciare un lume nell’oscurità del presente.

Suprematismo bianco. Alle radici di economia, cultura e ideologia della società occidentale” si presenta così come la tappa di un percorso e conserva questa peculiarità anche nella sua genesi materiale. Così si è imposta editorialmente la particolare soluzione di pubblicare separatamente l’imponente apparato di note facendolo ospitare dal sito di transform!italia che ha così partecipato –con orgoglio, inutile dirlo-  a esserne anche materialmente laboratorio e culla.

Nell’opera -ma anche nei lavori meno strutturati di Alessandro- l’uso delle note svolge in massimo grado la funzione di rendere accessibili le fonti nonché di precisare senso e potenzialità di molta informazione che non potrebbe trovare posto nel flusso informativo principale. Mi permetto qui un piccolo uso di metascrittura che mi auguro esplicativo inserendo questa nota per rendere perfettamente chiara la cosa. 2

Confesso di aver approfittato della nota precedente per il suo contenuto biografico, per evitarmi una presentazione dell’autore che sarebbe stata doverosa: normalmente però nel libro ai rimandi corrispondono approfondimenti, aperture di discorso e centinaia di link che come già detto connettono il flusso discorsivo del testo ai materiali in modo talvolta creativo, talvolta necessario ma sempre utile e illuminante. E’ dunque un peccato che le note non abbiano trovato il loro posto naturale sotto al testo e siano dovute migrare su internet: aldilà della soddisfazione dei curatori del sito di cui dicevo prima questa posizione eccentrica toglie leggibilità alla particolare combinazione di flusso testuale e spazio a piè di pagina che Alessandro adotta abitualmente e che sarebbe stato meglio restituire al lettore.

Suprematismo bianco. Alle radici di economia, cultura e ideologia della società occidentale” è stato pubblicato nella collana “comunità concrete” diretta da Aldo Bonomi che nella sua postfazione, prima di definire quello dell’autore uno “sguardo analitico critico e ampio”, scrive “è un libro che va benissimo in questa collana perché partendo dalla contrapposizione tra communitas e immunitas del filosofo Roberto Esposito o da quella tra comunità e società di Ferdinand Tönnies, nonché dai concetti di biopolitica e biopotere di Michel Foucault, ci mette in guardia rispetto alle stesse retoriche della comunità. Per dirla banalmente, non tutte le comunità sono buone. Anzi, il volume ci invita a scavare nel rapporto complesso tra comunità e società, quando la comunità si fa maledetta per sangue, suolo, razza, religione o ideologia del suprematismo bianco.
Proprio per questo è un libro utile per chi nella quotidianità cerca di costruire comunità concrete. Invita ad alzare lo sguardo oltre il locale e le retoriche, mai tanto usate, della parola dolce comunità e del suo uso aspro da parte del potere politico.

Chi scrive non può che concordare, sebbene l’invito ad alzare lo sguardo oltre il locale e le retoriche sia un percorso di vasta portata a cui Alessandro ha contribuito largamente ma necessariamente aprendo più problematiche che risolvendone dal momento che questo percorso non è percorribile sul terreno della conoscenza individuale –anzi fuoriesce inevitabilmente dalla dimensione del sapere per porsi su quello della politica di classe, della lotta degli oppressi contro gli oppressori.

In merito l’autore ci regala non solo la tensione dell’artefice di conoscenza ma anche l’espressione forte, appassionante, dello sdegno per l’ingiustizia e alcune pagine del testo sono esemplari per forza di denuncia e di presa di posizione quando fanno propria e sviluppano la retorica di grandi combattenti come Martin Luther King senza dimenticare i temi critici e dolorosi che ci vengono consegnati dalle sconfitte soggettive dei processi di liberazione quali quelli descritti in Pastorale Americana.

In questo senso il libro fa venire sete. Sete di conoscenza indubbiamente, ma anche sete di giustizia e il lettore e la lettrice troveranno dentro di sé il desiderio ardente di scrivere nuovi capitoli  Come le donne hanno spezzato catene secolari, Quali conquiste il movimento operaio ci ha consegnato tramite le sue sconfitte, Quale salto abbia potuto compiere la speranza concreta dell’umanità dopo le esperienze del novecento, Quali gli insegnamenti della lotta in Rojava… e anche, fatemelo dire, Il giorno in cui cacciammo i suprematisti di ogni colore nelle fogne dal momento che quello è il posto dei rigurgiti e dei rifiuti e che il compito di rimetterceli è anche nostro. Un desiderio ardente che deve trovare modo di tornare a farsi speranza concreta.

Infine vorrei riprendere le parole di Bonomi tornando a quel “vivace gruppo di «comunisti anarchici» che fa animazione culturale e ricerca sui temi dell’economia politica e della cultura contemporanea in una prospettiva a geometria variabile che va dalla dimensione locale a quella nazionale, europea e globale” come scrive generosamente Scassellati nella nota 1.

Anche questo piccolo gruppo che si tiene saldamente per mano è in buona misura comunità –come in altre situazioni potrebbe aver ereditato le sostanze produttive di comune, consiglio, soviet, rizoma…-  in ciò risiede la sua capacità di mantenere in vita al suo interno esperienze diversissime e contraddittorie delle lotte e delle loro rappresentazioni. E chi scrive ritiene che il collante ideale che permette di accostare questa esperienza alle tante e più significative che ho nominato per inciso stia nel suo non voler rinunciare all’essenza di comunità politica dal momento che –senza perdere il senso della misura e la consapevolezza dei limiti- la dimensione politica è indispensabile ai caratteri fondativi dei processi di liberazione e dello scontro di classe.

E questo a me sembra ancora più vero per quanto riguarda uno dei temi più coinvolgenti del libro di Alessandro e cioè la sostanza della democrazia come dimensione storica percorribile della libertà, della fraternità e dell’uguaglianza: un orizzonte ineludibile accanto alla critica delle sue dimensioni alienate e alienanti.

Giancarlo Scotoni

  1. Alessandro Scassellati Sforzolini, Suprematismo bianco. Alle radici di economia, cultura, ideologia della società occidentale, DeriveApprodi, Roma, 2023 isbn: 9788865484531[]
  2. Come tutte le realizzazioni del lavoro intellettuale, questo libro non sarebbe stato possibile senza l’interazione, diretta o indiretta, con altri ricercatori e lo studio di materiali e ricerche prodotti da altri, vicini o lontani. All’inizio, con in tasca una laurea in scienze politiche con indirizzo internazionale della Luiss di Roma, ho avuto l’opportunità di conseguire un Ph.D in antropologia culturale presso il Graduate Center della City University di New York, sotto la guida di grandi maestri come Eric Wolf, Edward C. Hansen, Jane Schneider, Sydel Silverman e Vincent Crapanzano. Sono seguiti anni di lavoro e ricerca-azione nel mondo dello sviluppo locale con Aldo Bonomi, al Consorzio Aaster, e più tardi con GianMario Folini nell’ambito della società Analisi e Ricerche Territoriali – Art Srl da noi fondata. Un ruolo importante nella mia formazione intellettuale e pratica di vita come cittadino ha avuto il lungo volontariato con Casa dei Diritti Sociali, un’organizzazione laica del terzo settore da decenni impegnata nel campo della tutela e della promozione dei diritti sociali, accompagnamento e cura dei cittadini in situazione di esclusione sociale, come migranti, richiedenti asilo, rifugiati, minori non accompagnati, vittime di tratta, rom, sinti e camminanti e persone senza fissa dimora. Negli ultimi anni, ho avviato un’assidua partecipazione alla redazione della rivista online Transform! Italia (https://transform-italia.it/), un vivace gruppo di «comunisti anarchici» che fa animazione culturale e ricerca sui temi dell’economia politica e della cultura contemporanea in una prospettiva a geometria variabile che va dalla dimensione locale a quella nazionale, europea e globale. Infine, devo ricordare che senza l’attento accompagnamento nel mio percorso di formazione come uomo e ricercatore di un intellettuale come mio padre Ubaldo (1924-2011), senza l’affetto di Ida, la compagna di diverse vite, e senza l’amore di Giovanni, il figlio che ho sempre desiderato avere, questo, come altri miei lavori, non sarebbe stato possibile.[]
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