Sabato 17 giugno si è tenuta a Milano, presso la Casa delle Donne, un’iniziativa, non pubblica ma su invito, organizzata dal gruppo Marx-Femm*, dal titolo” Relazioni pericolose. L’incontro tumultuoso fra marxismo e femminismo”,
L’intento era quello di verificare la bontà e l’adeguatezza del lavoro del gruppo, costituitosi qualche mese fa, per capire se vi fossero altre compagne interessate a farne parte.
La genesi del gruppo Marx-Femm: la constatazione da cui siamo partite
Soffiano venti di destra, non solo in Italia e non solo in Europa.
Nel nostro Paese la carica di Primo Ministro è ricoperta, per la prima volta nella storia, da una donna. Una donna con solidi legami con le reti internazionali suprematiste,omofobe, misogine e razziste. All’interno delle quali spicca il “Congresso Mondiale delle Famiglie”, un’organizzazione che ha in odio il divorzio, l’aborto, la libera scelta sul proprio corpo e sull’orientamento sessuale ed è talmente ossessionata dal calo demografico nei paesi occidentali da paventare il rischio di una “sostituzione etnica” (un concetto caro alla destra più radicale).
Per saperne di più : Congresso Mondiale delle Famiglie – Wikipedia
Ma il vento di destra soffia anche in Europa. In Grecia e in Spagna le recenti elezioni nazionali o locali, sono state vinte dalle forze di destra,mentre in Polonia la la svolta autoritaria è alle porte (bene che centinaia di migliaia di persone siano scese in piazza a Varsavia, contro il le tendenze autocratiche del governo)
Questo vento non soffia casualmente.
Dopo la sconfitta del movimento operaio e della sinistra, abbiamo assistito ad una corposa restaurazione capitalista, nella quale ha trionfato un conflitto di classe all’incontrario (come spiegò per bene l’indimenticabile Gallino) e uno stato permanente di crisi (economica. sociale, sanitaria di cui la guerra è l’apice e insieme il paradigma) che ha eroso diritti sociali determinando precarietà di vita e di lavoro. Accanto, si è compiuto un lento e costante processo di erosione della democrazia e la costruzione materiale di un’oligarchia vorace e priva di scrupoli.
Tutto è divenuto merce e quindi mercato, fondamento di una controrivoluzione culturale fondata sull’esaltazione dell’individualismo, del fai da tè, del possesso e del denaro , dentro la quale essere pover3 è divenuto una colpa.
Uno dei pochissimi movimenti che ha saputo reagire a questa deriva è stato quello femminista: l’ondata femminista, partita dall’Argentina con il lancio di uno sciopero contro l’ennesima violenza maschile sulle donne, ha riportato sulla scena mondiale un “femminismo del 99%” , per dirla con Fraser, Arruzza e Bhattarcharya , la cui tesi di partenza postula che l’oppressione di genere non è causata da un unico fattore ma è il prodotto delle intersezioni di sessismo, capitalismo, razzismo, colonialismo.
Un femminismo conflittuale che è sbarcato anche in Italia, grazie a Non Una Di Meno, ed ha svelato la debolezza, se non la complicità, del femminismo “della differenza” cioè di quella tendenza che, dando maggior importanza al simbolico piuttosto che alla materialità della vita, non poteva essere una risposta adeguata all’attuale fase del capitalismo.
Una nuova ondata femminista intersezionale che , riportando al centro la contraddizione di classe, aiuta e sollecita una rilettura critica e femminista di Marx.
Le 13 tesi di “marxismo-femminismo”
A partire da questa constatazione, ci siamo imbattute nelle 13 tesi di “marxismo-femminismo”, Tredici tesi di marxismo-femminismo – Transform! Italia (transform-italia.it), proposte dalla femminista ed intellettuale tedesca Frigga Haug nella prima conferenza internazionale Marx-Femm che si tenne a Berlino nel 2015. Ne sono poi seguite altre tre: a Vienna nel 2016, a Lund (in Svezia) nel 2018 e a Bilbao nel 2021, quest’ultima prevalentemente da remoto.
La prossima si terrà quest’anno a Varsavia il 16 e il 17 novembre prossimi, Program (marxfemconference.com)
Il gruppo italiano Marx-Femm: gli interrogativi di fondo
Stimolate dalle tesi e dal percorso di riflessione che ne è seguito, abbiamo dato vita in modo assolutamente informale, al gruppo Marx-Femm,scommettendo sul fatto che, anche in Italia e tra chi lotta per un radicale capovolgimento delle attuali strutture di dominio, ci fosse spazio per una riflessione marxista che aiuti a ripensare il femminismo e , specularmente, per un ampliamento del pensiero di Marx a partire dal il femminismo e dalle nuove soggettività entrate in campo.
Un progetto ambizioso ma a nostro avviso utile.
A partire dall’intreccio tra femminismo e marxismo, e anche dagli scontri tra queste due prospettive, ci siamo poste alcune domande e su quelle abbiamo lavorato.
-Partendo dalla materialità delle vite, qual è oggi il significato e il senso del lavoro per le generazioni di donne che ne hanno conosciuto quasi esclusivamente la versione precarizzata, frammentata e a-conflittuale?
-In un contesto nel quale si rafforzano le gerarchie esistenti e si diffondono solitudini, straniamento e paure in che modo l’individuo costruisce il sé in relazione agli altri?
-Come si rifonda, in questo frangente storico, l’idea della classe e da qui la coscienza di classe e quindi di lotta?
-Se l’eterosessualità non è solo un orientamento sessuale ma un modello sociale che si fonda sulla relazione di dominio degli uomini sulle donne e se, questa relazione di dominio, si intreccia con quella capitale/lavoro, si può dedurre che la lotta trans-femminista sia anticapitalista in sé?
-Come si può immaginare, dentro la solitudine della precarietà esistenziale, un soggetto collettivo e addirittura rivoluzionario?
Da queste domande è nato un percorso di approfondimento, riflessione e confronto, che ancora continua per consentire la messa comune di conoscenze e pratiche.
Poiché non ci si vuole muovere esclusivamente sul piano delle idee, il gruppo Mar-Femm tende a dare al proprio lavoro una dimensione politica, intendendo per politica “l’arte del vivere insieme” e la capacità di indicare e praticare altri modi di stare al mondo.
Abbiamo prodotto, per il momento, alcuni contributi su nodi teorici specifici.
Nella riunione di sabato, oltre all’illustrazione delle 13 tesi, abbiamo presentato quelli relativi a “il soggetto, la classe, l’intersezionalità” e alla “rivoluzione da utopia a necessità”.
La discussione
Fra le presenti all’incontro è nata una discussione che, confermando la bontà delle riflessioni e l’adeguatezza delle domande poste, ha ragionato in particolare su alcune questioni ed ha individuato ulteriori domande.
Partiamo dai ragionamenti
-Una delle critiche di fondo che una parte del femminismo, specie quella che si è definita marxista, ( Fraser, Federici per citarne due) ha rivolto a Marx sta nel fatto che,pur riconoscendo l’importanza della riproduzione della forza lavoro, ne circoscrive la portata all’interno del solo circuito della produzione di merci. I lavoratori comprano l’occorrente per sopravvivere e riproducono se stessi nel consumarlo. Nessun accenno al lavoro domestico che tale riproduzione rende possibile: fare figli e allevarli, fare la spesa e cuocere il cibo, lavare e stirare gli abiti,curare le persone malate o anziane. La separazione tra produzione e riproduzione veicola l”immagine esclusiva di un lavoratore maschio, bianco, con posto fisso nel settore industriale ed esclude un più vasto mondo di soggettività;
-nel femminismo materialista si è fatta da tempo strada l’idea che lotta di classe non è solo la lotta sindacale sui luoghi di lavoro o di quella per un reddito di autodeterminazione, ma ha luogo anche nella sfera della riproduzione sociale. Una sfera nella quale avvengono fatti non riferibili unicamente al lavoro non retribuito delle donne. Per esempio i modi attraverso cui le donne si percepiscono e vengono percepite, gli stereotipi che le riguardano, l’obbligo all’eterosessualità sono aspetti che, seppur declassati al rango di una psicologia che non produce lotta, garantiscono oppure ostacolano la creazione di profitto. Basti pensare alla “femminilizzazione del lavoro”, fenomeno complesso e contraddittorio, che, attraverso l’inserimento al lavoro salariato di masse di donne in diversi parti del mondo, ha diffuso una condizione di lavoro fondata su precarietà e bassi salari, caratteristiche strutturali del lavoro femminile;
-l’analisi del concetto di “proprietà privata” non può prescindere l’analisi della struttura della famiglia e del suo modello dominante;
-il femminismo marxista non può che essere intersezionale: “classe” e “genere” si intersecano in quanto forme storiche che si declinano nei diversi contesti sociali e al contempo, pur con contraddizioni permanenti, costituiscono la fonte concettuale attraverso cui spiegare i rapporti di potere;
-l’incontro tra marxismo e femminismo non si realizza una volta per tutte. Per contestualizzare questo incontro non si può prescindere, oggi, dalla crescita dei movimenti queer , dalle elaborazione (penso ai contributi di Delphy, Witting, Butler, solo per citarne alcune) e dalle pratiche di cui essi sono portatori. Diritti civili, discussioni sull’identità e sulla sessualità sono obiettivamente anticapitalisti perché minano sistemi di potere e codici normativi elaborati e messi alla prova da secoli. Non lo sono però soggettivamente: il fatto di vivere una condizione non produce in sé una coscienza e un agire anticapitalisti. Da questo punto di vista, se diritti sociali e e diritti civili non diverranno elementi unificanti della “lotta di classe” le esigenze periodiche di regressione proprie del capitalismo rischiano di trionfare;
– nella costruzione del “soggetto” e del rapporto tra marxismo e femminismo non si può prescindere dalle vicende politiche di alcune donne del secolo scorso e di alcuni movimenti specifici.
Kollontaj e Zetkin per esempio costruirono esperienze di partecipazione, di lotta, di strutture organizzative e di sintesi politica che varrebbe la pena di conoscere ed indagare ulteriormente. Il lavoro della Zetkin, per esempio, nella costruzione di una presenza femminile organizzata ed autonoma nella socialdemocrazia tedesca o il ruolo della Kollontaj nell’elaborazione del primo programma bolscevico, non hanno precedenti o successivi storici dello stessa portata.
L’elaborazione e l’esperienza politica di Luxemburg invita a riconoscere, da una parte, la centralità delle questioni economiche per misurarsi con la povertà delle donne nel mondo mentre dall’altra evidenzia quanto sia ineludibile una radicale opposizione alla guerra.
L’eredità di Simone de Beauvoir sta nella storicizzazione e denaturalizzazione del concetto di donna (“donna non si nasce”) insieme all’affermazione che il femminismo non può che essere, anche, movimento, rivolta, attivismo.
Il movimento suffragista per il diritto di voto, che certamente si colloca nell’orizzonte dell’emancipazione più che della liberazione, grazie ad alcune esponenti più radicali, penso in particolare a Sylvia Pankhurst, aveva in se anche un’intuizione: creare un’organizzazione che fosse in grado di lottare per il suffragio femminile e per una società egualitaria, combinando insieme temi femministi e socialisti.
Così come i movimenti femministi afro-americani (all’interno dei quali, negli anni 80 del secolo scorso nacque il concetto di intersezionalità) che svelarono come certo femminismo borghese non fosse in grado di prendere in considerazione pienamente le classi subalterne e a comprendere appieno quanto il genere non sia sufficiente a riconoscere la dimensione razziale e di classe (ricordo a questo proposito la figura di Angela Davis).
The last but not the least, i movimenti delle donne degli anni 70 del secolo scorso, considerando che l’attività dell’uguaglianza fosse incompiuta, diedero vita ad un periodo di grande fermento e di lotta per i diritti delle donne. Il movimento delle donne lottò per la parità di diritti e di opportunità, per l’accesso all’istruzione e al lavoro, per una rete pubblica di servizi sociali ed educativi, per il riconoscimento dei diritti riproduttivi e sessuali e contro la violenza di genere. Il movimento ha avuto un ruolo importante anche nella lotta per la legalizzazione dell’aborto e del divorzio.
Ma non fu “solo” questo. E’ di quegli anni la denuncia che alle donne vengono assegnati ruoli marginali e subalterni sui quali era necessario riflettere. creando spazi e luoghi specifici e separati. Da qui, la presa di coscienza, rivoluzionaria, che “il personale è politico”. È nel privato di ciascuna donna, nella relazione di coppia, nel rapporto sessuale, nella famiglia che si esercita e si perpetua il dominio e il controllo sessuale e sociale sul sesso femminile. Per questo l’emancipazione non basta, serve la liberazione, cioè una lotta di donne, il soggetto “imprevisto” della storia come ebbe a scrivere Carla Lonzi, che miri a demolire le strutture di dominio patriarcale, cioè il sistema culturale maschile dal quale origina l’inferiorizzazione delle donne.
– se l’intento del gruppo Marx-femm non è solo accademico è indispensabile avere chiara la distinzione fra teoria e politica, non necessariamente sovrapponibili e la cui relazione non può che essere dialettica.
Le domande scaturite dal confronto
– Sul nesso produzione/riproduzione, non sarebbe necessario prendere in considerazione il fatto che Marx non ha sottovalutato o non riconosciuto la riproduzione della forza lavoro ma che, nell’analizzare le modalità di accumulazione del capitale, ha considerato “solo” la struttura del lavoro che questa accumulazione consente e cioè il lavoro salariato?
-Il lavoro di cura andrebbe riconosciuto e retribuito o andrebbe abolita la differenza tra lavoro produttivo e riproduttivo?
-Se la classe, marxianamente intesa, cambia quando entra in relazione con i movimenti femministi e se cambia il lavoro in relazione all’entrata nella lotta delle soggettività non classicamente intese come capofamiglia, si pone direttamente una domanda: che cosa è lavoro? Cosa deve intendersi per attività umana che produce valore e contribuisce alla formazione della “classe possibile”, cioè di soggetti di liberazione e di lotta? E ancora di più, che cosa significa essere umane/i? Che cos’è il proletariato oggi? Da chi è costituito?
-Nel rapporto tra movimenti e istituzioni: riforma o rivoluzione? Sradicare il capitale perché si decide che non c’è niente da salvare di tale sistema o tentare di rovesciarne i meccanismi di sfruttamento dall’interno? Entrare nelle istituzioni per provare a cambiarle o optare per un’opposizione che delinei un’alternativa radicale, non partitica?
-Se per rivoluzione intendiamo, non un mito, ma un moto esistente ed esistenziale di masse di persone oppresse che si organizzano e agiscono e se crediamo che si configura come lo spontaneo agire delle masse che irrompono nello scenario della storia, si può affermare che strumenti quali: sciopero di massa, occupazione, rivolte, ecc. siano già in sé rivoluzionari? Oppure devono essere considerati come preparatori alla rivoluzione, momenti cioè in cui la “classe”, intesa come una molteplicità di soggettività sottoposte ai medesimi sistemi di sfruttamento, si riconosce lottando per raggiungere la propria liberazione?
-In un contesto politico dove il proletariato si è trasformato, sulla base della precarizzazione del lavoro e della frammentazione degli spazi, interni ed esterni alla realtà della fabbrica e della produzione, il femminismo, inteso nella sua declinazione transfemminista e intersezionale, può diventare lo spazio rivoluzionario di resistenza, che unisce le soggettività oppresse, in modi distinti, ma dallo stesso sistema economica e socioculturale? Si può ipotizzare, cioè, che tocchi alle donne femministe e marxiste il compito di prendere l’iniziativa di ricostruire una classe nel senso che Marx attribuisce al termine, a partire, oggi, dalla sua componente femminile?
– La lettura del reale attraverso il principio della complessità, cioè della consapevolezza delle intersezioni fra le diverse relazioni di potere e dominio (legate alla classe, al genere e alla razza) dovrebbe condurre alla convergenza delle lotte . Perché così non è? Come si costruisce la convergenza?
– Rivendicazioni non direttamente relative al conflitto capitale/lavoro sono davvero anticapitaliste in sé? Il capitalismo ha precise specificità rispetto ai sistemi che lo hanno preceduto, per dare efficacia alle lotte non sarebbe il caso di configgere su queste specificità, cioè sulla struttura del sistema, piuttosto che su altro? Non sarà che è proprio per questo che la convergenza trova difficoltà oggettive ad essere agita?
Ricercare ancora
L’incontro, ha visto un confronto denso e serrato ed ha consentito l’allargamento del gruppo.
Proprio per questo si è convenuto di continuare il nostro lavoro di approfondimento.
In particolare sul nodo ” intersezionalità – convergenza” facendo circolare al nostro interno libri, articoli e testi che possano aiutare il confronto.
Si è altresì convenuto di partecipare alla prossima conferenza Marx-Femm di Varsavia in modo da restare non solo in contatto con il percorso internazionale ma di costruire, altresì, relazioni dirette.
Nicoletta Pirotta
*Il gruppo è attualmente composto da: Lucia Amorosi, Lidia Cirillo, Carlotta Cossutta, Nadia De Mond, Nicoletta Gini, Giulia Longoni, Nicoletta Pirotta, Gianna Tangolo, Giovanna Vertova.
L’incontro di sabato 17 giugno scorso è stato introdotto da Nicoletta Pirotta (la sessione mattutina) e Carlotta Cossutta (la sessione pomeridiana) , la presentazione delle tesi è stata curata da Nadia De Mond, i contributi specifici, “il soggetto, la classe, l’intersezionalità” e la “rivoluzione da utopia a necessità”, da cui sono state scaturite gran parte delle riflessioni, sono stati prodotti da Lidia Cirillo,il primo, e da Giulia Longoni il secondo .