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Redditi salvagente nell’Unione delle diseguaglianze

di Tommaso
Chiti

All’inizio della pandemia si è parlato di una crisi livellatrice, la cui diffusione virale riguardava classi popolari e ceti abbienti, vicini di casa e personaggi famosi allo stesso tempo. Una situazione che, per via delle misure anticontagio e del conseguente lockdown, sembrava trovarci tutte e tutti sulla stessa barca. Eppure, non tutte le ‘prigioni’ domestiche appaiono accoglienti allo stesso modo, così come non tutte le condizioni di vita e di lavoro permettono di adeguarsi facilmente a questo ennesimo shock globale.

Nella dichiarazione finale del Forum Europeo 2020, concluso pochi giorni fa e promosso dalla Sinistra Europea (GUE), si ribadisce come la crisi sanitaria metta in risalto le gravi ricadute di tagli e privatizzazioni sui servizi pubblici, così come sui modelli produttivi di molti paesi dell’UE, dopo anni di delocalizzazioni. Salute e sicurezza, in particolare dei diritti e contro la precarietà, tornano al centro del dibattito. Peccato che il rilancio del settore pubblico con investimenti strategici ed il rafforzamento dello stato sociale, sia tuttora in ostaggio di governi reazionari, quali quelli di Polonia ed Ungheria, che grazie al perverso meccanismo decisionale dell’unanimità nel Consiglio Europeo, mettono il veto all’approvazione del bilancio, comprensivo del piano di aiuti economici (EU Recovery Fund). L’altisonante programma ‘Next Generation EU’ si scontra insomma con esponenti della retroguardia più conservatrice del gruppo di Visegrad, che ha fatto del nazionalismo, dei provvedimenti contro l’aborto, dell’assoggettamento della stampa e della magistratura al potere esecutivo le principali bandiere di uno scontro generazionale con lo stato di diritto. Del resto anche la pandemia sembra riproporre questo paradigma, suddividendo le popolazioni per classi demografiche, fra vittime ed untori.

Nel vortice di appelli all’unità in una fase tanto drammatica è difficile aprire ad una simile contrapposizione, una dicotomia che però si ripropone guardando alle crescenti diseguaglianze, acuite – come per ogni crisi che sposta capitali dal lavoro ai profitti – anche dalla pandemia per Covid19. In Italia il 20% più ricco della popolazione detiene il 70% delle risorse del paese e, malgrado le ricadute economiche dell’emergenza in corso, nell’ultimo anno si sono registrati 31 famiglie o individui in più nella fascia massima di censo.

In controtendenza alla narrazione dominante, un recente studio di alcuni economisti italiani dell’OCSE evidenzia come in questa fase il maggior calo dei redditi riguardi proprio i lavoratori dipendenti ed i precari, e non i piccoli imprenditori ed il lavoro autonomo.

Secondo l’analisi, il calo del PIL del 12,8% al terzo trimestre del 2020, simile ad altri paesi, ha visto però una diminuzione del reddito disponibile del 7,2% in Italia rispetto ad esempio all’1,1% della Germania, al 3,4% del Regno Unito e al 2,3% della Francia.

In quasi tutti gli stati membri dell’UE sono state attivate misure di protezione del reddito e quindi per larga parte il problema sta proprio nella scarsa copertura del sistema di cassa. Un dipendente italiano a zero ore tende, infatti, a ricevere una parte di salario assai più bassa che in Germania e Francia. Inoltre, gli stessi sussidi di disoccupazione sono inferiori rispetto ad altri paesi OCSE e raggiungono a fatica i tantissimi precari per lo più giovani.

Pochi giorni fa il referente della Confederazione Europea dei Sindacati (ETUC), Luca Visentini, ha scritto all’Eurogruppo per mettere in guardia sulla necessità di rifinanziamento del sistema di protezione ‘SURE’ che, attraverso erogazioni dell’UE agli stati membri ha salvaguardato circa 40 milioni di posti di lavoro, con contratti di solidarietà e schemi di riduzione dell’orario. Con la fine dell’anno per sette paesi – fra cui Belgio, Croazia, Portogallo, Svezia, Danimarca, Cipro e Rep.Ceca – la copertura si avvia alla scadenza, come è previsto del resto nei primi mesi del 2021 anche per Italia, Spagna, Austria ed Irlanda, dove circa 14 milioni di addetti hanno beneficiato dei sussidi finora. Soltanto quattro stati UE – come Germania, Francia, Paesi Bassi e Lussemburgo – hanno già prorogato il ricorso allo strumento di tutela occupazionale a tutto il 2021.

Gli attuali 15,9 milioni di disoccupati nell’Unione Europea – con 1,7 milioni di persone in più senza lavoro dall’inizio della pandemia a marzo scorso – potrebbero addirittura raddoppiare senza l’estensione del fondo ‘SURE’, secondo eferenti dell’ETUC. La Confederazione sindacale ha ribadito del resto la necessità di un rifinanziamento di circa 100 miliardi da parte della Commissione, oltre al ripensamento dello schema, per la copertura anche di addetti con contratti precari ed autonomi.

In questa direzione sembra inserirsi l’iniziativa di fine ottobre sulla definizione di un sistema universalistico di reddito minimo a livello europeo, mediante la Direttiva (COM2020 – 682) della Commissione UE che, richiamandosi all’agenda sullo sviluppo sostenibile 2030 e al modello di economia sociale di mercato, rafforza così gli strumenti di convergenza fra stati membri. Questa apparente, ennesima sterzata dalla politica di austerità intrapresa dopo il 2010 andrebbe a beneficio anche della contrattazione collettiva, non più minata dal rischio di dumping sociale e delocalizzazioni appunto. Nelle conclusioni del Forum Europeo il GUE in proposito ha rilanciato la necessità di una tassazione delle grandi multinazionali, abbinando al reddito minimo anche la definizione di un salario di base a livello europeo, proprio per fronteggiare derive inique. Di recente in Spagna, per affrontare crescenti diseguaglianze, il governo rosso-viola ha approvato una mini tassa patrimoniale, sulla quale sembra montare il dibattito anche in Italia, sebbene parte della maggioranza di governo (soprattutto M5S, IV ed esponenti PD) sia contrario a questa ipotesi. Di certo l’evasione fiscale e l’effetto speculativo in questa ennesima crisi sono fenomeni evidenti di un sistema distorto che, proprio a fronte di squilibri asimmetrici richiede misure strutturali di bilanciamento, magari proprio a livello di Unione Europea.


Per approfondimenti:

https://europeanforum.eu/2020/11/26/final-declaration-2020/

http://www.oecdbetterlifeindex.org/it/topics/income-it/

https://www.etuc.org/en/pressrelease/6-million-workers-jobs-risk-new-years-eve

https://www.etuc.org/sites/default/files/publication/file/2020-11/Covid_19%20Briefing%20Short%20Time%20Work%20Measures%2027%20November.pdf

https://www.etui.org/facts_figures/european-minimum-wage-maphttps://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020PC0682&from=EN

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