Il cinque novembre in piazza ci saremo anche noi, come siamo stati presenti in questi mesi in cui centinaia di realtà e tantissime persone hanno preparato questo appuntamento.
Un momento che potrà essere fondamentale per legare le lotte contro la guerra e per la pace alle lotte per la liberazione delle donne, alle lotte contro la distruzione dell’ambiente, a quelle per i diritti, a quelle per la giustizia sociale e economica.
Si tratta di un legame evidente: ovunque nel Mondo le crisi appaiono facce della medesima crisi. Si presentano come il prodotto di un sistema e di un ordine produttivo e sociale che impone inutili miserie e che marcia sempre più velocemente verso esiti drammatici.
La ricchezza e il potere continuano a concentrarsi ed è l’aumento della velocità di concentrazione della ricchezza e del potere che diviene la base su cui si regge il sistema. Una crescita che non è più sviluppo perché ha perso ogni qualità progressiva. Così, a fronte della impossibilità di guadagnare un consenso diffuso, i governi nazionali e di area si chiudono su se stessi ricorrono a ideologie suprematiste e autoritarie, all’eversione dei principi della democrazia e alla contrazione dei diritti anche al loro interno (da noi attraverso la sterilizzazione dei parlamenti, la spinta al presidenzialismo, il recupero dell’anima nera del comando). Ovunque le governance usano una specie legale di criminalità, concreta e non solo astratta, che si mette in simbiosi con quella illegale delle mafie.
Si pensi alle modalità incostituzionali con cui i governi dei Paesi si arrogano la decisione di condurre guerre non dichiarate, al ruolo di polizia affidato a bande di assassini in Libia, al livello di segretezza rivolto all’interno e non verso il nemico, all’impiego dei terroristi dell’Isis nelle file dell’esercito turco in Rojava… Ancora, sulle armi che l’Europa continua a inviare in Ucraina, Zelensky e Putin ne sanno molto più dei cittadini europei, né possiamo scordare Julian Assange perseguitato per aver alzato il velo sui segreti del Pentagono.
Verso l’esterno, verso “la giungla” che coltivano attorno a sé, i Paesi ricchi e l’Europa ergono muri, respingono ed eliminano i migranti che essi stessi hanno impoverito o costretto alla fuga tramite spoliazioni e guerre e catastrofi ambientali.
Il mercato sempre più vorace, concorrenziale e conflittuale da troppo tempo prospera in una emergenza eletta a normalità: gli obiettivi di riduzione del riscaldamento del pianeta sono sabotati dal rifiuto di porre la questione in termini di bene comune globale, e di porre le basi per una risposta solidale e giusta alla crisi climatica. Ed ecco che l’emergenza della guerra viene contrapposta all’impegno sull’ambiente e cancella l’emergenza climatica dall’agenda. Gli azionisti del fossile e del nucleare esultano per la scarsità di metano mentre la prossima conferenza sul clima verrà ospitata dall’Egitto il cui regime non è secondo a nessuno in fatto di repressione sociale, civile e di genere e di negazione dei diritti.
Oggi l’aumento delle bollette colpisce duramente la capacità di acquisto di salari, pensioni, redditi e anche l’inflazione sta impoverendo la popolazione. Se gli aumenti del costo dell’energia sono legati direttamente alla guerra, questo non è il caso dell’inflazione che aveva iniziato a manifestarsi molto prima: il sistema ha fallito anche sul versante della stabilità dei prezzi.
Di fronte alla pandemia, quando il bisogno di potenziare la sanità pubblica era evidente quanto la necessità di un vaccino, i governi dell’Europa non sono riusciti nemmeno a contrattare efficacemente con le grandi case farmaceutiche che hanno realizzato profitti mirabolanti attraverso il sequestro dei saperi e lo sfruttamento della scienza.
Duro intreccio, dunque, quello che sta preparando un durissimo futuro “non per noi ma per tutte e tutti”. Ma si tratta di un groviglio in una certa misura barcollante e potenzialmente rovesciabile.
Intanto occorre attrezzarci alla crisi senza perdere tempo: occorre costruire alternativa, contendere, battersi e unirsi al vento che continua a soffiare in tutto il Mondo. Un vento fatto dalle lotte delle donne, dalle genti dell’Iran e dello Sri Lanka, dalle agitazioni in Francia e in Inghilterra, dai movimenti contro la guerra e da quelli ambientalisti, dalle innumerevoli lotte diffuse, spesso sconosciute, che si sviluppano nei territori e nei luoghi di lavoro di tutti i Paesi.
Per tutto questo il 5 novembre transform! Italia confluirà nella manifestazione nazionale dopo aver partecipato alla assemblea “Non per noi ma per tutte e tutti” a Piazza Vittorio il 5 novembre alle ore 11:00. Inoltre la redazione di www.transform-italia.it a partire da quel momento aggiungerà al suo costante impegno politico e di studio iniziative di approfondimento e confronto rivolte a tutte e a tutti per rafforzare questo vento che agita anche noi.
Giancarlo Scotoni
segue la convocazione di Non per noi ma per tutte e tutti
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