A proposito di Agricoltura
La Missione 2 del PNRR si intitola “Rivoluzione Verde e Transizione ecologica”.
Questa Missione è articolata in 4 componenti:
- Economia circolare e agricoltura sostenibile
- Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile
- Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici
- Tutela del territorio e della risorsa idrica
Certamente, ciò che appare da subito, è che a parte il titolo della Missione, di “rivoluzionario”, non c’è nulla! Quasi tutto il Piano ha un’impostazione che mira semplicemente ha una parziale razionalizzazione, in senso ambientale della attività economiche. Senza, però alcuna visione di cambiamento verso una reale transizione ecologica.
Questo articolo e gli altri due (quello di Alessandro Scassellati e quello di Andrea Onorati) sono dedicati alla prima Componente, in particolare al tema dell’agricoltura, approfondendo i reali orientamenti della Commissione europea sul tema.
È utile ricordare che il PNRR, per l’agricoltura, prevede investimenti in tre aree
- Sviluppo logistica per i settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo
- Parco Agrisolare
- Innovazione e meccanizzazione nel settore agricolo e alimentare
Per quanto riguarda il primo punto si intende migliorare le condizioni gestionali delle attività intervenendo sulla logistica, con l’intenzione di ridurre l’impatto ambientale del sistema dei trasporti nel settore agroalimentare, attraverso interventi su:
- il traffico delle zone più congestionate;
- le capacità di stoccaggio;
- il potenziamento della capacità di esportazione delle PMI agroalimentare italiane;
- il miglioramento dell’accessibilità ai villaggi merci e ai servizi hub, e della capacità logistica dei mercati all’ingrosso;
- la digitalizzazione della logistica;
- la garanzia di tracciabilità dei prodotti;
- la Riduzione degli sprechi alimentari.
Per quanto riguarda il secondo punto, gli investimenti mirano a ridurre la dipendenza energetica del settore agricolo attraverso l’aumento di pannelli solari nelle aziende agricole.
Mentre la terza voce, forse la più significativa, cerca di migliorare i metodi produttivi, attraverso una maggior meccanizzazione, e l’introduzione di tecniche di “agricoltura di precisione”, che dovrebbe permettere una riduzione di consumo di acqua e di prodotti chimici. L’intervento mira anche a ridurre la produzione di rifiuti e il loro riutilizzo.
Come si vede si tratta certo di interventi utili, ma mirati esclusivamente alla razionalizzazione del sistema industriale di commercio e produzione delle merci, con particolare attenzione all’esportazione. Non vi è alcune messa in discussione del sistema produttivo, alcuna visione di nuovo modello. In sostanza manca qualsiasi considerazione su quello che l’attuale modello ha prodotto sulla componente più importante per le produzioni agricole: il suolo.
Infatti, il Piano trascura di ricordare che questo modello di agricoltura industriale ha prodotto gravi danni sulla struttura del suolo, ha ridotto il contenuto di sostanza organica, ha ridotto la sua capacità di ritenzione idrica, e la sua capacità di scambio ionico (cioè la capacità di trattenere e rilasciare i diversi nutrienti).
Il PNRR tocca solo a parole i problemi legati agli allevamenti intensivi, (emissioni, benessere animale ecc…), tralasciando di affrontare i problemi connessi alle diverse emissioni di inquinanti, all’uso di antibiotici, e a temi legati al commercio internazionale di soia ed altri mangimi
Naturalmente, coi tempi che corrono, visto ciò che si muove in Commissione europea sugli NBT (che si vogliono considerare non ricadenti nella categoria OGM), presto si parlerà anche di finanziamenti per l’utilizzo di OGM, o NBT.
Naturalmente, invece, non si parla, nel modo più assoluto, di promozione delle produzioni biologiche (nel PNRR la parola “biologico” non compare mai!), di agricoltura di prossimità, di sostegno all’agricoltura familiare o all’agricoltura nelle zone cosiddette “marginali” o di supporto ai Biodistretti. Insomma gli investimenti del Piano sono indirizzati soltanto all’agricoltura industriale che tanti danni (ambientali e sociali) ha fatto in questi decenni.
Riccardo Rifici