Pesaro città della cultura 2024 ospita KUM Festival! dal 5 al 7 aprile, mettendo al centro del dibattito “La vita della scuola”. La tematica non poteva essere più al centro delle necessità sia di chi studia, sia di chi insegna, e della società che della formazione si giova, o dovrebbe giovare.
Non siamo qui per recensire il Festival, che ha sempre visto una programmazione vasta e qualificata e una vasta ed attenta partecipazione. Non ha significato neanche ironizzare sulla filosofia né sulla psicanalisi “spettacolo”, perché sono figlie controverse del nostro tempo ove il consumo di beni non sempre necessari è in contrasto con la sempre maggiore carenza di beni comuni, accesso ai servizi e conseguentemente democrazia.
Un espediente molto in voga per attuare politiche antidemocratiche è distogliere dall’occhio della popolazione le vere necessità, e far passare provvedimenti uno più incostituzionale dell’altro, per salvare la patria, demolendola.
Governare e proporre politiche per categorie anagrafiche è riduttivo, come è riduttivo il vaniloquio che idealizza sempre il mancato incontro fra insegnanti e studenti, come se la Storia non si fosse sempre mossa per crescite e contrasti di interessi. In mano ai governi della seconda repubblica e agli aspiranti stregoni “alla Meloni”, questa storia rischia di cambiare la lettera iniziale da maiuscola in minuscola e portarci alla fine della democrazia.
Se l’uso del “Santo manganello”, termine coniato dal ministro Scelba negli anni del primo dopoguerra contro gli operai antifascisti, è adatto sia contro gli studenti che contro la popolazione che manifesta contro la guerra, il combinato disposto degli strumenti legislativi fa il lavoro sporco approfittando del “favore delle tenebre”.
Gli Istituti penali minorili, normati dal 1988 con l’intento di inviare i ragazzi verso il recupero, hanno subito con l’applicazione del “decreto Caivano”, attraverso l’inclusione fra i reati punibili dei fatti di lieve entità legati agli stupefacenti, un aumento di presenze del 37,4% in un solo anno, con 835 minori nel 2021 e 1.134 nel 2023. I presenti sono già 500 dall’inizio del 2024. Sono già state emesse peraltro sentenze contrarie, il 6 marzo a Trento, che affermano che il decreto ignora i fini educativi della pena.
Addentriamoci nei servizi sociali che intendono limitare il disagio: uno degli interventi della ex ministra Cartabia porterà all’introduzione di un unico rito ordinario ed in particolare delle procedure urgenti, attraverso le stringenti scansioni temporali previste dal nuovo art. 403 (quello che permette di allontanare un minore dalla sua famiglia in caso di gravi e immediati pericoli per la sua incolumità, ndr) e dall’art. 473 bis. 15 (provvedimenti indifferibili e urgenti)”. Sono mete richieste dal PNRR, non si può guardare per il sottile, né ragionare, quando si tratta della cosa pubblica, si sa.
Raccogliamo la richiesta del nuovo presidente del tribunale dei minori di Ancona, Cutrona, condivisa in tutt’Italia, di far slittare l’attuazione della riforma al 2030. «Non ha significato – dichiara il Presidente – affidare casi complessi che richiedevano un approccio multidisciplinare di vari soggetti, ad un giudice monocratico, col rischio di concludere presto, come richiesto dal PNRR, ma per niente bene». Secondo lo studio ministeriale, l’incremento necessario della pianta organica per il funzionamento della riforma richiede 292 magistrati, cui aggiungere 2.130 unità per il personale amministrativo e 47 per quello dirigenziale, cifre arrotondate per difetto.
Strettamente legata a questa insufficienza è la situazione delle comunità dei minori, strette da un aumento della richiesta(sono oltre 13000 nel 2020 che salgono a 15000 considerando i minori inviati in comunità da provvedimenti penali e terapeutici) e la contrazione degli investimenti. Liviana Marelli, referente per infanzia, adolescenza e famiglia del CNCA afferma: «Va evitato il rischio di una progressiva dismissione proprio in un contesto di evidente crescita del disagio minorile, in presenza di 3605 strutture d’accoglienza con una media di 6,4 presenze a struttura. Stiamo parlando di quelle persone, genitori e minori non accompagnati compresi, che hanno bisogno di quella socializzazione e assistenza che non possono garantirsi autonomamente».
È in aumento l’insicurezza: le ragazze e i ragazzi di oggi sono la parte di popolazione più esposta all’inquinamento consumistico. L’affacciarsi alla ribalta dei teenager, che datiamo agli anni 50-60 dello scorso secolo, li vedeva protagonisti delle rivolte, del no al consumismo. Attraverso le vicende delle sconfitte ideologiche e di classe, esiste il rischio che siano diventati vittime di quell’incessante bisogno di consumare merci (cose, corpo e affetti), o diventino primi attori (cartine al tornasole) del cambiamento di paradigma in atto nella costituzione delle soggettività, individuali e collettive.
Proprio per queste ragioni va salutato il loro tentativo di riappropriarsi del presente, dell’istruzione come passaggio alla formazione.
L’Università Politecnica delle Marche di Ancona ha organizzato, con la formula di una “Pausa caffè” al mese, la discussione dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un programma d’azione volto a promuovere il benessere delle persone, la salvaguardia del pianeta e la prosperità negli anni a venire.
Studenti, docenti, attivisti climatici e sociali e curiosi invitati dall’esterno hanno affrontato in uno spazio di un’ora e mezza a incontro, la crisi climatica come la parità di genere, il divario retributivo come la partnership per obiettivi. Fra le indicazioni evidenziate è emersa la necessità che l’insegnamento si allontani, anche attraverso strattoni, dall’essere un allevamento di attori adatti a riprodurre i meccanismi economici già esistenti, dando fiato allo spirito critico e alla formazione critica.
Diventano così più che comprensibili le agitazioni non solo degli studenti, ma anche dei partiti di più convinta opposizione alla globalizzazione modello Ursula, nei confronti dell’autonomia decentrata, tenendo anche conto che già attualmente non c’è uniformità fra Regione e Regione, e di conseguenza nella spesa sanitaria, vedi il recente appello dei 14 scienziati alla Presidente del Consiglio Meloni.
Marcello Maria Pesarini