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Più Europa o un’altra Europa?

di Roberto
Musacchio

Mentre si inaugurava a Porto il forum europeo sul pilastro sociale e si apriva ufficialmente anche la Conferenza sul futuro dell’Europa, slittata di un anno per la pandemia, la UE, nel suo complesso e nei suoi vari segmenti, balbettava sulla proposta di Biden di sospendere i vaccini, orientandosi più verso il no che verso il si.

Per capire dove stiamo e cosa fare partirei proprio da quest’ultimo fatto che colloca la UE sostanzialmente “a destra” dell’attuale amministrazione americana. Che, come si sa, è frutto di un compromesso programmatico con la sinistra socialista di Sanders, fondamentale per sconfiggere Trump, che Biden sta cercando di rispettare su punti chiave. Come questo dei brevetti, ma anche il fisco, i minimi salariali e pensionistici, il clima. Il che dice che negli USA qualcosa si può cambiare e i compromessi elettorali si possono rispettare. Il che non è poco se pensiamo a come ad esempio Prodi ed il centrosinistra non abbiano voluto e potuto rispettare gli accordi con Rifondazione comunista e cambiare almeno un po’ la direzione di marcia.

Parto da queste considerazioni che non sono solo politiche ma di analisi strutturale perché mai come oggi occorre comprendere ed agire.

Ci aggiungo un dato che viene dall’eurobarometro e che dice di una ripresa di fiducia nelle istituzioni UE dopo il forte calo del 2009. Il che può apparire strano vista la non brillante performance su pandemia e vaccini. Ma ci dice che basta sospendere la austerità e dedicarsi alla salute che si riconquista credito tra popolazioni per altro abbastanza prostrate e meno speranzose di avere la forza per determinare cambiamenti.

Ma questo credito può essere investito in una struttura che, come dimostra la dissonanza con Biden sui brevetti (che colpisce ancora di più visto l’allineamento su questioni invece negative di quella amministrazione come i rapporti con la Russia), appare rigida, ingessata in una impalcatura ideologica, prima ancora che istituzionale?

Tutte le defaillance su pandemia e vaccini e la collocazione a destra sui brevetti sono infatti figlie di un dogmatismo ideologico depositato nel trattato fondativo, Maastricht.

Maastricht non definisce, come farebbe una Costituzione, valori fondativi. Né,  come farebbe un Trattato, regole di relazione. Maastricht sancisce una dottrina. Quella dell’economia sociale di mercato, fondata sulla concorrenza e finalizzata ad essa come motore di competizione. E santifica la stabilità monetaria contro l’inflazione attraverso la colpevolizzazione del debito. Ho scritto spesso, ironicamente  ma non troppo, che neanche l’URSS aveva al centro della Costituzione il piano quinquiennale. E, da tempo, chiamo la UE “Europa reale” per questa caratteristica di rigidità del suo ideologismo neo, o ordo, liberale. In pratica la UE è intrisa di restaurazione ideologica che da un lato ha negato la sua Storia costituzionale, dall’altra ha aperto all’Est all’insegna del binomio anticomunismo più liberismo. Con esiti infelici di crescita di populismi di destra.

Per questo ciò che viene scritto a Porto sul documento per il pilastro sociale suona una giaculatoria ripetitiva di cose che chiunque è pratico di sacri testi UE costruiti a formulette conosce a memoria. Tutte le buone intenzioni di occupazione, salari, genere, giovani, welfare, ambiente sono affidate per la reslizzazione alla economia sociale di mercato. Che, come tutte le formule religiose, ha la sua triade. Impresa, mercato, commercio.

Ed ecco perché la UE è indietro agli USA di Biden sulle vaccinazioni. Perché la patria del capitalismo ha una legge pensata per l’economia di guerra ed applicata in pandemia con cui lo Stato può pretendere produzioni corrispondenti al necessario. Mentre la UE si è affidata a trattative non limpide con le multinazionali. E la UE è a destra di Biden sui brevetti perché quando constata di aver perso il controllo della catena del valore su questo comparto farmaceutico (cosa inverosimile visto che la UE è una potenza produttrice; ma per le multinazionali) si ostina a credere che sia il libero commercio regolato a determinare l’incontro di interessi e necessità. Addirittura si trincera dietro un falso ideologico come quello che questo atteggiamento è l’unico che favorisce la crescita di produttività e di razionalità allocatrice quando il settore farmaceutico è già globalizzato ma la logica dei monopoli e dei profitti difesa dai brevetti ne impedisce la congruità.  Infatti è il pubblico che ha consentito la tenuta europea nella crisi pandemica. Un pubblico per altro duramente colpito da 30 anni di ideologismo. E la sospensione dei criteri di Maastricht. Cioè una religione che quando arriva il diavolo in terra sospende il catechismo.

Questa disamina di quadro serve a riflettere sul che fare. Il presidente del Parlamento europeo Sassoli, di cui riportiamo l’intervento in apertura della Conferenza sul futuro dell’Europa,  parla di più competenze e poteri alla UE. Ma quali, a chi e per fare che? Il segretario del Pd, Letta, che di UE si intende, parla di voto a maggioranza nel Consiglio. Ma veramente il problema è dare più potere agli Stati, che per altro si muovono sui binari descritti, o occorre dare più possibilità di scelta a cittadine e cittadini? L’accordo franco tedesco, precedente alla pandemia e contemporaneo al lavoro dei 5 Presidenti, mirava a rafforzare il controllo di bilancio con un ministro europeo delle finanze. La pandemia ha imposto però la sospensione di Maastricht. I piani di “resilienza” del next generation si muovono sempre secondo i dogmi. Il mercato, il privato. E l’innovazione, digitale e ambientale. Peccato che già il programma Europa 2020, che seguiva il decennale del programma di Lisbona, era tutto calcolato sui rimpiazzi di occupazione verde a quella tradizionale. Dopo due crisi, finanziaria e pandemca, il consuntivo è fallimentare. Socialmente e come armonizzazione. Se ne è andata anche la Gran Bretagna a conferma che il liberismo, di Tatcher-Blair e della UE, non unisce ma divide. Qualche governo diverso, come in Spagna e Portogallo, cerca di immettere creatività sociale nelle politiche. Ma da soli si fa poco. Il voto, a destra, di Madrid dice molto, soprattutto del crollo del Psoe. E i sondaggi tedeschi danno la Spd al 13%. Si prepara un neocentrismo dei grunen in Germania.  Ma intanto il pragmatico Draghi, aspirante leader dopo Merkel, si copre con il centrosinistradestra.

Ma torniamo al punto e affrontiamo il che fare.

Le proposte che avanzo propongono una rifondazione dell’Europa come Comunità democratica. Quindi presuppongono la centralità della democrazia rispetto al funzionalismo, per altro inefficace.

Serve una Costituzione che deve rompere l’ideologismo religioso neoliberale. Bisogna partire dalle Costituzioni democratiche e cassare l’economia sociale di mercato per definire invece obiettivi, ruoli, diritti e doveri.

Serve dare centralità alle istituzioni rappresentative e dunque ai Parlamenti. Non va in questa direzione la proposta di eleggere a suffragio diretto il Presidente della Commissione perché aggiungerebbe una cappa presidenzialista alla struttura tecnonazionalista. La via parlamentare è quella che invece rompe il blocco tecnonazionalista. Per percorrerla veramente  occorre che il Parlamento europeo sia eletto come raporesentanza della cittadinanza europea e non come sommatoria di sovranità e cittadinanze che restano solo nazionali. Dunque su liste trasnazionali espressione di partiti europei. Il Parlamento europeo deve assumere, con i Parlamenti nazionali, la piena potestà legislativa, di eleggere l’esecutivo e cioè la Commissione e controllare e di indirizzare la Bce riformata. Vanno conferite al Parlamento europeo potestà di legislazione quadro. Il bilancio europeo e le linee di politica economica e sociale vanno condivise tra Parlamenti europeo e nazionali.

Il Consiglio può divenire un Senato degli Stati con poteri di controllo sugli atti.

Serve un bilancio europeo diretto alimentato dalle tassazioni su imprese, ambientali, e su quote delle tassazioni sulle persone fisiche.

La Bce va riformata e deve divenire soggetto di sostegno agli impegni costituzionali e alle politiche democraticamente scelte. Il Mes va sciolto e va costituita una cassa depositi e prestiti europea.

Servono corpi intermedi, a partire dai sindacati, riconosciuti e motivati. Ad esempio con un livello di contrattazione europea per i contratti di settore, il salario minimo, il reddito di base.

Cose impossibili? Dipende anche da noi.

 

 

 

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