Anticipiamo l’intervento che Roberto Musacchio svolgerà sabato 16/12 a Trieste al convegno sulle estreme destre in Europa, organizzato dal PRC e dal Partito della sinistra europea –
1) Non si può ragionare e comprendere il perché le destre, di varia natura, abbiano acquisito un ruolo così rilevante in molti Paesi europei e, ormai, nella governance della stessa UE, senza analizzare la costruzione materiale di questa UE.
Naturalmente il fenomeno delle destre ha dimensioni globali, dagli USA all’Argentina, ma la Storia insegna a fare particolare attenzione a ciò che succede in Europa e l’attualità ci dice che, purtroppo, la lezione della Storia non è per nulla scontato che sia stata appresa per sempre.
Stiamo naturalmente parlando di destre anche diverse per dimensioni e storia.
Gruppi estremamente radicali ma circoscritti.
Formazioni ormai di grande dimensione che sono in grado di impattare sulle scelte dei loro Paesi, anche dal governo.
Formazioni che provengono dalla storia europea precedente alla vittoria contro il nazifascismo e che ora si ripropongono anche con elementi significativi di continuità.
Nuove formazioni che incrociano il malessere sociale e lo incanalano in modi reazionari come il razzismo, il nazionalismo, l’intolleranza verso le libertà sessuali e di genere, il negazionismo climatico.
Spesso queste dinamiche si incrociano tra di loro.
2) La UE come “Europa Reale” e “moderno ancien regime”.
Io, da europeista, uso spesso queste due allocuzioni per cercare di leggere cosa è la UE. Una forma assolutamente inedita, funzionalistica e non costituzionale, post e ademocratica, che si fonda sul mercato, la partecipazione al capitalismo finanziario globalizzato e l’intergovernativismo, in un compromesso di potere tra establishment globalisti e neo sovranismi nazionalisti.
Questa Europa Reale si costruisce su un trattato neoliberale come quello di Maastricht, il ritorno alla partecipazione ed all’uso della guerra, l’allargamento non per vie sociali ma di influenze di mercato (e interagito con quello della NATO), il revisionismo storico come fondamento di una nuova forma di suprematismo occidentale e neo atlantico, i doppi standard.
Naturalmente siamo di fronte a percorsi lunghi ed anche tortuosi ma con un indirizzo abbastanza chiaro. Dopo l”89, invece che raccogliere l’invito di Gorbaciov a costruire la casa comune europea, che per altro riprendeva le suggestioni di molti leader europeisti che mantenevano comunque una relazione con l’unità che aveva sconfitto il nazi fascismo, si è marciato in direzione opposta. Verso una forma sub imperiale a prevalenza franco tedesca che cercava di trovare le proprie convenienze e i propri spazi nel capitalismo finanziario globalizzato.
3) Maastricht, la guerra Jugoslava, il revisionismo storico sono tre passaggi fondamentali che dall’89 portano all’oggi della guerra ucraina, della complicità nei massacri in Palestina, della partecipazione al suprematismo atlantico.
Maastricht rompe il compromesso costituzionale democratico (le costituzioni antifasciste e sociali), retroagisce contro di esse e costruisce la base mercatista e ademocratica dell’UE.
Le responsabilità nella dissoluzione della ex Jugoslavia, stato federale multi etnico fatto a pezzi, inaugurano il ritorno alla guerra, l’espansionismo imperialista, l’appoggio ai nazionalismi, il revisionismo storico e il doppio standard. Ciò che vale per il Kosovo non vale per il Donbass. Come ciò che vale per Putin non vale per Netanyahu.
Il revisionismo storico si fa prorompente ed arriva non solo all’equiparazione tra nazismo e comunismo ma alla riscrittura delle ragioni e delle responsabilità della seconda guerra mondiale.
4) La crisi della globalizzazione, impero e imperialismi.
La boria della vittoria dell’89 viene smentita dal succedersi e dall’accavallarsi delle crisi.
Quella finanziaria, importata dagli USA, diviene economica e sociale e dà luogo alla stretta della austerità che colpisce ulteriormente il modello sociale europeo e amplifica le disuguaglianze che, al contrario di quanto sostenuto dall’ideologismo neoliberale, sono sempre cresciute nella UE perché il mercato non ha armonizzato ma esasperato le disparità rendendo la UE l’area più colpita da questi processi.
La crisi sanitaria non è stata affrontata mettendo in sicurezza la società e i cittadini ma evidenziando le falle della sicurezza stessa, la fragilità della globalizzazione e promuovendo profitti spropositati delle multinazionali farmaceutiche.
La guerra ucraina fa saltare la ostpolitik, come il gasdotto North Stream, le politiche energetiche mentre tutte le multinazionali, da Gazprom a Eni, si arricchiscono ancor più.
In generale mentre resta la compartecipazione ai profitti della finanza globalizzata si determinano rotture nelle catene del valore con improvvidi e improvvisati riallineamenti secondo le faglie dei conflitti fra dominanti.
In questo quadro le destre non sono mera espressione di un malessere ma divengono potenzialmente egemoni mettendo tra parentesi l’epoca sociale, democratica e di ricerca della pace seguita al secondo conflitto mondiale.
Sono riabilitate dal revisionismo storico. Alimentano le pulsioni nazionaliste, xenofobe e reazionarie che piuttosto che contrapporsi all’establishment globalista finiscono col condizionarlo determinando una cogestione di fatto dell’attuale fase della UE. Restano naturalmente aree di contrasto come ad esempio in Spagna. Ma ad esempio l’accettazione del governo Meloni da parte della governance comunitaria è evidente e la compartecipazione alla maggioranza Von Der Leyen anche.
l’Italia da questo punto di vista è paradigmatica. Una destra, quella di Meloni, con radici storiche; due nuove destre, Forza Italia e Lega, mercatiste e reazionarie. Una sintonia evidente, nonostante le permanenti distonie, con la Commissione. E l’accordo col governo semaforo tedesco su migranti e energia amplifica questa tendenza. Che corrisponde peraltro al nuovo corso che ha portato la Germania fuori dalla Ostpolitik e dentro riarmo e neo atlantismo.
È impressionante come le destre storiche sappiano ricollocarsi verso gli USA ma anche verso Israele. Ma d’altronde il revisionismo in atto mostra come nella storia del ‘900 non era scontato lo scontro tra USA e Germania. E, purtroppo, il governo di Israele si muove con atti che sono l’esatto contrario di quanto richiederebbe la storia e l’attualità della lotta all’antisemitismo.
5) La crisi del movimento operaio, la restrizione dei ceti medi, il fallimento dell’armonizzazione e il rapporto tra poteri finanziari e corporativi.
Purtroppo il movimento operaio, fin qui, non è riuscito ad affrontare questa nuova dimensione con l’efficacia con cui ha trasformato gli “Stati borghesi” in democratici.
Nel luogo dove il modello sociale aveva determinato la più larga estensione dei ceti medi, l’Europa, abbiamo ora la crescita più rilevante delle disuguaglianze e il loro assottigliamento. Il mercato lungi dal favorire l’armonizzazione ha ulteriormente allontanato economicamente, socialmente, demograficamente aree che si erano invece avvicinate anche ai tempi delle due Europe nella guerra fredda.
6) Il compromesso tra establishment “europeista” e “sovranismi” purtroppo è reale e in corso di rafforzamento.
La raffigurazione di uno scontro tra europeisti e nazionalisti come questione centrale della politica europea è falsificato dai fatti. La maggioranza di Ursula Von Der Leyen è già composta anche da significativi settori delle destre sia per via politica che intergovernativa. D’altronde l’intergovernativismo spinge in questa direzione. E la situazione strutturale che ho descritto la rafforza. Difficile combattere i nazionalisti di destra quando sono tuoi alleati in chiave atlantica. O quando si accetta lo stato etnico instaurato da Netanyahu con la nuova legge fondamentale del 2018.
7) L’alternativa passa attraverso un processo di “liberazione della Europa” dalle forme ademocratiche attuali. Decisivo è che il soggetto portatore storicamente dell’istanza democratica, il movimento operaio, sappia ripensarsi sulla nuova dimensione contrastando il nuovo dominio di classe esercitato dal compromesso tra élites dominanti europee e nazionali.
Il Partito della sinistra europea è in tal senso un soggetto fondamentale per questa nuova fase storica così come lo furono comunisti e sinistre durante la crisi del capitalismo novecentesco e l’avvento dei fascismi.
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Argomentazioni interessanti, ma le trovo carenti dal punto di vista delle Istituzioni europee. Non c’è alcun riferimento agli esiti della Conferenza sul futuro dell’Europa voluta fortemente da David Sassoli quando era Presidente del Parlamento europeo. Sono da sempre federalista europeo nello spirito di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene. Dal 1962 mi batto con il Movimento Federalista Europeo per la democrazia s ovranazionale europea e devo sottolineare i ritardi della sinistra e dei progressisti sul terreno europeo. Il nazionalismo non è solo quello della destra!
president e del Parlamento europeo