Erano gli anni a cavallo tra la fine del decennio del lungo ’68 e l’avvio della restaurazione dell’80 quando nacque la rivista Pace e guerra come espressione della proposta di ricerca avanzata da Lucio Magri e Claudio Napoleoni. Rivista e iniziativa volevano riflettere su quanto stava sconvolgendo il Mondo e cioè la nuova sfida tra USA e URSS a colpi di missili atomici da installare, ad Est e a Ovest. E il nuovo straordinario movimento pacifista che in particolare in Italia sembrava dare continuità alla rottura sessantottina producendo al contempo materiali per una nuova fase di cui ancora non si vedeva la portata ma che sarà destinata ad arrivare fino ad oggi.
La sfida dei missili è la penultima tra Occidente e “Socialismo reale”. L’URSS è destinata a perderla impantanandosi in Afghanistan. L’ultima sarà quella di Gorbaciov che sembra quasi riprendere ciò che i movimenti pacifisti avevano messo in campo. L’idea del disarmo e di un nuovo ordine mondiale democratico. Quella di una Europa casa comune dall’Atlantico agli Urali. Una sfida che Gorbaciov perde perché l’Occidente preferisce la vittoria suprematista. Che incuba gli orrori di oggi.
Tornando indietro alla guerra dei missili vediamo come nel mentre la guerra rischiava di tornare da fredda a calda, i movimenti pacifisti mettono in campo una lettura dei conflitti come connaturati al capitalismo e rispetto ai quali il socialismo reale ha finito con l’assumere un atteggiamento speculare.
La pace dunque non è solo assenza di guerra ma costruzione della giustizia sociale e rifondazione del socialismo stesso.
Non è un caso che nel momento dello scioglimento del PCI proprio sulle nuove guerre si determinassero già contrasti tra chi andava verso la sussunzione nel suprematismo occidentale e chi provava a rifondare una alternativa di sistema non arrendendosi alle magnifiche sorti e progressive del capitalismo ma anzi prevedendone le sciagure. Mettendo insieme esperienze che sembravano non poterlo fare, la resistenza allo scioglimento del PCI con le sue varie nature, la nuova sinistra che veniva dal ’68, i movimenti.
Il movimento pacifista fu antesignano di quel movimento dei movimenti che crebbe contrastando la globalizzazione liberista leggendone bene il carattere guerresco, la guerra economica, sociale e militare, preventiva e permanente. Su questo si ripensano anche molte delle sinistre che non vogliono morire sotto le macerie del muro di Berlino per non tradire il bisogno rivoluzionario che permane.
La guerra dei trent’anni che segue l’89 è durissima e mette alle strette la capacità di tenuta del movimento e le capacità rifondative delle Sinistre.
Il neoliberalismo è estremamente aggressivo. Ed incuba il mondo orwelliano in cui siamo ormai precipitati. Un impero finanziario globale e più imperialismi, tra autoritarismi e democrature, in lotta tra loro ma congiunti nell’esprimere gli interessi dei dominanti contro quelli dei dominati sempre più schiacciati.
Di fronte a tale realtà torna di priorità politica assoluta il tema della Pace contro la Guerra. Scrivo contro perché questa guerra mondiale è agita e voluta e per contrastarla occorre la lotta.
Nel trentennio passato la globalizzazione ha cercato di imporsi come pensiero unico riducendo ovunque gli spazi democratici. Autoritarismi e democrature sotto forma di governance. Il bipolarismo maggioritario è stato la forma volta in Italia a mettere fuori gioco la Sinistra non compatibilistica.
È sembrato per un tornante del percorso che il dominio dei gestori della globalizzazione fosse incrinato da populismi che attaccavano però le élite ma non il Sistema.
Il ritorno così schiacciante della guerra come incombenza su tutto e tutti disvela le parzialità e il carattere subalterno di quei populismi. Chiama chi vuole combattere la guerra, le sinistre non cooptate che provano a rifondarsi e gli stessi populismi non sussunti dalle dinamiche del Potere, a cimentarsi.
Ciò che oggi è impellente è che si determini la coscienza umana, civile, sociale e politica più ampia ed attiva sul crinale del tempo, la Pace contro la Guerra.
In Italia, terra politicamente e socialmente devastata dalla durezza del trentennio, pure i materiali antichi e nuovi di un pacifismo di lotta sono presenti come dimostrano le manifestazioni più grandi di Europa. Ma anche fatti politici. Una nuova impresa, quella di Unione Popolare, che riesce ad essere, nella sua complessità, molto chiara e unita proprio sulla Pace contro la Guerra. Cosa che, purtroppo, non si riscontra in molte sinistre alternative europee pure impegnate contro il Capitalismo. L’esistenza di ampi strati sociali organizzati come movimenti pacifisti, sindacali, religiosi. Il fatto che il principale soggetto anti élite, i Cinquestelle, sia andato in crisi sul terreno che si era dato di trasversalismo politico ma veda ora i suoi elementi fondativi più antisistema ricollocarsi a sinistra ma anche il grosso che continua l’esperienza essere attraversato da inquietudine politica ancora ambigua e non risolta ma proprio sul terreno della guerra.
Come accadde all’inizio degli anni ’80 che si trovarono nella Pace contro la Guerra i materiali per contrastare almeno per un lungo periodo la deriva neoliberista della parte prevalente della sinistra, oggi, con ancora più drammatica urgenza, occorre costruire socialmente ma anche politicamente e, se possibile, elettoralmente il polo della Pace contro la Guerra. Con una soggettività, come può essere Unione Popolare, capace di costruirsi come Nuova Sinistra popolare e pacifista ed allo stesso tempo incalzare tutti quelli che possono farne parte, movimenti innanzitutto ma anche soggetti politici compresi i Cinquestelle, alla costruzione di questo polo.
Un soggetto politico si definisce dai materiali da cui nasce e nella sua funzione storica. I comunisti sono stati protagonisti della Storia non solo per identità e neanche per “le lotte” ma per i processi storici determinati.
Non è mai sufficiente farlo sulla base delle relazioni politiche. Tantomeno un soggetto che chiama ad una dinamica, l’unione del popolo, può fare forza solo sull’identita ideologica.
Né di destra né di sinistra non ha retto la prova dei fatti. Contro il bipolarismo neoliberale è certamente una condizione necessaria. Ma non sufficiente. Oggi bisogna rompere la gabbia del neoliberismo di guerra. Farlo con la forza della identità, delle lotte ma anche dell’iniziativa politica e delle “alleanze”. Dividersi tra chi fa perno sul PD e chi sui Cinquestelle sarebbe sciocco. Praticare l’entrismo o il collateralismo ad uno dei due, altrettanto. Ma anche mettere le dinamiche tutte sullo stesso piano non fa fare strada. Oggi occorre incalzare chi può essere schierato per la Pace e fare di questo il terreno di egemonia politica.
Roberto Musacchio