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Patrimoniale e Paperoniale

di Guido Ortona, Professore Ordinario di Politica Economica (in pensione), Università del Piemonte Orientale, guido.ortona@uniupo.it

Nota. Il lettore è pregato di firmare la petizione che si trova al sito www.paperoniale.it. I motivi sono spiegati nell’ultimo paragrafo, ma lo scrivo anche qui per i lettori che (comprensibilmente) trovassero il testo che segue troppo lungo e noioso.

  1. Perché un’imposta patrimoniale. Anche in Italia si sta cominciando, finalmente, a parlare di imposte patrimoniali. Quello che fino a ieri si era riusciti a far considerare un tabù sta cominciando a non essere più tale. I difensori dei proprietari dei grandi patrimoni, spesso più zelanti dei loro padroni, sono quindi obbligati a ripiegare su una linea difensiva più arretratra: le imposte patrimoniali non sarebbero più scandalose, ma sarebbero comunque sbagliate. Come sempre quando si cerca di intaccare dei privilegi, a difesa dei medesimi vengono sostenuti gli argomenti più bizzarri; e siccome sono di solito sostenuti dagli organi di informazione più potenti e quindi più diffusi, è necessario confutare questi argomenti prima di procedere a considerazioni più interessanti. Vediamoli uno per uno.
  2. “Con la patrimoniale si tassano i risparmi anche di coloro che hanno faticato tutta la vita per mettere via qualcosa”. Questa obiezione è semplicemente assurda, perché l’imposta patrimoniale, come quella sui redditi, può (e dovrebbe) avere aliquote crescenti e una quota esente, quindi al massimo vale come obiezione non a un’imposta patrimoniale in quanto tale ma a un’ipotetica (e folle) imposta che tassasse pesantemente i risparmi di chi ne ha pochi. Assurda o in mala fede: per esempio, la proposta Fratoianni, Orfini e altri viene accusata di tassare i patrimoni di chi ha “solo” 500.000E, dimenticando di dire che chi ha “solo” 500.000E non solo verrebbe tassato di soli 1000E, ma nel caso fosse proprietario di una casa soggetta a IMU probabilmente ci guadagnerebbe. Su ciò torneremo.
  3. “E’ bene che ci siano grandi patrimoni in mano agli imprenditori, perché gli imprenditori li investono e in tal modo fanno crescere l’economia e creano posti di lavoro”. Questo argomento poteva avere un po’ di fondamento parecchi decenni fa, anche se non tanto quanto ritenuto dagli apologeti del capitalismo selvaggio; oggi è sostanzialmente ridicolo. I grandi patrimoni italiani vengono investiti solo in parte in impieghi produttivi. Una parte molto cospicua viene indirizzata a ricchezza improduttiva. Per fare un esempio: Nel settembre di quest’anno un quadro di Giorgio Vasari è stato venduto all’asta (in Italia, ma forse non a un italiano) per 800.000E. Questo avrà attivato un po’ di crescita nei settori “vendita all’asta” e “agenzie di sicurezza”; ma non vi è dubbio che quei soldi avrebbero potuto essere meglio impiegati altrove. In effetti è opinione pressoché unanime che in Italia (ma anche negli USA, e altrove) ci sia una grave carenza di investimenti pubblici; in altri termini bisogna tasferire risorse dagli impieghi improduttivi effettuati dai proprietari di grandi patrimoni a opportuni impieghi produttivi effettuati dallo Stato. L’idea che lo stato “sprechi” e i ricchi “investono” naturalmente ha un minimo di fondamento: lo stato a volte spreca e i padroni a volte investono. Ma questa idea è diffusa molto più di quanto meriti, e per ovvi motivi. Su questo hanno detto cose molto interessanti Piketty e Mazzucato. Ma c’è dell’altro. Perché la giustificazione che stiamo criticando sia valida occorre che la ricchezza prodotta in Italia venga reinvestita in Italia. Così non è: viene reinvestita là dove rende di più, e quindi assai poco in Italia, data la crisi che attanaglia il nostro paese da più di dieci anni. E c’è ancora di più: qualsiasi protesta contro un’imposta di meno dell’1%, quale quella richiesta dalla “Paperoniale” di cui diremo più sotto, implica ovviamente pochissimi sacrifici per chi la deve pagare, talmente piccoli da essere probabilmente all’interno del margine di errore di qualsiasi modello teorico; mentre consente benefici piuttosto elevati per chi è gravemente colpito dalla crisi e dall’epidemia. Questo fatto elementare, ben descritto da Dickens nel suo famoso Canto di Natale in Prosa, e sovente affermato da Papa Francesco, dovrebbe togliere validità a qualsiasi obiezione.
  4. L’argomento più importante contro un’imposta patrimoniale è che “un’imposta patrimoniale è ingiusta perché i patrimoni si sono costituiti grazie all’accumulo di redditi, i quali sono già stati tassati come tali.” Questo argomento è sbagliato per due motivi. Il primo è che se le cose stanno così allora un’imposta patrimoniale debitamente concepita è equivalente a un aumento delle imposte sui redditi, cosa per la quale non possono esistere obiezioni di principio. L’ammontare di un patrimonio (case, opere d’arte, contanti, titoli) è infatti strettamente correlato all’ammontare del reddito, se si esclude la prima casa. Tassare il primo o i secondi diventa allor sostanzialmente indifferente, tranne che per un aspetto: e cioè che è molto più facile evadere od eludere l’imposta sul reddito che quella sul patrimonio. L’argomento “bisogna invece tassare i redditi” può quindi facilmente diventare una scusa per lasciare le cose come stanno. Le due imposizioni non devono essere alternative, ma complementari; l’imposta sul patrimonio deve essere tanto maggiore quanto più è facile eludere o evadere quella sul reddito. Ma c’è anche un altro motivo per tassare i patrimoni, e cioè che non è vero che essi sono già stati tassati al momento della loro genesi come redditi. Lo sono stati solo in parte. Come è noto, i redditi sono tassati con aliquote progressive; ma questo non vale per i redditi da capitale, che sono tassati con un’aliquota fissa del 26 PER CENTO, in violazione del principio di progressività universalmente accettato e sancito in Costituzione. I grandi patrimoni, mobiliari e no, si sono formati in larghissima parte con l’accumulo di redditi da capitale; quindi una loro tassazione non costituisce un doppio, iniquo balzello, bensì  un passo verso un’imposizione più equa. Naturalmente si può esagerare, e tassare troppo la ricchezza; ma è ben difficile che ciò avvenga (e qualcuno potrebbe dire “purtroppo”, dato che come scrive per esempio Piketty esiste una necessità impellente di redistribuire la ricchezza, per molti motivi); e sicuramente non avviene per i tre schemi che vedremo più avanti, che quindi dal punto di vista della giustizia fiscale sono assai più conservatori che rivoluzionari.

Ma c’è un altro motivo, ancora più semplice, che ci dice che il discorso “se i ricchi vengono tassati non investono” è sbagliato: e cioè che i ricchi sono sempre più ricchi, e alcuni sono molto  ricchi. Il 10 per cento delle famiglie italiane ha una ricchezza finanziaria (quindi senza contare gli immobili) di circa 2300 miliardi. Un’imposta anche solo dell’1% renderebbe 23 miliardi; ed è ovviamente assurdo pensare che quell’1% verrebbe interamente, o anche solo in buona parte, sottratto a investimenti produttivi in Italia. Chi avesse una ricchezza di 10 milioni, e dovesse quindi versare al fisco 100.000E, ben difficilmente venderà azioni o obbligazioni o chiuderà la fabbrichetta per pagare le tasse: preferirà non comprare un altro rolex, o ridurre di un po’ il capitale che tiene liquido per le piccole spese.

  1. L’imposta patrimoniale e la crisi attuale. Abbiamo visto perché è sbagliato opporsi a un’imposta patrimoniale in quanto tale; il che ovviamente non implica che sia sbagliato discutere delle aliquote, dei cespiti e delle modalità. Su ciò torneremo nel prossimo paragrafo. Qui vorrei argomentare che un’imposta patrimoniale è particolarmente opportuna in un momento di emergenza quale quello in cui ci troviamo (il che, è bene ricordare, non implica affatto che in altri momenti non lo sia). I motivi sono due.

In primo luogo, i soldi servono “qui ed ora”, e vanno trovati in un momento difficile. Occorre quindi prenderli là dove sono e dove possono essere prelevati rapidamente, e quindi con il minimo di burocrazia; e inolte occorre prelevarli creando il minore disagio possibile. E’ evidente che un’imposta dell’1% sulla ricchezza finanziaria, che abbiamo citato prima come esempio, risponde perfettamente a questi due requisiti. L’idea che si debbano tartassere i poveri anziché tassare i ricchi perché non si devono turbare i mercati e suscettibile di molte obiezioni; ma è inutile discuterle qui, perché tanto con un provvediemtno di questo generre i mercati non lo sarebbero pressoché per nulla.

Il secondo argomento è più importante. I governi hanno bisogno di risorse qui ed ora, e le stanno trovando chiedendo soldi in prestito. Per lo più questi prestiti sono comprati dalla Banca Centrale Europea, e potrebbero (e dovrebbero) essere di fatto cancellati. (Apro una parentesi: se non lo saranno si aprirà una crisi economica, politica e sociale di proporzioni inimmaginabili. Purtroppo questo non vuol dire che la BCE seguirà quella politica. Ci sono molti motivi per temere che non lo farà in misura sufficiente, ma discutere di ciò ci porterebbe fuori tema). La parte di debito che non verrà cancellata andrà rimborsata, o rinnovata, e su di essa si pagheranno gli interessi. Il famoso pensionato con i BOT sotto il materasso non esiste praticamente più, il debito italiano è sottoscritto perlopiù da soggetti ricchi. Quindi quando lo Stato finanzia a debito le sue spese per il Covid non solo non chiede soldi ai ricchi, ma dà dei soldi a questi ultimi. (Questo non vuol dire che non si debbano fare mai debiti, ma questo è un altro argomento fuori tema).

  1. Le soluzioni suggerite. Veniamo adesso a discutere delle tre proposte di patrimoniale che in questo momento sono in discussione (anche se ancora troppo poco) in Italia, e cioè l’appello del Fatto Quotidiano, la proposta LeU (con qualche adesione nel PD) e la cosiddetta “Paperoniale”, su cui si raccolgono le firme sul sito www.paperoniale.it. Diciamo subito che le tre proposte non sono alternative fra di loro, e tutte e tre a mio avviso meritano di essere sostenute.

La proposta del Fatto Quotidiano.è molto semplice: imporre un’imposta del 2% sulla ricchezza totale, finanziaria e immobiliare, di chi abbia un patrimonio superiore ai 50 milioni, e del 3% per chi abbia un patrimonio superiore al miliardo. Ha un indubbio pregio, e cioè quello di evidenziare quanto notavo più sopra, e cioè che un sacrificio sostanzialmente piccolo per i super-ricchi può consentire di raccogliere risorse importanti. Il gettito stimato infatti è intorno ai dieci miliardi. Personalmente penso che sia molto importante che l’opinione pubblica si renda conto di ciò; in effetti a essere tassati sarebbero circa 2750 persone, e (grazie anche alla professionalità con cui i “giornaloni” proteggono gli interessi dei loro padroni) sono in pochi a rendersi conto di quanto i ricchi pottrebbero contribuire a risolvere molti probelmi, e perdipiù con un sacrificio incomparabilmente minore di quello richiesto non da oggi ai cittadini normali. Nel sito La ricchezza, in scala (giacomoortona.github.io) potete trovare un’impressionante rappresentazione della ricchezza dei ricchi. Ho invece qualche dubbio sulle aliquote e sul gettito. Se si assume che chi abbia 50 milioni possa versarne 2, non è chiaro perché non si possa richiederne 1 a chi ne ha “solo” 25. In altri termini, per rendere il segnale politico “tassiamo i superricchi” particolarmente efficace si rinuncia a un gettito importante e del tutto giustificabile sul piano etico, politico ed economico. Comunque meglio tassare qualche ricco piuttosto che nessuno.

La proposta LeU tiene conto di questo aspetto; l’imposizione parte da un patrimonio totale (mobiliare e immobiliare) di 500.000E e prevede aliquote progressive; dal momento che il Disegno di Legge prevede il riaccorpamento delle imposte patrimoniali esistenti, e in particolare dell’IMU, i patrimoni di poco superiori ai 500.000 sarebbero di fatto beneficiati. Analogamente  alla proposta del Fatto, peraltro molto simile, questo progetto si propone, sul piano politico, di portare all’attenzione dell’opinione pubblica l’esistenza di patrimoni indebitamente grandi e la necessità che su di essi si operi un prelievo fiscale; con l’adozione di aliquote progressive si allarga però, a mio avviso correttamente, la base imponibile, e con l’accorpamento di altri tributi, che rende premiante il progetto per i titolari di patrimoni grandi ma non enormi, si punta probabilmente ad allargare il consenso verso la proposta. Anche questa proposta darebbe un gettito di circa 10 miliardi all’anno.

Entrambe queste proposte adottano come base imponibile la ricchezza totale delle famiglie italiane, mobiliare e immobiliare; la terza proposta, la cosiddeta Paperoniale (così chiamata da chi la propone, fra cui chi scrive), propone invece di tassare la sola ricchezza finanziaria (circa 4400 miliardi prima dell’epidemia, oggi forse leggermente meno). Su questa scelta abbiamo ricevuto delle critiche, in buona fede ma errate: perché escludere la ricchezza immobiliare? Il fatto è che essa non viene esclusa. La ricchezza immobiliare e quella finanziaria vanno di pari passo: chi ha molti soldi in banca, o molte azioni, di solito ha anche vaste proprietà immobiliari, e chi ha solo un piccolo conto in banca di solito ha solo la casa in cui abita, e molto spesso nemmeno quella. La ricchezza fianziaria è sostanzialmente pari a quella immobiliare (in realtà un po’ più bassa): quindi tassare la ricchezza finanziaria del (per esempio) 1% è del tutto equivalente a tassare la ricchezza totale dello 0.5%, ma ha un enorme vantaggio: non richiede alcun intervento da parte del contribuente, il prelievo può essere effettuato “con un click” da parte dello Stato, come avviene ora per l’imposta di bollo, e come non può avvenire per i beni immobili, che richiedono una documentazione catastale. Di fatto la Paperoniale è un aumento dell’imposta di bollo, però con una differenza importante: mentre attualmente l’aliquota è fissa allo 0.2%, noi proponiamo aliquote progressive, con un’aliquota marginale massima intorno all’1% e una quota esente intorno agli 80-100.000E. La prima aliquota dovrebbe essere intorno allo 0.05%, di modo che –per fare un esempio- chi avesse 150.000E in banca dovrebbe versare fra 40E e 50E in più rispetto ad ora. (L’imposta di bollo e le altre imposte patrimoniali, come l’IMU, resterebbero infatti in vigore). Il gettito totale dovrebbe essere intorno ai venti miliardi, il che mi pare evidenzi come il concentrarsi solo sui grandissimi patrimoni (è il caso della proposta del Fatto) e l’estendere la base imponibile ma con una normativa premiante per i patrimoni non enormi (è il caso di LeU) diano origine a proposte un po’ troppo timide, anche se condivido completamente le motivazioni politiche di queste scelte.

Concludo ricordando ancora una volta che sul sito www.paperoniale.it si raccolgono le firme per una petizione a favore di essa, da inviare al Parlamento come da art.50  della Costituzione. Chi legge è pregato di firmare, e di convincere altri a farlo.

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