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Para bellum

di Roberto
Musacchio

A un certo punto, alla vigilia del Consiglio europeo, appare sul sito di quella istituzione un testo dal titolo “Se vuoi la pace, prepara la guerra”. Inizia col ricordo, in prima persona, dell’invasione russa dell’Ucraina ma poi non è firmato. Il testo è pieno di considerazioni ispirate dal titolo. Sembra essere la bozza per le decisioni che prenderà il Consiglio. Di fatto ispira i titoli dei giornali che parlano di coinvolgimento dei civili nella preparazione alla guerra, di economia di guerra, di UE che non può dipendere in questo dalle elezioni USA. Si può immaginare che Michel, il presidente del Consiglio europeo, si sia fatto prendere dal linguaggio ormai imperante nelle sfere della UE. Io mi vado anche a rivedere come Cicerone usasse questa massima, si vis pacem para bellum, che pure aveva una storia più antica che veniva dalla Grecia, e che Cicerone usò nella Roma dell’Impero e delle guerre civili, cui evidentemente in questo strano “moderno ancien régime” che è la UE qualcuno si ispira. Riporto qui un passo che parla di quella storia.

«C’è chi vuole trattare con Antonio – dice Cicerone –, c’è chi sostiene che le sue richieste siano moderate, mi accusano di volere la guerra, sostengono che non bisognasse irritare Antonio. Chi sono costoro? Sono quelli che si sono creati la fama di democratici, e che oggi scelgono di essere non più democratici ma cattivi cittadini. Nessun tempo è mai stato tanto decisivo come l’attuale, “e così io, che sono sempre stato un fautore della pace […] io, che per così dire mi nutro di pace […], ebbene io, che – ripeto ancora – ho sempre lodato e promosso la pace, proprio io ora non voglio che ci sia la pace con Marco Antonio. Perché dunque non voglio la pace? Perché la pace sarebbe vergognosa, pericolosa, impossibile  […]  E non è che io non voglia la pace, ma ho paura di una guerra che si nasconda sotto la falsa sembianza di pace: perciò, se vogliamo usufruire della pace, bisogna fare la guerra; perciò, se rinunciamo ora alla guerra, non usufruiremo mai della pace [Quare, si pace frui volumus, bellum gerendum est; si bellum omittimus, pace numquam fruemur]. È proprio della vostra saggezza, Senatori, guardare il più lontano possibile nel futuro”».

Quanto la “narrazione” che si vuole imporre sia importante lo ha chiaro il cardinal Zuppi, presidente della CEI, che apertamente contesta la frase e sostiene invece che se vuoi la pace prepari la pace.
Cosa che anche Berlinguer ebbe a dire ai suoi tempi.
E a cui la recente assemblea nazionale di transform Italia, “Per la Pace”, contro la guerra, ha dedicato i propri lavori, e, da tempo, la propria “battaglia delle idee”.

Non a caso la Costituzione italiana scrive all’art. 11:
«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni […]».

Invece dopo l’89 inizia quella che il movimento dei movimenti chiamò la guerra preventiva e permanente; che Papa Francesco chiama guerra mondiale a pezzi; e noi di transform, dal primo numero della serie di uscite sul nostro sito, “La guerra dei trent’anni”.

La narrazione copre l’azione. Il Consiglio europeo ha “burocratizzato” il linguaggio evitando le frasi immaginifiche. Ma la “banalità della scelta di guerra” c’è tutta. Riarmo come opzione strategica, con la UE che affida anche la propria economia al “blocco militare industriale“. Allargamento del fronte a Georgia e Moldavia. “Copertura” agli sciagurati accordi bilaterali tra gli Stati membri e l’Ucraina. Armi e guerra citate in continuazione. Diplomazia e pace mai nominate. Poi l’ipocrisia e la correità sulla Palestina. Dovrebbe far trasalire che tutto ciò, la guerra, si farebbe per la democrazia, usando modi che calpestano ogni forma e sostanza di democrazia liberale. Come l’austerità ha calpestato il “patto liberale” di no taxation without representation, ora chi autorizza, senza mandato costituzionale e rappresentanza, la UE a portare in guerra cittadini ridotti a sudditi/soldati? La UE ormai è una democratura intergovernativista, assoggettata ai poteri finanziari e militari imperiali e portatrice di proprie istanze imperialiste. E ha calpestato le proprie origini di costruzione della Pace e fatto a pezzi il proprio modello sociale.

La UE è entrata di diritto, e con proprie caratteristiche che ormai rendono “naturale” la confluenza tra establishment e nazionalisti, socialisti e destre, in una sorta di Europa delle Nazioni, nel club dei dominanti. Unito dalla finanza e dalle multinazionali, diviso tra autocrazie e democratura. Mix tra Impero e Imperialismi. Unito contro i dominati, diviso sul suprematismo che debba prevalere.

Ogni parola di guerra alimenta questo mondo orwelliano.

L’attentato terroristico a Mosca è l’ennesima benzina su un fuoco che sta per diventare non più contenibile. Questo branco di dominanti  che occupano le stanze del potere va fermato. Ogni nuova parola, soprattutto nelle sedi istituzionali, che non sia di ricerca di Pace è responsabile dell’escalation che rischia di travolgerci.

È, dovrebbe essere, chiaro che in questo quadro von der Leyen è un’avversaria e non qualcuno da rieleggere come pensano Prodi e Schlein. Che l’esercito europeo non è la soluzione né militare, visto che già oggi la Germania spende per il militare più della Russia, né “europeista” visto che un esercito senza Costituzione è un’arma devastante in mano ai dominanti. Anche su questo Prodi sbaglia, continua a sbagliare, come tutti gli “europeisti” arresi al funzionalismo. Con ipocrisia.

Pace o guerra è la domanda a cui rispondere, anche nelle urne. Proveranno a farci scegliere tra Meloni e Schlein e sarebbe anche “giusto” se non votassero entrambe per la guerra. Per altro con Meloni che ha due carte, Biden e Trump. Invece dobbiamo chiedere che si dia mandato sulla guerra alla guerra. Serve a noi tuttə, anche a chi non ci voterà.

Roberto Musacchio

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