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Pandemia: scienza, conoscenza, credenze e potere

di Roberto
Rosso

La pandemia da Sars-CoV-2 ormai da due anni, con il succedersi degli andamenti stagionali e dal manifestarsi di nuove varianti, costituisce un fattore determinante per l’andamento del ciclo economico e non solo, sin dall’inizio ha dato origine alle più diverse credenze indipendentemente da un loro fondamento scientifico, il fenomeno si è amplificato con l’avvento dei vaccini. Come abbiamo avuto modo di sottolineare, la pandemia ha rappresentato una sorta di dispositivo di esplorazione delle formazioni sociali in tutte le loro dimensioni, livelli e strutture, dalla composizione demografica alla forma stato, dalla struttura economica e produttiva alla composizione politica e culturale.

Il ruolo della scienza nei confronti del potere politico ed economico è stato messo sotto tensione, le scelte dei diversi governi sono state e continuano ad essere le più varie, a fronte delle straordinarie conseguenze della pandemia. Rispetto alle prime manifestazioni della pandemia le conoscenze sulla natura dell’agente virale, delle patologie indotte e delle dinamiche epidemiologiche si sono enormemente amplificate, tuttavia è una continua rincorsa rispetto alla capacità di mutare del virus che si sono potute manifestare soprattutto a causa della distribuzione diseguale dei vaccini.

Nei paesi dove è massimo lo sforzo di vaccinare la popolazione, come in Italia dove si è giunti alla terza dose il cosiddetto booster, le conseguenze più gravi in termini di ospedalizzazione e ricovero in terapia intensiva riguardano soprattutto la parte di popolazione non vaccinata; sono dati acclarati anche se c’è chi tenta di nasconderli o mascherarli1. Le conseguenze dell’atteggiamento verso i vaccini, la disponibilità o meno a farsi vaccinare, sono drammatiche come si può rilevare dai dati oltre che dalle cronache. L’azione dei vaccini quindi indubbiamente efficace contro la pandemia non produce una situazione bianco/nero, ma molto più articolata e complessa come in tutte le manifestazioni dei sistemi viventi, a partire dalla curva temporale della immunizzazione che richiede la somministrazione della terza dose; forse di dosi successive questione su cui è aperto il confronto a livello scientifico e negli organi di sorveglianza sanitaria. La nuova variante richiederà un aggiornamento dei vaccini.

La realizzazione dei vaccini, in particolare quelli a mRNA, è avvenuta in tempi indubbiamente rapidi a partire dalla comparsa del virus, in base a linee di ricerca precedenti e con cospicui finanziamenti pubblici. La autorizzazione alla somministrazione dopo le tre fasi canoniche di sperimentazione, è stata seguita appunto dalla somministrazione di miliardi di dosi, il che ovviamente ha permesso di individuare lo spettro delle reazioni alla vaccinazione su una scala più ampia e la dinamica dell’immunizzazione, su cui peraltro si continua ad indagare. Le strategie di contrasto alla pandemia -mascherine a parte, che restano il dispositivo di base per limitare il contagio- si sono fondate nella prima sulla limitazione dei contatti, sino al lockdown più stretto, poi sui vaccini e le misure adottate per motivare sino ad imporre la vaccinazione.

Si è aperto quindi il confronto con le misure che gli stati hanno preso nelle varie fasi e prendono oggi nel pieno dispiegarsi della variante Omicron. Un processo di dimensione globale e pervasivo rispetto ad ogni nesso sociale che non ha prodotto una reazione altrettanto globale e coordinata, ma semmai ha esaltato le contradizioni, le differenze le diseguaglianze ed i conflitti. Il procedere della pandemia e degli interventi per combatterla costringe i cittadini a confrontarsi con una situazione sempre più complessa, dentro cui il flusso di informazioni è stato sufficientemente contradditorio e comunque non strutturato in modo da realizzare un processo di apprendimento collettivo. Indubbiamente il fenomeno della pandemia da Sars-CoV-2 ha un carattere assolutamente straordinario, benché non del tutto imprevisto nei modelli pandemici delle maggiori agenzie di sorveglianza epidemiologica- ed ha messo in crisi o meglio ha mostrato limiti e contraddizioni del processo di trasmissione delle conoscenze e delle informazioni rispetto allo stato di salute della popolazione in generale, periodi ‘normali’ -posto che ne esistano.

Il complesso di processi intrecciati tra loro che si organizzarono, si producono attorno a ciò che specificamente costituisce la pandemia ha prodotto nuove conoscenze, sulla dimensione specifica della pandemia, ma ha costretto tutta l’organizzazione sociale ad apprendere secondo uno schema di produzione di conoscenza in azione; conoscenze e saperi con diverse proporzioni – per così dire- tra saperi formalizzati, prodotti da una rigorosa metodologia scientifica e saperi legati alle situazioni.

La medicina rappresenta il campo dove più concretamente la persona individualmente e le popolazioni collettivamente vivono il rapporto con la scienza, dove da sempre il medico, l’esperto sono avvolti in un’aura quasi sacrale, depositari di un sapere a cui noi tutti – i profani- non possiamo accedere. In realtà, mentre l’insieme delle conoscenze sulla salute, sui fattori che incidono sulla salute individuale e collettiva è cresciuto e continua a crescere ad un ritmo esponenziale, costituendo un sistema di conoscenze sempre più complesso e specializzato al suo interno, quell’aura sacrale è svanita. O meglio, se il sistema delle scienze, delle tecnologie che trattano della nostra esistenza concreta -dalla genetica alla salute mentale- è sempre più imperscrutabile al comune cittadino, il funzionamento concreto dell’apparato sanitario, i servizi che eroga fanno semplicemente parte della fatica di vivere, per la maggioranza de cittadini, un labirinto in cui orientarsi per giungere al beneficio della cura. Pur perdendo l’aura sacrale nell’esperienza quotidiana, le nostre vite sono scadenzate dal rapporto coi servizi sanitari.

L’estrema specializzazione delle tecnologie all’opera sul corpo individuale e collettivo rimanda all’unità della persona, delle sue dinamiche ed anche all’unità complessa del corpo sociale, in tutte le dinamiche e relazioni che lo costituiscono. Lo sguardo specialistico sulla persona, seleziona livelli, organi, funzioni su cui la tecnologia medico-sanitaria interviene. A fronte di questa parcellizzazione sta la dimensione unitaria e complessa, olistica del corpo individuale e sociale. A fronte del trattamento delle patologie stanno tutte le pratiche di mantenimento in salute, di miglioramento delle condizioni di vita individuali e collettive, quasi senza soluzione di continuità rispetto al trattamento di patologie vere e proprie; nel mezzo stanno le pratiche di prevenzione del manifestarsi delle malattie che riguardano tanto la persona quando la collettività ovvero l’individuo sociale.

Il mantenimento ed il miglioramento delle condizioni di salute e di efficienza è l’oggetto di una proposta di servizi e prodotti, tecniche e ricette che fanno parte di un mercato sempre più diversificato ed esteso per la salute ed il benessere. Benessere diventa la parola chiave nell’orizzonte mitico del miglioramento continuo della qualità e della durata della vita.

A fronte di tutto questo sta la solitudine della malattia, quasi la vergogna del non poter aderire all’ideale di lunga e buona vita, di perfetta condizione fisica e mentale, che la comunicazione del mercato ci propone attraverso i messaggi promozionali di qualsiasi prodotto e servizio, mentre ognuno è solo trafitto da una inaspettata patologia. Se la solitudine di fronte alla malattia è una condizione strutturale nei rapporti sociali dominanti la rete permette invece condivisione possibile di ogni sorta di informazione ed esperienza, la proposta di pratiche, rimedi e credenze che altrimenti.si riprodurrebbero in ambiti molto più limitati.

Proprio la rete -i network sociali e tutte le forme possibili di condivisione di informazione, che la rete favorisce- permette da un lato la condivisione di conoscenze testate secondo metodologie minimamente fondate su pratiche condivise di verifica degli enunciati espressi -assieme a pratiche solidali- dall’altro favorisce la diffusione delle affermazioni più infondate, delle peggiori leggende metropolitane; si creano schieramenti dove si esprimono, cercano un sbocco, una condivisione la rabbia, i bisogni e le speranze che ognuno matura nella propria esperienza individuale di cui ricerca un senso condiviso.

È facile ironizzare sugli spropositi del fai da te in campo sanitario o sulle leggende che circolano attorno ai vaccini ed alla pandemia – senza per questo salvare i demagoghi del momento- ma questi fenomeni che con la pandemia si sono diffusi capillarmente, costituiscono un indice delle diseguaglianze sul piano dell’accesso alla conoscenza, a quei dispositivi e linguaggi che permettono di valorizzare, interpretare e sistematizzare la propria esperienza di vita, di comprenderne il contesto ed agire dentro di esso: e necessariamente contro.

Il ruolo dell’innovazione tecnologica nella riproduzione e trasformazione delle società in cui viviamo è quasi una ovvietà, è centrale ed essenziale considerarla per una analisi delle formazioni sociali. È il filo conduttore della nostra ricerca fondata sul ruolo trainante delle tecnologie digitali -da ultimo lo sviluppo della cosiddetta Intelligenza Artificiale, nelle sue diverse declinazioni- nel processo globale di innovazione che dalle singole filiere tecnologiche si riverbera in una più generale e pervasiva innovazione/trasformazione dei rapporti sociali in tutte le loro dimensioni. Cruciale è l’ibridazione tra le tecnologie dell’informazione e quelle della vita, dalle biotecnologie che intervengono sui meccanismi più profondi della vita a livello genetico ed epigenetico, così come sugli ecosistemi.

L’estrema articolazione della composizione sociale a livello globale, nelle condizioni di vita e di lavoro, così come nelle singole formazioni sociali, sino ai singoli territori, è il prodotto dell’uso capitalistico della scienza e della tecnologia, della forma specifica che queste assumono. La società dell’informazione, dello sviluppo ipertrofico delle tecnologie dell’informazione si traduce in una società dell’ignoranza, del sapere, dello spaesamento, di una frantumazione degli stessi saperi che si ricompongono secondo logiche di potere, come ci racconta in questo numero della rivista Riccardo Rifici.

Il problema allora della condivisione della conoscenza è dunque cruciale per agire il conflitto orientare la trasformazione nei rapporti sociale di capitale in cui viviamo e ancor più vivremo; tuttavia non si tratta semplicemente- si fa per dire- di diffondere il sapere scientifico, la ‘cultura alta’, mantenendo la ‘divisione del lavoro’ che regola il nostro vivere. È necessario invece agire la trasformazione, di cui uno dei paradigmi è la costruzione di circuiti virtuosi della conoscenza, della ‘conoscenza in azione’ rendendo permeabili i le filiere disciplinari tra di loro, valorizzando i dispositivi cognitivi la produzione di conoscenza di individui e collettività, partendo dalla affermazione a priori del loro valore dal punto di vista della produzione di nuova conoscenza, appunto. La cosiddetta Ricerca-Azione ‘Action Research’2, la ricerca partecipata, la ‘Citizen Science’ -usando definizioni in lingua con cui certe pratiche sono riconosciute- rimandano alla assunzione di responsabilità condivisa, a livello individuale, collettivo e comunitario nella produzione di conoscenze, si tratta quindi di una attribuzione di valore ed una conseguente assunzione di responsabilità; il concetto di produzione della conoscenza in azione si riferisce alla problematica del riconoscimento delle diverse forme di conoscenza – loro ambiti di validità- che va oltre la ‘ricerca azione’ come specifico modo di organizzazione della ricerca, etnografica, sociologica, etc… L’elaborazione dei movimenti di liberazione è ovviamente un punto di riferimento, tuttavia l’orizzonte è quello di una trasformazione profonda, radicale, pervasiva, quotidiana quanto globale e strutturale della società.

Tornando alla pandemia ed ai modi di governarla, essa costituisce un terreno fondamentale per intervenire sui processi che regolano la condivisione delle conoscenze, la condivisione di criteri di valutazione del valore e dei limiti della conoscenza, che non può che partire dalla condizione concreta in cui la pandemia si sviluppa a partire dalla struttura sanitaria, da quando il diritto alla cura sia realizzato, a partire anche dagli obiettivi che il trattamento e contenimento della pandemia da parte dei governi vengono assunti a riferimento, vedi le condizioni in cui si sviluppò il focolaio in provincia di Bergamo.

La formazione e condivisione delle conoscenze, la scala dei valori che noi utilizziamo per giudicarle, rispetto ai termini della loro validità (termine assai impegnativo) costituisce una questione che deve essere rilevata, riconosciuta, enucleata nel tessuto delle relazioni, delle contraddizioni e dei conflitti in cui si svolge la nostra esistenza collettiva, per poterla riconoscere e ricollocare nella complessità del vivere, per poter fare della ‘critica della scienza’ del rapporto tra ‘scienza e potere’ una questione viva e soprattutto condivisa e comprensibile ai più.

Un ‘ultima osservazione è necessaria, chi contrappone il ruolo della quota di popolazione non vaccinata nella manifestazione di patologie gravi da contagio Covid allo stato della struttura sanitaria oltre a non analizzare i dati usa un metodo che non collega due fattori concorrenti. Analogamente il ritardo nella cura di altre patologie -anche gravi come quelle tumorali- a causa dell’impegno delle strutture per l’assistenza Covid, viene attribuito da alcun all’eccessiva enfasi con cui si parla della pandemia e non al dato concreto dei suoi effetti. Una analisi delle credenze in merito, delle modalità della loro diffusione, del ruolo di alcune figure con ruolo e talvolta fama di intellettuali, sino all’acquisizione o meglio alla ricerca del ruolo di capipopolo, rientra nel campo di cui sopra. Della creazione e della condivisione della conoscenza, all’interno dell’attuale congiuntura, abbiamo brevemente trattato, alla possibilità di processi di liberazione ci continuiamo riferire.

Roberto Rosso

  1. https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/aggiornamenti.[]
  2. alcuni riferimenti Sustainable Development and Participatory Action Research: A Systematic Review https://doi.org/10.1007/s11213-020-09535-8, Reflective Practices in Community Development: a Grounded Analysis https://doi.org/10.1007/s11213-019-09496-7 in Systemic Practice and Action Research.[]
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