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Oltre il voto

di Roberto
Musacchio

Vado a votare soddisfatto. L’idea che avevo di una campagna elettorale contro la guerra si è realizzata. È ciò che mi ha sempre appassionato della politica, il poter dar corso a idee che sono le tue ma di tanti altri, ancora di più se poi sono idee che cambiano, almeno ci provano, le cose. È un modo di essere al mondo che mi viene da molto lontano, dalla generazione che nasceva col ‘68. Un modo di interpretare la vita. Di esserci. Ma anche di darsi sicurezza. Ecco, oltre al piacere di esserci per me è sempre stato fondamentale sentire che c’era qualcosa di collettivo, che dava forza. Una chiesa, si è detto spesso del PCI. Se chiesa è la costruzione di una casa comune, di una visione delle cose, accetto anche il paragone. Io poi ho sempre mantenuto la libertà di giudizio e scelta. E oggi la chiesa mi manca. Mi manca il costruito insieme, mi mancano gli “adulti” che aiutano. Troppe macerie. Troppi ragazzi invecchiati e non cresciuti. Bisogna riflettere su una generazione e su un’epoca, la nostra. Per questo quando si ritrova un filo sono più sereno, in un tempo che mi angoscia. Questa lotta contro la guerra è fatta di reincontri, di nuove conoscenze ma anche di nuove distanze. Parto da queste che provo verso chi ha scelto altro, legittimamente ma per me dolorosamente. Ne ho scritto, provando anche una ipotesi di lettura, “la sinistra occidentale”. In alcuni individualmente e collettivamente marcata. D’altronde di recente Mentana ha richiamato l’ex Jugoslavia per dire che allora si bombardò Belgrado. Io ricordo “noi” sui ponti. Ma anche le prime torsioni verso le ragioni della guerra umanitaria. Dolorose. Con l’Irak il movimento pacifista fu ancora grande ma sconfitto. Cercammo le strade della non violenza per andare oltre il solo antimperialismo in un Mondo che volgeva verso dinamiche orwelliane, di grande impero finanziario e tante sfumature di suprematismo. Eppure oggi sulla guerra ucraina le ferite e l’impotenza si sono moltiplicate. Poco o nulla si muove. Tanti compagni usano l’antimperialismo contro Putin e si ritrovano a fianco della NATO anche non volendolo e io non accuso nessuno perché è un imbroglio in cui è difficile orientarsi. Ed ecco il voto ridotto a strumento per una sola azione, il libero una persona, a prescindere dal contesto, ignorandolo o, mi scuso, mistificandolo. Veramente si può pensare che è Orban che ci tiene prigionieri? Noi europei portati in guerra da Ursula Von Der Leyen e dalla sua corte, dal governo tedesco e quello francese. Vedi che in una assemblea dei parlamentari dei Paesi NATO tra gli italiani quelli che votano a favore dell’uso allargato delle armi sono solo i due del PD, vedi la dissociazione dell’Ungheria, la stessa “prudenza” italiana e ti interroghi su come fai a combattere le destre se non combatti la guerra. Ho detto dell’“occidentalismo” che ha sedotto non solo il cambio di campo di molti socialisti o di ex comunisti ma anche  tanti sessantottini. La parabola dei Grunen tedeschi è veramente impressionante da questo punto di vista. O personaggi come Stoltenberg, già socialista anti NATO ed oggi convinto bellicista. Qualcuno lo vedi in giro con la chitarra a suonare non più per la Pace ma per le “truppe”.

Il contrario di questa deriva suprematista occidentale non è l’orientalismo o il campismo multipolare a prescindere. Come fu nel 1915, nel 1940, nel 1968 è il comunismo come idea che rovescia la Storia, la Rivoluzione contro la guerra. Certo, tutta da rifondare. Non fu un caso che i primi atti che portarono a Rifondazione Comunista furono il voto di una pattuglia di parlamentari ancora nel PCI in scioglimento contro la prima guerra in Iraq. Come fu Rifondazione a “leggere” Maastricht come rovesciamento della Europa dalla pace all’Europa reale. A capire, con la lezione di Gallino, il rovesciamento della lotta di classe e ciò che comportava nella politica. A incrociare il movimento dei movimenti per rifondare il comunismo di un altro Mondo necessario. Molte le sconfitte, quasi la capitolazione. Verso omologazione o settarismo intergruppi coperto di movimentismo senza movimenti.

Si riaffiorò con la lotta europea alla austerità. Con la guerra è tutto più difficile. Per questo sento preziosi i materiali di questa campagna che volge al voto. La lettura della guerra. Il rifiuto della guerra. L’istituzionalizzazione di un nuovo movimento pacifista. Ne ho sentito parlare da Orsini come necessità assoluta rispetto all’istituzionalizzazione della guerra. La Valle ne ha parlato anche rispetto al collocarsi politicamente nel parlamento europeo. Io ho le mie “piccole case” sebbene, una più una meno, diroccate. Rifondazione e il Partito della Sinistra Europea. Ecco, per me possono rifondarsi intorno alla Pace costituente, dalla guerra alla guerra ad un nuovo socialismo.

di Roberto Musacchio

P.s.

In questa campagna elettorale di guerra alla guerra, riflettendo, mi capita di imbattermi in frasi antiche che mi colpiscono. Ho già parlato dell’articolo di Togliatti del 1949 sul chi alle domande risponde “porto pesci”, cosa molto diffusa oggi di fronte alla guerra. Stamattina pensando alle “difficoltà” di leggere la realtà contraddittoria di oggi e alle letture che faccio anche su fb mi è venuto in mente questo che ho poi ritrovato.

“Il 1° gennaio 1949 Palmiro Togliatti pubblicò sull’«Unità» una missiva in cui paragonava il Partito Comunista a un puer robustus et malitiosus, giovane, forte e astuto, che lotta contro il nemico per la difesa del pane, della libertà e della pace, e per la conquista del futuro.”

Quanto ne avremmo bisogno.

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