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Obbligo di vaccinazione e crisi politica. L’Austria messa alla prova

di Alessandro
Scassellati

Ormai da oltre due anni l’Austria attraversa una difficile crisi politica che negli ultimi mesi si è intrecciata con una recrudescenza della pandemia da CoVid-19, favorita da bassi tassi di vaccinazione. Il governo ha imposto un lockdown per i non vaccinati e per 20 giorni anche per i vaccinati, ma soprattutto ha decretato l’obbligo di vaccinazione per tutti dal 1 febbraio 2022

La crisi CoVID-19: dal lockdown per i non vaccinati all’obbligo di vaccinazione per tutti

Di fronte all’aumento delle infezioni quotidiane, il governo austriaco nel mese di novembre ha deciso di reimporre un lockdown (prima solo per i non vaccinati e poi per tutti), e ha stabilito che renderà obbligatorie le vaccinazioni a partire dal 1 febbraio 2022. L’Austria è il primo paese dell’Europa occidentale a rendere obbligatoria la vaccinazione anti-CoVid-19, mentre al di fuori del continente solo Indonesia, Micronesia e Turkmenistan hanno un obbligo di vaccinazione per gli adulti. L’Austria ha una popolazione di 8,9 milioni di persone e, con oltre 2 milioni di non vaccinati, ha avuto 1,2 milioni di casi di CoVid-19 e oltre 13 mila decessi dall’inizio della pandemia lo scorso anno. Il 18 novembre sono stati registrati 15.145 nuovi casi, il numero più alto dall’inizio della pandemia. Ci sono tassi particolarmente bassi di vaccinazione nelle aree rurali più isolate e disconnesse e nei distretti periferici meno abbienti di Vienna dove la proporzione di residenti nati fuori dall’Austria è maggiore. Vale anche la pena notare che gli austriaci usano medicine alternative, dall’omeopatia ai rimedi casalinghi, molto più che in altri paesi europei. Gli ospedali hanno fatto sapere che le loro unità di terapia intensiva stavano raggiungendo il limite della capacità operativa, mentre le morti giornaliere medie si erano triplicate nel giro di poche settimane.

Una evoluzione che è venuta dopo che, durante tutta l’estate, il partito di governo, ÖVP, e il suo leader e cancelliere, Sebastian Kurz, avevano annunciato la fine della crisi del CoVid-19 in dichiarazioni pubbliche e su enormi cartelloni pubblicitari. “Abbiamo sconfitto la pandemia, combattuto la crisi. Finalmente, di nuovo insieme“, recitava uno di questi cartelloni pubblicitari.

Il 12 novembre, il governo Schallenberg aveva annunciato di voler imporre dal 15 novembre un lockdown di 10 giorni per le persone non vaccinate (esentando le persone di età pari o inferiore a 12 anni) in due delle regioni – Alta Austria e Salisburghese – che in Austria e in Europa erano tra le più colpite dal coronavirus, ipotizzando di estenderlo a tutto il paese. Il governo aveva stabilito che milioni di persone non completamente vaccinate contro il CoVid-19 nelle regioni dell’Alta Austria e del Salisburghese sarebbero potuti uscire di casa solo per motivi considerati essenziali per la vita, come andare al lavoro, fare la spesa o andare dal medico, misure ritenute senza precedenti in Europa.

Domenica 14 novembre, dopo una videochiamata con i governatori delle nove province austriache, Schallenberg ha annunciato in una conferenza stampa che la misura sarebbe stata estesa all’intero paese. “Dobbiamo aumentare il tasso di vaccinazione. È vergognosamente basso“, ha detto Schallenberg. Il cancelliere ha detto anche che le misure si basavano sull’uso del buon senso da parte delle persone, perché controlli generali non erano possibili. “Non viviamo in uno stato di polizia e non siamo in grado di, né vogliamo, controllare ogni angolo di strada“. D’altra parte, il sindacato di polizia aveva subito espresso le sue preoccupazioni sull’attuazione delle restrizioni, temendo una reazione pubblica. Tuttavia, Schallenberg e il ministro degli Interni, Karl Nehammer, hanno successivamente affermato che la polizia avrebbe effettuato controlli approfonditi.

L’Austria ha il tasso di vaccinazione più basso di qualsiasi altro paese dell’Europa occidentale a parte il Liechtenstein, secondo i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Secondo i virologi, la diffusione aggressiva del CoVid-19 negli ultimi mesi in Austria è dovuta alla variante Delta, unita a un tasso di vaccinazione che resta troppo basso. Solo circa il 66% della popolazione austriaca era completamente vaccinata (mentre il 68% era vaccinato in Germania) ad inizio novembre. Questo, quando gli esperti affermano che è necessario un tasso di vaccinazione di almeno il 75% per controllare la pandemia. In Alta Austria, poco meno del 60% della popolazione era vaccinato. L’Austria, come l’Italia, ha un sistema di passaporto digitale (green pass) per il CoVid-19, con la maggior parte delle persone che portano la prova nelle scansioni QR sui telefoni cellulari.

Circa 2 milioni di austriaci non si sono vaccinati e molti sono scettici sulle vaccinazioni, una visione incoraggiata dal partito di estrema destra Libertà (FPÖ), il terzo più grande in parlamento. Schallenberg aveva dichiarato: “Non vedo perché due terzi dovrebbero perdere la loro libertà perché un terzo sta esitando. Per me è chiaro che non ci dovrebbe essere il lockdown per i vaccinati per solidarietà con i non vaccinati”.

Con il “lockdown per i non vaccinati“, coloro che hanno rifiutato di vaccinarsi e che lasciano la loro casa per motivi non essenziali possono essere multati per 500 euro, che salgono a 1.450 euro se non rispettano i controlli. Una misura che ha attirato l’attenzione mondiale, poiché i paesi di tutto il mondo si chiedono se possono combattere la recrudescenza del virus attraverso i soli vaccini. C’è il timore che il “lockdown dei non vaccinati” possa costituire un pericoloso precedente, imponendo una segregazione per motivi medici in una società già polarizzata. In Austria il passo è stato criticato non solo dal partito dal FPÖ, ma anche dal liberale NEOS. L’ex sciatore olimpico Felix Gottwald, un’icona sportiva nazionale, ha affermato che la legge gli ricorda il passato nazionalsocialista più oscuro del suo paese. In ogni caso, la misura ha fatto subito aumentare il numero delle persone vaccinate, anche se non in modo ritenuto sufficiente da parte delle autorità sanitarie e governative.

Affinché il “lockdown per i non vaccinati” a domicilio sia compatibile con la costituzione del paese, deve essere giustificabile da un punto di vista medico. Poiché le vaccinazioni riducono il rischio di contrarre e quindi di trasmettere il virus, anche se in modo meno efficace nel tempo, alcuni scienziati affermano che è così. Deve anche funzionare, ha affermato Karl Stöger, professore di diritto costituzionale all’università di Vienna. “Se il blocco parziale finisce per essere un test di intelligenza per coloro che cercano scappatoie su come eludere le multe, allora non è abbastanza“, ha detto Stöger. “Una misura che non funziona non deve entrare in azione”.

Nel giro di pochi giorni, la polizia dell’Alta Austria ha effettuato circa 5 mila controlli a campione al giorno nelle strade – nessuno dei quali nelle case private delle persone – e ha rilevato 63 violazioni delle nuove norme. Ma anche le forze dell’ordine hanno ammesso che a volte è impossibile capire se una persona che cammina per la città è impegnata in attività essenziali o non essenziali.

Il 19 novembre, il governo ha ammesso che ridurre al minimo i movimenti dei soli non vaccinati non sarebbe stato sufficiente per appiattire la curva. Da lunedì 22 novembre, ogni cittadino austriaco è entrato nel quarto lockdown generale della pandemia fino al 12 dicembre. Gli asili nido e le scuole sono rimaste aperte, ma nelle aule è obbligatorio indossare la mascherina e gli alunni possono scegliere di studiare a distanza senza una ricetta di un medico.

Il governo ha anche confermato che l’Austria diventerà il primo paese europeo a rendere obbligatorie le vaccinazioni contro il CoVid-19 dal 1 febbraio 2022 per tutti i cittadini di età superiore ai 14 anni, salvo il caso di dispensa per motivi di salute1. Coloro che rifiuteranno di essere vaccinati rischieranno sanzioni amministrative, che potranno essere convertite in una pena detentiva se la multa non potrà essere recuperata. Nessuno verrà vaccinato con la forza, ha detto il governo, ma chi rifiuterà il vaccino dovrà pagare una multa iniziale di 600 euro, che potrà poi aumentare a 3.600 euro se non liquidata.

L’annuncio dell’obbligatorietà del vaccino, nonostante diversi sondaggi abbiano rilevato che la maggioranza degli austriaci fossero favorevoli a tale misura, ha attirato pesanti critiche dai banchi dell’opposizione in parlamento. “Da oggi l’Austria è una dittatura“, ha affermato Herbert Kickl del FPÖ, che ha sostenuto trattamenti alternativi, scientificamente non provati, contro le infezioni da coronavirus, come il farmaco antiparassitario ivermectina.

Le proteste dei no-vax

Il basso tasso di vaccinazione dell’Austria, le proteste di no-vax e il sentimento di scetticismo verso il CoVid-19 si riflettono nella politica dei partiti. L’Austria ha non uno, ma due partiti apertamente scettici contro il CoVid-19: il FPÖ e un nuovo movimento, il partito Popolo-Libertà-Diritti Fondamentali (MFG), che ha vinto la rappresentanza nel parlamento dello stato dell’Alta Austria alle elezioni regionali di settembre.

Tra i motivi di esenzione dalla regola del “lockdown per i non vaccinati” c’è anche il diritto alla libertà di riunione e già il 16 novembre la polizia aveva permesso lo svolgimento di una protesta no-vax di 600 persone fuori da una clinica di Wels-Grieskirchen.

Decine di migliaia di persone (almeno 35-40 mila secondo la polizia) hanno protestato sabato 20 novembre a Vienna contro le restrizioni sul coronavirus, il giorno dopo che il governo austriaco aveva annunciato un nuovo lockdown generale e affermato che i vaccini sarebbero stati resi obbligatori l’anno prossimo. Fischi, applausi, corni e tamburi, la folla si è riversata nella Piazza degli Eroi di fronte all’Hofburg, l’ex palazzo imperiale. Molti sventolavano bandiere austriache e portavano cartelli con slogan come “no alla vaccinazione“, “basta” o “abbasso la dittatura fascista“. Tra i partecipanti c’erano il neo-nazista condannato Gottfried Küssel e il leader identitario Martin Sellner. Diversi manifestanti indossavano stelle di David gialle o portavano cartelli che paragonavano l’obbligo all’Olocausto.

Decine di migliaia di persone (44 mila secondo le stime della polizia) si sono radunate sabato 11 dicembre a Vienna per protestare contro le restrizioni introdotte per fermare la diffusione del coronavirus in Austria, compresi i vaccini obbligatori e gli ordini di confinamento domiciliare per i non vaccinati2.

Gli striscioni dicevano “No alla vaccinazione obbligatoria” e “Giù le mani dai nostri figli“, mentre i manifestanti hanno cantato “Noi siamo il popolo” e “Resistenza“. La polizia ha arrestato tre persone per diversi reati tra cui l’uso di fuochi d’artificio e il mancato rispetto dell’obbligo di indossare mascherine. I giornalisti che hanno seguito l’evento, iniziato in piazza Heldenplatz, sono stati attaccati con palle di neve e ghiaccio, e un giornalista è stato vittima di un tentativo di aggressione.

Alla folla si è rivolto Herbert Kickl, leader del FPÖ, che ha attaccato la risposta del governo alla pandemia. Ha detto che il pubblico non si era reso conto di essere stato “preso a calci in culo” dal governo e ha detto che le proteste continueranno.

La crisi politica: ascesa e caduta della cometa Sebastian Kurz

L’evoluzione catastrofica della pandemia da CoVid-19 si intreccia con una gravissima crisi politica, in gran parte caratterizzata dall’improvvisa caduta si Sebastian Kurz, ossia dell’assoluto protagonista della politica austriaca negli ultimi 5 anni.

Alle elezioni parlamentari anticipate in Austria del 15 ottobre 2017, avevano vinto (31,7% dei voti, +7,6% in più rispetto al 2013) i cristiano-democratici ÖVP (destra moderata) guidati dal wunderwuzzi Sebastian Kurz, il “bambino prodigio” di 31 anni3. Come nel caso del PD di Renzi, l’ÖVP è stato trasformato nel partito personale di Kurz, il quale ha usato i temi dell’interesse nazionale e della chiusura verso l’immigrazione e l’asilo, smarcandosi dai socialdemocratici SPÖ (che con il 26,9% hanno tenuto) del Cancelliere uscente Christian Kern con cui aveva governato in una Große Koalition. Ha rimodellato il partito di centrodestra a sua immagine da quando ne è diventato leader nel maggio 2017, centralizzando i poteri decisionali e cambiando i suoi colori dal tradizionale nero al turchese.

Ma, le elezioni erano state vinte anche dalla destra nazionalista (26,5% dei voti, +6% rispetto al 2013; primo partito in Carinzia con oltre il 35%) – gli estremisti euroscettici del Freiheitliche Partei Österreichs – FPÖ (partito detto della libertà e fondato nell’immediato dopoguerra da alcuni notabili ex nazisti) di Hans Christian Strache, erede di Jörg Haider (che tra il 2000 e il 2005 aveva portato il FPÖ al governo con l’ÖVP e l’Unione Europea, molti Paesi europei e Israele inflissero sanzioni diplomatiche all’Austria), che erano stati in grado di portare il proprio candidato Norbert Hofer al secondo turno delle presidenziali, poi vinte dal verde Van der Bellen, il cui partito si è spaccato e solo la lista dello scissionista di Peter Pilz (4,3%) ha superato la soglia di sbarramento. Soglia superata anche dai liberali di NEOS (5,1%, +0,2%).

Da ministro degli Esteri, Kurz aveva espresso posizioni molto dure sul tema dei migranti, guidando la rivolta dell’Est Europa contro l’ondata migratoria che ha portato al blocco delle frontiere lungo i Balcani nel 2016 e minacciando, tra le altre cose, la militarizzazione e chiusura del Brennero. Nel corso della campagna elettorale, però, era stato Strache (arrestato nel 1988 per aver preso parte alla marcia di un movimento neonazista modellato sulla Hitlerjugend) a dettare l’agenda, imponendo l’immigrazione (gli stranieri sono tra il 10 e il 15% dei circa 8 milioni di abitanti) e la paura dell’Islam radicale come temi centrali, spostando a destra l’intero baricentro del dibattito politico e attaccando la vecchia partitocrazia e il Proporzysystem (il sistema di spartizione) su cui si è stata basata la Große Koalition tra socialdemocratici e popolari (un’alleanza politica che aveva governato l’Austria per 23 degli ultimi 30 anni). Aveva promesso che con lui al governo, oltre ad un rafforzamento degli strumenti per la democrazia diretta (più referendum), non ci sarebbero stati più welfare o corsi d’integrazione per gli immigrati, mentre l’Austria avrebbe agito d’intesa con i Paesi del Gruppo di Visegrád (trasformandolo in un’alleanza “asburgica” per un ritorno di una “grande e forte Mitteleuropa”) nel rifiutare il ricollocamento dei rifugiati deciso dall’Unione Europea. Il FPÖ, come altri partiti europei populisti di estrema destra aveva preso i voti dei perdenti della globalizzazione, cavalcando la loro rabbia contro la precarietà occupazionale, l’erosione del benessere e soprattutto i nuovi migranti, anche se in Austria la maggior parte degli immigrati vengono proprio dai Paesi del Gruppo di Visegrád.

ÖVP e FPÖ avevano formato un governo insieme con una piattaforma che prevedeva un mix di protezionismo e liberismo, chiusura delle frontiere agli immigrati, difesa di un’identità culturale cattolica rigida, sicurezza e taglio delle tasse. Una piattaforma che, dall’immigrazione alla politica economica (anche se in campagna elettorale abilmente Strache non aveva più parlato della permanenza nell’euro né di un referendum sull’Europa), era per molti aspetti in netta rottura con l’Unione Europea o quanto meno con l’asse politico Macron-Merkel.

Il governo di coalizione di centro-destra a guida Kurz aveva dovuto accettare alcune condizioni poste dal presidente Van Der Bellen nel corso dei negoziati: collocazione pro europea dell’Austria (anche se il programma di governo auspicava più sussidiarietà e meno centralizzazione), osservanza dei diritti fondamentali della Convenzione europea dei diritti umani e il veto su alcuni nomi di ministri proposti dal FPÖ. Il governo è stato il frutto di compromessi raggiunti tra ÖVP e FPÖ su una riforma dell’istruzione (che tra l’altro ha previsto il ritorno dei voti alle scuole elementari e la fine dell’università gratuita), una ristrutturazione della previdenza sociale e dell’indennità di disoccupazione, una riduzione delle tasse (e nessuna tassa su patrimonio ed eredità), il salario minimo, un aumento della giornata lavorativa massima da 10 a 12 ore e della settimana da 50 a 60 ore come nuova flessibilità (una richiesta degli industriali, sostenuta da sempre dall’ÖVP, per far fronte alle carenze di manodopera), la produzione del 100% dell’energia austriaca da fonti rinnovabili e, soprattutto, la spinosa questione dei rifugiati, per i quali i partner hanno concordato di ridurre servizi, sussidi e garanzie sociali e di rendere la cittadinanza accessibile ai migranti solo dopo 10 anni4. Il FPÖ ha avuto 6 ministeri – Interni, Esteri (ma Kurz ha mantenuto la competenza per la politica europea), Difesa, Infrastrutture, Sanità/Sociale e Funzionari e Sport – con Strache vicecancelliere, per cui ha potuto esercitare un’enorme influenza su gran parte della politica austriaca.

Inoltre, nel programma di governo c’era anche l’impegno etno-nazionalistico di prendere “in considerazione di concedere la possibilità a chi appartiene ai gruppi etnici di lingua tedesca e ladina del Sud Tirolo, per i quali l’Austria esercita una funzione di difesa sulla base dei trattati di Parigi, di chiedere la cittadinanza austriaca in aggiunta a quella italiana”. La questione della doppia cittadinanza è in discussione da tempo, ma sia Austria e Italia l’avevano esclusa sia perché nella provincia autonoma di Bolzano i madrelingua tedeschi e ladini non sono minoranza (rispettivamente sono il 70% e il 4%, circa 350 mila persone) sia perché gli accordi tra i due Paesi non la prevedono. La eventuale apertura di una questione del genere (che aumenterebbe le divisioni nella società altoatesina) ha la probabilità di sollevare tensioni politiche irredentiste in passato affrontate con difficoltà (anche con violenza e atti di terrorismo come durante la “notte dei fuochi” fra l’11 e il 12 giugno 1961), riaprendo un capitolo doloroso anche per la comunità di lingua tedesca, quello delle tragiche “opzioni” del 1939 durante il nazismo e il fascismo che portarono i giovani sudtiroleresi a morire sul fronte russo inquadrati nell’esercito nazista. D’altra parte, anche l’Italia nel 2006 ha introdotto il doppio passaporto per i cittadini della ex Jugoslavia, attirandosi critiche soprattutto dalla Slovenia (ma in Istria solo il 7% della popolazione è di origine italiana).

La coalizione di destra è collassata il 18 maggio 2019 dopo l’Ibizagate, lo scandalo originato dalla pubblicazione di un video che mostrava i legami del vicecancelliere Heinz-Christian Strache con Mosca. Il caso è esploso dopo la pubblicazione sulla Sueddeutsche Zeitung e sullo Spiegel di un video, girato di nascosto in una villa a Ibiza durante la campagna elettorale del 2017, in cui Strache si diceva disponibile ad accettare soldi russi in cambio di favori, anche illegali, alla presunta nipote di un oligarca russo vicino a Vladimir Putin. Video in cui Strache sosteneva apertamente di voler favorire aziende russe negli appalti e di voler censurare i media austriaci prendendo spunto dalla repressione di Viktor Orbàn. Il tranello era stato preparato con cura per mesi, la villa delle Baleari era zeppa di microfoni e telecamere nascoste. Ad organizzare l’incontro, durato oltre sei ore e conclusosi con i protagonisti ubriachi in discoteca, il braccio destro di Strache, Johann Gudenus, capo del gruppo parlamentare, e soprattutto l’uomo dei rapporti con la Russia, con cui la FPÖ intrattiene da anni intense relazioni.

Strache si è dovuto dimettere5. L’episodio ha rinnovato le domande sul fatto che la Russia avesse una linea diretta in un governo nel cuore dell’Unione Europea e che un “patriota” che denunciava l’endemico intreccio austriaco tra finanza e politica, rivendicando la purezza e l’incorruttibilità sua e del partito, era pronto a vendere il proprio Paese ad un oligarca russo. Nonostante sia stato travolto dallo scandalo, Strache è stato eletto all’europarlamento. Poi, è stato comunque condannato per corruzione a 15 mesi di carcere con sospensione della pena a fine agosto 20216.

La caduta di Strache aveva spinto Sebastian Kurz alla scommessa della vita. Il cancelliere e leader dei popolari ha chiesto al presidente della Repubblica la convocazione il prima possibile di nuove elezioni, motivando la richiesta con i troppi scandali (tra cui numerose scivolate xenofobe e filonaziste di alcuni esponenti della FPÖ) che hanno coinvolto gli alleati nazionalisti. Le elezioni anticipate sono state fissate per il 29 settembre. Kurz aveva chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno Herbert Kickl e in risposta tutti i ministri della FPÖ si sono dimessi dal governo. Kurz era intenzionato a sostituire i ministri dimissionari con tecnici.

Ma, il governo Kurz è stato il primo dal dopoguerra ad essere sfiduciato dal Parlamento austriaco, che ha approvato la mozione votata da FPÖ e SPÖ. Secondo la Costituzione austriaca, il presidente Van der Bellen ha nominato un governo tecnico, presieduto da Brigitte Bierlein, presidente della Corte Costituzionale, per portare il Paese alle elezioni (settembre 2019). Il voto di sfiducia è arrivato lo stesso giorno in cui sono stati resi noti i risultati delle elezioni per il Parlamento europeo, nelle quali l’ÖVP ha preso il 35,5% dei voti (+8,5%), mentre il FPÖ ha tenuto (18,1%, -1,6%) nonostante lo scandalo dei presunti finanziamenti russi in cambio di appalti. Secondi i socialdemocratici con il 23,6% (-0,6%), mentre quarti i Verdi con il 13%, seguiti dai liberali del NEOS (8,1%).

Le elezioni politiche del 29 settembre 2019 hanno incoronato Kurz, con l’ÖVP al 37,1% (+5,7%), mentre l’estrema destra del FPÖ è crollata al 16,1% (-9,9%), pagando scandali e accuse di corruzione. I Verdi hanno avuto un grande successo (14%). Sono cresciuti i liberali di NEOS (7,8%). Confermata la crisi dei socialdemocratici SPÖ (21,7%), ma non nelle dimensioni della SPD tedesca.

Con la FPÖ che ha scelto di stare all’opposizione, Kurz aveva due possibilità: tornare ad una Große Koalition oppure sperimentare un’alleanza a tre con Verdi e NEOS o anche solo con i Verdi, ammorbidendo le sue posizioni sull’immigrazione e sui tagli al welfare. Kurz ha scelto l’alleanza con i Verdi. E’ stato eletto con una piattaforma neoliberista che prevedeva meno tasse e un welfare più “snello”, mentre quella dei Verdi prevedeva l’imposizione di una tassa sulle emissioni di CO2, la lotta alla povertà e un rilancio delle politiche di accoglienza ed integrazione dei migranti.

Dopo mesi di trattative, è stato siglato un accordo di coalizione di 326 pagine. I Verdi avrebbero avuto un ampio controllo sulla politica ambientale (con un super ministero che mette insieme Ambiente, Energia e Infrastrutture), mentre non avrebbero avuto quasi voce in capitolo sulla severa politica in materia di asilo e migrazione, un argomento di profonda importanza per gran parte della loro base. Kurz ha fatto proprie le posizioni ambientaliste dei Verdi, proclamando che l’obiettivo del nuovo governo era di “proteggere sia il clima sia i confini“.

Il secondo cancellierato di Sebastian Kurz è finito come il primo: per uno scandalo di corruzione. Il 6 ottobre, mentre il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, aveva appena partecipato a un vertice dei leader dell’UE in Slovenia, è esploso lo scandalo che lo ha travolto. I pubblici ministeri della procura per gli affari economici e la corruzione (WKSLA) di Vienna hanno annunciato che Kurz, già indagato in relazione all’affaire Ibizagate, era finito sotto inchiesta per accuse secondo cui il denaro del governo è stato utilizzato in un accordo corrotto per garantire una copertura positiva in un giornale scandalistico. Kurz e il suo entourage avrebbero finanziato con fondi pubblici sondaggi favorevoli all’ÖVP per facilitare la sua ascesa a cancelliere quando era ancora solo ministro degli Esteri nel governo della Grande Coalizione con i socialdemocratici nel 2016.

Una dichiarazione dei pubblici ministeri ha affermato che sono state effettuate perquisizioni in diverse località, tra cui due ministeri del governo (Finanze e Cancelleria) e la sede del partito di Kurz, come parte dell’indagine. I pubblici ministeri hanno messo sotto indagine Kurz e altri nove individui, oltre a tre organizzazioni. L’essenza delle accuse è che tra il 2016 e il 2018 “le risorse del ministero delle finanze sono state utilizzate per finanziare sondaggi di opinione parzialmente manipolati che servivano esclusivamente a interessi politici di partito“. Ciò è correlato al periodo di tempo in cui Kurz aveva assunto la guida dell’ÖVP e l’aveva condotto al governo alla guida di una coalizione con il FPÖ.

I pubblici ministeri sostengono che una società di media “riceveva pagamenti” in cambio della pubblicazione dei sondaggi falsi favorevoli verso Kurz. La società in questione non è stata nominata ufficialmente, ma fin da subito è stata ampiamente identificata dai media austriaci come il tabloid Österreich. Il gruppo che gestisce Österreich ha rilasciato una dichiarazione in cui ha negato che fosse stato commesso alcun illecito durante il commissionamento o la pubblicazione dei suoi sondaggi. Negli ultimi due anni, il gruppo di media Österreich avrebbe ricevuto 1,33 milioni di euro per gli annunci pubblicati dal ministero delle Finanze.

I politici dell’ÖVP hanno reagito con rabbia alle perquisizioni, con il vicesegretario generale del partito, Gabriela Schwarz, dicendo che erano “per lo spettacolo” e che “le accuse sono state costruite su eventi che risalgono a cinque anni fa“. Il deputato dell’ÖVP Andreas Hanger è arrivato al punto di incolpare l’indagine di “cellule di sinistra” nell’ufficio del pubblico ministero.

Il principale partito di opposizione, i Socialdemocratici (SPÖ) hanno affermato che le perquisizioni hanno mostrato che il “castello di carte dell’ÖVP stava crollando rumorosamente” e hanno criticato il partito di Kurz per “aver screditato la magistratura indipendente e aver tentato di ostacolare le sue indagini“.

I politici di spicco dei Verdi sono rimasti cauti. Le accuse sono diventate pubbliche pochi giorni dopo che il governo aveva presentato una tassa sul carbonio come parte della sua revisione “eco-sociale” del sistema fiscale. Ma, dopo che il presidente austriaco, Alexander Van der Bellen (un ex leader dei Verdi), ha criticato il “tono di mancanza di rispetto” mostrato nei confronti di individui e istituzioni statali, il partito ha affermato che Kurz non era più in grado di rimanere cancelliere.

Kurz ha provato a resistere per qualche giorno, ma alla fine ha dovuto annunciare le sue dimissioni. “Quello di cui abbiamo bisogno ora sono condizioni stabili“, ha detto Kurz ai giornalisti, negando la sostanza delle accuse di corruzione. “Quindi, per risolvere lo stallo, voglio fare in modo di prevenire il caos e garantire la stabilità”. Il 2 dicembre ha annunciato il suo ritiro definitivo dalla politica, dimettendosi dalla presidenza del partito e da quella del gruppo parlamentare. Descrivendosi come “né un santo né un criminale”, ha aggiunto: “Sei sempre sotto osservazione. Hai anche costantemente la sensazione di essere braccato“. Kurz ha affermato nella sua dichiarazione di dimissioni che le accuse avevano ostacolato la sua capacità di lavorare, costringendolo a trascorrere i suoi ultimi mesi in carica “difendendosi da accuse e procedimenti, e non più in competizione per le migliori idee“. La carica di presidente del partito è stata assunta dal ministro dell’Interno Karl Nehammer, mentre nel frattempo, al posto di Kurz, come cancelliere ad interim si è insediato Alexander Schallenberg, ministro degli Esteri dal 2019 ed esponente del partito popolare di Kurz (ÖVP), che guida la stessa coalizione al governo con Kurz, che vede i Verdi affiancare i popolari. Il 3 dicembre, poi, Schallenberg si è dimesso e la carica di cancelliere è stata assunta dal ministro dell’Interno e nuovo leader del Partito popolare conservatore Karl Nehammer (un duro in materia di immigrazione e asilo).

La fine della carriera politica di Kurz ha rappresentato un duro colpo per il fronte dei partiti conservatori europei che fanno capo al PPE. Solo qualche settimana prima era stato annunciato il ritiro di Angela Merkel. Il 35enne Kurz, a lungo considerato un “anti-Merkel” in quanto più aggressivamente conservatore, era uno dei candidati in prima fila a rilevare il ruolo di leadership di questo fronte. L’approccio di Kurz nell’affrontare l’ascesa di un apparato xenofobo e populista alla sua destra, infatti, è stato in contrasto con la strategia perseguita dall’Unione Cristiano Democratica Tedesca (CDU). Mentre il partito di Angela Merkel ha insistito su un “muro di fuoco” contro l’estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), Kurz aveva cooptato le posizioni dure sull’immigrazione dell’FPÖ e aveva stipulato un accordo di condivisione del potere con esso nel suo primo mandato. Dopo la batosta elettorale subita dalla CDU alle elezioni federali del 26 settembre, diverse voci del centrodestra tedesco avevano indicato Kurz come modello per rinnovare il partito. “Abbiamo bisogno di un Sebastian Kurz tedesco”, aveva affermato il capo del movimento giovanile della CDU solo all’inizio di ottobre.

 

Alessandro Scassellati

  1. La vaccinazione obbligatoria non è senza precedenti in Austria. Nel 1948 il governo del dopoguerra rese obbligatoria per legge la vaccinazione contro il vaiolo. Nel 1980 l’OMS ha dichiarato il vaiolo la prima malattia ad essere stata sconfitta attraverso la vaccinazione.[]
  2. Separatamente, circa 2.500 hanno protestato contro le restrizioni a Klagenfurt, mentre 150 persone hanno manifestato a Linz.[]
  3. L’ascesa di Kurz ai vertici delle strutture di potere della repubblica austriaca è stata assai rapida. Dopo essere stato nominato segretario di stato per l’integrazione a 24 anni, Kurz è salito al ministero degli Esteri a 27 anni ed è diventato uno dei capi di governo democraticamente eletti più giovani al mondo dopo aver guidato l’ÖVP alla vittoria elettorale nel 2017.[]
  4. Uno dei primi provvedimenti presi dal governo austriaco di destra nel 2018 è stato la chiusura di 7 delle 350 moschee dell’Austria e l’espulsione di circa 40 (dei 250) imam, presentati come “l’inizio” di una spinta contro l’ideologia islamista e il finanziamento straniero di gruppi religiosi. Quando il cancelliere Kurz era ministro dell’integrazione nel 2015 aveva fatto approvare una “legge sull’islam” restrittiva che aveva vietato i finanziamenti stranieri a gruppi religiosi e imposto alle associazioni musulmane di avere “una visione fondamentale positiva verso lo Stato e la società” austriaca. L’Austria, un Paese di 8,8 milioni di abitanti, conta circa 600 mila abitanti musulmani, la maggior parte dei quali è turco o ha famiglie di origine turca. Dopo il bando del burqa e del niqab negli uffici pubblici deciso nel 2017, l’Austria ha deciso di vietare il velo negli asili e nelle scuole elementari per proteggere le bambine “dall’indottrinamento religioso”.[]
  5. Heinz-Christian Strache, l’ex vice-cancelliere del governo di coalizione conservatore-nazionalista austriaco e leader del partito di estrema destra FPÖ, pochi giorni prima di essere travolto da uno scandalo aveva dichiarato al quotidiano Krone che il suo partito “sta seguendo coerentemente la strada per la nostra patria austriaca, la lotta contro la sostituzione della popolazione, come la gente si aspetta da noi. … Non vogliamo diventare una minoranza nel nostro Paese, è legittimo, equo e profondamente democratico.[]
  6. Da notare che nel settembre 2021 è iniziato il processo contro Julian Hessenthaler, il whistleblower che aveva reso possibile la pubblicazione del video e che era stato arrestato in Germania a fine 2020.[]
austria, Vaccini
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