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“Non per noi, ma per tutt*”. Un dibattito della Sinistra europea sul lavoro tramite piattaforme digitali

di Andrea
Allamprese

Venerdi 18 febbraio 2022, dalle 14.30 in poi, presso l’Aula 15 del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Roma Tre, in Via Ostiense n. 234, si svolgerà il dibattito “Lavoro su piattaforma e lotte dei rider. Possibili soluzioni a livello europeo”.

Si potrà seguire il dibattito anche online sulla pagina facebook @transform.italia.

Le ragioni di un incontro

L’incontro – organizzato dal Comitato aderenti individuali alla Sinistra Europea “Europa a Sinistra”, dalla Fondazione Transform Italia e dal Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università di Roma Tre – ha al centro un fenomeno che sta segnando fortemente il mondo contemporaneo: il lavoro tramite piattaforme digitali, che comprende una pluralità di figure (dai ciclofattorini rider agli autisti di Uber, agli individui che lavorano per piattaforme esclusivamente online come Amazon Mechanical Turk e Upwork, solo per fare qualche esempio).

Con questa iniziativa vogliamo calarci in un fenomeno contemporaneo per afferrarlo, comprenderlo ma senza adeguarci ad esso, senza appiattirci sulla realtà così com’è. Stare nel contemporaneo, ma vivendo la contemporaneità con la capacità di uno sguardo critico su di essa. Per dirla con Agamben, “la contemporaneità è una singolare relazione col proprio tempo che aderisce ad esso e insieme ne prende le distanze (…) è quella relazione col tempo che aderisce ad esso attraverso una sfasatura e un anacronismo”1.

L’incontro cade in un momento importante. Il 9 dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una serie di misure dirette a regolare il lavoro tramite piattaforme digitali, tra cui una proposta di Direttiva sul “miglioramento delle condizioni del lavoro su piattaforma” (COM(2021) 762 def.) (ne abbiamo parlato su Transform: https://transform-italia.it/il-lavoro-tramite-piattaforma-e-le-lotte-dei-rider-arriva-la-proposta-della-commissione-europea/)2. Il dibattito al Parlamento europeo muove i suoi primi passi. Insieme cercheremo di comprendere gli aspetti positivi delle proposte della Commissione, ma soprattutto discuteremo di quanto ancora manca, quanto si può migliorare e cosa deve cambiare per garantire condizioni di vita e di lavoro dignitose alle persone attive nel settore.

Un quadro sintetico del fenomeno

Il lavoro su piattaforma digitale riguarda attività svolte in modalità sia online-based, che location-based. Nel primo caso, il lavoro o le mansioni vengono svolti dal lavoratore online, ossia direttamente su piattaforma: tali attività possono riguardare, ad es., la traduzione di testi, il riconoscimento di immagini, l’implementazione di algoritmi o l’erogazione di servizi di consulenza o di intermediazione; nel secondo caso, invece, l’attività lavorativa viene svolta in luoghi fisici specifici tramite l’intermediazione della piattaforma tra cliente e lavoratori: ne sono un esempio l’attività di trasporto urbano o di food delivery.

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha evidenziato come l’ultimo decennio abbia visto quintuplicare il numero di piattaforme di lavoro digitali, che si concentrano in pochi paesi. “Il numero di piattaforme basate sul web e sulla localizzazione (taxi e consegne) ha subito un aumento da 142 unità nel 2010 a 777 nel 2020. Nello stesso periodo le piattaforme basate sul web sono triplicate mentre la quantità di piattaforme di taxi e consegne è cresciuta di quasi dieci volte. Una parte consistente di queste piattaforme si concentra in pochi paesi, per esempio Stati Uniti d’America (29%), India (8%) e Regno Unito (5%)”3.

Pur avendo registrato nell’ultimo decennio una notevole espansione, il lavoro su piattaforma mostra dimensioni eterogenee all’interno del mercato del lavoro dei diversi Paesi. Per quanto riguarda l’Italia, diversi studi hanno evidenziato una rapida espansione del lavoro su piattaforma registrato nell’ultimo decennio e, in particolare, in specifici settori dei servizi quali, ad esempio, la consegna di pasti a domicilio, i servizi di intermediazione, il turismo, l’immobiliare e la vendita al dettaglio. La percentuale di lavoratori che svolgono il proprio lavoro su o tramite piattaforma, e la cui fonte primaria di reddito deriva da tale attività, viene stimata tra lo 0,5% e il 2%. Lo scoppio della pandemia ha comportato un’espansione del lavoro in modalità remota e del lavoro su piattaforma e on-demand.

Le condizioni di lavoro

Diversi studi hanno evidenziato come i lavoratori impiegati dalle piattaforme digitali si trovino ad affrontare condizioni di lavoro più precarie, maggiore incertezza rispetto alla permanenza e alla durata della prestazione lavorativa e livelli salariali più bassi rispetto ad altre tipologie di lavoratori. A tal proposito, una recente analisi delle condizioni socio-economiche dei lavoratori delle piattaforme rispetto ad altri lavoratori con bassi livelli salariali e agli individui disoccupati in Italia, ha mostrato come i lavoratori delle piattaforme siano prevalentemente giovani e studenti, senza distinzioni significative relative a sesso, nazionalità o istruzione, siano concentrati prevalentemente nella parte inferiore della distribuzione dei redditi e mostrino un grado relativamente più elevato di incertezza economica, che non risulta significativamente difforme da quello percepito dagli individui disoccupati4.

Oltre ai bassi compensi, da 1.50 euro lordi all’ora, c’è il nodo del tempo di lavoro, con la tendenza ad “estorcere tempo di lavoro non retribuito” e la richiesta di disponibilità supplementari.

Le condizioni di lavoro più difficili riguardano le donne, come sempre. Per loro ci sono i maggiori rischi di aggressione per strada e c’è la paura quando si sale al piano delle consegne. Ma c’è anche qualche esempio di risposta delle donne. Si pensi all’esperienza di «Takeve», il primo delivery tutto al femminile, con un accento particolare sul tema della cura rivolta alla sicurezza in questa fase di pandemia.

In sintesi – come evidenziato con chiarezza dal recente studio di Marco Marrone5, che interseca considerazioni teoriche con la narrazione di chi quella condizione vive quotidianamente – il lavoro digitale oggi mette insieme vecchie e nuove forme di sfruttamento, là dove la retorica della flessibilità e dell’autonomia si concretizzano alla fine in un’intensificazione del lavoro, di un lavoro che tende ad invadere l’intera vita dei soggetti.

Le lotte dei rider

Tuttavia, il quadro è fatto di luci e ombre. Proprio le lotte dei rider stanno mettendo in luce la continuità dello sfruttamento sia pure rivestito di nuovo, aspetti mistificati di nuove forme di subordinazione occulta, rivelando meccanismi che vanno oltre le piattaforme per arrivare alla radice di uno “sviluppo” capitalistico sorto come reazione alla crisi finanziaria del 20086.

Nella primavera del 2021 i rider ed i lavoratori di Amazon hanno scioperato per la prima volta. Uno sciopero definito storico, poiché in qualche modo si è dovuto ridefinire l’obiettivo rispetto alla tradizione dello sciopero, là dove la controparte è inusitata. Una lotta contro un nemico nuovo: l’algoritmo, un soggetto astratto; quell’algoritmo che valuta un lavoro destrutturato e stabilisce le paghe7; una lotta contro una finta/mistificata autonomia in un contesto che non è certo di crisi (i fatturati delle società sono incredibilmente aumentati), ma caratterizzato da condizioni di lavoro profondamente peggiorate, ove si riducono i compensi (ad es., Glovo, ha ridotto il compenso dei rider da 1,40 a 1,20 a consegna).

Le lotte dei rider sono importanti anche per il nuovo rapporto con lo spazio urbano. Ne nasce un “sapere politico generativo” capace di produrre nuove pratiche di solidarietà e di ricucitura dell’azione collettiva; laboratorio di sperimentazione dell’azione sindacale dal quale anche i sindacati tradizionali potranno attingere idee e pratiche di conflitto8.

Le lotte più recenti e i risultati ottenuti dai lavoratori delle piattaforme hanno cancellato il falso stereotipo che si tratti di lavoratori (e lavoratrici) inorganizzabili. Hanno dimostrato che gli inorganizzabili si organizzano, rovesciando i poteri delle piattaforme.

La sperimentazione di nuove pratiche di lotta e sindacali, un potenziale innovativo anche in termini di pratiche di solidarietà e mutualità, può portare una linfa vitale dentro la storia della lotta di classe, introducendo stimoli innovativi, pratiche inusitate dentro la storia del movimento operaio, per interagire con un mondo del lavoro e una “classe operaia” che si sta ridefinendo nel tessuto urbano e che deve saper individuare terreni di scontro, obiettivi comuni anche sul territorio con altri soggetti che lo abitano.

La vicenda dei rider e le loro lotte possono dunque parlare ed interagire con tutto il mondo del lavoro, stimolando nuove prospettive e terreni di lotta. Come si può affermare a partire (2018) dalla Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano, nota come “Carta di Bologna”: “non per noi ma per tutt*”9

Scarica il programma dell’incontro

  1. G. Agamben, Che cos’è il contemporaneo?, Nottetempo, Milano, ed. 2020.[]
  2. Fa parte del pacchetto anche la Comunicazione su Migliori condizioni di lavoro per un’Europa sociale più forte: sfruttare appieno i vantaggi della digitalizzazione per il futuro del lavoro, COM (2021) 761 def.[]
  3. OIL, Prospettive occupazionali e sociali nel mondo 2021. Il ruolo delle piattaforme di lavoro digitali nella trasformazione del mondo del lavoro, Sintesi del Rapporto.[]
  4. D. Guarascio (a cura di), Report sull’economia delle piattaforme digitali in Europa e in Italia, Roma, INAPP, 2018, passim.[]
  5. M. Marrone, Rights against the machines! Il lavoro digitale e le lotte dei rider, Mimesis, 2021.[]
  6. M. Marrone, Rights against the machines!, cit.[]
  7. A. Mastrandrea, L’ultimo miglio. Viaggio nel mondo della logistica e dell’e-commerce in Italia, Mannni, 2021, p. 10.[]
  8. Ancora M. Marrone, Rights against the machines!, cit.[]
  9. N. Quondamatteo, Non per noi ma per tutti. La lotta dei riders e il futuro del mondo del lavoro, Asterios, 2019.[]
diritto del lavoro, lavoro, piattaforme digitali, Riders
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