In occasione del sesto sciopero mondiale per il clima, lanciato da Fridays For Future, in un contesto di pandemia che osteggia l’affollamento delle piazze; a manifestare la sensibilità ambientalista, contro le scelte di una politica da sempre fossile, è sceso in piazza anche il movimento di Extinction Rebellion (XR), che ha organizzato campagne in molti paesi d’Europa dal 5 all’11 ottobre.
Con l’appello alla mobilitazione contro l’estinzione e una piattaforma di rivendicazioni, incentrate sulla dichiarazione di emergenza climatica ed ecologica, per l’azzeramento delle emissioni di gas serra entro il 2025, mediante la partecipazione attiva di assemblee civiche; anche in Italia si sono svolti sit-in ed azioni di protesta, organizzate dai gruppi di XR.
Il carattere pacifico non ha intaccato però la disobbedienza civile ed azioni dimostrative decise, dall’incatenamento, a blocchi stradali temporanei, a piccoli sabotaggi o flash-mob dall’intento impressionante e scandalistico, che hanno animato la capitale.
Ad essere presi di mira, in particolare sono state le compagnie energetiche del gas e del petrolio, come l’ENI; così come i luoghi preposti alle decisioni politiche, come il Ministero dello Sviluppo Economico o il Parlamento, impegnati nei giorni scorsi proprio con le conclusioni sul summit delle Nazioni Unite sulla Biodiversità.
“Non c’è più tempo!”, con questa esortazione è stata chiamata la ‘Ribellione d’Autunno’ da parte di XR, per denunciare lo stato di crisi planetario – di tipo pandemico, climatico, migratorio, socio-economico – causa di “ingiustizia globale, patriarcato, razzismo […quali…] aspetti interconnessi ed effetti di un sistema tossico che ci sta uccidendo”.
Con il metodo della nonviolenza, come approccio vincente dei movimenti sociali internazionali secondo l’organizzazione; tante e trasversali sono le rivendicazioni contro un sistema di sfruttamento dell’ambiente e delle persone, causa di cataclismi e carestie, che comportano flussi migratori e conflitti per la sopravvivenza, nel generale collasso degli ecosistemi, dallo scioglimento dei ghiacciai, alla contaminazione di mari e di altre risorse essenziali.
In concomitanza, per la prima volta, lo scorso martedì l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha chiarito nel rapporto annuale sull’Energia Mondiale la necessità di abbattere del 40% le emissioni globali nel 2030, così da poter raggiungere la netrualità da biossido di carbonio entro la scadenza fissata dalle Nazioni Unite del 2050.
In realtà per quella data, l’obiettivo della Conferenza di Parigi è la riduzione di 1,5° di temperatura terrestre, considerata però insufficiente per raggiungere la salvaguardia ambientale dagli autori del rapporto energetico.
Secondo questo quadro la produzione energetica da carbone non dovrebbe superare il 6% del totale entro questa decade, mentre si dovrebbe raggiungere un approvvigionamento annuale dalla fonte solare pari a 500gigawatt, pur tenendo presente che nel 2019 si è arrivati appena a 110gigawatt e che l’impianto più potente può produrne al massimo 2,2gw ogni anno.
Componente essenziale della trasformazione energetica per la neutralità di emissioni diviene così anche la lotta agli sprechi e la necessità che almeno la metà delle abitazioni sia coibentata con cappotti termici. Al tempo stesso lo spostamento su trasporti alimentati a corrente elettrica costituisce un altro importante elemento.
Secondo l’Agenzia questa propensione si può quindi raggiungere solo con investimenti su larga scala in energie rinnovabili, auto elettriche, nuovi approcci comportamentali e soprattutto innovazione con nuove tecnologie, incluso l’impiego maggiore dell’idrogeno.
L’appello è dunque ad investimenti decisivi per un percorso di ricostruzione salubre che, come ha dimostrato il calo dell’impatto ambientale derivante da attività economiche durante il lockdown, incida fortemente sulle modalità di produzione e di consumo dell’energia.
Mentre le mobilitazioni popolari – soprattutto di giovani generazioni – e il mondo scientifico sembrano aver colto l’inceppamento degli ingranaggi nell’orologio biologico del nostro pianeta; a far scadere ulteriore tempo prezioso sembrano proprio i maggiori enti di potere – come multinazionali e governi – su cui si fonda e si riproduce un sistema capitalistico predatorio, speculativo e spesso corrotto – con connivenze illecite fra dirigenti di compagnie ed autorità pubbliche –, da sradicare quindi tempestivamente prima della malaugurata estinzione.
FONTI:
https://extinctionrebellion.it/ribellione-ottobre/non-ce-piu-tempo/