Giorno verrà in cui quanti tempestano i tasti dello smartphone per aggiornarsi sulle vicende di Chiara Ferragni o di Vanna Marchi, per una volta batteranno sulla tastiera “Benin Digitale”.
Apparirà sullo schermo il catalogo, con relative foto, delle oltre 4.000 opere d’arte di cui gli occidentali si impadronirono in Africa in una sola operazione di saccheggio.
Accadde nel 1897, quando una spedizione del governo inglese piombò come un nugolo di cavallette sulla capitale dell’Impero del Benin, nell’odierna Nigeria. La collezione di opere d’arte africana costituita nel corso di secoli fu saccheggiata in un giorno e le opere vendute all’asta ai compratori bianchi di mezzo mondo. Molte finirono a privati, molte sono raccolte nei musei occidentali, dai principali ai più piccoli.
Sono centinaia le operazioni di questo genere che l’Africa dovette subire nel corso dei secoli da parte del civilizzato Occidente.
Ad Accra nel 2022 si è tenuta una conferenza internazionale che ha fatto scandalo perché per la prima volta si sono registrate non le occasionali lacrime di coccodrillo degli eredi odierni degli sterminatori di ieri, ma si è sentita la voce dell’Africa che attraverso le sue organizzazioni civili e politiche ha chiesto al civile Occidente di accollarsi responsabilità che sono sue. Tra queste, il saccheggio sistematico delle opere d’arte che devono essere restituite, non è neanche il crimine maggiore1.
I crimini maggiori si chiamano tratta degli schiavi e colonizzazione. La tratta degli schiavi è costata all’Africa cinquanta milioni di deportati e il dimezzamento della popolazione nel corso di tre secoli. La colonizzazione nel corso di un secolo ha comportato crimini contro l’umanità, tra cui la riduzione in schiavitù di intere popolazioni, il genocidio e la discriminazione razziale fino all’apartheid. Sono tutti crimini per i quali esistono valanghe di prove documentarie, per quanto tutte le potenze coloniali, aggiungendo crimine a crimine, abbiano fatto il possibile per far sparire le prove dei loro delitti precedenti e, all’atto della decolonizzazione, abbiano sottratto precipitosamente e nascosto a casa loro tutti gli archivi delle nazioni che erano costrette ad abbandonare.
Lo hanno fatto gli inglesi, che hanno nascosto in Inghilterra gli archivi del Kenya, dell’Uganda e del Tanganica e di tutte le loro 37 colonie2; lo hanno fatto i francesi che al tempo di De Gaulle portarono via dall’Africa occidentale persino gli apparecchi telefonici e le tazze dei gabinetti. Lo hanno fatto portoghesi, italiani e belgi precludendo agli studiosi l’accesso a quei documenti, dispersi tra archivi parlamentari, archivi militari, archivi amministrativi, giudiziari e governativi, archivi delle istituzioni religiose e archivi privati.
Quella di Accra non è che la prima richiesta e non bastano le scuse formali del re del Belgio o di tutta una serie di presidenti francesi3 a riparare un danno che non si affronta solo sul piano giornalistico perché è un danno materiale e morale concreto. Certo, risulta insopportabile che gli autori di crimini feroci mille volte reiterati scorrazzino per il mondo spiegando a suon di cannonate che nello scontro di civiltà da loro auspicato, loro sono i veri civilizzatori; loro i campioni dell’emancipazione femminile; loro i nemici della schiavitù; loro – i protagonisti di quattro secoli di schiavismo – gli alfieri del mondo libero: e siccome sono ricchi e forti possono scrivere la storia a modo loro.
Magari sono rimasti solo i cupi generali ideologi alla Vannacci a sostenere che la colonizzazione è stata un’alta opera di civiltà; e in ogni caso il loro più noto esponente rischia di raccogliere sul suo nome un paio di milioni di voti alle prossime elezioni europee, ma la questione e lo scandalo plurisecolare non riguarda solo i reazionari, i fascisti e gli sfruttatori coloniali; riguarda tutto il vasto mondo della borghesia bianca occidentale – anche solo per il fatto di negare l’evidenza e la gravità dei crimini, quando non le ignora; e vale per la grandissima parte della sinistra occidentale che, come diceva Hosea Jaffe, si è schierata con poche eccezioni su posizioni socialiste imperialiste e ha ottenuto i suoi pochi successi economici incrementando i salari operai con una sorta di plusvalore sottratto per secoli ai paesi colonizzati e imposto ancora oggi ai paesi – tanti – vittime del neo-colonialismo.
Uno dei meriti della Conferenza di Accra, e si spera di altre simili iniziative, è quello di spostare la questione della polemica politica a quella penale e giudiziaria. I crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, i crimini d’invasione, i crimini di apartheid e di genocidio non vanno in prescrizione e gli stati e i popoli africani devono trovare il coraggio di chiamare i paesi coloniali a risponderne.
Vanno avviati procedimenti penali che portino sul banco degli imputati gli stati che di quei crimini si sono resi responsabili; e se la responsabilità penale individuale sarà difficile da perseguire, visto che per oltre sessant’anni si è voluto occultare il problema e nelle more sono defunti i diretti responsabili, resta tuttavia la responsabilità materiale e morale degli stati in nome e per conto dei quali quei crimini sono stati commessi.
Quanto verrebbe valutato il risarcimento di un bianco ridotto in schiavitù, quanto verrebbero valutate le vittime occidentali di un’invasione, a quanto i danni materiali? Quale indennizzo verrebbe riconosciuto a un bianco sottoposto a tortura? E a quale somma si arriva moltiplicando la riparazione di uno per il milione di algerini che i francesi hanno torturato durante la guerra di Algeria?
Perciò si mettano il cuore in pace il presidente francese ed il re del Belgio. La questione non è certo quella di istituire una commissione paritaria di storici che arrivi a quella che oltraggiosamente si chiama storia condivisa, anche se sul piano storico va riconosciuto il disonore di cui si è macchiata per secoli la cosiddetta civiltà occidentale; e vanno cancellate medaglie e onorificenze che – reali o metaforiche – l’occidente si è attribuito e si attribuisce per le sue imprese criminali.
Gli stati occidentali responsabili di crimini di guerra, di crimini contro l’umanità, di riduzione dei popoli in schiavitù, di apartheid, di tortura e di saccheggio sistematico e violento, etc., vanno portati davanti alla Corte Penale Internazionale e lì giudicati e va anche individuata una parte terza che stabilisca l’entità del danno e ne imponga il risarcimento, quale potrebbe essere l’Assemblea delle Nazioni Unite escludendone, per ovvie ragioni di diritto – gli imputati, che non possono entrare nel processo come magistrati giudicanti.
Per chi vuole approfondire:
Hosea Jaffe, Africa, Movimenti e lotte di liberazione, Mondadori
Alois Mlambo, Storia dello Zimbabwe
Amadou Bà, L’Afrique des grands empires, Ed. AB
Tidian N’Diaye, Le génocide voilé
Catherine Coquery-Vidrovitch, Éric Mesnard, Être esclave
Adam Hochschild, Les Fantômes de roi Léopold
Ki Zerbo, Storia dell’Africa nera, Einaudi
Benjamin Stora, La guerra d’Algeria, Il Mulino
Raphaëlle Branche, La torture et l’Armée pendant la guerre d’Algérie
Jean Suret-Canale, Afrique noire, Editions sociales
Jean Suret-Canale, L’ère coloniale. 1900-1945
Unesco, Historie généreale de l’Afrique
Catherine Coquery-Vidrovitch, Storia dell’Africa nera, Il Mulino
Luciano Beolchi
- The Accra Summit and Reparations for Historical and contemporary racial violence.[↩]
- In Inghilterra ha destato scandalo la scoperta dell’esistenza di decine di km di scaffalature di documenti che non solo sfuggono alle regole di pubblicazione che lo stato inglese si è dato, abitudine per altro comune a tutte le potenze occidentali, ma oltretutto occultano documenti che appartengono ad altri stati, tra cui decine di migliaia di documenti occultati in un ulteriore livello di segretezza in quanto prove documentarie di atti criminali. Diverse inchieste giornalistiche hanno tentato di rompere quel muro di omertà e di collusione riuscendo solo a scalfirlo.[↩]
- L’attuale presidente francese ha ammesso che colonizzazione e schiavitù sono crimini contro l’umanità e il re del Belgio, il 30 giugno 2020, ha espresso il rimorso per i crimini coloniali commessi in Congo dal suo paese.[↩]