Riprendiamo il filo della precedente intervista sull’urbanistica a Roma con Paolo Berdini, per approfondirne alcuni aspetti e provare anche a prefigurare alcune ipotesi alternative ai fuochi fatui degli interventi che tradiscono le promesse elettorali, rappresentando vere e proprie fughe dalla realtà dei territori che investono.
Ripartendo dalla vicenda dello stadio della Roma, che è un po’ la cartina di tornasole di tante miopie politico amministrative, puoi ricostruirne brevemente l’evoluzione e dirci il tuo punto di vista, attualizzato agli ultimi eventi?
Sono 12 anni che la cronaca cittadina è quotidianamente dominata dalla vicenda stadio della Roma. Aveva iniziato Alemanno. Poi con il sindaco Marino si è avuta un’accelerazione. La Raggi aveva vinto le elezioni per la sua contrarietà al progetto. Poi ne era diventata paladina. Sono venuti gli arresti dei protagonisti e il processo e si pensava che la vicenda fosse chiusa per sempre. Invece, il sindaco Gualtieri tira fuori dal cilindro dell’improvvisazione il nuovo sito di Pietralata.
Dodici lunghi anni di droga utili a far perdere di vista i ragionamenti sul futuro della città. La vicenda dello stadio della Roma è servita a non fare i conti con lo stato reale della città, dello stato di abbandono delle periferie. Del centro storico ridotto a un luna park turistico. Delle incertezze del futuro produttivo della città. Nulla. Lo stadio serve per addormentare la capitale.
Ma oggi, pur di favorire i Friedkin (lo stadio potrebbe essere localizzato in tante altre parti della città) è iniziato l’esproprio delle abitazioni di famiglie che abitano in quel luogo da generazioni in edifici legittimi che, secondo il sindaco, dovrebbero andare via per poter realizzare lo stadio.
In altre parole per favorire interessi privati -lo stadio sarò di proprietà della Roma o dei Friedkin- l’amministrazione pubblica sgombera famiglie per consegnare quelle aree ad un privato. E’ una mostruosità giuridica inedita destinata al fallimento, ma dispiace che una simile follia venga dalla capitale d’Italia.
PNNR, Giubileo 2025, i fondi per il litorale, orientano su Roma –in un breve lasso di tempo – ingenti quantità di capitali mai visti prima d’ora e accendono a cascata una ridda di opportunità, aspettative, appetiti. Ci avevi accennato di alcune stridenti contraddizioni che si celano sotto il lato “presentabile” dello sviluppo compatibile, spesso imbellettato col greenwashing e le occasioni sprecate per realizzare davvero qualcosa di utile per la cittadinanza, che armonizzi il sociale con l’ambiente. Puoi spiegarci meglio?
Gran parte dei finanziamenti che citi è destinato al centro storico. L’opera emblematica del Giubileo –il sottopasso di piazza Pia- costerà da sola più di ottanta milioni di euro. Ricordo per inciso –è un esempio tra centinaia- che per entrare nel quartiere di Vitinia da via Ostiense esiste un attraversamento sotto la ferrovia Roma-Lido che consente il passaggio di una sola automobile nei due sensi di marcia!
Ricordo ancora che nel centro storico della città i valori immobiliari superano i 10 mila euro al metro quadrato. Bisognava dunque rovesciare la logica imperante e investire in periferia, favorendo il riequilibrio di una città ingiusta. La Costituzione repubblicana afferma solennemente che occorre rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo delle persone. A Roma evidentemente non vale, con la conseguenza che è sotto gli occhi di tutti: in vista del Giubileo 2025 sono aperti o stanno aprendo 14 hotel della fascia del lusso. Essi sono tutti localizzati nel centro storico e si stanno inevitabilmente mettendo le premesse per una progressiva privatizzazione di alcuni luoghi pubblici. Da tempo è difficile percorrere il porticato di piazza Esedra e oggi, a pochi giorni dall’apertura dell’albergo Bulgari a piazza Augusto imperatore, succede lo stesso nel porticato frutto dello sventramento fascista.
Come si connota secondo te la giunta Gualtieri nella gestione degli spazi pubblici della Capitale e del suo territorio vastissimo, sia al centro come in periferia? C’è un’attenzione reale, concreta alle povertà e in generale alle diffuse situazioni di disagio sociale e agli imperativi della transizione ecologica? Puoi farci esempi e mostrarci anche l’altra faccia della medaglia?
In conseguenza della scelta di destinare gran parte dei finanziamenti al centro storico, pochi giorni fa, il sindaco Gualtieri ha resa pubblica la volontà di costruire 8 centri di stazionamento per senza tetto. Otto recinti che nascondono il volto dell’esclusione. Ha protestato soltanto la Caritas romana. Ma i poveri fanno calare il Pil, e con quest’ultima follia si favorisce l’affermazione di una città segregata.
Ma torno alla tua domanda perché è fondamentale. Roma ha una limitatissima rete di trasporto urbano su ferro rispetto ad ogni altra capitale nazionale. Con gli ottanta milioni del sottopasso di Piazza Pia di poteva realizzare un’altra tramvia oltre alla prevista linea che servirà la Palmiro Togliatti. Si è invece preferito favorire la realizzazione di un altro polo alberghiero del lusso, perché ciò avverrà nei palazzi di via della Conciliazione non appena liberati dal traffico veicolare.
Invece si poteva tentare la liberazione dal traffico di viale Marconi dove decine di migliaia di romani convivono con un traffico e un inquinamento insostenibili. Ma evidentemente manca quell’idea di città inclusiva di cui parlavo.
Il modello da perseguire è quello strappato da decine di anni di lotte degli abitanti, e cioè la realizzazione del parco pubblico a Centocelle, unico vero progetto sostenibile del fiume di finanziamenti che è arrivato a Roma. Ma anche qui con un’ombra grave. Se le aree dell’ex aeroporto diventano finalmente parco è doveroso che anche l’adiacente pratone di Torre Spaccata venga sottratto alla speculazione edilizia e destinato a parco naturale e archeologico come richiesto da tempo dagli abitanti. Ripeto, manca un’idea di città.
Prendendo esempio dalle ipotizzate edificazioni residenziali a Ostia Levante, rischiose e anacronistiche, può essere questo tipo di progettualità messa in crisi e innescare una presa di coscienza da parte dei decisori – attivata “dal basso” da una cittadinanza attiva composta da comitati civici e associazioni con una forte impronta etica?
La vicenda della speculazione di Ostia Levante che ricordi è il paradigma di una nuova visione della città che sta –nonostante tutto- affermandosi. Lì come a Torre Spaccata e in tanti altri casi simili è una rete di comitati di cittadini consapevoli che chiede con forza la svolta culturale e urbanistica di cui c’è immenso bisogno. Passare dalla tutela degli interessi dei pochi potenti proprietari delle aree alla costruzione di una città che rispetta e garantisce la dignità ad ogni abitante sia che esso abiti nel centro o che stia in periferia.
Osservo insomma che la società civile nelle sue rivendicazioni per una città più giusta sia molto più avanti di un’amministrazione che stenta ad imboccare l’unica strada che potrebbe garantire un futuro a Roma.
Per chiudere, una domanda brainstorming: se ne avessi la possibilità, quali sarebbero le tue priorità per un rinnovamento urbanistico a Roma, che tenga conto della grande eterogeneità dei contesti sociali e ambientali che essa contiene?
La risposta alla tua domanda sta tutta nelle considerazioni precedenti. La priorità è di porre all’attenzione generale le necessità ancora esistenti nel caleidoscopio delle tante periferie fisiche ed esistenziali romane. Occorre insomma costruire l’elenco dei progetti elaborati e proposti dalle intelligenze collettive presenti nelle periferie e renderle coerenti con una visione di una città che migliora la qualità della vita di tutti e salvaguarda l’ambiente naturale.
E’ uno sforzo gigantesco, mi rendo conto, ma è l’unico modo per salvare la dignità di una città ingiusta. Insomma, l’urbanistica invece di tutelare le pretese dei pochi proprietari immobiliari, deve mettere al primo posto la dignità della persona. Del resto, l’articolo 3 della nostra Costituzione afferma che “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” . Ed è proprio nell’attenuazione delle differenze tra i livelli di vita tra centro e periferia che bisogna intervenire. C’è bisogno di una nuova cultura urbanistica.
Leonardo Ragozzino
Qui la prima parte dell’ntervista: Emergenze urbanistiche a Roma/Ostia: intervista a Paolo Berdini – Transform! Italia (transform-italia.it)