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Modello Milano per l’intero Paese?

di Sergio
Brenna

Maurizio Lupi, oggi deputato a capo di Noi con l’Italia, intervistato da Rainews, ha voluto darsi una patente extra-politicista dicendo: “Io vengo dalla società civile: sono stato amministratore delegato di una società”.

Immagino intendesse riferirsi a Fiera Esposizioni Milano, a cui notoriamente si accede con una rigorosa selezione curricolare e non per designazione politica di Fondazione Fiera Milano, emanazione di quella stessa Fondazione Fiera Milano (presidente il ciellino Roth, nominatovi dal presidente della Regione, il ciellino Formigoni) con cui da assessore all’urbanistica del Comune di Milano decise di accedere ad un Accordo di Programma che prevedeva di accumulare sull’area della vecchia area fieristica il triplo di quanto urbanisticamente ammissibile  per salvarla dai 250 milioni di euro di debiti fuori bilancio, accumulati nella realizzazione del nuovo polo fieristico di Rho-Pero (per le pazzie del progettualismo egolatrico di Fuksas); non ravvedendosi nemmeno quando Fondazione Fiera, vendendo all’asta l’area, ottenne da Citylife 523 milioni (cioè il doppio di quanto atteso e necessario a salvarla dal fallimento), ciò che avrebbe consentito almeno di dimezzare l’abnorme edificazione.

Nel frattempo leggo sul Fatto Quotidiano che qualcuno penserebbe di candidare Boeri come esponente della società civile milanese (immagino perché ha infiocchettato di verde due palazzi-torre dell’immobiliarista Manfredi Catella nell’altrettanto abnorme edificazione dell’area di Porta Nuova/ex Centro Direzionale, consentita per imitazione di Citylife dall’assessore/successore, il ciellino Masseroli, oggi Direttore del Progetto ex acciaieria Falck a Sesto San Giovanni e City Executive per l’Italia della finanziaria-immobiliare olandese Arcadis, visto che Sala non intende schiodarsi da Sindaco successore/continuatore di Albertini e Moratti, come magnifica il “dominus” dell’immobiliarismo milanese, Manfredi Catella.

Un “embrassons nous” di interessi del privatismo societario e subornazione delle istituzioni pubbliche che troverebbe coronamento in un Parlamento che già col Governo Draghi ha indicato nella generalizzazione del cosiddetto “Modello Milano” per l’intero Paese.

Fra gli aspetti positivi dell’interruzione della legislatura, infatti, non si è ancora abbastanza apprezzato l’ennesimo fallimento dei ripetuti tentativi bi-partisan (dalla Lupi-Mantini  – deputati milanesi allora rispettivamente di  FI e DS – nel 2005 alla recente Commissione Giovannini-Draghi) di cancellare l’eredità riformista della stagione ’67/”68 in campo urbanistico (Legge 765/67 e DM 1444/68), che impone un bilancio complessivo nelle scelte pianificatorie del rapporto tra edificazione privata e spazi pubblici, per sostituirlo con la sommatoria di singole trattative caso per caso che nonostante le denominazioni  accattivantemente innovative (rigenerazione urbana e simili) assomigliano molto  (in versione 2.0, potenziata e finanziarizzata) a quelle del disastroso periodo anni ’50-60, noto come “le mani sulla città”, conclusosi simbolicamente con la frana di Agrigento del 1966.

Occorrerà una nuova frana (magari questa volta non edilizia,  ma eco-ambientale) perché l’opinione pubblica smetta di farsi ingannare?

Sergio Brenna

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