Pubblichiamo in anteprima del prossimo numero.
Michele Santoro non ha bisogno di presentazioni e la sua vita professionale spiega , aldilà di una facile retorica , come le motivazioni ideali per il diritto all’ informazione – una battaglia che egli condusse coerentemente contro l’ asservimento ideologico berlusconiano – richiedano ancora oggi , con la trasformazione regressiva del contesto europeo e internazionale , l’ assunzione in prima persona di scelte controcorrente che aiutino il paese e l’ Europa ad imboccare un’ altra direzione , a sconfiggere ed allontanare lo spettro di una guerra mai così concreto come oggi esso appare ed il cui epicentro coincide con quello della prima guerra mondiale ..a 110 anni di distanza . A chi giova oggi la guerra in Ucraina ? (non è una domanda retorica, lo sappiamo).
Inoltre non è il caso di richiamare alla memoria l’ attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914: di fatto le premesse per la comprensione del quadro politico presente risalgono allo smembramento della Jugoslavia nel 1991 e sempre da quella data , con la rivalutazione dei nazionalismi , la costruzione europea , controllata dalla longa manus della NATO , fu costretta a deviare dallo spirito costituente per autoimporsi al nuovo ordine europeo scritto da oltreoceano : le scaturigini sono quelle che Trieste aveva conosciuto e vissuto alla fine della Seconda guerra mondiale , come “ cavia” già nel periodo 1945- 1954 con l’ applicazione del Trattato di Pace di Parigi ( una svolta nella storia della città che ancor oggi la destra detesta) e che garantiva una serie di prerogative alla città le cui sorti erano contese tra Italia e Jugoslavia ma che, di fatto , istruivano un percorso di regolamentazione , amministrazione e gestione dell’area geografica e geopolitica della provincia giuliana ( ridimensionata territorialmente dopo la sconfitta ) per consentirne la ripresa e lo sviluppo dopo le ferite e lo strazio dell’ occupazione tedesca dal 1943 al 1945. (1)
Trieste- “cara al cuore degli italiani”- restava tale nell’ immaginario collettivo della penisola anche dopo il ventennio fascista e le ferite della guerra , l’ orrore della Risiera di San Sabba, la mancata punizione dei responsabili degli eccidi e delle violenze contro la comunità slovena e gli antifascisti veniva posposta ( e contrapposta) agli esodi delle popolazioni italofone , non solo dell’Istria e del Quarnero ma anche quelle più remote dall’Albania , dal Dodecanneso , dalle colonie africane , mentre in senso inverso si effettuavano altri esodi di massa quello dei cantierini di Trieste e Monfalcone verso la Jugoslavia socialista , e negli anni ’50 quello dei triestini e degli istriani dal capoluogo giuliani verso l’Australia .
Parliamo di oltre ventimila persone che scelsero , non certo a cuor leggero di emigrare . Insomma , mentre al tempo dell’amministrazione austriaca la città era cresciuta con l’immigrazione , avveniva che negli anni cinquanta del secolo scorso una emigrazione di massa la condannasse all’assistenzialismo ed alla terziarizzazione.
Ma cio’ non avvenne casualmente , fu il frutto deliberato di una politica , fatta a Roma e qui tradotta dalla Democrazia Cristiana e dalla borghesia locale che vedeva la classe operaia ( arsenalotti , cantierini, siderurgici,metalmeccanici) come un nemico dell’ordine sociale ed un pericolo per le politiche di stabilizzazione varate da Roma sulla falsariga della propaganda nazionalista imposta dal fascismo .
Da allora la presenza numerica dei lavoratori dell’ industria registrò una continua flessione sino agli scontri di piazza dell’ 8 ottobre 1966 quando il piano CIPE varò il deprofundis per la cantieristica triestina .
Su questo argomento non manca la bibliografia e la memoria storica è ancora attiva.
Ma è dalla consapevolezza della traiettoria che il capoluogo aveva subito , che la riproposizione di un rinnovato ruolo della città , a partire dal porto e dalle sue infrastrutture potè ritrovare solide basi ed un saldo ancoramento a progetti e programmi di sviluppo, anche se gli ostacoli purtroppo non mancarono, percio’ una disamina sulla situazione attuale , guardando agli avvenimenti pregressi , si è resa è necessaria ed oggi altre politiche sarebbero possibili per uscire dalla stagnazione e dall’ inverno demografico , in dieci anni la popolazione s’è ridotta da trecentomila a duecentomila abitanti..
Come fuoruscirne spetta ad una politica che voglia invertire la rotta, perciò ricorderemo gli eventi , almeno quelli piu’ recenti ,che sono andati in questa direzione : l’ iniziativa del Trimarium del 2015 , che ci vede coinvolti, e la svolta in quello stesso anno nella gestione dell’ Autorità Portuale di Trieste che passa a Zeno d’ Agostino .
Di sicuro è che l’ iniziativa allora pensata dai presidenti di Croazia e Polonia (Kolinda Grabar- Kitarovic e Andrzei Duda ) e che aveva coinvolto 12 paesi , bagnati dalle acque dei Mari Adriatico, Baltico , Nero finalizzata alla creazione di un sistema di infrastrutture logistiche , di collegamenti stradali autostradali, ferroviari e per il rafforzamento della modernizzazione tecnologica , energetica , digitale dei loro modelli economici , sin dagli inizi era stata oggetto dell’ ingerenza americana. Gli USA avevano visto in quel disegno aperturista e collaborativo ( anche tra paesi non tutti in linea con le idee democratiche e liberali dei padri fondativi della UE) una deviazione dalla loro realpolitik e ciò era intollerabile.
La possibile intrusione di società o ditte cinesi , che , come la Cosco nel caso del Pireo avevano fatto valere e concretizzato una metodologia operativa di indubbia efficacia già a partire dal 2009 ( allora c’era Papandreu) , non poteva generalizzarsi ; e proprio la fama che allora si diffuse , quella di una solida implementazione del porto e delle sue infrastrutture fu la causa del risentimento USA e della sua opposizione alla presenza cinese in Europa ; anche se quella scelta politica fatta dal Pasok e riconfermata da Tsipras aveva fatto rifiorire un settore del porto (quello industriale ceduto in affitto per 99 anni alla ditta Cosco) , per gli economisti USA era come fumo negli occhi , il granello di sabbia che poteva fermare un ingranaggio .E percio’ divenne comprensibile l’ accanimento con cui l’ Europa di Schauble e della Merkel , ispirati dagli USA trattarono la Grecia.
Così a Trieste l’ idea di una partecipazione cinese allo sviluppo dello storico porto creato dagli Asburgo venne subito avversata e bloccata ( all’ epoca del governo Conte) , sia per la levata di scudi della destra nazionalista e massonica, filoamericana che faceva capo al senatore Camber , sia per lo scarso appoggio ricevuto da chi avrebbe avuto almeno qualche opportunità di rilanciare lavoro e sviluppo legato all’ attività produttiva che il sistema portuale triestino, bloccato e sacrificato da anni di guerra fredda, in tal modo avrebbe potuto suscitare .
Aveva scritto allora sull’ “Economist” Sergio Bologna , esperto di economia marittima e attualmente presidente dell’ AIOM di Trieste (2) che su quella vicenda sin troppa era stata l’enfasi mediatica” che aveva percorso la città giuliana e interessato il paese per quell’ accordo che , se applicato avrebbe garantito il potenziamento degli asset ferroviari del porto triestino. Altrimenti ,fino alla venuta di Zeno d’ Agostino , sottoimpiegato e in condizioni di minorità rispetto ai porti di Venezia Mestre ed allo scalo sloveno di Capodistria /Koper.
La scelta della BRI venne osteggiata a tal punto che si disse come l’ eventuale “cessione” dello scalo triestino si sarebbe trasformato diventando una enclave economica “comunista” in una città della UE in una regione presidiata militarmente dalla NATO ! (3)
Certo è che oggi con la guerra alle porte qualche riflessione in piu’ andrebbe fatta a sinistra e l’ intervento di Michele Santoro ieri , mercoledì 10 aprile al teatro Miela Reina di Trieste qualche cosa è stata detta.
La regione Friuli Venezia Giulia è da tempo sovraesposta a piu’ pericoli, come base NATO, è strategica per la posizione che occupa davanti ai paesi dell’ ex blocco sovietico, ed in cui perdurano le stigmate di quella situazione geopolitica e ambientale ,è una regione sismica , il cui territorio è malamente sfruttato , non solo per le servitù militari ma per desueti modelli di agricoltura e dove crescono disoccupazione , aggressioni ambientali, povertà ed invecchiamento della popolazione : E’ anche il luogo terminale di una rotta balcanica che non sa praticare accoglienza ma applica politiche securitarie , poliziesche e repressive . E che applica una logica di controllo detentivo anziché praticare umanità.
Su questi presupposti si sviluppa una propaganda bellicista , esclusivista , provincialista dove la Lega Nord tira le fila e che si stenta a contrastare
Ma è una deriva che va respinta , il grido di dolore che oggi si determina è globale , e lo strazio sanguinoso che seppellisce Gaza impone una mobilitazione ed un impegno per la pace , consapevole e determinato . Impone una scelta di civiltà per far vivere la democrazia ed il dialogo in medio oriente . Le zone di conflitto si stanno estendendo , i blocchi politici e militari sono oggi molti di più di quelli del secolo scorso ( est , ovest,non allineati) e l’ Italia in questo contesto anziché svolgere un ruolo autonomo in linea con la Costituzione , non puo’ assentire o rendersi subalterna ad una UE a sua volta subalterna sia alla forza finanziaria delle Multinazionali , sia alle pulsioni belliciste della NATO ,ed ai profitti delle industrie belliche ; in questa alterazione che muta di segno le basi del Patto di Roma del 1957 una svolta da sinistra non puo’ non essere imposta ed essa va agita di conseguenza, con una piattaforma comune .
Se infatti la dialettica democratica tra gli stati componenti diventa prassi superata e desueta e cio’ avviene dopo un percorso ventennale ,il cambiamento è tanto più necessario ed esso non puo’ volgersi ancora più a destra , nella stessa direzione di quanto avvenuto dall’ 11 settembre 2001 in poi.
Le varie tappe che Santoro ha elencato davanti ad una platea , forse troppo esigua per la circostanza, ma attenta e motivata nella sua presenza, segnano infatti altrettanti punti di svolta della politica estera ed internazionale dell’ Europa, dalla terza guerra in Irak nel 2003 dove anche il nostro paese fu attivamente coinvolto , alla ritirata USA dall’ Afghanistan nel maggio 2021. Ci si chiede se il nostro paese , elezioni europee a parte , voglia proseguire su questa strada , che oltretutto non riguarda la sola politica estera..e non invece fermarsi per fermare a sua volta il neofascismo e la guerra.Mondiale.
Dal 7 ottobre 2023 qualcosa è cambiato . La natura stessa della guerra che indotta dall’ attacco terroristico di Hamas contro Israele ha prodotto non un mero effetto di rappresaglia contro l’organizzazione terroristica ma un genocidio contro una popolazione inerme, contro un popolo che non ha una patria o è impedito di costituirsi in Stato , e poi gli effetti collaterali (non previsti?) sul terreno dell’ informazione per distorcere ancora e peggio la realtà di quanto accade da quella data , un fatto di cui si sono avvantaggiati i produttori di fake news . E dove ci si scopre inadeguati a fronteggiare una I.A. globale dove la disumanità si accresce con la disinformazione, la banalizzazione del dolore , la propaganda bellicista mediatica da disvalore viene rivalutata come esempio di realismo pragmatico .. non bastano le immagini di Gaza trasformata in un cimitero a cielo aperto , nella distesa di macerie e rovine fumanti di un popolo già privato della propria patria ed ora cancellato da una rappresaglia che per spietatezza e ferocia ricorda la rappresaglia e repressione nazista del Ghetto di Varsavia nel 1944? E’ possibile restare umani? ( non è una domanda retorica, ma come tale evoca una serie di questioni che la politica europea deve affrontare. )
Sono passati 10 anni da quando, qui a Trieste su iniziativa del Circolo del Manifesto “ “Raffaele Dovenna” si costruì un percorso unitario che nel nome di Tsipras e col programma economico di Salonicco, ricomponeva almeno elettoralmente le diverse organizzazioni a sinistra dopo la debacle del 2009 ( due milioni e mezzo di voti gettati senza raggiungere il quorum) e consentiva di riportare tre deputati tra i banchi della sinistra a Strasburgo , un esito positivo che purtroppo non potè ripetersi nel 2019 e che ricordiamo non perché “repetita iuvant” ma perché ricompare quella “coazione a ripetere “ che la dice lunga sulla china scivolosa .. e in salita che abbiamo davanti anche oggi .
PACE TERRA E DIGNITA’ ne è consapevole , la raccolta delle firme continua , mettere in campo la speranza della pace forse non porterà voti, ma il messaggio , che quelle idee che si oppongono alla barbarie, al silenzio della paura , alle grida della disperazione , possano trovare un luogo dove esprimersi in dignità e libertà , dipende anche , oltre che dalla buona volontà individuale e collettiva , dal programma politico che la sinistra , in Europa sarà in grado di darsi, proporre e costruire .E sarà importante il contributo che l’ iniziativa politica di Santoro saprà produrre , con l’ impegno e la partecipazione piu’ larga in ogni territorio, in ogni luogo di lavoro , luoghi che spesso , come ha dimostrato la tragedia di Suviana, non sono più luoghi di vita e costruzione di futuro ma nonluoghi di solitudine e costrizione che rimandano alla distopia ricordata da London ne “Il tallone di ferro” , e le vicende a noi piu’ vicine , dalla ex Wartsila al Silos Ferroviario ce lo ricordano.
Giorni fa Papa Francesco s’ era chiesto : “Dove vai Europa? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni? L’anima europea è nata dall’incontro di civiltà e popoli, più vasta degli attuali confini dell’Unione. Ma oggi essa è in pericolo perché ha tradito le ragioni per cui è nata.”
Sono parole che ricordano quelle di oltre un secolo fa pronunciate da un altro Pontefice , Benedetto XV, che nel 1917 dopo tre anni di guerra , definì come una ”inutile strage” quella follia militarista che poi avrebbe generato il fascismo in Italia e il revanscismo nazista in Germania .
Non scordiamocene.
11 aprile 2024
NOTE
(1) L’ allegato VII parlava chiaramente degli “strumenti per il regime del Territorio Libero di Trieste” e l’ allegato VIII in 25 articoli chiariva nel dettaglio compiti , ruolo e funzioni relative al Porto Franco di Trieste. Tralatro l’ art.7 prevedeva che “il direttore del Porto Franco di Trieste potrà anche autorizzare in Porto franco la lavorazione delle merci”. E che “l’ esercizio di attività industriali , consentito in Porto Franco soltanto a quelle imprese che esistevano prima della sua costituzione, non sarà ostativo all’ insediamento di altre imprese industriali entro i suoi confini.” Orbene , questo è proprio quanto è accaduto con l’ insediamento del presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Zeno d’ Agostino negli ultimi cinque anni . Ora però a fine del mandato , dopo aver rilanciato la funzionalità ed operatività del porto triestino , dopo aver sviluppato la logistica e la movimentazione delle merci riattualizzando il trasporto su rotaia e le connessioni con il vicino porto sloveno di Capodistra , c’è preoccupazione per chi subentrerà , anche considerando il “caso” Monfalcone dove il problema principale non è dato dalla islamofobia della sindaca leghista ma da quel “ modello Fincantieri” che fa a pugni con il rispetto e la dignità del lavoro , il lavoro schiavistico consolidato su catene di appalti , subappalti o contratti ad personam su cui si fatica ad intervenire e peggio ancora a legiferare . I destini di Trieste e Monfalcone sono oggi strettamente intrecciati in un contesto dove la geopolitica ridefinisce le proprie priorità , anche al netto della guerra in corso in Ucraina ,- Trieste è anche porto Militare della Nato ed è spesso toccato da Navi USA,- così la Germania acquisisce tramite la HHLA parte della Piattaforma logistica del Molo VIII che in poch mesi è diventata la piattaforma di interscambio tra mare e ferrovia all’intersezione delle ferrovie del Baltico, dell’Adriatico e del Mediterraneo , il Trimarium , per dirla con il termine di Caracciolo .
(2) Sergio Bologna , triestino , è Presidente dell’AIOM ( Associazione Imprenditori e Operatori Marittimi) dall’aprile 2015, è membro del Comitato Direttivo del CISCo. Council of Intermodal Shipping Consultants, sezione italiana, membro del Comitato Scientifico della Fondazione “Luigi Micheletti” di Brescia, socio onorario dell’Associazione Tedesca di Logistica (BVL ), ha partecipato alla stesura del Piano Nazionale dei Trasporti e della Logistica presso il Ministero dei Trasporti (1998-2001) e del Piano Nazionale della Logistica (2010-2011). E’ stato per diversi anni l’esperto del CNEL per i problemi della logistica ed uno dei fondatori del Club Eurotrans, équipe di ricerca di 9 paesi europei (1990-2016). E’ uno dei promotori dell’Associazione Consulenti Terziario Avanzato (ACTA).
(3) Il ruolo di Trieste , capoluogo giuliano , è determinato dalla strategicità del suo porto e delle infrastrutture , della manifattura , dell’ ambiente come punti di ripartenza in un quadro presidiato dai temi del lavoro, di nuova e qualificata occupazione ,della riconversione ecologica , della proiezione sullo scenario mitteleuropeo delle nuove direttrici di sviluppo che proprio da Trieste possono ripartire. Alcune realizzazioni sono state conseguite- il completamento della Piattaforma logistica (PLT) destinata a diventare il molo VIII di Trieste con la partecipazione dell’ amburghese HHLA ( logistica) , la trasformazione dell’ area ex Ferriera con il laminatoio a freddo e il revamping della centrale elettrica per cui saranno destinate risorse dal PNRR, l’ insediamento ad Aquilinia in area ex Teseco di una società pubblica ungherese che sta realizzando una banchina di AdriaPort , ed altri progetti stanno prendendo forma confermando le potenzialità attrattive del Porto Franco Internazionale di Trieste , nonostante una giunta di centrodestra che latita o rema contro l’ interesse colletivo ed il futuro della città che amministra .