Il 24 marzo è stato pubblicato il primo numero di “Quistioni”, il nuovo web magazine della Sinistra Europea. La rivista online è disponibile in tre lingue – francese, inglese e spagnolo – e mira a creare uno spazio comune di confronto tra partiti, movimenti, associazioni e intellettuali che ritengono necessario lavorare per un’alternativa culturale, sociale e politica. La rivista sarà pubblicata trimestralmente, con un approccio monografico. Per costruire un “intellettuale collettivo” – da qui il riferimento a Gramsci nel nome della rivista e nella sua copertina – riteniamo necessario promuovere questo progetto comune per stimolare analisi, dibattiti e riflessioni comuni. Il primo numero della rivista si intitola “Cambiare il mondo ai tempi di Covid” e si concentra sulla necessità imperativa derivante dal “sindacato” Covid di un cambiamento radicale nel modello di sviluppo, superando il neoliberismo e la distruzione della natura.
Dal primo numero proponiamo, tradotto in italiano, l’articolo di Marc Botenga1.
“Le aziende farmaceutiche hanno il monopolio del mercato e noi ne dipendiamo completamente”. Dopo quasi un anno di pandemia, la dichiarazione del ministro belga della sanità, Frank Vandenbroucke, è sconcertante e indiscutibile. L’onnipotenza di Pfizer e delle altre industrie del farmaco è stata particolarmente evidente a dicembre, quando la Pfizer ha comunicato al Belgio che avrebbe consegnato circa la metà delle 600.000 dosi programmate per gennaio, mentre le consegne a Israele procedevano a pieno ritmo. Il fatto che Israele pagasse il doppio del prezzo e che avrebbe condiviso alcuni dati medici, ha senza dubbio a che fare con questo.
L’onnipotenza è stata riaffermata all’inizio di gennaio, quando Pfizer ha unilateralmente deciso di ridurre la quantità di fiale consegnate all’Unione Europea. La ragione? Si è verificato che da una singola fiala si possono ottenere non 5 ma 6 dosi di vaccino. In un mondo normale sarebbe stata un’ottima notizia che avrebbe fatto aumentare il tasso di vaccinazione e anche consentito un notevole risparmio. Ma la logica del mercato e del profitto, che è predominante nel settore farmaceutico, ha spinto in un’altra direzione. Pfizer ha sostenuto che il contratto di acquisto è stato stipulato in base alle dosi e non alle fiale. E poiché il costo di produzione per fiala è lo stesso, riducendo il numero di fiale da consegnare la multinazionale statunitense ha visto l’opportunità di assicurarsi un ulteriore margine di profitto pari al 20%. La Commissione Europea ha proposto quello che doveva sembrare un buon compromesso per entrambe le parti: Pfizer avrebbe consegnato il numero di fiale previste inizialmente, ma sarebbe stata pagata per le dosi addizionali. Più che un accordo, questa proposta sembra una capitolazione al ricatto della multinazionale.
La parola capitolazione è forte, ma ha un vantaggio innegabile. La resa implica una scelta. L’impotenza delle autorità pubbliche di fronte alle multinazionali farmaceutiche non è affatto inevitabile. La Commissione europea era stata incaricata di negoziare per conto dei 27 Stati membri e questa decisione era ragionevole: la contrattazione collettiva dovrebbe consentire un minimo di equità nella distribuzione intraeuropea dei vaccini. Negoziando insieme, gli Stati, che rappresentano un mercato di 450 milioni di cittadini, dovrebbero anche ottenere condizioni più favorevoli rispetto a negoziazioni separate.
Ma non è stato questo il caso. Sin dall’inizio delle negoziazioni con l’industria farmaceutica, la Commissione Europea è stata molto disponibile nei confronti delle aziende del settore. Per esempio ha ceduto alla richiesta di trasferire agli Stati membri il rischio finanziario in caso di effetti collaterali dovuti a vizi occulti, il che è eccezionale nell’Unione Europea. Il primo contratto reso pubblico, pur nella versione censurata dalla Commissione Europea, mostrava che i brevetti restano nelle mani delle aziende. Al contrario di quanto avvenuto con l’accordo statunitense per il vaccino di Moderna, la Commissione Europea ha assegnato tutti i diritti sul vaccino al settore privato, sebbene la comunità avesse, oltre al prezzo di acquisto, finanziato ricerca e sviluppo, espansione della capacità di produzione e persino rischio finanziario in caso di vizi occulti. Ciò significa che, in definitiva, l’azienda decide su prezzi e quantità, considerando, prima di tutto, il suo margine di profitto. Una clausola confidenziale garantisce che nemmeno i parlamentari europei possano prendere visione dei contratti. Inoltre, alcune indiscrezioni indicano che gli Stati membri della UE stanno pagando più o meno il prezzo fissato unilateralmente dall’industria farmaceutica, quindi è oggettivamente difficile parlare di qualcosa di diverso dalla capitolazione.
Quando il ministro belga Vandenbroucke attacca l’onnipotenza delle multinazionali farmaceutiche, dimentica che potrebbe fare qualcosa a questo riguardo. Nell’aprile del 2020, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron e Angela Merkel chidevano che il vaccino diventasse un bene pubblico. Questo avrebbe significato negare il monopolio del brevetto sul vaccino e avrebbe prodotto una serie di vantaggi, se non altro in termini di produzione. Perché, sia chiaro, non rendere il vaccino un bene pubblico costa vite umane. Oxfam ha osservato che rispettare il modello tradizionale dei brevetti significava negare a settanta Paesi l’accesso alla vaccinazione di massa entro il 2021. Condividendo la tecnologia avremmo potuto aumentare più o meno rapidamente il numero di siti di produzione e quindi la quantità di vaccino disponibile. Ciò significherebbe dare priorità alla vita e non ai profitti di pochi azionisti.
Gli strumenti tecnici ci sono. L’Unione Europea avrebbe potuto, a monte, stabilire condizioni per l’utilizzo di fondi pubblici per ricerca e sviluppo o negoziare il rilascio di brevetti in accordi di pre-acquisto. Non lo ha fatto e nessun governo nazionale ha insistito che lo facesse. Un altro strumento a disposizione dei governi nazionali sono le licenze obbligatorie. Ciò implica richiedere alla società che detiene il brevetto di offrire ad altre aziende una licenza per produrre il vaccino. Rompere il monopolio aiuta a espandere la produzione sulla scala necessaria a un costo accessibile. Tali licenze obbligatorie sono responsabilità degli Stati membri, ma la Commissione Europea può facilitare questo processo allentando le norme europee sull’esclusività dei dati. La piattaforma di scambio tecnologico istituita dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) è rimasta volontaria. Tuttavia, l’Unione Europea avrebbe potuto imporre la condivisione della tecnologia all’industria farmaceutica attraverso questo meccanismo. Ma poiché questo non è avvenuto, a gennaio 2021 la piattaforma non aveva ricevuto un solo contributo. Anche India e Sud Africa si battono, a capo di una coalizione di circa 100 Paesi, per la sospensione dei brevetti sui vaccini contro Covid-19, ma l’Unione Europea vi si oppone ferocemente. Il contrasto con Paesi come Cuba e Cina, che promettono di offrire il loro vaccino al mondo, è davvero colossale.
Perfino in una situazione eccezionale come una pandemia, l’Unione Europea continua a difendere i brevetti e i profitti privati delle grandi multinazionali del farmaco. Diamo la colpa alle lobby? Indubbiamente la Commissione e il Parlamento europeo sono permeabili a ogni tipo di lobbismo aziendale. La scelta di Richard Bergström, ex direttore della lobby farmaceutica EFPIA (Federazione europea delle industrie e associazioni farmaceutiche), come negoziatore dei contratti europei con l’industria farmaceutica ha solo confermato questo dato di fatto. A fronte del potere delle lobby, la mobilitazione dei cittadini europei #Noprofitonpandemic, che ha lo scopo di indurre la Commissione Europea a rendere il vaccino un bene pubblico, merita pieno sostegno.
Tuttavia, l’ostinazione dell’Unione Europea ha radici molto più profonde. Lo sappiamo dai rapporti della potente lobby della Tavola rotonda europea degli industriali (ERT) che delineano la via da seguire per il Trattato di Maastricht. La missione primaria della costruzione europea è sostenere la competitività globale delle grandi aziende europee. Gli amministratori delegati europei lo hanno apertamente descritto nel loro rapporto del 1991 Reshaping Europe. Occorreva uno strumento potente per plasmare il mondo, poiché “nessun singolo Paese europeo da solo può influenzare in modo decisivo la forma del mondo”. Senza un mercato più ampio, una moneta unica e un apparato statale europeo, le multinazionali europee non sarebbero in grado di competere a livello globale. Con questo obiettivo in mente, la logica economica e industriale europea si è articolata attorno alla competitività delle grandi imprese. Questo vale anche per la transizione ecologica. Sulla carta, la transizione ecologica è al centro degli obiettivi dell’Unione. In realtà si tratta soprattutto di aiutare le multinazionali europee a diventare “campioni” nel campo delle tecnologie verdi. Il denaro pubblico verrà utilizzato per sovvenzionare le grandi aziende europee per consentire loro di essere le più competitive sulla scena internazionale. Come scrive Peter Mertens: “Il neoliberismo non si basa sul rapporto tra mercato e Stato, ma sulla totale schiavitù dello Stato al capitale”2.
La stessa logica, che difende il monopolio delle multinazionali del farmaco in nome della competitività, opera attualmente attraverso la protezione del brevetto come freno al largo e rapido accesso ai vaccini. D’altra parte, supponiamo che un consorzio pubblico abbia preparato la strategia vaccinale. Probabilmente deciderà di sviluppare non un vaccino ma diversi, in modo da non mettere tutte le sue uova nello stesso paniere. I vaccini potrebbero essere testati in tutto il mondo e comparati tra loro. Una volta sviluppati i vaccini, si potrebbe decidere di applicarli a gruppi prioritari continuando le sperimentazioni con altri vaccini candidati. Chiunque ne avesse l’opportunità potrebbe produrre il vaccino ovunque nel mondo. E se nel futuro venissero sviluppati nuovi vaccini, si potrebbe procedere in altre direzioni, in modo da assicurare che l’intera popolazione sia protetta nel modo più sicuro, più efficace e anche meno costoso.
È il momento di togliere il vaccino dalle mani delle multinazionali farmaceutiche e di pensare a un gruppo farmaceutico pubblico europeo per i farmaci essenziali. Questo avrebbe un ulteriore vantaggio. Lo scetticismo sui vaccini è frutto non tanto della mancanza di fiducia nella scienza o nel medico curante quanto della sfiducia in un’industria farmaceutica che dà valore al profitto rispetto alla salute. Quando si tratta di vaccinare milioni di persone la fiducia è fondamentale. Mettere il vaccino sotto il controllo pubblico e chiarire che nessuno ne trarrà beneficio può aiutare a creare fiducia.