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Ma l’Europa non c’è

di Paola
Boffo

di Paola Boffo –

Una settimana in cui è successo tutto, dove il virus ha sovvertito le regole, le abitudini, le politiche.

L’Europa si sveglia oggi con le frontiere esterne chiuse e cerca di mantenere aperte quelle interne, ma solo per la circolazione delle merci, dopo il primo tentativo di chiusura da parte di Germania e Francia, che avevano adottato stretti limiti all’esportazione del materiale medico. L’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente dell’Italia presso la UE, aveva chiesto di attivare il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea per la fornitura di attrezzature mediche per la protezione individuale. Ma, sfortunatamente, non un solo paese dell’UE ha risposto all’appello e Massari affermava, in un articolo su Politico del 10 marzo, che “Solo la Cina ha risposto bilateralmente. Certamente, questo non è un buon segno di solidarietà europea.”

Nell’atto più recente, nel momento in cui scriviamo, e cioè la riunione dei Leader dell’UE che si è tenuta ieri 17 marzo in videoconferenza, che richiede l’approvazione di regole straordinarie per i lavori del Consiglio europeo a causa del rapido aumento del numero di casi, dopo che l’11 marzo 2020, il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha definito COVID-19 una pandemia e il 12 marzo 2020, in vista della rapida escalation nella regione europea dell’OMS, con oltre 20.000 casi confermati e quasi 1.000 morti, il Direttore regionale dell’OMS per l’Europa ha indicato che l’Europa era diventata l’epicentro di questa pandemia.

Come si legge nelle conclusioni del presidente Michel, espresse a seguito della conferenza stampa tenuta alle 20,30 insieme a Ursula von der Leyen, il Consiglio europeo ha approvato gli orientamenti proposti dalla Commissione sulla gestione delle frontiere, per garantire il passaggio di medicinali, cibo e merci e consentire ai cittadini UE grado di viaggiare nei loro paesi d’origine. Allo stesso tempo si è deciso di rafforzare le frontiere esterne applicando una temporanea limitazione dei viaggi non essenziali verso l’UE per un periodo di 30 giorni (ad eccezione dei rientri, del personale diplomatico e dei ricercatori impegnati sull’epidemia COVID 19).

Il Consiglio ha accolto con favore la decisione della Commissione di adottare un’autorizzazione preventiva per l’esportazione di attrezzature mediche e di gestire appalti pubblici congiunti che sono stati lanciati per fornire sufficienti dispositivi di protezione, oltre che l’acquisto diretto di dispositivi di protezione attraverso il quadro di protezione civile europea. Ha inoltre sottolineato la necessità di condividere informazioni e sviluppare un vaccino e renderlo disponibile a tutti, anche attraverso il sostegno a imprese europee. (Proprio il 16 marzo la Commissione ha comunicato di aver offerto fino a 80 milioni di euro di sostegno finanziario a CureVac, uno sviluppatore di vaccini altamente innovativo di Tubinga, in Germania, per aumentare lo sviluppo e la produzione di un vaccino contro il Coronavirus in Europa. Il sostegno è concesso sotto forma di una garanzia dell’UE di un prestito BEI di pari importo, nel quadro del meccanismo di finanziamento delle malattie infettive InnovFin nell’ambito di Horizon 2020).

È stata approvata la dichiarazione dell’Eurogruppo del 16 marzo, invitando lo stesso a monitorare costantemente e da vicino l’economia e gli sviluppi finanziari adeguando tempestivamente una risposta politica coordinata alla situazione in rapida evoluzione.

I leader hanno sostenuto le varie iniziative prese dalla Commissione nei settori del mercato unico, come l’adattamento delle norme sugli aiuti di Stato, l’utilizzo delle flessibilità previste dal Patto di stabilità e crescita e il ricorso agli spazi di flessibilità previsti dal bilancio dell’UE.

Si intende inoltre attivare il coordinamento delle ambasciate e le delegazioni dell’UE nei paesi terzi per organizzare congiuntamente il rimpatrio dei cittadini dell’UE, ove necessario e possibile, anche facendo uso del meccanismo di protezione civile dell’Unione.

Nelle conclusioni di Michel non si fa cenno alla discussione tenutasi nel Consiglio, e quindi non si cita la proposta del Presidente del Consiglio Conte, che ha indicato tra gli strumenti possibili per finanziare con urgenza tutte le iniziative dei singoli governi per proteggere le proprie economie i ‘coronavirus’ bond o anche un fondo di garanzia europeo, «perché nessuno si illuda di rimanere al riparo da questo tsunami economico-sociale» e dunque la risposta «deve essere comune», per evitare di esporre l’Europa alle reazioni dei mercati, e urgente «un ritardo sarebbe letale per tutti e per questo irresponsabile».

Un ragionamento di rango europeo, di fronte a iniziative disparate e difformi prese dagli Stati membri, con probabilmente colpevole ritardo, di fronte a una diffusione dell’epidemia che non rispetta le frontiere. Un intervento europeo di supporto all’economia attraverso l’emissione di euro bond, come aveva proposto qualche giorno fa Romano Prodi, perché “è arrivato finalmente il momento di dotarsi di uno strumento di intervento straordinario che vale per tutti: il titolo pubblico del debito pubblico europeo”.

La gravità della situazione impone di cambiare, e l’iniziativa italiana consentirebbe anche l’avvio della politica economica e della fiscalità a livello europeo che ancora non esistono.

L’emergenza, e di conseguenza la necessità di riformare il sistema (cambiare lo statuto della BCE per farne una vera banca centrale prestatrice di ultima istanza, bloccare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, anzi cancellarlo, garantire una politica sanitaria comune, stabilire un reddito di base europeo), cadono però nel momento più basso dell’integrazione europea, con rappresentanti istituzionali inadeguati e percorsi di costruzione dell’Unione economica e monetaria fondata sempre più su processi intergovernativi: tutto è sempre nelle mani del Consiglio, che pretende l’accordo degli Stati membri.

Abbiamo scritto di recente dei tentativi della Presidenza del Consiglio di arrivare a una proposta sul Quadro finanziario pluriennale 2021 – 2027, caduti nel vuoto, perché basati sulla missione impossibile di mettere d’accordo i paesi nordici più rigoristi con gli stati più attenti alla coesione territoriale, schema che si ripropone sempre più spesso, a dimostrazione anche di una mancanza di solidarietà che ha avuto una rappresentazione plateale nella chiusura delle frontiere dell’Austria, della Francia, della Slovenia, della Spagna, basata su atti unilaterali vietati dal trattato, stigmatizzati l’altro ieri dalla Commissione, che ha emesso delle linee guida dove si evidenzia la possibilità di reintrodurre controlli alle frontiere interne alla zona Schengen, ma si legge, tra l’altro, che “Gli Stati membri devono sempre ammettere i propri cittadini e residenti e facilitare il transito di altri cittadini e residenti dell’UE che stanno tornando a casa.” E poi che “Gli Stati membri dovrebbero preservare la libera circolazione di tutte le merci. In particolare, dovrebbero garantire la catena di approvvigionamento di prodotti essenziali quali medicinali, attrezzature mediche, prodotti alimentari essenziali e deperibili e bestiame. Nessuna restrizione dovrebbe essere imposta alla circolazione delle merci nel mercato unico, in particolare (ma non limitato a) beni essenziali, sanitari e deperibili, in particolare i prodotti alimentari, se non debitamente giustificato. Gli Stati membri dovrebbero designare corsie prioritarie per il trasporto di merci (ad esempio tramite “corsie verdi”) e prendere in considerazione la rinuncia ai divieti di fine settimana esistenti.”.

Nelle Dichiarazioni conclusive dell’Eurogruppo del 16 marzo 2020, rilasciate in tarda serata, si legge che “I nostri impegni di oggi riflettono la nostra forte determinazione a fare tutto il necessario per affrontare efficacemente le sfide attuali e per ripristinare la fiducia e sostenere una rapida ripresa.” Nei fatti, anche in questo caso, tutto si riduce alla presa d’atto e apprezzamento delle misure intraprese dagli Stati membri, dalla Commissione, dalla BCE a fronte dell’emergenza coronavirus.

Si accenna al MES in un solo passaggio, dove si afferma che: “Oltre alla risposta immediata e mirata, stiamo lavorando su tutte le misure necessarie per aiutare l’economia a riprendersi una volta che il coronavirus si è ritirato. Riconosciamo la necessità di riflettere sulla resilienza delle nostre catene di valore strategiche europee per proteggere meglio l’Europa dalle perturbazioni del mercato dei prodotti e dei capitali in futuro. Abbiamo già rafforzato in modo significativo il nostro quadro di gestione delle crisi, anche con l’istituzione del MES. Oggi raccomandiamo di continuare il nostro lavoro per rafforzare ulteriormente l’architettura e la resistenza agli shock dell’Unione economica e monetaria.”

In serata Centeno ha poi aggiunto che “Tutte le istituzioni parteciperanno al nostro sforzo collettivo per sconfiggere questo virus. In questo contesto, ho anche chiesto alla Commissione e al MES di esplorare modi, nell’ambito dei loro mandati, di affrontare le sfide poste dal coronavirus.” e che “Sul trattato [per la riforma del Mes], a dicembre abbiamo raggiunto un accordo – in linea di principio – su tutti gli elementi relativi alla riforma del MES, ma abbiamo lasciato alcuni chiarimenti giuridici da chiarire. Il lavoro svolto chiarisce le restanti questioni aperte. Sono fiducioso che potremo chiudere questo grande capitolo a breve. Anche sul cosiddetto accordo di modifica dell’IGA. La nostra attenzione è ora completamente focalizzata sul coronavirus e quindi finalizzeremo politicamente la riforma del trattato in un momento più appropriato.”

Per il momento quindi le istituzioni europee apprezzano le misure prese dagli Stati membri, garantendo tutta la flessibilità prevista dal bilancio e dal Patto di stabilità e crescita, con l’attivazione della “clausola di crisi generale”, che consente agli Stati membri di deviare dal percorso di aggiustamento verso gli obiettivi di bilancio. Ma quando cesserà l’emergenza, si tornerà al normale percorso di convergenza verso gli obiettivi programmati, in un contesto probabile di caduta del prodotto interno lordo che avrà determinato un ulteriore peggioramento del famigerato vincolo al 3% del rapporto deficit / PIL.

Bisogna cambiare l’Europa, perché non resti una delle vittime del COVID-19.

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