Con la cortese autorizzazione del Direttore di Alternative per il Socialismo, pubblichiamo il capitolo, dedicato a Mario Draghi, dell’articolo Il nuovo Patto di Stabilità: in realtà una riesumazione, di imminente pubblicazione sul n.72 della rivista. Ovviamente, l’articolo è stato scritto prima dell’ ultima esternazione dell’ex Presidente della BCE
Negli ultimi due anni, da quando è venuto meno il momento hamiltoniano e si è interrotto il processo virtuoso che aveva introdotto strumenti finanziari comuni (Next Generation Eu, Sure), si assiste nell’Unione europea a una sorta di schizofrenia. Da un lato gli Stati membri sono obbligati a cercare soluzioni nazionali ai loro problemi economici, dall’altra, a livello centrale, si è continuato a fissare, nell’ambito delle transizioni ecologica/energetica e digitale, obiettivi ambiziosi, a cui si aggiunge ora quello della difesa europea. Obiettivi che gli Stati membri hanno sempre più difficoltà a perseguire. In questa situazione, si è manifestata la reale incapacità dell’Ue di gestire le transizioni, soprattutto di perseguire concretamente le tanto proclamate transizioni giuste. Le rivolte in agricoltura ne sono state la dimostrazione palmare.
D’altra parte, la riedizione di un Patto di Stabilità la cui unica preoccupazione è che nessun Paese, con i suoi “disordini” finanziari, danneggi gli altri, e non quella del coordinamento delle politiche di bilancio, è la prova provata che l’Ue è già quella confederazione di stati nazionali tanto agognata dai nostri sovranisti. In questi ultimi mesi si sono ripetuti molti moniti sul declino, se non la catastrofe, a cui condurrà questa rinuncia a “fare l’Europa”. Molte sono le preoccupazioni che la crescita della sfiducia nell’Unione europea, iniziata, dopo la crisi dei debiti sovrani, con l’austerità e l’avvento della governance economica, venga incrementata dal nuovo Patto di Stabilità, e con essa una ulteriore ascesa del populismo sovranista.
Di fronte a questa situazione, le alternative al ripiegamento nazionalista partono proprio dal problema principale che il nuovo Patto lascia insoluto: la capacità di prevenire nuove crisi del debito; da un lato per la difficoltà/impossibilità degli Stati membri a rispettare le sue stesse regole, dall’altra per la riduzione e prossima eliminazione degli interventi della Bce a sostegno dei titoli di Stato.
Giustamente, si dice, la soluzione non può essere nemmeno quella adombrata dalle opzioni più ottimistiche di orientamento del Patto, e cioè la strada delle flessibilità nazionali – soluzione che finirebbe per divaricare ancora di più le scelte strategiche nazionali da quelle comuni europee – ma quella di una cessione di sovranità all’Europa che dovrebbe essa occuparsi delle scelte macroeconomiche atte a contrastare le avversità cicliche e a realizzare il rafforzamento strutturale. E così, nel recente dibattito pubblico, le alternative hanno preso i nomi di: debito comune, capacità fiscale europea, politica di bilancio comune. Insomma, un’Europa in grado di risolvere i problemi che gli Stati non sono in grado di affrontare da soli.
Il più autorevole tra coloro che hanno manifestato queste preoccupazioni e formulato proposte alternative in questa direzione è senza dubbio Mario Draghi, con le sue esternazioni di questi ultimi mesi. La prima, il suo discorso al Mit del 6 giugno 2023, è la più sorprendete e, al tempo stesso, la più rivelatrice. Così, in un breve passaggio su un auspicabile avvenire dell’Europa: “Il cammino verso un’unica entità politica, economica e sociale, seppur lungo e difficile, diventa inevitabile”. Soprattutto, egli vede nella guerra e nella difesa comune l’opportunità per procedere in questa direzione: “La risposta europea alla Russia rappresenta una svolta” 1. In un articolo su The Economist del 6 settembre 2023, si concentra sulla questione della capacità fiscale europea e sull’esigenza di una maggiore “sovranità condivisa” per una politica di bilancio comune. “Un debito e una spesa federale porterebbero maggiore efficienza e spazio fiscale, perché i costi complessivi del debito sarebbero minori”2. Concetti ribaditi l’8 novembre in un intervento alla Global Boardroom Conference del Financial Times 3. Molti economisti e commentatori mainstream hanno condiviso questo messaggio, sottolineando che non vi è nessuna possibilità che si affermi una politica economica espansiva a livello nazionale ed europeo in assenza di una politica di bilancio comune.
Il 28 novembre, durante la presentazione di un libro, Draghi è andato oltre: “Oggi il modello di crescita si è dissolto e dobbiamo reinventare un modo di crescere, ma per farlo dobbiamo diventare uno Stato” 4. Nei successivi interventi – fatti nella veste ufficiale di incaricato dalla Commissione di elaborare un rapporto sulla competitività dell’Europa – non si è spinto troppo sulle questioni politico-istituzionali, mantenendosi nell’ambito economico, pur con tutti gli immancabili risvolti politici, soprattutto geoeconomici e geopolitici. Per non rimanere schiacciata tra Usa e Cina e avere un ruolo a livello globale, nonché per mantenere la coesione sociale interna, l’Unione deve fare investimenti per 500 miliardi all’anno nelle transizioni e nella difesa. Per questo servono “scelte coraggiose”.
È appena il caso di aggiungere che nella concezione di Mario Draghi, sia per quello che ha detto esplicitamente che per quello che ha lasciato intendere, il Patto di Stabilità dovrebbe essere gettato alle ortiche insieme, ovviamente, ai parametri di Maastricht.
Uno Stato europeo che gestisca in modo efficace ed equo la politica macroeconomica è, senza dubbio, l’unica prospettiva in grado di mettere al riparo gran parte degli Stati membri dalla minaccia dell’austerità e della recessione. Ciò che fa nascere non poche perplessità non è solo il carattere neoliberista che questo Stato europeo avrebbe, ma l’assenza di una chiara connotazione democratica, che non emerge in modo chiaro dalle dichiarazioni di Draghi, ma che non è azzardato intravvedere in controluce. Non basta, infatti, il richiamo all’unità; l’unità è la precondizione. Né il fatto che egli, per qualificare le soluzioni proposte per il governo dell’economia, abbia usato l’aggettivo “federale”. Non è sufficiente la cessione di sovranità perché un sistema possa definirsi federale. La nozione di federalismo è indissolubilmente legata a quella di democrazia e, nel caso specifico, questo significa, da un lato, un sistema istituzionale che assicuri la rappresentanza dei cittadini europei, garantendone la sovranità, dall’altro, il fermo ancoraggio a principi costituzionali risultanti da un confronto popolare sui valori e sui diritti che questi principi debbono difendere.
Ora, tutto questo, nell’Unione dei Trattati, non esiste. Ma non esiste nemmeno nelle proposte di Mario Draghi. Ciò che si può intuire, anche dagli accenni al gradualismo, è che certamente egli pensa a una eliminazione della unanimità nelle decisioni del Consiglio; è probabile che non sia nemmeno contrario a una modifica più incisiva dei Trattati, anche se non si è sbilanciato in questo senso. Ma tutto questo ha poco a che fare con uno Stato federale. Anzi, un Consiglio senza unanimità, in cui si affermi il potere di una sorta di direttorio degli Stati più forti, è il superamento della stessa attuale confederazione di fatto verso un modello di autocrazia confederale, una forma diversa di intergovernativismo, presumibilmente più efficace ma sicuramente ancor meno democratico di quello attuale. Un modello che certamente si attaglierebbe all’idea di Stato forte, dal punto di vista economico e militare, da lui più volte evocato. A voler pensare male, forse è proprio a questo modello che egli pensa, anche nell’ipotesi di diventare presidente del Consiglio europeo.
Andrea Amato
- Cfr. Miriam Pozen Prize Award ceremony with address by Mario Draghi. MIT GCFP – Events Jun 7, 2023. https://mitsloan.mit.edu/centers-initiatives/mit-gcfp/miriam-pozen-prize-award-ceremony-address-mario-draghi[↩]
- Mario Draghi on the path to fiscal union in the euro zone. The Economist, Sep 6, 2023. https://www.economist.com/by-invitation/2023/09/06/mario-draghi-on-the-path-to-fiscal-union-in-the-euro-zone[↩]
- Mario Draghi delivers downbeat outlook for EU economic growth. Financial Times, 8. 11.2023 https://www.ft.com/content/39ec07ea-2ca6-4539-bf70-b0348347898f[↩]
- Cfr. Draghi: “L’Europa vive un momento critico. Serve ripensare il modello di crescita e diventare uno Stato”. Il Fatto Quotidiano, 29.11.2023. https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/29/draghi-leuropa-vive-un-momento-critico-serve-ripensare-il-modello-di-crescita-e-diventare-uno-stato/7369093/[↩]