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L’incredibile Borrell

di Luciano
Beolchi

Josep Borrel: Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. In altre parole il quasi ministro della guerra.

Quest’uomo, che è poco più conosciuto in Europa di chi firma questo articolo, sta annunciando agli europei con aria stizzita e minacciosa che si devono preparare a una guerra contro i russi, nella quale avranno decine di milioni di morti. Non decine: decine di milioni. Un’intera generazione sarà decimata, ognuno di noi avrà un padre, una madre, un fratello, una sorella, un figlio morti. Magari tutti. Si conteranno le città rase al suolo: chissà Milano, Vicenza, Düsseldorf, Manchester, Barcellona, Nantes, Varsavia, Praga, Lione. E tutto questo perché lo ha deciso un signor nessuno che non ha titolo neanche per approvare o far approvare non si dice una legge in Lussemburgo, ma neanche il regolamento cimiteriale del più piccolo paese spagnolo, la nazione da cui indegnamente proviene, ma che non rappresenta. E non minaccia per paradosso, per dire, come uomo saggio e avveduto: stiamo attenti, c’è sempre il rischio che qualcuno faccia sciocchezze, bisogna essere prudenti: no, il signor Borrell ce l’ha dà come cosa fatta, neanche disgraziatamente inevitabile, ma addirittura auspicabile. E non dice neanche, come hanno fatto gli americani per almeno un cinquantina di volte in questo dopoguerra: andiamo dall’altra parte del mondo, bombardiamoli, distruggiamoli, facciamoli a pezzi. Magari non ne verrà fuori niente, ma una cosa è sicura: se ne staranno lontani da casa nostra.

E così hanno fatto, in nome della democrazia, della libertà e di tutte quelle virtù per le quali il mondo intero li stima mentre vede spesso spuntare dietro di loro le testoline europee. Borrel è più astuto e dice: facciamola qui in casa nostra, la guerra mondiale: cominciamo in Polonia e vediamo se arriviamo fino in Portogallo.

Da quando i russi sono il nemico atavico storico dell’Europa? Perché questa sarebbe la motivazione di fondo di questo incredibile bellicista a casa sua. Di falchi è piena l’America e non da oggi, ma anche i falchi più rabbiosi hanno sempre avuto un sacro principio: tenere il nemico che fosse ideologico, economico, politico o religioso lontano dalle coste americane. E infatti, nella Prima guerra mondiale hanno perso 100.000 uomini, mentre l’Europa lasciava morti dieci milioni di giovani; e nella Seconda guerra mondiale, su tutti i fronti – tra cui quello per loro più importante del Pacifico – hanno avuto 400.000 caduti; i russi trenta milioni; i tedeschi sette milioni e mezzo di cui cinque milioni di soldati morti in Russia e gli jugoslavi tre e i polacchi sei. Gli ebrei sono stati sterminati.

La Russia è stata aggredita da Hitler, come era stata aggredita da Napoleone. E ora dovrebbe essere aggredita da Borrell. Napoleone l’aveva sfidata con una Grande Armata fatta di francesi, spagnoli, italiani, sassoni, olandesi. Hitler era riuscito a portarsi dietro, senza farci troppo conto, i rumeni, gli ungheresi, gli italiani, oltre ai volontari svedesi, francesi, belgi e spagnoli.

Borrell, insieme al suo compare Stoltenberg ci dice che ha già pronti 300.000 uomini in Polonia. Hitler all’inizio ne aveva schierati tre milioni e trecentomila, sempre in Polonia. Arrivò fino a Mosca e poi fu ricacciato e inseguito fino a Berlino, dove si suicidò. In Russia lasciò cinque milioni di cadaveri tedeschi e tre milioni di prigionieri. Avrà Borrell la stessa tempra del suo modello?

La narrazione corrente di cui si beano gli apologeti della Nato è che l’Europa sia stata liberata dagli americani: sono stati gli americani a sconfiggere fascisti e nazisti. In questo modo possono ignorare la realtà: che cioè il 90% dell’esercito tedesco è stato schierato e sconfitto in Russia; e anche quando gli angloamericani sbarcarono in Francia, undici mesi prima della fine della guerra, duecentocinquanta divisioni tedesche rimasero impegnate a Est, contro l’Armata Rossa, mentre venticinque combattevano a ovest gli angloamericani che avrebbero rischiato anche di essere ricacciati indietro se non fosse intervenuta l’Armata Rossa con una provvidenziale offensiva nel gennaio 1945 a toglierli da guai più seri. E non è il solito storico filosovietico disinformato a dirlo, ma Churchill a riconoscerlo con gratitudine nella sua Storia della Seconda Guerra Mondiale.

Hitler aveva un obiettivo: occupare la Russia e rendere schiavi i russi. Lo aveva dichiarato e aveva cominciato a farlo. Qual è l’obiettivo di Borrell? E quale sarebbe l’obiettivo strategico dei russi nella paventata occupazione dell’Europa fino alle coste del Portogallo, a parte quella di farsi del male, che è poi lo scopo recondito di tutti i malvagi?
Hitler calcolava che l’occupazione della Russia, nei primi dieci anni, avrebbe richiesto almeno cinquanta divisioni: la guerra partigiana sovietica gli dimostrò che non gliene sarebbero bastate il doppio per dominare un paese che reagiva con ferocia senza concedergli neanche un sacco di grano, Borrell è sicuro di poter fare la stessa cosa nel caso dell’improbabile vittoria delle sue truppe, che poi siamo noi?

L’incredibile Borrell ha già combattuto – e perso – una guerra, quella del Mali dove le truppe europee di Minusma hanno combattuto a fianco dei francesi di Barkhane contro l’insorgenza africana: e ancora oggi devono capire chi avevano di fronte1. In quella guerra, durata dal 2012 al 2022, si sono fronteggiati meno di 30.000 combattenti, Jihad compresa; e Borrell l’ha tristemente persa.

Adesso per rifarsi è pronto a invadere la Russia e, dopo le sconfitte del Mali e quella dell’Afghanistan che gli porta in dote il compare Jens Stoltenberg, ha la sfacciataggine di dire che la Russia è debole, disorganizzata, impreparata e sarà un gioco da ragazzi.

Sul piano militare la Russia di oggi è incomparabilmente più preparata che nel 1941; non ha mai perso guerre sul proprio territorio e il popolo russo ha dimostrato cento volte di essere, al di là della potenza militare, uno scoglio insuperabile. È consapevole Borrell di tutto questo o dovrà scoprire anche lui, come i generali tedeschi, che in Russia c’è il generale inverno e che, prima, la pianura russa diventa un mare di fango?

Veri campioni di autolesionismo imbecille, gli europei potranno così vantarsi di essersi massacrati tra di loro nella terza guerra europea, nello spazio di un secolo. E se le due precedenti trovavano la loro spiegazione – al di là di una impossibile giustificazione – in una lotta tra grandi potenze per l’egemonia mondiale, nel caso della terza una motivazione del genere non è neppure all’orizzonte, perché è per lo meno da decenni ed è persino banale che la lotta per l’egemonia mondiale si combatte tra Cina e USA, che sosterranno presumibilmente l’una un campo e l’altra quello europeo, cercando con tutta la loro forza e abilità di tenersi lontani dal conflitto; e soprattutto che il conflitto non li coinvolga direttamente, ben contenti di vedere il principale concorrente del loro campo battersi disperatamente per fare loro un favore.

Intanto il Generale Figliuolo ci dice che siamo già schierati sul Fronte Est: 100 uomini qua, 100 uomini là. Ai tempi delle guerre mussoliniane il gioco prediletto dei maschietti era quello di piazzare le bandierine italiane sulle carte geografiche. A quando le bandierine Meloni? Se no, che si è neofascisti a fare?

Luciano Beolchi

  1. L. Beolchi, Africa in Rivolta, Alternative per il socialismo, vol. 70.[]
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