editoriali

Le scelte della UE tra pandemia e gabbia liberista

di Franco
Ferrari

di Franco Ferrari – Tra i governi dell’Unione Europea si è acceso un aspro dibattito sulla risposta da dare agli effetti economici della pandemia scatenata dal coronavirus. Il Consiglio dell’Unione si è concluso con un nulla di fatto ed ha affidato il compito di avanzare delle proposte alla riunione dei ministri delle finanza. Il nodo centrale dello scontro riguarda la possibile mutualizzazione del debito che avverrebbe attraverso l’emissione di eurobond. Per fronteggiare gli enormi costi derivanti dalla chiusura di fatto delle attività economiche per diverse settimane, se non mesi, i paesi dell’Unione si indebiterebbero congiuntamente ottenendo in questo modo di pagare allo stesso modo interessi molto bassi e di essere insieme garanti della solvibilità del debito stesso.

L’ipotesi degli eurobond circola da anni ed è stata oggetto di discussione in particolare durante la crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008 che ha prodotto una crisi del sistema della moneta unica. Da questa crisi si è usciti imponendo politiche feroci di austerità, in particolare alla Grecia attraverso il controllo della cosiddetta trojka (Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea). Contemporaneamente Draghi, alla guida della BCE, ha attivato politiche cosiddette “non convenzionali” (quantitative easing) tali da evitare il crollo dell’Unione monetaria, ma contemporaneamente garantendo la tenuta delle stesse politiche di austerità. Non bisogna dimenticare il ruolo avuto da Draghi in diversi passaggi cruciali della crisi quando ha imposto la chiusura delle banche greche per strozzare la resistenza del governo Tsipras ai ricatti dell’UE e la lettera ufficialmente “segreta” che interveniva nella crisi italiana, imponendo un catalogo di politiche ultraliberiste, ben al di là del ruolo di gestione delle politiche monetarie affidate alla BCE.

L’attuale situazione, dato che colpisce tutte le economie europee, ha già fatto saltare alcune dei vincoli attorno ai quali ruotava l’impostazione del Trattato di Maastricht. Sospesi i vincoli relativi al deficit e all’obbiettivo strategico del pareggio di bilancio, soppressione del divieto degli “aiuti di stato” alle imprese nazionali,  ampliamento dell’azione della Banca Centrale Europea nell’acquisto sul mercato di titoli di debito. Cambiando in corsa la dichiarazione disastrosa della Lagarde durante la conferenza stampa tenuta all’inizio della crisi, secondo la quale non era compito della BCE intervenire per evitare un’eccessiva divaricazione degli spread (la differenza tra gli interessi pagati sulle emissioni di debito dei singoli stati dell’area dell’Euro), la BCE ha assunto l’impegno a interventi quantificati in un primo momento in 750 miliardi e poi portati ad una quantità praticamente illimitata.

Benché questi passaggi fossero necessari e condivisi, in quanto richiesti per tutti gli Stati dell’Unione, anche quelli con un bilancio statale più solido e minore indebitamento, non risultano sufficienti a far fronte agli effetti economici dell’epidemia, come dimostrano per altro le dimensioni degli interventi assunti negli Stati Uniti sia dalla Federal Reserve che dallo Parlamento. Il nodo che viene nuovamente al pettine è la natura della costruzione europea così come impostata a Maastricht e poi consolidata attraverso l’egemonia delle politiche cosiddette ordoliberiste, che uniscono i caratteri classici del liberismo (finanziariazzione, privatizzazioni, riduzione dei diritti dei lavoratori, ecc) con l’ossessione del pareggio di bilancio.

L’attuale conflitto tra governi europei ruota attorno a diverse questioni: ruolo della BCE, bilancio della Commissione, utilizzazione del MES (il meccanismo “salva-Stati), e possibilità di immettere direttamente denaro nell’economia facendolo arrivare ai cittadini (secondo la metafora dei “soldi buttati dall’elicottero”). L’eventuale condivisione del debito viene vista da alcuni governi (cosiddetti del “nord”) come un tentativo di accollare ai paesi virtuosi i costi derivanti da una gestione “allegra” delle finanze pubbliche di altri paesi (cosiddetti del “sud”). In realtà alcuni governi e i relativi settori delle classi dominanti di cui sono espressione difendono una visione dell’Europa che permette loro di mantenere i propri margini di profitto anche a discapito delle altre economie dell’Unione, come avviene ad esempio con l’eccedenza del bilancio commerciale tedesco oppure con le operazioni di dumping fiscale messe in atto da anni dal’Olanda.

Va detto anche che molte forze politiche di governo dei paesi che ora cercano di sottrarsi alla morsa “ordoliberista”, hanno sostenuto quelli che venivano presentati quali vincoli esterni per modificare i rapporti di forze sociali e di classe all’interno dei rispettivi paesi. Con qualche gradazione nella brutalità ma senza differenze sul fondo hanno tutti condiviso l’operazione di ricatto nei confronti del governo greco di sinistra, quando questo ha cercato di rimettere in discussione alcuni di quei vincoli che oggi altri paesi non voglio accettare per se stessi.

In questo quadro si muovono le diverse “famiglie politiche” europee, oltre che le strutture transnazionali del movimento sindacale. Cerchiamo di capire, attraverso le prese di posizione ufficiali, come si stanno dislocando le tre correnti classificabili grosso modo come a sinistra del centro. Avendo presente che queste dichiarazioni spesso non corrispondono alle effettive posizioni politiche assunte a livello nazionale, soprattutto quando si tratta di forze di governo.

Per quanto riguarda la sinistra antiliberista, raccolta nel gruppo europarlamentare GUE/NGL e, in parte, nel Partito della Sinistra Europea, l’impostazione conferma un orientamento critico rispetto alla costruzione europea, ma non un orientamento “sovranista”, ovvero tendente a riportare tutte le decisioni a livello nazionale. Le prese di posizione, soprattutto nel gruppo parlamentare europeo, coinvolgono anche partiti che dopo la crisi del 2008 sembravano piuttosto orientati ad una linea di rottura con la prospettiva europeista e non solo di critica strutturale alla sua dimensione liberista (come la France Insoumise e il Bloco de Esquerda portoghese).

Il GUE/NGL ha presentato un ampio documento nel quale si affrontano tutti gli aspetti della crisi (politiche sanitarie pubbliche, tutela dei lavoratori, ecc.)[1]. Sulle questioni che abbiamo evidenziato in precedenza  la posizione assunta dal GUE presenta questi elementi fondamentali:

  1. per quanto riguarda il ricorso al MES si afferma che è meno preferibile rispetto all’intervento della BCE, in quanto le linee di credito previste da questo strumento sono sottoposte a condizionalità secondo le logiche già viste all’opera con la Trojka e con i Memoranda. Se i 500 miliardi di cui dispone il MES dovessero essere usati occorrerebbe creare un nuovo meccanismo senza condizioni e con interessi a zero.
  2. Alla BCE si chiede di effettuare acquisti illimitati e incondizionati di debito sovrano dei paesi dell’UE secondo le necessità e non sulla base di vincoli predeterminati. Mi pare quindi che il meccanismo fondamentale previsto sia l’acquisto diretto di titoli di debito (bond) emessi dai singoli Stati piuttosto che l’emissione dei cosiddetti eurobond, titoli di debito condivisi dall’Unione.
  3. Infine il GUE/NGL propone un pagamento incondizionato di almeno 2.000 euro ad ogni cittadino dell’Unione per assicurare che tutti possano soddisfare le esigenze basilari. Attraverso la tassazione si procederebbe poi a recuperare questa somma da coloro che hanno reddito elevato o consistenti patrimoni.

Il documento del Partito della Sinistra Europea, che raccoglie molti degli stessi partiti del GUE/NGL, è meno specifico sulle modalità di iniziativa[2]. Richiama il ruolo centrale della BCE, che deve assumersi l’obiettivo della piena occupazione, attualmente non compreso nelle sue funzioni, a differenza di quanto accade per la Federal Reserve statunitense.

Il gruppo dei “socialisti e dei democratici”, che a differenza del GUE/NGL fa parte della maggioranza che ha eletto Ursula van der Leyen a Presidente della Commissione, ha presentato un piano di 25 proposte[3]. Per le parti che qui interessano più direttamente, le forze di centro-sinistra propongono:

  1. creazione ed emissione immediata di “corona-bond” garantiti da un programma di acquisti della BCE. Si propone anche di completare l’azione di BCE e MES con la creazione di un “Tesoro europeo” con la possibilità di emettere eurobond su basi stabili.
  2. attivazione del MES senza alcuna condizionalità macroeconomica “aggiuntiva”.
  3. lancio di un sistema europeo temporaneo di “reddito minimo garantito”.

La riunione dei leader dei partiti aderenti al Partito dei Socialisti Europei[4], alcuni dei quali guidano o partecipano a governi dei singoli stati, ha prodotto conclusioni più vaghe nelle singole formulazioni. L’emissione di eurobond è citata solo nella dichiarazione del Presidente Sergei Stanishev come una “opzione sensibile”, mentre alla BCE si chiede di aiutare le economie tenendo bassi i tassi di interesse. Non c’è un riferimento esplicito al MES, ma si fa riferimento agli “esistenti meccanismi di assistenza finanziaria” che devono provvedere aiuti a basso costo e senza condizioni.

Infine la terza “famiglia politica” presa in considerazione è quella dei Verdi che comprende nel Parlamento europeo anche alcuni partiti regionalisti.

In una lettera mandata al Consiglio dell’Unione (EUCO) e firmata da tutti i componenti del Comitato per Affari Economici e Monetari del Parlamento Europeo aderenti al loro gruppo [5] si avanzano queste proposte:

  1. il MES può essere attivato ma senza essere collegato a politiche di austerità e aprendo linee di credito per tutti i paesi, in modo da evitare qualsiasi forma di stigmatizzazione verso singoli Stati.
  2. una misura urgente che viene proposta è di dare mandato ad una “istituzione europea” di emettere eurobond comuni a lungo termine, eventualmente utilizzando a tal fine la “potenza di fuoco” dei 410 miliardi disponibili con il MES.

La lettera è accompagnata da due dichiarazioni di Sven Giegold, dei Verdi tedeschi e di Ernest Urtasun, parlamentare proveniente da Iniciativa per Catalunya e confluito in Catalunya en Comù, rispettivamente forza di opposizione la prima e di governo la seconda. Giegold sottolinea la richiesta degli eurobond in contrasto con la linea tenuta finora dal governo tedesco, mentre Urtasun indica le finalità di questi bond ovvero il sostegno ai sistemi sanitari nazionali nel breve periodo e al rilancio dell’economia in prospettiva. Ma per questi bond torna a richiamare la possibilità di utilizzare il MES[6].

Sulle misure da assumere a livello europeo ha preso posizione anche la confederazione dei sindacati europei (ETUC) con una lettera ai presidenti delle varie istituzioni.

L’ETUC, che raccoglie la maggioranza delle organizzazioni sindacali (mentre altre di orientamento classista fanno capo alla Federazione Sindacale Mondiale), ha presentato alcune richieste soprattutto rivolte alla tutela salariale e occupazionale dei cittadini europei, tra queste anche misure di “compensazione del reddito” che includano lavoratori precari, autonomi e “non dichiarati” (presumibilmente intendendo quelli in “nero”).

Per sostenere questi interventi si chiede al Consiglio Europeo, all’Eurogruppo (che comprende i Ministri delle Finanze dei paesi dell’area euro) e alla Commissione Europea di istituire “strumenti di debito comune”[7]. Una formula che può lasciare intendere il ricorso agli eurobond ma senza nominarli.   Su questo però un successivo commento del segretario generale dell’ETUC, l’italiano Luca Visentini (provenienza UIL) specifica che i tra gli strumenti di debito comune si intendono anche i “corona bond”[8]. Non c’è alcun riferimento al MES e per quanto riguarda il tema delle “condizionalità” queste vengono richiamate solo in riferimento ai finanziamenti rivolti alle imprese, alle banche e al settore finanziario per evitare che questi aiuti si accompagnino a riduzioni di personale, di salari e di diritti.

L’articolazione delle posizioni della confederazione sindacale europea si può rintracciare in due altri documenti. Il primo è un appello sottoscritto da economisti ma anche da esponenti politici[9], prevalentemente di orientamento socialdemocratico ma con qualche apertura a sinistra (vi compaiono infatti sia Helmut Scholz della Linke che Manon Aubry, di France Insoumise) nel quale si formulano alcune richieste specifiche tra cui l’abbassamento del tasso di interesse da parte della BCE, l’estensione degli interventi di quantitative easing della stessa Banca centrale rimuovendo alcuni vincoli nella possibilità di sostenere i vari Stati (interventi questi in parte effettivamente messi in atto). Resta il richiamo al possibile utilizzo del MES ma con  prestiti a tassi azzerati o addirittura negativi e senza la famose “condizionalità”. Si avanza anche l’ipotesi di ricorrere ai cosiddetti “soldi dall’elicottero”, ovvero alla distribuzione diretta di denaro da parte della BCE per evitare il crollo dell’attività economica, per sostenere il reddito dei lavoratori e di prevenire la deflazione.

Dall’altro versante il documento sottoscritto dall’ETUC con i “partner sociali, ovvero le organizzazioni imprenditoriali di livello europeo ” (in una logica classicamente interclassista), si limita a sostenere le misure prese dalla Commissione Europea e ad usare la massima flessibilità prevista nel Patto di Crescita e Stabilità senza chiederne nemmeno la sospensione.

Questa rassegna di posizioni va esaminata tenendo conto che non sempre i documenti assunti dalle organizzazioni transnazionali europeo si traducono in atti da parte delle forze politiche nazionali che ne fanno parte, soprattutto quando queste assumono funzioni di governo. Lo scontro che si è registrato nel Consiglio dell’Unione Europea ha allineato tra i contrari quattro paesi che hanno governi di diverso orientamento politico: dal centro-sinistra (Finlandia) al centro-destra (Olanda). I socialdemocratici sono al governo in tre di questi quattro paesi e i verdi in due. Restano comunque indicativi di approcci possibili e di orientamenti diffusi.

Senza addentrarci negli aspetti tecnici si possono provare a trarre alcune conclusioni politiche per capire quale sarà il possibile sviluppo della crisi apertasi nell’Unione Europea.

Il primo nodo riguarda il ruolo della Banca Centrale Europea: fino a che punto assumerà la funzione di “prestatrice di ultima istanza” e non più solo vestale delle politiche di equilibrio finanziario e supporto del sistema bancario ma garante di possibili politiche espansive e di riequilibrio economico tra i vari Paesi, oltre che del livello di reddito dei cittadini?

Il secondo punto riguarda la condivisione del debito: attraverso la sua “mutualizzazione” si può aprire la strada alla costruzione di una effettiva economia condivisa superando quei meccanismi che finora hanno consentito ad alcuni paesi più forti (a partire dalla Germania) di mantenere posizioni di predominio e di vantaggio anche a discapito delle esigenze di crescita di altre economie dell’Unione. Per questo l’introduzione dei eurobond ha un significato politico complessivo e non è solo uno strumento tecnico fra altri (e per questo come Transform Italia abbiamo lanciato un appello a sostenerne l’introduzione).

Il terzo punto riguarda il ruolo del MES: un suo utilizzo, anche se subordinato ad una qualche forma di riduzione delle condizionalità, è comunque rischioso perché mette in campo uno strumento che per sua natura e logica è sottratto al controllo della politica. L’indebitamento necessario per salvare le economie dell’Unione Europea (e prima ancora la condizione di vita dei suoi cittadini) porrà esigenze di tempi lunghi e quindi non può essere legato a situazioni temporanee caratterizzate dall’eccezionalità. Prima o poi i debiti verranno a scadenza e allora si sarà comunque nelle mani di uno strumento costruito secondo le logiche dell’austerità e della subordinazione alla logica del mercato finanziario.

Per questo, la modifica strutturale del ruolo della BCE, gli eurobond e il rifiuto dell’intervento del MES, insieme all’accantonamento e non solo alla sospensione del Patto di Crescita e Stabilità, sono aspetti di un unico orizzonte politico: un’Europa che comincia a smantellare la gabbia del liberismo e dell’austerità.


[1] https://www.guengl.eu/issues/publications/european-emergency-response-plan-gue-ngl-econ-meps-coronavirus-action-plan/.

[2] https://www.european-left.org/protect-the-people-not-the-system/.

[3] https://www.socialistsanddemocrats.eu/it/newsroom/sd-propone-un-piano-dazione-su-scala-europea-contro-il-covid-19-vista-del-consiglio.

[4] https://www.pes.eu/en/news-events/news/detail/PES-leaders-Europe-needs-a-Recovery-Plan-to-overcome-the-corona-crisis/.

[5] http://extranet.greens-efa-service.eu/public/media/file/1/6412.

[6] https://www.greens-efa.eu/en/article/press/euco-letter-to-the-european-council-on-eurobonds-esm/.

[7] https://www.etuc.org/en/document/letter-sent-eu-institutions-emergency-measures-save-jobs-and-protect-workers-rights.

[8] https://www.etuc.org/en/pressrelease/european-council-wasted-opportunity-stop-crisis-becoming-recession.

[9] https://www.etuc.org/en/document/appeal-make-money-value-not-health-whateverittakes.

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