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Le mappe reali di un paese immaginario

di Roberto
Rosso

Le cronache ed il dibattito politico degli ultimi mesi sono stati occupate dal caso progressivo dell’incidenza della pandemia da sars-CoV-3, grazie alla campagna di vaccinazione, dalla conseguente progressiva ripartenza congiunturale dell’economia italiana e dalle prospettive di rilancio di lungo periodo e ristrutturazione dell’economia con i fondi del PNRR.

Gli ultimi giorni invece hanno visto al primo turno delle elezioni amministrative il trionfo elettorale del partito dell’astensione assieme alla riduzione ai minimi termini -quando non alla scomparsa salvo rare eccezioni- delle liste di sinistra; infine la crescita delle manifestazioni no-vax e no green-pass conclusesi con la riedizione dell’assalto alle camere del lavoro nella sede nazionale della CGIL ed il tentavo di invasione di palazzo Chigi e Montecitorio, il Campidoglio de noantri; in precedenza le piazze sono state riempite a Firenze dalla manifestazione nazionale in sostegno alla lotta della GKN ed in questi giorni dai movimenti per una radicale riconversione ecologica contro il riscaldamento globale.

C’è un filo rosso che lega a GKN alla CGIL ed è la richiesta, per ora disattesa-dal sindacato, da parte del collettivo di fabbrica alla CGIL di proclamare una mobilitazione nazionale contro le delocalizzazioni; le delocalizzazioni all’estero, le chiusure sono il segno della debolezza dell’apparato della seconda potenza industriale d’Europa, in gran parte collocata come subfornitore nelle filiere globali, a parte punte di eccellenza in settori limitati. Allo stesso tempo l’ISTAT conferma la posizione di coda dell’Italia nei livelli di scolarizzazione1

L’Italia è anche la penultima in Europa in termini di occupazione femminile, se consideriamo il dicembre 2020, nel pieno della seconda ondata della pandemia su una flessione complessiva dello 0,4%, 101.000 occupati in meno, il 98% erano donne. L’occupazione femminile è del 20% più bassa di quella maschile nonostante il 51 della popolazione è donna e in media le donne sono più istruite degli uomini.

L’esito delle elezioni amministrative, quelle delle 5 grandi città in particolare, hanno sollecitato una analisi del voto, espresso e astenuto, creando un confronto tra la mappa sociale delle città2 e la mappa dei risultati elettorali, viene spontaneo chiedersi quanto hanno fatto le forze politiche, della sinistra in particolare, per costruire un mappa della condizione urbana, quanto hanno fatto per attivare la partecipazione, il protagonismo sociale, partecipando o almeno connettendosi alle forme di organizzazione sociale che lottano per aggredire le diseguaglianze che caratterizzano i territori metropolitani. L’esperienza della pandemia ha suggerito ad una rete di movimenti ed associazioni di cooperare in nome della costruzione di una società della cura contro la società del profitto. Agli uni -le forze politiche -e per gli altri -la rete delle associazioni e dei comitati, di cui personalmente faccio parte – manca una pratica di lungo periodo capace di connettere le esperienze di organizzazione della solidarietà, cooperazione e del conflitto sociale, di condividerne le conoscenze prodotte. La mappa dei conflitti e delle vertenze non copre la realtà sociale e territoriale del paese ed è sconnessa al suo interno nonostante l’esistenza di reti e poli di aggregazione.

Fuga dalla politica e rivoluzione dall’alto

Quando ci si interroga sull’astensionismo e sui risultati complessivi delle formazioni di sinistra, dobbiamo ragionare sul quel deserto sociale dove manca qualsiasi forma di cooperazione, di organizzazione solidale e conflittuale. La formazione sociale italiana si trova -come il resto del mondo- di fronte alla necessità di una drastica riconversione ecologica e contemporaneamente alla necessità di uscire da una stagnazione almeno trentennale aggravata delle due crisi del nuovo secolo, quella finanziaria globale del 2008-2011 e quella pandemica. Nel panorama sociale e politico di cui sopra ciò che si sta avviando, posto che si realizzi, è una sorta di ‘rivoluzione dall’alto’ di cui il governo Draghi è l’espressione, vale dire una sorta di direttorio con un uomo solo al comando, che interviene in un contesto in cui è fallita la costruzione un governo della transizione climatica, della ristrutturazione complessiva dei rapporti sociali ed economici, certo non per un eccesso di conflitto sociale; anzi la mancanza di un conflitto sociale esteso e radicato, portatore di alternative all’altezza della posta in gioco. Le classi dirigenti in tutta la propria articolazione, comprese le dirigenze sindacali nelle proprie dinamiche collaborative o conflittuali che siano, non sono state in grado di produrre uno sbocco allo stallo in cui il nostro paese vive da decenni. La situazione globale caratterizzata dall’orizzonte della catastrofe climatica si intreccia con i caratteri specifici della situazione italiana.

Siamo in un passaggio nel quale non si attivano processi di partecipazione sociale, in cui ogni passaggio è guidato dall’alto, il tutto in una situazione nella quale la pandemia ha esasperato le diseguaglianze esistenti. Nelle fasi iniziali della pandemia, prima dell’arrivo dei vaccini, l’imperativo della produzione ha avuto la meglio su quello della salute, d’altra parte la mancata chiusura del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo, la mancata dichiarazione della zona rossa che ha dato origine all’esplosione della pandemia nella provincia di Bergamo che ha fatto vincere il campionato mondiale del contagio, rispondevano alla necessità di garantire la continuità dell’attività economica. È facile collocare il green pass in quello schema. Nelle situazioni di lavoro la discriminazione tra vaccinati e non vaccinati a partire dal 15 ottobre può viene vista da tutti come una delle tante discriminazioni, delle divisioni che affliggono i lavoratori.

La situazione reale oggi (12-10-2021) è quella in cui 80, 42% è la percentuale della popolazione over 12 che completato il ciclo vaccinale3, non si può certo dire che sia una minoranza, l’andamento del contagio è in discesa, mentre lo scorso anno nello stesso periodo i dati del contagio si stavano per impennare dando inizio alla seconda fase; tuttavia la ‘linea della fermezza’ del governo porta ad un impatto con la minoranza che ha deciso sino ad ora di non vaccinarsi con conseguenze rilevanti su diverse situazioni. I portuali di Genova di e Trieste minacciano di scioperare non solo sul contratto, ma anche contro il Green Pass, è quasi una curiosità antropologica il fatto che -se le informazioni giornalistiche sono esatte – solo una minoranza di loro siano vaccinati, in ogni caso si impone una solidarietà di classe. L’impatto con la minoranza che sino ad oggi rifiuta di vaccinarsi a cui è data una scadenza rischia di essere molto duro, non prospettandosi reali alternative, salvo i tamponi dove l’emergenza porti suggerisce la gratuità. Le alternative di fronte a cui si trova il governo sono sintetizzate da un post di Franco Ferrari del 12 ottobre.

Alla ricerca di occasioni di rivolta e ribellione?

C’è chi vede nelle mobilitazioni di piazza no-green pass finalmente un momento di rivolta sociale, in realtà l’unica mobilitazione sociale con reali contenuti ed un inequivocabile contenuto di classe è quella che si sta sviluppando attorno alla vertenza della GKN. La rivolta contro un potere che si manifesta col diktat governativo sembra costituire il succedaneo di un vero scontro di classe per il quale ci sarebbero, ci sono da tempo ragioni consistenti. Vale la pena leggere la lunga analisi prodotta da Adriano Sofri in un suo articolo sul Foglio4, una analisi complessa di cui riporto qui un passo che si collega al discorso che sto svolgendo “Se la rinfusa di No vax e No pass si prende per una nuova classe oppressa e ribelle e fa fieramente proselitismo, vuol dire che proprio di questo c’è bisogno, che proprio di questo si sente la mancanza, e nessuno, tanto meno la sinistra, offre una risposta autentica che impedisca alla protesta di deragliare verso false bandiere e cattivi capitani.”

Nel panorama della protesta no-vax e no-pass risalta la città di Trieste dove una lista 3V ha preso il 4.46% nelle elezioni municipali, (3.702 voti), mentre sono scese in piazza prima diecimila poi quindicimila persone con la partecipazione di oltre 700 lavoratori dei cantieri che minacciano di bloccare l’attività a partire dal 15 ottobre.

Nella prima e seconda fase della pandemia abbiamo fatto i conti con le disparità di modello e di sviluppo della struttura sanitaria, il modello ospedale-centrico lombardo è stato messo sotto accusa mentre la pandemia metteva tragicamente in risalto la mancanza di una diffusione territoriale dei servizi sanitari su cui gravavano le disparità tra i modelli sanitari regionali. Nel procedere della pandemia, tutte le contraddizioni del sistema sanitario, la mancanza di risorse e di personale sono venute alla luce.

Sin dall’inizio si è creato un circuito, con ben precise fonti di alimentazione che tendevano a sminuire la tragicità degli eventi, che alimentava le cronache con episodi grotteschi, come l’inseguimento delle ambulanze. Oggi in tempi di propaganda sulla ‘dittatura sanitaria’ nessuno si vergogna di quel che ha detto quando i morti ogni giorno si contavano a centinaia. È facile gridare, affollarsi nelle piazze oggi, quando i vaccini hanno ridotto ai minimi termini l’incidenza del contagio, dei ricoveri e dei decessi, tuttavia, anche per esperienza personale, il rifiuto del vaccino ha a che fare con una dimensione intima, come una sorta di violazione della propria persona e cui fa appello la ‘narrazione’ no-vax , ad esempio con l’uso ossessivo del termine inoculazione o come diceva in un suo ultimo posto su FB no-vax della mia città, Colleferro, recentemente ucciso dal virus, il ‘siero vaccino’.

La gestione approssimativa della comunicazione ufficiale, in particolare l’incapacità di comunicare efficacemente una misura dei rischi che i diversi tipi di vaccino presentano a fronte degli effetti certi della pandemia -e quindi degli alti rischi a livello personale- ha contribuito ad alimentare quella propaganda e a diffondere incertezze. A confronto con gli altri vaccini lo sviluppo di quelli contro il Sars-CoV-2 è avvenuto con tempi estremamente rapidi, almeno apparentemente poiché le tecnologie utilizzate, come quella a m-RNA, erano in sviluppo da decenni. La virulenza della pandemia, la sua letalità ha prodotto uno sforzo senza precedenti per lo sviluppo dei vaccini, i quali, superata la fase tre che prevede il test su decine di migliaia di persone sono stati approvati. Una delle motivazioni, in particolare nel personale sanitario, per il rifiuto del vaccino è proprio la rapidità con la quale sono stati realizzati i vaccini a cui viene affibbiato l’attributo di sperimentali, cosa che evidentemente non è, ma questo ha dato adito ad una diffusione dell’atteggiamento no-vax anche in ambito sanitario. Capita anche di leggere post su FB di persone che parlano quotidianamente di scienza e di matematica in particolare

Di converso In questi giorni abbiamo visto un movimento che ha partire dai Fridays For Future, ha riempito le piazze affinché vengano prese drastiche decisioni contro il riscaldamento globale; un processo globale che ha delle conseguenze puntuali in ogni regione del globo, con effetti di particolare gravità nel nostro paese, afflitto da decenni dal degrado idrogeologico che si aggrava anno dopo anni, con l’intensificarsi dei fenomeni meteorologici estremi, mentre regioni come la Sicilia rischiamo la desertificazione di ampie parti del proprio territorio. Possiamo aggiungere al panorama del nostro paese la cronaca incapacità di affrontare in modo adeguato l’alta sismicità di buona parte del territorio nazionale, Mappe ben conosciute, come quella sismica, altre in rapida evoluzione con l’evolversi del clima in questo paese, immerso nella pozza del mar Mediterraneo dove il riscaldamento procede più veloce della media globale. In mezzo a queste mappe sismiche, climatiche, culturali, economiche e sociali che si sovrappongono, in un territorio sociale dove gran parte della popolazione sembra affondare come in terreno paludoso è difficile costruirsi un percorso trovare una bussola che ci guidi, costruire o ricostruire legami solidali. Affondare senza lottare, senza ribellarsi, coinvolti nella lotta di tutti contro tutti, alla ricerca disperata di un capro espiatorio, come i migranti, e mentre si affonda ci si può aggrappare alla occasione di ribellione tutta basata su un senso di difesa individuale, contro l’irruzione nel proprio intimo di un elemento estraneo, ignorando la dimensione di una tragedia collettiva e la possibilità di una soluzione collettiva, dove la salute è innanzitutto un bene comune. D’altra parte non mancano obiettivi che in queste settimane si stanno discutendo come il salario minimo ed il reddito di esistenza, forse riconoscersi in quegli obiettive, costruire una cooperazione ed una mobilitazione richiede di uscire dal proprio guscio personale, nel circuito ristretto delle proprie, costruire, cooperazione sociale, spazio pubblico.

Spaesamento e desocializzazione

Non c’è dubbio che la violenza e la velocità con cui la pandemia ha colpito, gli effetti straordinari sulle relazioni sociali, la vita individuale e collettiva, la rapidità con cui sono stati prodotti i vaccini, ebbene tutto questo ha prodotto un disorientamento, uno spaesamento -di fronte ad una condizione, ad una successione di eventi, totalmente nuova e inaspettata- che non ha potuto essere contenuto da una cultura condivisa della salute, da una alfabetizzazione scientifica della popolazione, da una dimensione territoriale e partecipata della sanità che in gran parte non esistevano, in generale in una condizione di sempre minor partecipazione collettiva al governo della società, di frantumazione del legame sociale. Gli effetti sociali della pandemia, la risposta alla introduzione dei vaccini si producono e si riproducono su un humus sociale e culturale che ne determinano la natura e lo sviluppo. È giusto farsi la domanda che si pone Franco Ferrari nel suo post “Quali sono le implicazioni di lungo periodo dell’impossibilità di trovare un consenso sociale alla soluzione di un problema, una pandemia che si diffonde per contagio, che richiederebbe una soluzione collettiva? Non è facile prevederlo. Così come non è facile capire quanto questo fenomeno potrà favorire un processo più generale di desocializzazione degli individui (la società non esiste diceva la Thatcher).” In realtà il processo di desocializzazione è precedente e di lungo periodo e sbocca nelle scelte di una parte della popolazione e dei lavoratori in particolare. In questo contesto di allentamento e fratturazione del legame sociale, all’incapacità di collocare la propria libertà personale nel contesto del bene comune, interviene la scelta autoritaria del governo Draghi con l’obbligo del green pass su tutti i posti di lavoro, peraltro in maniera indiscriminata. Sempre Franco Ferrari afferma “Dal punto di vista “tattico” l’errore di Draghi potrebbe essere stato di creare una data nel quale si crea un conflitto con milioni di persone contemporaneamente, anziché concentrarsi nel confronto con pezzi di società separatamente (quella che in altri contesti si sarebbe detta la” tattica del salame”) ” Siamo sempre di fronte ad una azione di governo che agisce su un tessuto sociale fortemente parcellizzato, nel quale la partecipazione politica è bene ricordarlo è ormai ridotta ai minimi termini. Sofri così conclude il suo articolo “Ma fascismo storico a parte, che è di Forza Nuova nella versione più disgustosa, il mio famigerato pessimismo mi fa vedere un nesso possibile, come di una scintilla con un deposito di benzina, fra il sentimento No vax-No pass e l’astensionismo elettorale. Spero di sbagliare.”

In questo quadro per quanto gravi ed inequivocabili, oltre che meritevoli di una risposta, gli atti compiuti dalla estrema destra, nel contesto delle manifestazioni no pass, con la devastazione della sede nazionale della CGIL ed il tentativo di invasione di Palazzo Chigi e Montecitorio, appaiono quasi irrilevanti rispetto alla incapacità di costruire una coscienza collettiva, condivisa di quanto sino ad ora si è prodotto, dei processi che hanno attraversato il nostro paese, di questo stiamo parlando, in un contesto che è assolutamente globale. In questa crisi tutti i livelli ed i processi della formazione sociale si intrecciano. Tutti gli equilibri della formazione sociale ne sono stati destabilizzati, i vari sistemi e sottosistemi sono spinti su nuove traiettorie verso nuovi punti di equilibrio per ora non conosciuti. Sono di queste settimane le perturbazioni gravi delle reti logistiche e di approvvigionamento, delle filiere produttive e del sistema dei prezzi. Le mappe si sono complicate, deformate, sovrapposte a livello locale, regionale e globale, assieme alla produzione di rappresentazioni immaginarie, di miti a cui ci si affida per superare la condizione di spaesamento e disorientamento.

Un duro scontro con la realtà, con lo stato reale delle cose, è necessario altrimenti valori indiscussi che sono il fondamento della nostra convivenza rischiano di essere solo parte di un immaginario incapace di produrre una nuova realtà, in gara con altri immaginari che legami virtuali veicolano più celermente e più diffusamente, senza incontrare alcun ostacolo poiché sono più vantaggiosi dal punto di vista del profitto dei signori della rete, come testimonia in questi giorni chi ha conosciuto dall’interno la linea di condotta di Facebook. L’alternativa è la rivoluzione (transizione, ristrutturazione?) dall’alto.

 

Roberto Rosso

  1. in Italia solo il 20,1% della popolazione (di 25-64 anni) possiede una laurea contro il 32,8% nell’Ue. E’ quanto emerge dal Report Istat sui livelli di istruzione relativamente al 2020. In Italia, nel 2020, la quota di diplomati è pari a 62,9% (+0,7 punti rispetto al 2019), un valore decisamente inferiore a quello medio europeo 79% nell’Ue 27. []
  2. non mancano peraltro analisi della composizione sociale delle città, vale la pena citare tra i tanti contributi Le sette Rome. La capitale delle disuguaglianze raccontata in 29 mappe di Keti Lelo , Salvatore Monni, e al. – Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana di Keti Lelo , Salvatore Monni, e al. Donzelli Editore []
  3. https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/ []
  4. https://www.ilfoglio.it/piccola-posta/2021/10/12/news/ecco-la-nuova-classe-rivoluzionaria-che-ha-assaltato-la-cgil-3141413/ []
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