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Le catastrofi e la liberazione

di Roberto
Rosso

Il Quadro di Riferimento di Sendai per la Riduzione del Rischio di Disastri 2015-2030 (Sendai Framework) ) è stato adottato a Sendai, Giappone, il 18 marzo 2015, in occasione della Terza Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite. È il risultato delle consultazioni delle parti interessate avviate nel marzo 2012 e dei negoziati intergovernativi sostenuti dall’Ufficio delle Nazioni Unite per la Riduzione del Rischio di Disastri dal luglio 2014 al marzo 2015, su richiesta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Vediamo alcune affermazioni di questo lungo documento che si illuminano sugli obiettivi di un piano d’azione globale, condiviso da tutti i paesi che si proietta dal 2015 al 2030.

A tutti i livelli risulta necessario un lavoro di migliore qualità per ridurre l’esposizione e la vulnerabilità, e conseguentemente prevenire la creazione di nuovi rischi di disastri, e per definire l’assunzione di responsabilità rispetto ai rischi stessi. E’ necessario un maggior numero di azioni specifiche che siano focalizzate ad affrontare i fattori determinanti del rischio di disastri, quali le conseguenze della povertà e della disuguaglianza, i cambiamenti e le variabilità climatiche, l’urbanizzazione rapida e non pianificata, una scadente gestione del territorio e anche gli altri fattori interagenti, come i cambiamenti demografici, le soluzioni istituzionali deboli, le politiche non improntate al rischio, la mancanza di regole ed incentivi per investimenti sulla riduzione del rischio del settore privato e delle filiere di forniture complesse, la limitata disponibilità di tecnologie, gli usi insostenibili delle risorse naturali, gli ecosistemi in via di deperimento, le pandemie ed epidemie.”

Al punto 15 del documento sia afferma:

Il presente Quadro di Riferimento si applicherà al rischio sia di piccola scala che di grande scala, sia frequente che non frequente, alle catastrofi improvvise o a crescita lenta causate da pericoli naturali o di origine antropica, come pure da pericoli e rischi di tipo ambientale, tecnologico e biologico. Ha lo scopo di guidare la gestione multi-rischio dei disastri in ogni livello e fase di sviluppo, così come nell’ambito di ciascun settore e trasversalmente ai settori stessi.

Il termine biologico si trova citato solo nel paragrafo appena citato, il termine pandemie solo nel paragrafo citato in precedenza, epidemie si trova in un secondo paragrafo. Evidentemente gli estensori del documento pensano più ad eventi catastrofici di altro genere, lasciando le questioni di ordine direttamente sanitarie ad organizzazioni come la Organizzazione Mondiale della Sanità, tuttavia il percorso della analisi e le proposte che ne derivano si riferiscono in realtà ad una metodologia, ben descritta, che applica perfettamente anche a fenomeni complessi e non localizzati come una pandemia.

In generale il documento (che stiamo citando nella versione italiana dove peraltro non si ci si cura della distinzione tra ‘hazard’ pericolo, fattore di rischio e risk rischio, una esauriente spiegazione della differenza la si trova al link in nota ) realizza una mappatura accurata di tutti i fattori di rischio in cui la società globale e le singole società possono incorrere, delle condizioni he le rendono particolarmente vulnerabili, delle condizioni di fragilità di componenti diverse delle popolazioni.

Si individuano tutti i soggetti, le ‘parti interessate’ che possono svolgere una funzione prima, durante e dopo gli eventi catastrofici, a tutti i livelli locali nazionali, internazionali e globali. In modo puntale si individuano e si definiscono le forme di condivisione delle conoscenze necessarie e le forme di partecipazione dai cittadini ai livelli istituzionali più alti.

E’ significativo che al punto 4 delle macro-priorità individuate ci sia: aumentare la preparazione alle catastrofi per una risposta efficace e per “ricostruire meglio” (build back better) nelle fasi recupero, ripristino e ricostruzione.

Nel VI capitolo intitolato ”Cooperazione internazionale e collaborazione globale”, quando si parla di “Strumenti di attuazione” si afferma:

b. Migliorare l’accesso degli Stati, in particolare dei paesi in via di sviluppo, al finanziamento, a tecnologie compatibili dal punto di vista ambientale, alla scienza e all’innovazione inclusiva, così come alla condivisione di conoscenze ed informazioni, attraverso i meccanismi esistenti, vale a dire accordi collaborativi bilaterali, sovranazionali e multilaterali, incluse le Nazioni Unite e gli altri organismi rilevanti.

c. Promuovere l’uso e l’espansione di piattaforme tematiche di cooperazione, quali pool tecnologici globali e sistemi globali per condividere il Know-how, le innovazioni e la ricerca, ed assicurare l’accesso alla tecnologia e alle informazioni riguardo la riduzione del rischio di disastri.

La lettura di questo documento sarebbe consigliata a tutti i livelli delle amministrazioni pubbliche, delle reti associative e sindacali, del sistema delle imprese, del mondo accademico e della ricerca.

Detto questo, colpisce il contrasto tra la completezza di questo quadro di riferimento -così accurato nel predisporre tutti gli strumenti e le procedure di intervento su qualsivoglia intervento catastrofico- e la gestione effettiva della pandemia da Sars-cov-2 a livello globale- partendo dalla incarcerazione del medico cinese, che per primo diede l’allarme sulla manifestazione epidemica di un nuovo virus, sino a Trump e Bolsonaro, passando per la gestione paese per paese che non ha trovato mai modalità coordinate e condivise di affrontamento pandemia. La trama soggiacente agli eventi e dei processi catastrofici è costituita dal riscaldamento globale, dal cambiamento climatico, dalla lacerazione degli ecosistemi, d cui peraltro derivano i fenomeni di zoonosi che trasmettono agenti virali dal mondo animale al genere umano. La geografia delle diseguaglianze sociali con i suoi gradienti disegna i livelli di rischio.

Ancora una volta è previsto un utilizzo diffuso del livello più alto delle tecnologie disponibili, per ricomporre un tessuto sociale e produttivo lacerato negli eventi concentrati o per supportarne la trasformazione nei processi di lungo periodo come il cambiamento climatico. Il soggetto e l’oggetto dei processi descritti, sono-dovrebbero essere- le popolazioni, le comunità i territori. La gerarchia di eventi e processi, dal micro al macro, investe sì tutto il tessuto delle società, ma in esse in quanto sistemi socio-tecnici è la struttura tecnologica a costituirne l’elemento di stabilità, attraverso poi la sperimentazione di ogni forma di governo delle emergenze.

Nel Sendai Framework il sistema finanziario costituisce -ovviamente- uno dei punti di riferimento per la prevenzione del rischio e la gestione delle catastrofi, dalla dimensione assicurativa al finanziamento dei paesi e delle popolazioni più colpite e meno dotate di risorse finanziarie. Nella realtà il sistema finanziario, nel suo connubio col sistema tecnologico, si presenta come uno dei motori delle crisi e generatore delle diseguaglianze.

I flussi del denaro e dell’informazione strutturano la gestione dei rischi e l’intervento sugli eventi catastrofici, assecondano in realtà i flussi di esseri umani che le catastrofi economiche, sociali ed ambienta assieme alle guerre generano. L’evento catastrofico – dal terremoto alla carestia- è associato allo sradicamento delle popolazioni, la pandemia è associata invece all’immobilità al blocco, al congelamento delle attività e delle relazioni, dove l’unico movimento è quello verso i luoghi della cura. In modo analogo o speculare le dinamiche ’catastrofiche’ si propagano lungo le linee di flusso o premono lungo le barriere che su varie dimensioni strutturano la società globale.

Lo spazio-tempo della catastrofe

In gioco non è solo lo spazio -fisico e sociale, naturale ed economico- ma anche il tempo ovvero i tempi. Il tempo astratto della moneta e dell’informazione veicolate nella rete tecnologica, si contrappone a quello della vita degli individui e delle popolazioni, delle formazioni sociali e degli ecosistemi. Conosciamo i tempi della crisi economica – che esplode sotto i nostri piedi dopo una lunga maturazione, come i terremoti in cui si risolvono le tensioni a lungo maturate delle placche tettoniche, dei terremoti appunto, degli eventi meteorologici violenti che scaricano in un tempo breve gli effetti del lungo processo di cambiamento climatico da riscaldamento globale. Sono i tempi della pandemia che in poche settimane devasta l’economia delle nazioni, blocca i flussi di merci e persone. Una trama di piccole a grandi rotture, soluzioni di continuità sembra essere costituire il tessuto delle vite precarie di gran parte dell’umanità, anche di quelle che vivono nelle aree ‘più sviluppate’. Del governo del tempo, lo sappiamo attraverso denaro ed informazione, siamo spossessati. Ci è tolta la possibilità di decidere, di prendere quell’insieme di decisioni che legano i tempi brevi della quotidianità, il tempo delle nostre vite dall’infanzia alla pensione, i tempi lunghi del mondo che degrada nel cambiamento climatico e nella rottura dei sistemi ecologici. La ricomposizione del nostro spazio-tempo di relazione e di vita, reso precario dalla trame di rotture e catastrofi di pericoli incombenti e di rischi attuali è legata comune alla soddisfazione dei nostri bisogni, quelli dei tempi nostri, alla garanzia di reddito con cui attraversare la trasformazione perenne in cui viviamo, con cui alimentare il conflitto necessario a governarla.

Quella partecipazione strutturata e diffusa che il Sendai Framework mette alla base di ogni gestione dei rischi e delle crisi è negata alla base. Viceversa le nostre vite sono offerte al rito della socializzazione virtuale e costrette in spazi ristretti di relazione, al contempo mentre spopola la retorica del Life Long Learning, della formazione anzi dell’apprendimento permanente -che peraltro dovrebbe essere la caratteristica di ogni vita individuale e di ogni comunità che vive in quanto apprende e si trasforma- siamo privati di forme di alfabetizzazione necessarie nelle società tecnologiche in cui viviamo. Siamo preda di forme epidemiche di rumours ( o rumors all’americana, dalle semplici fake news a frammenti più organizzati di informazione ) che non a caso vengono descritte da modelli matematici analoghi a quelli che descrivono la diffusione epidemica degli agenti patogeni, come dimostrato in un articolo redatto tra gli altri dal matematico Alessandro Vespignani, che abbiamo conosciuto nei tanti dibatti sul corona virus. Le dinamiche di formazione delle opinioni e di costruzione del consenso che hanno portato al governo dei rispettivi paesi Bolsonaro e Trump costituiscono tante forme epidemiche che colpiscono le nostre società che oggi sono impattate dalle dinamiche epidemiche del Sars-cov-2, tutte si diffondono attraverso le strutture, la composizione sociale delle popolazioni, come ci dice lo studio di Vespignani e dei suoi colleghi.

Nulla avviene per caso anche quando le dinamiche sono assai complesse e molto divergono per piccoli scarti delle condizioni iniziali. Dobbiamo riappropriarci del tempo nostro, delle nostre comunità e delle nostre società, dobbiamo riappropriarci dello spazio (sociale) in cui ci riproduciamo. Essere noi movimenti di liberazione l’agente che si diffonde e genera pandemia.

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