Lavoratori licenziati con un sms, perché la “transizione” non sopporta ostacoli.
Contratti a termine che restano a termine per sempre e nessuna causale spiega nemmeno più perché.
Botte ai picchetti e ci scappa anche il morto.
Foglio di via ai sindacalisti.
Lavoro pubblico a chiamata perché tanto il pubblico serve solo se hai la pandemia alla gola.
Sfratti liberi perché la casa è del padrone che prende anche l’indennizzo se non ti cacciano subito.
Bollette che vanno su perché pagherete caro, pagherete tutto.
Giù le tasse a noi perché tanto le pagate voi.
Via quota 100, in attesa della pensione a 100 anni.
Al lavoro zitto e, se capita, crepa.
È l’Italia del luglio 2021, 29esimo anniversario di Maastricht, quella dell’ennesimo governo di centrosinistradestra. L’Italia della dittatura di classe.
A 20 anni da Genova non assomiglia proprio all’altro mondo possibile.
Con Maastricht la Repubblica fondata sul lavoro è sostituita dall’economia sociale di mercato. Cioè dall’azienda e dalla sua “libertà”.
Eppure in qualcosa l'”Europa reale” somiglia al “socialismo reale”. Nei piani, allora quinquiennali ora decennali, che non trovano mai verifica. La “vecchia” Europa sociale si fondava su una idea su cui praticamente tutti convergevano e cioè la piena occupazione come obiettivo da realizzare anche attraverso le politiche pubbliche. Era il buono che si prendeva dal socialismo. Ora invece gli obiettivi sono affidati al mercato, come nel socialismo reale al produttivismo. In realtà non si raggiungono mai. Il diritto al lavoro è stato sostituito dalla impiegabilità. Risultato? È dal ’92 di Maastricht che il lavoro dovrebbe crescere ed armonizzarsi mentre succede l’esatto contrario. Ma quell’incredibile coacervo intergovernativo e tecnocratico che è la UE, mai sfiorata da glasnost, trasparenza, e perestroika, riforma, non paga mai il pegno. Ci vuole la faccia tosta a riproporre dopo la pandemia una nuova ristrutturazione capitalistica gestita da finanza e imprese. E ad ammantarla di verde e digitale. Ebbene, la faccia tosta ce l’hanno. Uno gli dice “ma è dal 2010 che avete presentato un piano decennale, Europa 2020, che calcolava alle unità i posti di lavoro vecchi da “sacrificare” e i nuovi da creare con economia green ed innovazione. Il consuntivo è un disastro, il lavoro diminuito, più precario, peggio pagato e con distanze accresciute, e ci riproponete le stesse cose?”. E uno continua “Avete speso migliaia di miliardi di euro dopo il 2008 per ‘salvare’ banche e trasformare debiti privati in pubblici facendoli pagare ai cittadini con l’austerità e ora rifate lo stesso con la pandemia, dando i soldi alle imprese e tenendo in vita Maastricht?”. E magari ti metti a elencare le cifre che loro stessi pubblicano. Nel 2018 solo la Germania era tornata ai livelli occupazionali del 2008 mentre in Italia mancavano miliardi di ore, quelle lavorate sono più precarie e peggio pagate. Ma loro niente. Come una Maria Antonietta che proponeva brioches per il popolo senza pane.
Una dittatura, appunto. Di classe. Con tanto di buffoni di corte, cui è ridotta la politica.
E laddove il conflitto si riorganizza e si manifesta, come nella logistica, vero snodo della dittatura di classe digitale, la repressione si fa subito durissima.
Se la politica è buffonesca il sindacato dovrebbe però interrogarsi. Agli avvisi comuni seguono i licenziamenti per sms. È un fatto. Laddove c’è più lotta, la logistica appunto, c’è più sindacato di base che confederale. Anche qui un fatto.
Dovrebbe valere il punto di partenza della lotta di classe e cioè che il Mondo è (sempre di più) uno ma le classi no e ce n’è una che si è fatta regime. Visioni generali o interclassiste oggi, col Mondo occupato dal Capitale, non sono neutre ma collaborazioniste. E poi dovrebbe valere che se colpiscono uno colpiscono tutti. E invece neanche gli omicidi ai picchetti portano allo sciopero generale. Ma siccome la lotta di classe non è un’invenzione, come ci ricordano tutti i giorni i padroni che l’hanno rovesciata, può risorgere in qualsiasi momento. Per la politica la strada è più difficile ma se torna a guardare alla lotta di classe può farcela.
Intanto lor signori hanno deliberato che le multinazionali pagheranno le tasse, ma minime. Un 15%, che è appena qualcosina in più di quel 12,5% dei paradisi fiscali, ma molto meno di qualsiasi normale lavoratore. Le pagheranno, bontà loro, dove fanno profitto e non dove dicono loro. Ma solo oltre certe cifre che corrispondono ai guadagni delle vite di milioni di persone normali. D’altronde la UE dal 2001 al 2018 ha ridotto le tasse alle imprese dal 32% al 20,5%. Così è il capitalismo reale, trasforma il suo interesse in legge. La legge del più forte. Finché non ci si stancherà di essere deboli.