articoli

L’antifascismo nella UE di Maastricht

di Roberto
Musacchio

Sorprende chi si sorprende che Forza Italia non voglia votare la mozione per la messa al bando dei gruppi neo fascisti. Berlusconi è assolutamente coerente con ciò che ha detto e fatto da quando è nata la Seconda Repubblica e con essa il bipolarismo maggioritario. Ha sdoganato i fascisti. Lo ha sempre rivendicato. Per lui bisognava rompere l’arco Costituzionale, quello per cui comunque l’Italia democratica, e la sua Costituzione, venivano create dalle forze antifasciste, quelle che avevano liberato l’Europa. Berlusconi capiva che quella che nasceva con Maastricht era una Europa quasi opposta a quella sociale del dopo seconda guerra mondiale. Una UE fondata sul mercato ed ossessionata dai soggetti di quella precedente e cioè il pubblico e il lavoro. Sostanzialmente pronta ad ogni revisionismo storico e a rifondarsi sull’anticomunismo ben più che sull’antifascismo. Ecco, l’anticomunismo è sempre stato il cavallo di battaglia del Cavaliere. Ma il suo sdoganare i fascisti poteva avvenire perché seconda Repubblica e bipolarismo maggioritario avevano bisogno di smantellare alcuni assi portanti dell’Italia democratica come il proporzionale. Nella UE di Maastricht si collocano a pieno titolo ex comunisti e liberali delle varie sfumature. Quelli che più faticano incredibilmente sono i democristiani che non riescono a traghettare come partito. Vengono fagocitati in buona parte da Berlusconi. Ma altrettanto buona parte si colloca alla guida del passaggio del PCI da Mosca a Bruxelles. In Maastricht ci vanno tutti, meno Rifondazione e il Msi che però si acconcia con lo sdoganamento a cambiar pelle. Poi i modi di starci sono diversi, con qualche velleità da borghesia nazionale in più da parte di Berlusconi. Cominciano così 30 anni di balletti per cui in realtà tutti concorrono alla nuova “Europa reale” e si ridefiniscono in essa. Liberalgovernancisti e populisti, in un gioco delle parti estenuante. Uno dei teatrino più significanti è l’Italia. Per lo smantellamento degli assetti istituzionali e sociali. Per lo sdoganamento dei fascisti. Per la mutazione genetica del PCI in PD. Per i nuovi populismi, dalla Lega di “mai con i fascisti” a quella di oggi tutta a destra e dai Cinquestelle antiestablishment a quelli di complemento di oggi. Una sostanziale convergenza di tutti, anche al governo, nei passaggi chiave e poi un verboso bipolarismo muscolare in realtà falso.

Il problema è che nel trentennio la realtà materiale del Paese si è spinta a destra, socialmente, nelle espressioni di sé e nell’agenda. Questi ultimi mesi sono emblematici con un governo di centrosinistradestra che ora vara una pura ristrutturazione capitalistica, i salari col calo più marcato d’Europa e le urne vuote.

Non stupisce che i fascisti rimasti più compiutamente tali tendano a forzare ulteriormente il gioco. E a mettersi in proprio. Accade in Italia, nella crisi pandemica. Ma ovunque in Europa. Con alti e bassi, ma con continuità. Calata la febbre in Germania, sale in Spagna e Polonia. Per altro la UE è più che permeabile. Non credo che si possano ripetere gli anni ’20 del ‘900 perché il dominio liberista è forte. Ma, permeabile lo è. Con le destre il PE ha votato la risoluzione revisionista che riscrive la seconda guerra mondiale e equipara nazismo e comunismo. Revisionismi storici ci sono in Polonia come in Italia. I muri antimigranti li vogliono anche i “civili” danesi a guida socialista e austriaci guidati anche dai verdi. E la Grecia dove i popolari sono tornati al potere dopo che la UE ha chiuso i bancomat a Tsipras. Chiudere i bancomat è la minaccia per eccellenza. Il muro lo fate a spese vostre si dice ai 12 che lo chiedono finanziato. E “vi togliamo i soldi” ai polacchi la cui Corte solleva problemi sulla divisione della sovranità tra UE e nazioni. Non esiste un popolo europeo, ha sanzionato la Corte tedesca, e la sovranità è nostra e dunque i limiti stanno in ciò che abbiamo deciso di trasferire per trattati. Che non sono una Costituzione. E procedono secondo i dettami neoliberali. La politica monetaria si, quella economica no. Un po’di bilancio, ma non progetti comunemente realizzati. Comprare vaccini insieme dalle multinazionali sì, ma un servizio sanitario europeo no. Il pubblico mai. Il lavoro come impiegabilità e il salario minimo Paese per Paese. Mercato verde si, società ecologica no. Diritti alla carta. Attenzione al genere (per fortuna) si. Per i migranti no. Governance intergovernativa tra tecnocrati e Stati si, democrazia parlamentare no. In fondo populisti ni, comunisti assolutamente no.

Accade così che Meloni e Vox stiano in un gruppo europeo, conservatori e riformisti, “alleabile” e da cui infatti sono arrivati voti decisivi a Ursula Von Der Leyen. Come l’ha votata Orban, fino a ieri nei popolari. Merkel ha stoppato l’Afd, ma che succederà senza di lei? Che accadrà in Francia dove le estreme destre si fanno in due? E i popolari spagnoli faranno accordi generali con Vox?
Bene dunque che l’Italia riscopra la Costituzione che vieta le organizzazioni fasciste. Male sarebbe se si dimenticasse che la stessa Costituzione prevede il diritto al conflitto. Perché di conflitto c’è bisogno perché anche con la pandemia si procede come prima, contro i salari e contro il pubblico. Si sa che si preferiscono, almeno per un po’, conflitti più “spuri”, come vax no vax. E dire che i veri no vax sono quelli che con i brevetti e i profitti negano i vaccini all’Africa e ai Paesi poveri. E che se non si vuole mettere l’obbligo vaccinale, che la CGIL chiede per me giustamente per legge, i tamponi vanno pagati perché le cose obbligatorie si fanno appunto con le leggi e non con i bancomat.

Articolo precedente
Pole position. Nazionalismi europei in punta di diritto
Articolo successivo
Le mappe reali di un paese immaginario

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.