di Alessandra Mecozzi – Con il pomposo titolo “Peace to Prosperity – A vision to improve the lives of Palestinian and the Israeli People”, il 28 gennaio il presidente degli Stati Uniti ha reso noto il cosiddetto Century deal che da tempo era stato annunciato. In una conferenza stampa, o piuttosto una festa come ha notato qualche osservatore, l’ospite d’onore Netanyahou e il Presidente si sono vicendevolmente applauditi insieme agli astanti entusiasti. Gideon Levy, articolista di Haaretz, scrive: “l’altro giorno la Casa Bianca sembrava Habayit Hayehudi (la casa ebraica, partito religioso di estrema destra) piena di kippot e Yiddishkeit (ebreitudine). Bisogna essere un antisemita per chiedersi questo? Con operatori di pace come Friedman, Adelson, Greenblatt, Kushner e Berkowitze, è impossibile persino pensare all’inizio di un accordo equo. E Zvi Schuldiner su Il manifesto: “Chi parla di pace senza palestinesi deve essere considerato un provocatore che intende aprire un ulteriore capitolo tragico nella storia sanguinosa di questa parte del mondo”.
In 181 pagine e 22 sezioni, viene descritta la “visione di pace” i cui punti essenziali possono così essere riassunti:
- La Visione fornisce l’idea di uno Stato palestinese smilitarizzato che viva in pace accanto ad Israele, e dove Israele mantenga la responsabilità della sicurezza ad ovest del fiume Giordano.
- Nel tempo, i Palestinesi lavoreranno insieme agli Stati Uniti e Israele per assumere maggiori responsabilità sulla sicurezza mentre Israele riduce il suo controllo sulla sicurezza.
- Né Palestinesi né Israeliani verranno spostati dalle loro case.
- Israele ha concordato un congelamento della terra di quattro anni per garantire la possibilità di una soluzione a due stati.
- Gerusalemme resterà indivisibile e rimarrà la capitale di Israele, mentre la capitale dello Stato di Palestina sarà Al Quds e includerà aree di Gerusalemme Est (Abu Dis).
- Gaza sarà collegata attraverso un tunnel al resto dei territori
- Ai rifugiati palestinesi sarà data la scelta tra vivere nel futuro Stato palestinese, integrarsi nei paesi dove sono attualmente o essere ricollocati in un paese terzo.
- Investimenti internazionali di 50 miliardi per i palestinesi.
Una visione annessionista che conduce a uno Stato di apartheid. Erroneamente detto Accordo di pace, non è neanche un accordo, ma una mossa unilaterale dell’amministrazione degli Stati Uniti, un aiuto USA al suo amico Netanyau, basata sulle rivendicazioni dei coloni, un “accordo” tra un Presidente corrotto, passato per un impeachment e un primo ministro corrotto, che cerca di evitarsi la galera vincendo le prossime elezioni!
Una farsa o la barzelletta del secolo, l’ha definito qualcun altro. Ma che rischia di dar luogo ad una nuova tragedia. Tutti i palestinesi, dal Presidente, ad Hamas, alle associazioni non governative lo hanno respinto nettamente. Il negoziatore palestinese Saeb Erekat ha parlato di una “offensiva diplomatica” che abbia come punto di riferimento l’Iniziativa Araba per la Pace. La lega Araba, con una risoluzione formale, ha votato contro. Ma i rappresentanti di Oman, Emirati Arabi e Bahrein erano presenti alla sua presentazione. L’Egitto ha mostrato una apertura e l’Arabia Saudita ha dichiarato che sarà sempre con i palestinesi. Difficile, considerando i precedenti, credere che queste dichiarazioni si tradurranno in una efficace azione politica. I paesi arabi hanno spesso utilizzato la questione palestinese in modo strumentale subordinandola ai propri disegni di potere.
Da Gaza arriva il grido più disperato. Muhammad Shehada scrive infatti: “Per Hamas la “generosa offerta” di Trump ha un prezzo impensabile. E se Israele inizia ad attuare il piano, la scintilla più inaspettata potrebbe innescare una massiccia risposta palestinese. E non c’è conforto per Gaza dal mondo arabo. Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Oman hanno inviato rappresentanti alla presentazione del piano. L’Arabia Saudita ha dato un appoggio cauto, mentre i troll sauditi promuovono con entusiasmo il piano”.
Le, purtroppo, deboli Nazioni Unite hanno respinto il piano del secolo e reiterato che la questione Israele-Palestina si risolve solo sulla base delle risoluzioni delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, riaffermando la soluzione “due Stati” secondo queste linee guida. E anche l’Unione Europea ribadisce flebilmente la soluzione due stati e il diritto internazionale. Mentre la Gran Bretagna accoglie positivamente la “Vision”. Vergognosamente l’Italia è muta.
Un ex consigliere di Mahmoud Abbas, Husam Zumlot, non può che dire amaramente: “Probabilmente tutti trovano difficile non ridere di questo circo, ma noi palestinesi non stiamo ridendo”.
Da Israele arrivano voci confortanti. B’Tselem storica organizzazione per i diritti umani bolla il piano come apartheid: “I palestinesi saranno relegati in piccole enclave chiuse, isolate, senza alcun controllo sulla loro vita poiché il piano rende eterna la frammentazione dell’area palestinese in porzioni di territorio non connesse tra loro e circondate dal controllo israeliano, non diversamente dai bantustan del regime di apartheid sudafricano.”
Daniel Levy, israeliano, presidente del progetto USA/Medio Oriente, con sede a New York e Londra, ex negoziatore israeliano, è durissimo nei confronti dell’iniziativa Usa: “Negli anni intermedi e spesso cupi del conflitto e dell’occupazione, ho spesso messo in dubbio la saggezza di ciò che avevamo tentato. Quei ricordi e quelle incertezze mi hanno colpito come un pugno allo stomaco quando ho letto il lungo piano della Casa Bianca pubblicato martedì. Il linguaggio della pace era stato tagliato e sostituito da un atto di aggressione grondante della ruvida sintassi del razzismo. Un piano di odio, non un piano di pace”[1].
Akiva Eldar, giornalista ed editorialista israeliano, ha sottolineato l’assenza di un soggetto molto attivo in medio oriente, la Russia, e ricordato il ruolo che l’ Unione sovietica ha avuto in tutto il processo diplomatico relativo a Israele/Palestina. Ha messo in evidenza che “In una visita di marzo 2019 a Riyad, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha affermato che Mosca e Riyad avevano concordato che la soluzione al conflitto Israelo-Palestinese doveva essere basata sulle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU e sull’iniziativa di pace araba del 2002. Lavrov ha accusato Trump di aver abbandonato il Quartetto – composto da Stati Uniti, Russia, Nazioni Unite e Unione Europea – a favore di un piano unilaterale mediato da un solo mediatore. Il piano ha osservato Lavrov, contraddice i parametri internazionali per un accordo israelo-palestinese ed era evidente che i palestinesi avrebbero rifiutato il piano[2].
Tutto
questo illustra chiaramente che cosa sia questo affare del secolo e quanto l’ignorante arroganza di Trump possa essere
ulteriore causa di guerre e disastri in un Medio Oriente, già massacrato dalla voglia
insana di potenze internazionali di ridisegnarlo secondo i propri interessi. Ma
anche come avviene in Iraq, e in Libano, quanto le loro popolazioni non siano disposte
a subire. È solo vana speranza pensare che i movimenti di solidarietà in Europa
si muovano a sostegno dei diritti e della dignità dei palestinesi, contribuendo
così anche alla reazione di questo popolo logorato dall’occupazione e dalle aggressioni
che durano da oltre 70 anni?