evidenza, interlocuzioni
Disegno di proletario che si tiene per mano con altri

L’abbraccio mortale tra sinistra progressista e sovranismo nazionalista xenofobo

di Riccardo
Petrella

di Riccardo Petrella[*]

Fra i numerosi segni della crisi strutturale di valori ed identitaria della sinistra progressista v’è, da alcuni anni, il suo (nuovo) ripiego sulla sponda del sovranismo nazionalista. Lungi dall’essere salvatore sul piano dell’esistenza politica, esso si traduce in un abbraccio mortale. Lo stato sovrano nazionale nel contesto di un’economia capitalista è stato raramente un vettore di “liberazione del popolo” e dei “popoli”. Molto più sovente “il popolo sovrano” (a partire dal XIX secolo), è stato imprigionato dalla borghesia autodefinitasi “nazionale” per costruire il “proprio Stato” ed assicurarsi la “propria sovranità” in lotta e competizione con le altre borghesie anch’esse definitesi “nazionali”. Una lotta condotta non nel nome del popolo e dei diritti dei cittadini, ma nell’interesse e nel nome della “nazione”, entità mitica come posta superiore al “popolo”, de facto nel nome delle élite e delle oligarchie locali dietro le quali il vero potere era rappresentato dai “signori proprietari” della terra e del capitale.

La questione “nazionale” e della sovranità nazionale è stata sempre causa di conflitti interni e di scissioni politico-ideologiche e culturali in seno al mondo della sinistra. Sui temi chiave ad essa collegati – la guerra o la pace, lo straniero o l’ospitalità e la solidarietà tra le persone e le comunità umane –, si è giocata, male, l’esistenza e la coesione del mondo dei socialisti e dei comunisti. Ciò è accaduto tragicamente a proposito della prima guerra mondiale e dopo, nella nascita ed affermazione del nazismo e del fascismo. Ed è quel che sta accadendo oggi in Europa in seno ai paesi dell’Unione Europea

Negli ultimi 60 anni, il principio di legittimazione politica nel nome della nazione, della sua sovranità e sicurezza, usato dai gruppi sociali dominanti negli Stati Uniti come in India, in Cina come in Israele, in Russia come in Italia o in Francia, è stato all’origine di profondi attacchi allo Stato dei diritti, alla demo-crazia dei cittadini e alla giustizia sociale. Si pensi ai disastri in corso operati in nome del sovranismo e della sicurezza nazionale contro gli immigrati nell’Italia di Minniti e del barbaro Salvini, o negli Stati Uniti dal primatista bianco Trump o nell’Austria di Kurz e l’Ungheria di Orban. Si pensi anche agli asservimenti espliciti agli interessi delle imprese private capitaliste globali multi-nazionali cui ha condotto in questi anni la deriva nazionalista e sovranista della sinistra. Le imprese capitalistiche globali se ne infischiano apertamente della sovranità nazionale e della sicurezza del popolo e dei popoli. Ma hanno sempre saputo e sanno sfruttare i cosiddetti “imperativi” della “sicurezza nazionale” e della difesa dei “campioni nazionali economici” per assicurare e promuovere i loro interessi di ricchezza e di potenza. In questi mesi ne hanno dato una prova evidente riuscendo, per esempio, ad impedire l’interdizione dell’uso del glifosato e, il 23 scorso al Parlamento Europeo, a non far approvare l’imposizione di tolleranza zero dei PFAS nell’acqua. In entrambi i casi ci sono riuscite grazie all’alleanza “nazionalista” tra le forze “sovraniste” di destra e di sinistra.

Non sorprende, dunque, l’affermazione (25 ottobre) di Melanchon, leader del partito di “estrema” sinistra in Francia di essere alleato a Salvini e Di Maio contro l’UE, né la tendenza sempre più chiara anche da parte di alcuni settori minoritari della Linke, il partito di sinistra dissidente rispetto alla SPD, di cavalcare la tigre delle tesi e proposte della destra tedesca xenofoba e nazionaliste nel tentativo di arrestare l’emorragia dei voti del “popolo di sinistra” in favore della nuova destra xenofoba nazista.

Sempre in questo contesto, si può comprendere il dramma che stanno vivendo le forze di sinistra in Catalonia, e dall’altra parte in Spagna. Imprigionatesi nella logica dell’identità nazionale esse si trovano in una lotta “finale” per la “sovranità”. Non per lottate insieme per i diritti dei cittadini dei loro “popoli” contro lo schiacciante e potente esproprio dei diritti e dei poteri demo-cratici operato dai grandi gruppi economici e finanziari privati (e pubblici) catalani e spagnoli , ma per lottare le une contro le altre restando sottomesse agli interessi dei poteri economici forti privati in “Catalonia” o in “Spagna”.

L’abbraccio della sinistra progressista ai vari sovranismi nazionalisti nell’opposizione all’UE sta generando una situazione paradossale.

L’Unione Europea nata dai principi e regole imposti a partire dal Trattato di Maastricht (1992) fino a quello detto del “Fiscal Compact” (Patto di bilancio europeo) (2012) è stata trasformata in un tempio maligno della stabilità monetaria e dell’austerità dove si praticano le credenze ed i riti cari al capitalismo finanziario predatore mondiale. Lo scenario più plausibile sarebbe potuto/dovuto essere quello di una divisione opposizione tra

  • da un lato, i promotori/difensori di un’Europa democratica (rappresentativa e partecipata) federale sovranazionale sostenuta da una società europea fondata sui principi dell’uguaglianza fra tutti gli esseri umani rispetto ai diritti ed alle responsabilità, sulla giustizia e un sistema di sicurezza sociale generale, su un’economia dei beni comuni e un sistema fiscale progressivo e redistributivo, il tutto sostenuto da un sistema monetario e finanziario sotto governo e controllo pubblico;
  • dall’altro, i promotori/difensori di un’Europa interstatuale, degli Stati-nazione, arroccata sulle sovranità nazionali e su un’economia capitalista di mercato finanziaria al servizio dell’appropriazione privata delle risorse europee e del pianeta e della massimizzazione dell’utilità/rendimento del capitale disponibile.

Non è andata cosi. Ha prevalso, negli ultimi anni, una divisione/opposizione tra gli europeisti difensori dell’Europa attuale e anti-europeisti promotori di un ritorno all’Europa delle nazioni, all’Europa degli Stati sovrani nel contesto della quale, però, né gli uni né gli altri mettono in questione i principi fondatori dell’economia del capitalismo di mercato e finanziario mondiale. La prevalenza di questa maniera di vedere “la questione politica” delle società europee è dovuta, per ragioni diverse, sia alle forze definitesi “europeiste” sia a quelle dettesi “euroscettiche” e “sovraniste”. La questione del sistema economico/sociale è stata considerata non solo una questione secondaria ma addirittura una non-questione rispetto alla questione della gestione del mercato unico e della moneta unica. De facto, la stragrande maggioranza delle forze politiche e sociali ha accettato il sistema capitalista come un sistema non suscettibile di profonde trasformazioni.

Ricordo che l’abbraccio della sinistra riformista moderata all’economia capitalista di mercato le fu letale.

Nel contesto descritto, l’abbraccio della sinistra progressista radicale alle sirene del sovranismo nazionalista xenofobo è un abbraccio mortale. La sinistra progressista radicale ne uscirà tetanizzata, stravolta, svuotata del proprio spirito, della sua forza interna.

Lungi da me pensare ad una “nuova” terza via tra Europa tecnocratica capitalista (attuale) e “sovranismi nazionalisti xenofobi”. La sinistra progressista europea deve essere alternativa, sia contro l’Europa attuale sia contro i sovranismi nazionalisti xenofobi e recuperare, la sua capacità utopica di cambiare il mondo. Peraltro, siccome né l’Europa attuale né il sovranismo nazionalista xenofobo si fermano ai limiti dello spazio europeo continentale, la sinistra progressista radicale deve darsi una capacità utopica, degli obiettivi politici concreti e modalità d’azione effettive su scala mondiale. Quest’opera di ricostruzione di se stessa non sarà facile né di corta durata. Le donne ed i giovani stanno dimostrando di essere le forze sociali chiave capaci di costruire questa nuova storia di cambiamento del mondo.


Note

[*] Pubblichiamo il testo integrale dell’articolo pubblicato su il manifesto il 3/10.