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La vittoria dei contadini nell’India di Narendra Modi

di Alessandro
Scassellati

Dopo oltre un anno di lotta, i contadini indiani hanno sconfitto Narendra Modi e il suo governo, espressione autoritaria del nazionalismo indù. Le tre leggi fatte approvare dal parlamento il 20 settembre 2020, senza consultare i potenti sindacati dei contadini sono state ritirate. I contadini possono affermare con orgoglio che con loro, Modi ha incontrato la sua partita. I contadini hanno battuto Modi, mentre finora nessun altro era stato in grado di farlo, ma lo spazio per il dissenso e la democrazia sta ancora diminuendo sotto il suo governo.

Vittoria, ma la lotta continua

Il 19 novembre – nel giorno del compleanno di Guru Nanak, il più venerato dei santi del Sikhismo -, dopo un anno di proteste continue, 670-720 morti negli accampamenti durante la mobilitazione (per freddo, CoVid-19 e altre malattie) e una campagna di diffamazione dei media governativi e degli esponenti del governo federale, i contadini indiani – che occupano un posto importante nella società indiana – hanno vinto la loro lotta contro il governo di Narendra Modi. Dal 20 novembre del 2020, centinaia di migliaia di contadini – provenienti principalmente dagli Stati settentrionali di Haryana, Punjab e Uttar Pradesh – si sono accampati appena fuori dal perimetro della capitale New Delhi per protestare contro le “tre leggi nere” – sui prezzi, la vendita e lo stoccaggio dei prodottifatte approvare in tutta fretta dal governo al parlamento senza nemmeno consultare i sindacati1. I leader della protesta, a più riprese, avevano chiarito che i contadini non se ne sarebbero andati fino a che il governo non avesse accettato di ritirare le leggi senza condizioni.

In un discorso televisivo alla nazione, Modi ha annunciato che il pacchetto delle controverse tre leggi di riforma del comparto agricolo promosse dal governo nel giugno 2020 con dei decreti legge fatti approvare dal Parlamento il 20 settembre con un colpo di mano saranno abrogate “entro la fine della sessione invernale del parlamento”. “Oggi porgo le mie scuse ai miei connazionali, e voglio dire con cuore sincero e puro che, forse, deve esserci stato un deficit nei nostri sforzi, per cui non siamo stati in grado dispiegare chiaramente la verità ad alcuni contadini”, ha detto Modi. “Esorto gli agricoltori a tornare alle loro case, alle loro fattorie e alle loro famiglie, e chiedo anche a loro di ricominciare da capo.”

Modi non si era scusato dopo la catastrofica politica di demonetizzazione nel 2016, quando milioni di banconote sono state improvvisamente ritirate dalla circolazione (l’85% della valuta), strangolando l’economia. La sua risposta all’opposizione nel Kashmir, una regione a maggioranza musulmana divisa tra India, Pakistan e Cina, dopo che il suo governo l’ha unilateralmente spogliata del suo status semi-autonomo, cambiando la costituzione nel 2019, è stata l’invio di centinaia di migliaia di truppe per attuare un giro di vite ancora in corso che ha causato la morte di 33 persone solo dall’inizio di ottobre. Non si era tirato indietro più tardi in quell’anno, quando milioni di persone sono scese in piazza dopo che il suo governo ha approvato una legge sulla cittadinanza considerata pregiudizievole per i musulmani2, provocando rivolte, scontri, distruzioni, atrocità e linciaggi. Né si era scusato per l’annuncio di un lockdown completo con solo quattro ore di preavviso il 24 marzo 2020 durante la prima ondata di CoVid-19, né per gli errori e i passi falsi del governo durante la devastante seconda ondata di CoVid-19 ad aprile/maggio che ha reso l’India una zona disastrata con oltre 300 mila contagiati al giorno per settimane, con punte di quasi 4.200 morti al giorno, arrivando ad oltre 34,5 milioni di persone ufficialmente contagiate dall’inizio della pandemia. L’OMS ha affermato che la seconda ondata mortale di CoVid-19 in India è stata causata da una “tempesta perfetta” di raduni di massa (dal pellegrinaggio del Kumbh Mela alle manifestazioni politiche), inazione governativa, bassi tassi di vaccinazione e varianti più contagiose. Mentre l’India era alla disperata ricerca di ossigeno, i suoi politici hanno persino negato che ci fosse un problema. Il governo federale è arrivato al punto di emettere un ordine esecutivo che ha autorizzato le cosiddette industrie a processo continuo, che includono le fabbriche di automobili di Chennai (la Detroit indiana), a funzionare nonostante i governi statali (come il Tamil Nadu) avessero imposto dei lockdodown totali per cercare di difendere i lavoratori dal contagio. Il governo Modi ha abbandonato i suoi cittadini ad affrontare da soli la seconda ondata del CoVid-19 e la scrittrice Arundhati Roy aveva denunciato che “stiamo assistendo a un crimine contro l’umanità3.

Il premier aveva cercato di forzare la mano, sfruttando la crisi scatenata dal CoVid-19, per non “lasciare che la crisi andasse sprecata, pensando appunto che la crisi offrisse al governo l’opportunità di introdurre riforme nelle aree dei mercati fondiari e del lavoro che sono più difficili da fare in tempo di “pace”. Modi aveva sostenuto che il pacchetto di riforme che avrebbe liberalizzato il settore dell’agricoltura nel Paese a beneficio delle centinaia di milioni di lavoratori del comparto. “L’obiettivo di tutte le riforme del governo è quello di rendere prosperi gli agricoltori“, aveva affermato Modi. Le leggi, secondo il governo, avrebbero facilitato l’ingresso nel settore dei grandi conglomerati della distribuzione privata, creando un mercato delle terre agricole (con titoli esclusivi della proprietà privata garantiti dallo Stato, in modo che le terre dei contadini potessero essere acquisite da grandi aziende nazionali e internazionali) e dando l’opportunità ai contadini di vendere direttamente a loro i propri prodotti senza servirsi di intermediari. Contestualmente, la liberalizzazione avrebbe fatto saltare anche molte delle tutele minime conquistate dai contadini all’inizio degli anni ‘60: in particolare, il sistema del “prezzo minimo di vendita”, con cui lo Stato garantisce una soglia minima di ricavo dalla vendita di alcuni prodotti agricoli ai mandi, i mercati generali dello Stato4.

Allora, Modi era sostenuto dal capo economista del Fondo Monetario Internazionale Gita Gopinath, dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, da economisti di destra e da un’ampia parte dei media indiani pro-Modi e pro-industria, ma le tre leggi hanno trovato l’opposizione di massa degli indiani – quasi la metà dei quali, secondo i più censimento recente, lavorano in agricoltura.

Un successo enorme per il movimento contadino indiano organizzato sotto l’ombrello del Samyukt Kisan Morcha (SKM), una coalizione di oltre 500 sindacati di contadini (kisan) di tutta l’India che, come ribadito dal leader Balbir Singh Rajewal, ha rappresentato una mobilitazione storica basata sull’unità dei contadini “oltrepassando le differenze di casta, religione e regione”. La notizia dell’annuncio ha portato a celebrazioni in tutto il paese. Le persone hanno salutato la vittoria del movimento contadino e sono scese in piazza e sui social media per esprimere la loro gioia, ricordando i sacrifici fatti dai contadini nella loro agitazione durata un anno. Molti l’hanno definita una vittoria contro l’arroganza del potere.

Se per il governo Modi le riforme avrebbero proiettato l’intero settore nel futuro, massimizzando la redistribuzione della ricchezza tra i contadini, per le organizzazioni sindacali dei contadini e braccianti si rischiava di distruggere le basi economiche del loro stile di vita, mandando al massacro contro i grandi gruppi rapaci della distribuzione privata la stragrande maggioranza dei lavoratori del settore. Circa il 60% della forza lavoro nazionale è impegnata nell’agricoltura (circa 90 milioni di gruppi familiari) e l’86% dei contadini indiani possiede appezzamenti di terra inferiori a due ettari e il 94% meno di 5 ettari. Troppo poco per pensare di poter contrattare direttamente coi compratori privati il prezzo di vendita. Hanno disperatamente sostenuto che le “riforme” di Modi avrebbero fatto crollare i prezzi dei prodotti agricoli, mandandoli in rovina, distruggendo il settore agricolo e mettendo in pericolo i mezzi di sussistenza di centinaia di milioni di persone. Sulle magliette e bandiere dei contadini c’era scritto: “Niente contadini, niente cibo“, collegando la loro mobilitazione con il tema cruciale della sicurezza alimentare.

Rakesh Tikait, leader e portavoce di una delle principali sigle sindacali del settore, la Bharatiya Kisan Union, ha detto che “lo stato di agitazione non sarà sospeso fino al giorno in cui le leggi non saranno abrogate in parlamento”. Inoltre, i contadini hanno promesso di continuare le loro proteste fino a quando il governo non presenterà un’altro progetto di legge, che garantisca un prezzo minimo per quasi due dozzine di prodotti agricoli. Il governo ha detto che formerà un comitato per esaminare la questione.

Accogliendo favorevolmente l’annuncio, Sitaram Yechury, segretario generale del Partito Comunista dell’India (Marxista), ha salutato i contadini e la loro coraggiosa lotta contro le tre leggi agricole. Ha chiamato gli oltre 700 contadini morti durante l’agitazione “nostri martiri“. Yechury ha anche chiesto che il primo ministro si scusasse con gli agricoltori per aver causato “difficoltà e problemi con il suo passo dittatoriale della legge agricola a beneficio dei suoi soci in affari clientelari” e soddisfare le altre richieste dei contadini.

Dal punto di vista politico si tratta di una battuta d’arresto clamorosa, se non di una vera e propria sconfitta per Modi – eletto per la prima volta nel 2014 e conosciuto per il suo modus operandi da leader forte, inflessibile e autoritario che non si piega alla pressione pubblica –  e il partito, il Bharatiya Janata Party (BJP), il partito di destra, nazionalista indù5, al potere da sette anni, che dallo scontro con le organizzazioni dei contadini esce fortemente logorato6. Specie in Uttar Pradesh, Punjab e Uttarakhand, dove si andrà a elezioni locali tra meno di tre mesi. Nelle ultime settimane Modi ha dovuto fare i conti con i sondaggi calanti per il suo partito in questi e altri Stati. Dopo i recenti scarsi risultati nelle elezioni del Bengala Occidentale e dell’Himachal Pradesh, il BJP è già in svantaggio. Nonostante avesse riversato risorse e organizzato manifestazioni di massa durante una pandemia nello Stato del Bengala Occidentale, il partito di Narendra Modi è stato nettamente sconfitto. Come è stato nettamente sconfitto in Kerala e Tamil Nadu, vincendo solo nell’Assam, ma solo come parte di una coalizione. Mantenere il potere nell’Uttar Pradesh, lo Stato più popoloso dell’India e il cuore del BJP, diventa cruciale per la sopravvivenza politica di Modi.

Quello che appare certo è che i contadini indiani (soprattutto quelli dell’India nordoccidentale) non hanno alcuna voglia di perdonare Modi e il suo partito nonostante l’inversione a U fatta sulle riforme dopo un anno di proteste. Le sue parole concilianti di scuse sono suonate vuote ai contadini. Dopo che milioni di loro si sono sollevati in opposizione alle leggi di riforma, il governo di Modi ha trascorso l’ultimo anno gettando tutto il peso dello Stato sui contadini per cercare di schiacciare il dissenso.

La resa di Modi intaccherà sicuramente la sua reputazione di uomo forte a cui non si attacca lo sporco. Ma, per molti, il significato più grande è che ha riaffermato che il potere che ha sostenuto la protesta e la lotta – la base su cui è stata costruita l’India indipendente – regge ancora. Sotto Modi, il dissenso è stato sistematicamente e con successo schiacciato, i giornalisti sono stati arrestati, utilizzando un mix autoritario di legislazione draconiana e di intervento della macchina statale. Attivisti e critici sono stati regolarmente incarcerati in base alle leggi sul terrorismo, i gruppi della società civile sono stati perseguitati e chiusi e le proteste sono state ripetutamente accolte con la forza. La ritirata del 19 novembre è stata quindi salutata come un raro e necessario trionfo della democrazia, in un’India che altrimenti sta scivolando rapidamente verso l’autoritarismo.

Modi, come molti dei politici nazionali indiani prima di lui, persegue una ricerca per molti versi delirante per uno status internazionale e un riconoscimento globale dell’India come grande potenza. Mira a far a far valere i suoi interessi economici, politici e strategici nell’Oceano Indiano, laddove si intersecano i rapporti conflittuali tra Cina e Stati Uniti (a questo proposito si vedano i nostri articoli qui, qui, qui, qui e qui). Negli ultimi due decenni, un’ondata di libri che annunciavano l’India come la prossima superpotenza democratica liberale del mondo è apparsa anche quando il paese è degenerato in quella che il politologo dell’Università di Princeton Atul Kohli chiama una “democrazia a due binari“, dove “la gente comune è necessaria solo al tempo delle elezioni, e poi è meglio che se ne vadano tutti a casa, dimentichino la politica e lascino che l’élite “razionale” gestisca tranquillamente uno spettacolo pro-business7. Gli anni di Modi, soprattutto quelli dopo la sua rielezione del 2019 e della pandemia da CoVid-19, hanno incenerito le vanità che hanno animato le élite al potere in India dagli anni ’90, vanità che possono in qualche modo sopportare uno stato di cose in cui l’1% più ricco degli indiani tiene sotto controllo quasi la metà della ricchezza nazionale, mentre il governo dedica un misero 0,34% del PIL all’assistenza sanitaria. D’altra parte, l’India è stata recentemente declassata da “libera” a “parzialmente libera” anche da Freedom House, che ha criticato il governo Modi per qualsiasi cosa, dalle molestie ai giornalisti agli attacchi ai non indù.

I contadini che protestano possono affermare con orgoglio che con loro, Modi ha incontrato la sua partita. I contadini hanno battuto Modi, mentre finora nessun altro era stato in grado di farlo, ma lo spazio per il dissenso sta ancora diminuendo sotto il suo governo.

La protesta dei contadini: dal locale al globale

In un anno, la protesta dei contadini ha ciclicamente attirato l’attenzione dei media internazionali, anche grazie alla mobilitazione di celebrità come Greta Thunberg e Rihanna. Il governo è intervenuto per impedire alle persone di twittare per sostenere gli agricoltori. Il governo nazionalista di Modi, che mal sopporta ogni attenzione internazionale diversa dall’adulazione, oltre a condonare la repressione brutale della protesta ad opera della polizia – come negli scontri di New Delhi all’inizio del 2021 – è intervenuto per impedire alle persone di twittare per sostenere gli agricoltori e ha più volte cercato di screditare il movimento contadino. Prima, chiamando in causa una presunta manovra internazionale per “screditare il Paese” realizzata in combutta con nuclei dell’indipendentismo Sikh all’estero. Poi, prendendo di mira direttamente i leader della protesta, definiti “terroristi, maoisti8, sinistrorsi, estremisti, professionisti della protesta, malavitosi…”, agenti provocatori ora pilotati dalla Cina, ora dal Pakistan. Il movimento dei contadini è stato anche accusato di essere egemonizzato dagli agricoltori ricchi (facenti parte dell’antica comunità Jat, un gruppo di caste agricole e militari che abbraccia l’India nordoccidentale e il Pakistan orientale, coprendo l’intera area della vecchia provincia indiana del Punjab prima della partizione). Il governo Modi ha attuato numerose misure repressive, arrestando centinaia di contadini e diversi leader con false accuse.

In particolare, membri del BJP di Modi, hanno etichettato i manifestanti Khalistanis, un termine che si riferisce ai separatisti che anni fa hanno fatto campagna e persino combattuto per creare uno stato Sikh indipendente. In risposta, gli organizzatori della protesta hanno sedato gli animi, mentre cercavano di assicurarsi di essere visti ed ascoltati.

La verità è che Modi e il suo governo si sono trovati a dover fronteggiare la più grande resistenza popolare di massa dal 2014 e che i loro tentativi di bollare le proteste dei contadini come “antinazionali” sono falliti. L’autodisciplina del movimento è stata messa alla prova solo in alcuni momenti da due episodi di violenza che hanno aumentato la pressione sul gruppo per sciogliere la mobilitazione.

Il 26 gennaio, mentre l’India celebrava la Festa della Repubblica, una festa nazionale, alcuni contadini hanno guidato i trattori sulle barricate della polizia a New Delhi e occupato lo storico Red Fort. Un manifestante è morto negli scontri e dozzine di poliziotti e centinaia di manifestanti sono rimasti feriti. Allora gli analisti politici avevano dichiarato morto il movimento. Ma, i sindacalisti organizzatori si sono ritirati dietro le barricate e hanno ripreso le loro proteste pacifiche durante il rigido inverno9, un’ondata devastante del coronavirus, un’estate torrida e fino all’autunno.

Poi, in ottobre, un convoglio elettorale del BJP si è schiantato contro un gruppo di contadini in protesta, provocando la morte di quattro manifestanti, insieme ad altre quattro persone, tra cui un giornalista locale. Tra gli indagati per l’episodio c’è il figlio di uno dei ministri di Modi, Ajay Kumar Mishra. Quell’attacco mortale, avvenuto dopo che i manifestanti avevano deciso di seguire la campagna elettorale dei dirigenti del BJP per ottenere la copertura delle televisiva della loro protesta (una sorta di “protesta viaggiante”), potrebbe essere stato un punto di svolta della mobilitazioni. Infatti, l’attacco ha suscitato repulsione anche da parte di coloro che non simpatizzavano con i contadini. I numeri dei sondaggi del BJP sono presto calati nell’Uttar Pradesh, dove sono avvenute le morti nel distretto di Lakhimpur Kheri. I funzionari del BJP hanno cominciato a preoccuparsi di poter perdere lo Stato alle elezioni fissate per l’inizio del 2022.

Migliaia di contadini hanno fatto affidamento su parenti – fratelli, figli, genitori, mogli – e vicini per curare i loro campi di grano e ortaggi. Hanno mangiato cibo donato da simpatizzanti in patria e all’estero. Quando si sentivano febbricitanti, si sono rivolti agli operatori sanitari volontari che hanno vissuto per mesi, come i contadini, con il caldo e il freddo e l’epidemia da CoVid-19 (con la variante Delta che ha colpito duramente New Dehli durante la primavera), in accampamenti creati appena fuori dal perimetro della capitale New Delhi10, il luoghi polverosi ed inquinati vicino a rumorosi cavalcavia e autostrade che portano alla capitale.

I contadini hanno usato le loro capacità organizzative, hanno bloccato strade e ferrovie, hanno mobilitato un’ampia rete di supporto e hanno messo in campo la pura perseveranza per costringere Modi, uno dei leader più potenti nella storia moderna del Paese e più abituato a soffocare il dissenso che a fare i conti con esso, a capitolare.

L’insistenza dei contadini nel portare avanti la loro campagna, il sostegno da parte di una rete globale di alleati e la natura non violenta delle proteste si sono rivelati le chiavi del loro successo. Nonostante le morti e pochi altri incidenti, le proteste degli agricoltori sono state in gran parte pacifiche.

Il movimento è iniziato nel Punjab, sede della grande comunità religiosa Sikh e dove ci sono alcune delle aree agricole più fertili del paese. I leader della protesta si sono appoggiati sia sull’organizzazione sia sul finanziamento della comunità Sikh per portare avanti la loro mobilitazione durata un anno. Gli aiuti finanziari, in particolare dai templi e dalle organizzazioni Sikh al di fuori dell’India, sono stati fondamentali per la resistenza del movimento. Gli organizzatori si sono appoggiati pesantemente sulla diaspora Sikh del Punjabi. Grandi enti di beneficenza come Khalsa Aid International, un gruppo di soccorso britannico, hanno raccolto fondi per i manifestanti. Hanno contribuito anche quelli più piccoli, come la Midland Langar Seva Society, anch’essa con sede nel Regno Unito. Anche in Italia, grazie all’Unione Sindacale Italiana si sono svolte diverse iniziative di sostegno a Milano e Roma, mentre le varie comunità indiane si sono mobilitate per dare visibilità e sostenere alla lotta dei contadini.

Gli organizzatori hanno richiamato e fatto leva sulla filosofia del Sikhismo, che enfatizza il sostegno alle vittime dell’ingiustizia e il valore della comunità sull’individuo. I vasti accampamenti di protesta del movimento contadino – che hanno nutrito e vestito migliaia di persone ogni giorno e fornito acqua pulita, servizi igienici e persino negozi di barbieri e sarti – riflettevano il valore Sikh dell’autosufficienza.

I manifestanti si sono assicurati che le loro lamentele fossero ascoltate all’estero. I sostenitori hanno sfidato le temperature gelide a Toronto e Montreal per presentare cartelli fuori dai consolati indiani in Canada. I manifestanti hanno protestato in quasi 50 diverse città del mondo e marciato di fronte alla sede delle Nazioni Unite a New York. La campagna ha funzionato: Justin Trudeau, il primo ministro canadese, Rihanna, la cantante pop, e Greta Thunberg, hanno parlato in solidarietà con i contadini indiani.

I problemi aperti dell’agricoltura indiana

La vittoria dei contadini non aiuterà l’India a risolvere le profonde inefficienze che affliggono il suo settore agricolo – che rappresenta circa il 15% dei 2,7 trilioni di dollari dell’economia indiana -, problemi che lasciano le persone malnutrite in alcuni luoghi anche se il grano in altre parti è inutilizzato o esportato. Il sistema agricolo indiano deve ancora essere riequlibrato, un fatto che anche molti dei contadini che protestano riconoscono11.

In particolare, la capitolazione di Modi lascia irrisolto un complesso sistema di sussidi agricoli e di sostegni ai prezzi che i critici dicono che il governo non può permettersi. Avviato durante un periodo di carestia diffusa negli anni ’60, il sistema ha creato mercati centralizzati in cui gli agricoltori potevano vendere i loro raccolti. Alcuni dei proventi vengono convogliati alle comunità agricole attraverso progetti infrastrutturali, pensioni e programmi che forniscono consulenza tecnica gratuita su questioni come sementi e fertilizzanti.

Oggi, quel sistema contribuisce alle inefficienze e ad un elevato impatto ambientale: il governo sovvenziona le colture ad alta intensità d’acqua in territori colpiti dalla siccità, i contadini continuano ad utilizzare la pratica del debbio – la combustione della vegetazione e degli scarti agrari usati per fertilizzare i terreni12. L’agricoltura si concentra sui cereali di base – grano e riso – mentre le colture più nutrienti, come le verdure a foglia, vengono trascurate.

La maggior parte della forza lavoro impiegata nell’agricoltura – agricoltori, contadini, allevatori e braccianti – vive di agricoltura di sussistenza, ossia produce in grandissima parte per l’autoconsumo familiare13. Mentre un piccolo numero di agricoltori conduce una vita da classe media in un paese dove i capricci dell’economia di mercato spesso risucchiano le persone nella povertà, aiutati da strumenti moderni come trattori e irrigazione, la maggior parte non vede alcun profitto e molti sono indebitati. Con lavori in città e in fabbrica difficili da trovare in un paese ancora alle prese con la povertà, molti bambini delle fattorie emigrano verso le megalopoli urbane per cercare una vita migliore.

Le leggi di Modi miravano ad attrarre più investimenti privati in agricoltura, per renderla più ricettiva alle forze di mercato, e nell’industria alimentare, due settori che avrebbero bisogno di grandi risorse finanziarie per la loro modernizzazione. La Confederazione dell’industria indiana (CII), l’associazione che rappresenta le principali società industriali, aveva riposto speranze nelle leggi per investire nella modernizzazione delle decrepite strutture post-raccolta dell’India. Secondo la CII, grazie alle leggi, il settore della trasformazione alimentare nazionale (che attualmente vale 34 miliardi di dollari) sarebbe cresciuto in modo esponenziale.

Allo stesso tempo, la Federazione Indiana della Camera di Commercio e Industria, alla fine del 2020 aveva affermato che le leggi avrebbero stimolato la nascita di startup e che gli interventi tecnologici avrebbero aiutato a ridurre gli sprechi e a portare efficienza nel settore agricolo. Cogliendo le opportunità, i capitali di rischio globali e indiani hanno già iniziato a finanziare startup agritech che mirano a gestire l’intera catena di approvvigionamento alimentare, che secondo gli esperti è attualmente soggetta a enormi sprechi, spesso da quattro a cinque volte superiori a quelli della maggior parte delle grandi economie.

I leader della protesta, invece, affermano che molti agricoltori preferirebbero che i sussidi venissero estesi ad una gamma più ampia di produzioni. “La radice del problema agricolo in India è che gli agricoltori non ottengono il giusto valore dai loro raccolti“, ha affermato Darshant Pal Singh, uno dei nove leader della protesta agricola. “Ci sono due modi per vedere le riforme: dare via la terra alle corporations, alle grandi persone, ai capitalisti. L’altro è aiutare gli agricoltori ad aumentare i loro raccolti“. Lo scenario delineato da Singh per il settore agricolo è lo stesso che sta investendo il settore commerciale indiano, dove le decine di milioni di piccoli negozi a conduzione familiare, conosciuti come kiranas (che rappresentano i quattro quinti di un mercato al dettaglio da quasi 900 miliardi di dollari), e i 450 mila distributori vengono “spremuti e spinti fuori mercato dalle promozioni al ribasso delle nuove grandi piattaforme digitali e distributive controllate da pochi capitalisti vicini al governo Modi, come Mukesh Ambani, oltre che da Amazon e Walmart.

Il SKM ha chiesto anche l’emanazione di una nuova legge sui prezzi minimi di sostegno (PMS) per tutti i loro raccolti, non solo riso e grano, e il ritiro della proposta di legge sulla distribuzione dell’energia elettrica. I PMS sono un insieme di prezzi di base stabiliti dal governo in base ai quali si acquistano determinati prodotti agricoli14. Sebbene si preveda che il prezzo di mercato di questi prodotti agricoli non scenda al di sotto dei PMS, non è così e la maggior parte delle volte gli agricoltori sono costretti a vendere i propri prodotti a prezzi inferiori ai PMS o inferiori al costo di produzione. Il disegno di legge di modifica del sistema dell’energia elettrica prevede l’entrata di attori privati nella distribuzione, che secondo gli agricoltori porterà a un aumento del prezzo dell’energia elettrica e del costo complessivo di produzione a causa del ritiro dei sussidi governativi.

 

Alessandro Scassellati

  1. Tra l’altro, l’approvazione delle tre leggi aveva spinto alle dimissioni il ministro dell’industria alimentare Harsimrat Kaur Badal che ha definito la legislazione “anti contadini“.[]
  2. Nel dicembre 2019, il governo di Modi ha promulgato il Citizenship Amendment Act (CAA) che concede la cittadinanza agli immigrati clandestini in fuga dalle persecuzioni religiose provenienti da Afghanistan, Pakistan e Bangladesh, ma solo se non musulmani. Allo stesso tempo, il governo ha iniziato a lavorare su un registro nazionale dei cittadini (NRC), una versione del quale è stata lanciata nello Stato nord-orientale dell’Assam, imponendo enormi difficoltà e miseria alle persone che non erano in grado di produrre documenti che provassero le loro origini indiane prima del 1971. Presi insieme, CAA e NRC sono stati ampiamente percepiti dai musulmani indiani come un tentativo di costringerli all’apolidia e hanno innescato massicce proteste a livello nazionale. Le proteste anti-CAA-NRC avevano alcune cose in comune con le proteste dei contadini: bloccavano una parte di New Delhi, erano creative, energiche e sostenute e avevano siti di protesta in tutto il Paese. Ma, c’era una notevole differenza: questa era una “questione musulmana” in un Paese che ha dimostrato un nazionalismo indù sempre più muscoloso, e i media indiani sono stati enormemente di parte nella loro copertura delle proteste. Poi, nel marzo 2020, il Paese è entrato in isolamento pandemico e le proteste si sono disperse. Se il governo ricominciasse a muoversi sulla NRC, non è chiaro se la vittoria dei contadini darà energia ai manifestanti musulmani e ai loro alleati non musulmani, o se incontreranno un apparato statale più repressivo.[]
  3. Secondo le stime del governo, quasi il 70% degli indiani è stato infettato naturalmente entro luglio, a seguito dell’aumento record di infezioni e decessi ad aprile e maggio. Finora, l’81% dei 944 milioni di adulti indiani ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 43% ne ha avute due. La vaccinazione per i minori di 18 anni non è ancora iniziata. Il paese di 1,35 miliardi di abitanti ha celebrato la Durga Puja in ottobre e il Diwali in novembre, durante il quali milioni di persone hanno fatto acquisti, viaggiato e incontrato le famiglie, per lo più senza mascherine. L’uso della mascherina è quasi inesistente al di fuori delle grandi città.[]
  4. I sindacati degli agricoltori hanno sempre sostenuto che con queste tre leggi il governo intendeva promuovere un’accelerata modernizzazione del settore agricolo, favorendo la costruzione di filiere agroalimentari verticalizzate che sarebbero state inevitabilmente controllate da grandi aziende commerciali ed industriali private nazionali e multinazionali. La nuova legislazione avrebbe liberalizzato il settore, consentendo agli agricoltori di stoccare e vendere i loro prodotti ovunque, comprese le grandi aziende della GDO come Walmart, non solo nei mercati all’ingrosso regolamentati dal governo (i mandi), in cui ai coltivatori viene assicurato un prezzo minimo.[]
  5. Il BJP è stato creato come ala politica della Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS, Organizzazione Nazionale Patriottica), un’organizzazione paramilitare fondata nel 1925 da nazionalisti ispirati dal pensiero nazional-induista di Vinayak Damodar Savarkar (autore nel 1923 dell’opuscolo intitolato “Essentials of Hindutva“, in seguito rinominato “Hindutva: who is a hindu?“) e ammiratori del fascismo europeo. La RSS sostiene la supremazia indù e, dopo l’indipendenza del 1947, è stata bandita tre volte per presunti legami con l’estremismo violento (la prima volta dopo l’assassinio del mahatma Gandhi del gennaio 1948 da parte di un militante del RSS, Nathuram Godse, considerato per questo un “patriota” da alcuni dei parlamentari del BJP eletti nel 2019). La RSS ha almeno 4 milioni di volontari, che giurano fedeltà e prendono parte a esercitazioni quasi militari, e controlla anche una vasta gamma di organizzazioni della società civile, conosciute collettivamente come Sangh. La RSS immagina l’India come una società principalmente indù, abbracciando un’idea di nazionalità simile al modello israeliano, con tutti i non indù – tranne Sikh, jainisti e buddisti – visti come stranieri sospetti. Musulmani, cristiani, parsi ed ebrei sono considerati estranei che possono rimanere in India solo se sono opportunamente “induizzati” e se mostrano un’adeguata deferenza verso la maggioranza indù. I musulmani sono visti con particolare sospetto, in quanto sono la più grande minoranza (il 15% della popolazione) e quella più manifestamente diversa dagli indù sul piano religioso/culturale. RSS e BJP hanno accentuato la loro islamofobia negli ultimi anni con pesanti effetti in termini di discriminazioni, arresti, attacchi violenti da parte della polizia, linciaggi e altre violenze verso i cittadini di religione musulmana. Oltre al nazionalismo indù, il BJP è fautore di politiche neoliberiste e di una torsione autoritaria dello Stato federale. Gruppi di vigilanti indù hanno costretto alla cancellazione di un festival teatrale annuale nello stato indiano del Madhya Pradesh, dopo aver minacciato di violenze per spettacoli satirici accusati di essere “antinazionali”. Di recente la RSS e altre organizzazioni ad essa affiliate hanno duramente contestato la conferenza, intitolata Dismantling Global Hindutva, che è stata co-sponsorizzata da più di 53 università americane tra cui Harvard, Stanford, Princeton, Columbia, Berkeley, Chicago, Pennsylvania e Rutgers, accusando l’evento di essere “anti-indù” e minacciando di morte gli organizzatori.[]
  6. Già pochi giorni dopo l’approvazione delle leggi agricole, il partito politico Shiromani Akali Dal (SAD) del Punjab, uno dei più antichi alleati del partito di Modi, il Bharatiya Janata Party (BJP – Partito del Popolo Indiano), aveva lasciato l’alleanza. Il presidente del SAD, Sukhbir Badal, aveva detto che il partito non poteva restare a guardare mentre il BJP ha approvato “tali leggi anti-contadini e anti-Punjab“. Il Punjab, lo Stato della minoranza Sikh, è uno degli Stati maggiori produttori di cibo dell’India, soprattutto di grano e riso. Alle ultime elezioni statali del 2017 il BJP aveva vinto solo tre seggi su 117 in Punjab, e gli agricoltori che hanno protestato sperano che la sua posizione possa diminuire ulteriormente alle prossime elezioni all’inizio del 2022. Una prima punizione del BJP c’è stata alle elezioni municipali nel febbraio 2021.[]
  7. Una realtà che gli alleati geopolitici dell’India, come gli Stati Uniti, fanno fatica a riconoscere e di cui comunque preferiscono non discutere. Parlando a un gruppo di leader della società civile in un hotel di New Delhi a fine luglio, il Segretario di Stato Anthony Blinken ha affermato che il rapporto tra Stati Uniti e India è “uno dei più importanti al mondo“. “Il popolo indiano e il popolo americano credono nella dignità umana e nell’uguaglianza di opportunità, nello stato di diritto, nelle libertà fondamentali inclusa la libertà di religione e credo… questi sono i principi fondamentali delle democrazie come la nostra“, ha affermato Blinken. “E, naturalmente, entrambe le nostre democrazie sono lavori in corso. Come amici ne parliamo“. L’inviato degli USA, Atul Keshap, avrebbe affermato di aver avuto una “buona discussione” con Mohan Bhagwat, capo del Rashtriya Swayamsevak Sangh. Insieme hanno parlato di come “la tradizione indiana di diversità, democrazia, inclusività e pluralismo può garantire la vitalità e la forza di una nazione veramente grande“. Biden ha bisogno dell’India per contrastare la Cina attraverso il QUAD (la coalizione USA, India, Australia e Giappone), ma l’alleanza con Modi ha un costo,: il preoccupante marchio di democrazia di Narendra Modi è una sfida per i diritti umani per la Casa Bianca. Gli Stati Uniti di Biden – che ha promesso di mettere i diritti umani al “centro” della sua politica estera – stanno ripetendo l’errore di Obama e Trump di ingraziarsi l’India e Modi senza chiedere a Modi di porre fine alla sua tendenza all’autoritarismo e di iniziare a proteggere i diritti umani e la libertà religiosa. Nel 2016, la stella di Modi era salita così tanto a Washington che ha tenuto un discorso al Congresso degli Stati Uniti. Trump non si è mai preoccupato dei diritti umani e ha apertamente cercato il favore degli autocrati del mondo, ed era anche entusiasta di contrastare una Cina in ascesa. Tutto ciò ha reso Modi uno degli autocrati preferiti di Trump. Nel 2019, Trump ha partecipato al raduno Howdy, Modi! (“Ciao, Modi!”) a Houston, in Texas, a fianco del leader indiano. L’anno successivo, Trump ha fatto visita a Modi a Nuova Delhi. Entrambi gli eventi hanno attirato folle enormi. Durante la visita di Trump, musulmani e indù si sono scontrati in disordini nella capitale indiana, ma Trump ha affermato che Modi lo aveva rassicurato sulla situazione e che Modi stava lavorando a stretto contatto con la minoranza musulmana indiana. L’antipatia di Trump nei confronti dei musulmani – che aveva proposto di bandire dal suolo degli Stati Uniti – lo ha reso uno dei preferiti dei nazionalisti indù.[]
  8. Combattenti maosti, conosciuti anche come Naxals, attaccano impunemente le forze di sicurezza nell’India centrale ed oreintale dagli anni ‘60. Da almeno un decennio questa viene considerata “la più grande minaccia alla sicurezza interna che il Paese deve affrontare”, ma manca un piano nazionale complessivo per affrontarla. Ad inizio aprile, almeno 22 membri delle forze di sicurezza indiane sono stati uccisi in uno degli attacchi più sanguinosi del gruppo di insorti di estrema sinistra quest’anno nello stato di Chhattisgarh dominato dalle tribù.[]
  9. Hanno anche respinto una decisione della Corte suprema indiana che il 12 gennaio aveva sospeso le leggi per un anno e formato un comitato di quattro membri per esaminarle e formulare raccomandazioni. Una battuta d’arresto per il governo Modi, ma le organizzazioni dei contadini hanno definito di parte il comitato, troppo favorevole al governo e alle leggi. A seguito di questo rifiuto da parte degli agricoltori, alcuni membri del comitato nominato dal tribunale si sono ritirati. Tuttavia, dimostrando che le apprensioni delle organizzazioni dei contadini erano corrette, uno dei membri del comitato, Anil Ghanwat, ha definito l’annuncio del primo ministro “il passo più regressivo” e lo ha accusato di aver preferito “la politica al miglioramento degli agricoltori“. La decisione della Corte aveva dato al governo Modi una via d’uscita dalla situazione di stallo negoziale, senza dover dare l’impressione di essersi piegato alle richieste degli agricoltori. Ma, il governo ha ribadito di voler andare avanti, seppure sospendendo l’applicazione delle leggi per 18 mesi, mentre gli agricoltori hanno deciso di continuare la loro protesta ad oltranza.[]
  10. In questi accampamenti temporanei, nel corso del 2021 sono stati eretti edifici in cemento accanto a capanne di bambù, cucine comunitarie, biblioteche e container trasformati in case per i contadini, complete di unità di condizionamento dell’aria, bagni e frigoriferi – messi in piedi dai contadini che avevano promesso che non si sarebbero mossi fino a quando Modi non avesse rinunciato alle leggi.[]
  11. La protesta dei contadini indiani sta avvenendo in una fase storica in cui alcune commodities agricole come lo zucchero (di cui l’India è il secondo produttore mondiale con 50 milioni di piccoli agricoltori che coltivano la canna da zucchero) vivono da anni una situazione di sovrapproduzione. Nel 2018-19 la produzione indiana di zucchero è arrivata a 31,5 milioni di tonnellate, contro una domanda annuale interna di 6,5 milioni di tonnellate. L’export delle eccedenze ha incontrato crescenti difficoltà dal momento che dal 2016 la produzione mondiale ha superato di gran lunga la domanda (anche Brasile e Indonesia, gli altri due maggiori produttori, hanno enormi eccedenze da smaltire), con conseguente discesa del prezzo e accumulo di scorte da parte degli zuccherifici (solo in India pari a 13 milioni di tonnellate, più del consumo annuale degli USA). In vista delle elezioni generali del 2019, il governo Modi aveva cercato di recuperare il consenso degli agricoltori concedendo maggiori sussidi per 10,6 miliardi di dollari a 120 milioni di loro, rivedendo il suo obiettivo di disavanzo di bilancio (dal 3,3% al 3,4%) per un secondo anno. Solo a partire da questo autunno, con il rialzo dei prezzi internazionali dello zucchero, il governo ha deciso di tagliare i sussidi all’esportazione.[]
  12. Una pratica attuata in inverno con temperature più fredde e assenza di venti. I fumi di queste combustioni raggiungono New Delhi, portando a un ulteriore aumento dell’anidride carbonica nella megalopoli di 20 milioni di abitanti, considerata una delle città più inquinate al mondo. Ma, il problema riguarda tutto il subcontinente e secondo stime recenti circa un terzo dei decessi annuali in India – più di 2,5 milioni di persone – è riconducibile all’inquinamento atmosferico. A metà novembre, le scuole sono state chiuse e i cantieri sospesi per giorni a New Dehli. Queste sono state le misure predisposte dal governo indiano nel territorio della capitale e la sua area metropolitana, interessata da livelli di inquinamento atmosferico senza precedenti. Mentre a New Delhi le autorità decidevano di chiudere per una settimana le scuole per livelli d’inquinamento che rendono l’aria irrespirabile, a Glasgow l’India frenava sul documento finale di Cop26. E confermava un programma di costruzione di nuove centrali a carbone e di ampliamento di quelle esistenti. Durante l’assemblea conclusiva del vertice, infatti, il governo di Narendra Modi ha chiesto e ottenuto di sostituire all’ultimo minuto l’espressione phase out (eliminazione graduale) del carbone, con phase down (riduzione graduale). Una modifica all’apparenza minima ma che nella sostanza – hanno denunciato alcuni delegati – ha cambiato tutto. Un colpo di mano frutto di un’intesa raggiunta in extremis tra India, Cina e Stati Uniti, che ha costretto la Conferenza a ripiegare pur di portare a casa un accordo.[]
  13. Solo il 5% delle famiglie rurali indiane possiede più di 5 ettari di terreno coltivabile, per il resto si tratta soprattutto di agricoltura di sussistenza e di famiglie senza terra che lavorano come braccianti per 3 euro al giorno. Almeno 300 mila contadini si sono suicidati tra il 1995 e il 2020, travolti dal tragico vortice di un insostenibile indebitamento determinato dalla combinazione di crolli dei prezzi dei prodotti, di tasse da pagare alle istituzioni locali e nazionali e di prestiti (in larga parte governativi) per l’acquisto di semi, pesticidi e vari altri input di produzione, oltre che espropriati delle loro terre a seguito della costruzione di mega dighe, dell’apertura di grandi miniere a cielo aperto e della realizzazione di nuove grandi aree residenziali ed industriali. Allo stesso tempo, i contadini non sono disposti a separarsi dalla loro terra. La loro ostinata resistenza è dovuta alla loro consapevolezza che altri mezzi di sussistenza sicuri non stanno emergendo (anzi, stanno scomparendo), e che la terra e l’accesso alle risorse della proprietà comune possono ancora fornire un po’ di sussistenza per la famiglia contadina.[]
  14. Per sostenere il reddito della popolazione rurale, oltre al sistema dei prezzi minimi garantiti dallo Stato, il governo finanzia il National Rural Employment Guarantee Act (NREGA), un sistema di garanzia del lavoro che offre a qualsiasi cittadino dell’India rurale 100 giorni di lavoro con salari minimi (certamente bassi) nell’ambito del programma di lavori pubblici.[]
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