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La strategia divisiva di Johnson

di Enrico
Sartor

da Londra –

In queste settimane il governo conservatore di Boris Johnson si è ritrovato con il tragico primato mondiale di gestire il Paese con il più alto livello di morti causate da covid-19 per abitanti. Per settimane le vittime sono state circa tre volte più di quelle in Italia e il totale di oltre centomila morti è il doppio delle vittime nella molto più popolosa Germania.

Le ragioni sono variamente attribuite all’incompetenza e mancanza di tempestività del governo, alla sua confusa e spesso contraddittoria risposta alla pandemia. Le regole imposte ai cittadini, molte e complesse, per arginare il contagio sono state cambiate mediamente ogni cinque giorni, dall’inizio dell’epidemia, un anno fa, creando una totale confusione non solo tra i cittadini, ma spesso fra le autorità preposte a implementarle.

Un ulteriore fattore che ha contribuito all’alto numero di morti è anche il disprezzo e cinismo di tipo trumpiano da parte Governo per il bene della popolazione, se essa non è parte dell’elite economica e di potere.

 

Ne sono indici non solo il livello enorme di corruzione e spreco di denaro pubblico nelle forniture per arginare l’epidemia, che ha arricchito compagnie con amministratori delegati amici dei tory, ma anche episodi come la recente notizia che il governo stava considerando un bonus di £500 a sostegno di chi era costretto ad auto-isolarsi perche covid positivo ed era troppo povero per permetterselo. L’indennità malattia per un operaio a paga oraria è meno di cento sterline a settimana, più o meno il costo dell’affitto di una camera a Londra. Era un riconoscimento della povertà come una delle cause principali per cui molti cittadini non sono in grado di rispettare le regole anti-covid, troppo indigenti per poer perdere giorni di lavoro e per vivere in abitazioni che non fossero sovraffollate.

Il governo ha quasi immediatamente dismesso l’intenzione, con la scioccante giustificazione che le £500 potevano diventare una specie di taglia ai furbetti per farsi infettare volontariamente. L’argomentazione in se esprime il profondo disprezzo, di tipo razzista, del governo Tory per gli strati più vulnerabili della popolazione.

 

I dati pubblicati per il 2019 dalla Social Metrics Commission sulla povertà nel Regno Unito sono angoscianti. Il 22% della popolazione, 14,3 milioni di cittadini e cittadine vivono in povertà. Il 46% delle famiglie con un capofamiglia di colore vivono in povertà. Un milione e mezzo di persone ogni giorno non ha i soldi per nessun tipo di cibo.

Il governo di Boris Johnson può permettersi di navigare attraverso questa enorme crisi sociale perche la povertà e sempre più contenuta e concentrata in ghetti d’ingiustizia sociale. La povertà aumenta lungo le linee di una crescente ingiustizia sociale.

In una recente statistica mentre più del 50%  degli inglesi  ha dichiarato di sopravvivere usando i risparmi e di essere preoccupato di non avere più soldi per affitto, luce, gas, cibo nei prossimi mesi, il 20% più ricco del paese ha messo da parte 23 miliardi di risparmi durante il lockdown, a causa delle ridotte opportunità di spendere. In un Paese con un crescente numero di popolazione al di sotto del limite di povertà, la cifra assoluta dei risparmi privati è per la prima volta in anni in aumento.

Nel suo rapporto per il 2020 la Resolution Foundation indica come i dipendenti con gli stipendi più  bassi fossero a giugno 2020 due volte più a rischio di perdere il loro lavoro o avere le ore lavorative ridotte che la fascia dei dipendenti meglio pagati. Solo il 44% dei lavoratori meno pagati ha potuto lavorare da casa durante la pandemia, contro l’83% dei lavoratori appartenenti alle più alte fasce salariali.

Il governo tory fomenta apertamente questa crescente ingiustizia sociale, per esempio annunciando un congelamento dei salari del pubblico impiego per il 2020-21 e una revisione dei diritti dei lavoratori, non più garantiti dall’appartenenza all’Unione Europea, ma promettendo d’altra parte una bonanza economica per gli speculatori finanziari, con la prospettiva di una riedizione del Big Bang thatcherita ora che la finanza della City di Londra è libera dalle regolamentazioni europee.

La crescente ingiustizia sociale è usata come una strategia di potere per mantenere l’appoggio di un ceto medio affluente ed isolare gli strati più poveri della società. Meccanismi emarginativi, come la chiusura delle scuole e la distruzione delle strutture comunitarie causate dalla risposta alla pandemia non fanno che accelerare questo processo.

Il secondo aspetto della strategia divisiva del governo di Johnson si muove lungo le linee già usate in campagna elettorale nel 2019 per ottenere notevoli risultati nelle aree operaie del nord, tradizionalmente a maggioranza laburista.

La nuova retorica “woke” del governo di Johnson fa leva sulla povertà e l’emarginazione di vaste aree di popolazione operaia bianca, creata con la distruzione del settore manifatturiero e minerario da parte della Thatcher negli anni 80. Non a caso l’asse centrale di questa nuova sensibilità tory per la working class bianca è basata su una contrapposizione del proletariato bianco del nord contro il proletariato multietnico delle metropoli, anche in risposta alla forza sociale dimostrata l’estate scorsa dal movimento BLM.

Negli anni 80 e 90 la crescente espansione economica e ricchezza delle città fu usata dai conservatori per isolare e sconfiggere il movimento sindacale dei lavoratori del nord. Ora il processo viene utilizzato inversamente dal governo di Boris Johnson lungo linee sempre più xenofobe e razziste.

In questo quadro la risposta dell’opposizione laburista appare debole e priva di una strategia di medio-lungo termine. Non solo per colpa della nuova direzione del moderato Starmer, che sembra aver rilegato tutta la sua iniziativa politica a cammei da principe del foro contro il clown Boris, ma risale alla direzione di Tony Blair e Gordon Brown, giù fino a Corbyn che pensava di vedere nelle sue posizioni filo Brexit e anti immigrazione (come l’astensione nel 2019 sulla legge infame sull’immigrazione) un modo di ottenere il supporto del ceto operaio del nord. I realtà appare sempre più chiaro  solo una profonda saldatura fra il proletariato del nord e quello multietnico delle città, ancora all’avanguardia con la sua capacità di mobilitazione e iniziativa politica, può offrire una qualche prospettiva  non tanto di mera vittoria elettorale, ma di profondo cambio sociale.

La crisi causata dalla pandemia sta solo esacerbando ed evidenziando processi socio-economici e fratture ideologiche tipiche di un sistema basato sull’ingiustizia sociale. Anche il richiamo di Starmer al governo conservatore di aderire di più nella strategia anti-covid19 alle analisi degli scienziati e degli epidemiologi che monitorano l’avanzata della pandemia, rischia di diventare alla fine una medicalizzazione del problema come fatto naturale, di ridurre cioè a conseguenze puramente mediche le decine di migliaia di morti di gente povera e lavoratori, che sappiamo corona-virus o no muoiono ogni anno per miseria, malattie sociali ed emarginazione create dallo sfruttamento, in un Paese in cui la durata della vita media nei quartieri poveri era, anche prima della pandemia,  nove anni inferiore a quella dei quartieri ricchi.

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